Dipingere non è reato
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Anteprima del libro
Dipingere non è reato - Alberto Rudellat
Insonnia
Dipingere non è reato
di Alberto Rudellat
Immagine di copertina a partire da: AdobeStock_168571357 by Mihail
Editing: Simona Focetola
Produzione digitale: Daniele Picciuti
ISBN: 9788885497412
Nero Press Edizioni
http://neropress.it
© Associazione Culturale Nero Cafè
Edizione digitale novembre 2019
Alberto Rudellat
Dipingere non è reato
Indice
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
L'autore
I
Alle nove in punto Lucio Sartori alzò la serranda, come ogni giorno.
Senza bisogno di accendere le luci, avanzò a memoria nella sala, facendo scricchiolare il legno del pavimento sotto le suole dei mocassini neri. Aprì gli scuri della finestra e la tenue luce del mattino invase la piccola galleria d’arte di via Barbaroux.
Prese un lungo sospiro, preparò il primo caffè della giornata e lo bevve in piedi, sulla soglia, lasciando vagare lo sguardo per la stretta via lastricata. Poco traffico, qualche passante con l’ombrello sotto il braccio, profumo di brioche e pane caldo. Salutò con un cenno della testa il proprietario del negozietto di antiquariato di fronte e tornò dentro.
A un volume appena udibile Thelonious Monk gli tenne compagnia mentre spazzava il pavimento e bagnava piante di cui non conosceva il nome.
Odiava quel posto, non l’aveva mai sentito davvero suo. L’arte era stata la passione del padre, l’unica, che aveva divorato ogni altra cosa, compreso il tempo da passare in famiglia, e lo aveva portato a chiudersi in una bolla inaccessibile, in un mutismo pensieroso e ostinato. Di lui, Lucio ricordava lo sguardo severo e ispirato, l’odore pungente del tabacco da pipa, le mani forti, solcate da vene azzurre, capaci di elargire una carezza soltanto alle tele che occupavano ogni angolo della casa. Eppure si erano voluti bene, a modo loro. E alla sua morte aveva ereditato la galleria, come suo padre prima di lui e così a ritroso, per generazioni. All’alba dei quarant’anni, dopo aver abbandonato gli studi in Legge e una carriera da pianista, morta sul nascere, con una madre inferma da accudire, non aveva visto alternative. Ma Lucio non aveva la stessa passione del genitore, né la stessa competenza, e la galleria si era presto avviata verso un lento declino. I pittori che avevano lavorato per suo padre ormai erano morti o troppo vecchi, come i clienti più affezionati. Tutto ciò che gli restava erano un paio di nomi artisti senza talento e una manciata di quadri di scarso valore, troppo colorati, troppo concettuali, senza mercato.
Soltanto il nome dei Sartori teneva in vita quel posto, ma anche questo credito si andava esaurendo: erano giorni che nessuno entrava, nemmeno per dare un’occhiata.
Si rintanò dietro la scrivania all’angolo e aprì il libro dal punto in cui aveva interrotto la lettura.
II
Il trillo del campanello lo scosse dal torpore. Stupito, si alzò per aprire la porta. Il corriere gli allungò una ricevuta da firmare e posò ai suoi piedi un pacco