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La collezionista di libri proibiti
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E-book290 pagine4 ore

La collezionista di libri proibiti

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Info su questo ebook

Toccante come Storia di una ladra di libri
Un esordio sorprendente

Dalla bottega di un antiquario di Venezia a una famosa casa d’aste a Parigi...

Venezia, estate 1975. Olimpia ha solo quindici anni quando conosce Anselmo Calvani, proprietario di una storica bottega d’antiquariato. È un incontro decisivo, Anselmo intuisce subito l’intelligenza e la sensibilità della ragazza e la incoraggia a seguire la sua inclinazione. Giovanissima ma già appassionata lettrice, Olimpia comincia a frequentare il suo negozio, a lavorare lì e, con il suo aiuto, inizia a collezionare preziosi libri messi all’indice dalla Chiesa. Mentre cresce la sua passione per quei volumi antichi, anche quella per Davide, il nipote di Anselmo, segreta e non dichiarata, brucia l’animo della ragazza. E una notte, sospinti dalla lettura dei versi erotici di una cortigiana veneziana, i due cedono ai loro sentimenti…
Parigi, estate 1999. Olimpia vive ormai nella capitale francese. Ha aperto una casa d’aste, specializzata in libri e manoscritti antichi, tra le più quotate ed eleganti della città. Ogni anno riceve da Davide uno strano regalo: un pacchetto che contiene lettere un tempo censurate, insieme a un libro considerato in passato “proibito”, di cui Olimpia riconosce il grande valore. Sono l’eredità di Anselmo... Ma come poteva un modesto antiquario veneziano esserne in possesso? E che legame c’è tra quelle lettere e la bottega da cui provengono?

Un esordio straordinario
Una scrittura magnifica
Un talento inaspettato

Un romanzo d’amore e di mistero, sul potere delle parole e dei libri, da un’autrice italiana il cui talento saprà conquistare i lettori.
Cinzia Giorgio
È dottore di ricerca in Culture e Letterature Comparate. Si è specializzata in Women’s Studies e in Storia Moderna, compiendo studi anche all’estero. Organizza i salotti letterari dell’Associazione di Studi Umanistici Leussô di Roma e insegna Storia delle Donne all’Uni.Spe.D. È autrice di saggi scientifici e romanzi. Per la Newton Compton ha pubblicato Storia erotica d’Italia e Storia pettegola d'Italia.
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2016
ISBN9788854198340
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    Anteprima del libro

    La collezionista di libri proibiti - Cinzia Giorgio

    EN1349.jpg

    Indice

    Prologo

    Prima parte

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Seconda parte

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Terza parte

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Quarta parte

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Quinta parte

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Epilogo

    Nota storica

    Ringraziamenti

    1349

    Della stessa autrice:

    Storia erotica d’Italia

    Storia pettegola d’Italia

    Prima edizione ebook: ottobre 2016

    © 2016 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-9834-0

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di La Matita Rossa, Boltiere (BG)

    Cinzia Giorgio

    La collezionista

    di libri proibiti

    Newton Compton editori

    I fedeli, fin dal principio, dalla legittima autorità vennero premuniti contro i libri erronei e immorali.

    Card. Merry Del Val, prefazione all’Index Librorum

    Prohibitorum, Città del Vaticano 1948

    Prologo

    Parigi, 21 maggio 1999

    Si era chiesta milioni di volte di che colore fosse il paradiso. Ora lo sapeva. Il paradiso aveva il colore degli occhi di Davide, un’indefinita sfumatura tra il verde e il dorato. Le lacrime scivolarono lungo le guance. Olimpia le asciugò con il dorso della mano e cercò di trattenere l’ondata di dolore che la stava trafiggendo. «Non adesso», mormorò tra sé. «Prima fa’ quello che devi fare». Non era il momento di pensare a cosa ne sarebbe stato di lei, senza Davide. Avrebbe avuto il resto della vita per farlo. Chiuse gli occhi e rivide per l’ennesima volta il suo volto. Il suo sguardo non si sarebbe mai più posato su di lui, le sue dita non avrebbero mai più sfiorato il suo corpo, il suo sorriso non sarebbe mai più stato lo stesso. Senza Davide avrebbe dischiuso le labbra solo per far credere agli altri di essere la donna forte di sempre. Poteva riuscirci. In fondo, fino a quel momento, se l’era sempre cavata da sola. Doveva continuare ad apparire come la donna che tutti ammiravano e temevano, anche se, ormai, era la morte che sentiva dentro di sé. Erano passati due mesi da quando Davide se ne era andato e il dolore non accennava a placarsi, anzi, aumentava e le rendeva tutto insopportabile. Aveva provato a tuffarsi nel lavoro con risultati penosi. La infastidivano i suoi collaboratori, che la guardavano con l’odiosa compassione che si riserva ai moribondi. Le frasi lasciate a metà, i discorsi interrotti quando entrava in ufficio. Soltanto Louis si comportava come se nulla fosse successo. Lui, del resto, la conosceva meglio di chiunque altro. Louis continuava a mostrarle il solito sorriso incoraggiante. Lo stesso sorriso con cui era nata la profonda amicizia fra loro, quando, anni prima, Olimpia aveva aperto la sua casa d’aste parigina. Louis era lì quando lei aveva affrontato le prime difficoltà, c’era stato quando era arrivato il successo, e ora era ancora con lei a condividere il suo dolore, in silenzio.

    A Olimpia bastava lanciare un’occhiata furtiva a Louis per capire come stavano procedendo le vendite, durante le aste. Quando si recavano a fare una perizia su un antico codice manoscritto, era sufficiente un cenno perché Louis facesse un’offerta. Ricordava ancora un episodio di qualche anno prima. Erano stati chiamati dalla contessa de la Rochelle, la cui immensa biblioteca stava per essere smantellata. Olimpia e Louis si erano presentati nel palazzo ed erano stati ammessi alla presenza della nobildonna dopo mezz’ora di anticamera. Avevano preso accordi con lei per ritornare a visionare i manoscritti più antichi che sarebbero stati poi venduti all’asta. Tra i tanti codici era saltato fuori uno straordinario esemplare quattrocentesco del Roman de la Rose. Olimpia aveva fatto uno sforzo su se stessa per non urlare di gioia. Era andata a caccia di quel manoscritto per anni e ora lo aveva lì sotto gli occhi. Louis le aveva fatto cenno di tacere e si era occupato lui di portare a termine la trattativa con la contessa. Olimpia era troppo coinvolta per non lasciare trapelare il suo interesse. Era stato uno dei più grandi successi del loro sodalizio.

    Attraversò la strada senza badare alle auto che sfrecciavano a destra e a sinistra lungo Rue de Rivoli. Entrò nell’istituto di credito dopo aver passato i controlli e si avvicinò al desk.

    «Sono Olimpia Cattanei», disse all’impiegata. «Ho un appuntamento con il direttore».

    La donna annuì, si rivolse alla sua collega e poi le fece cenno di seguirla. «Da questa parte, madame. Il direttore l’aspetta nel suo studio».

    Dopo aver attraversato un dedalo di corridoi e aver preso l’ascensore fino all’ultimo piano del palazzo, entrarono in una stanza luminosa e arredata con gusto.

    «Direttore, la signora Cattanei, per lei», annunciò la donna, per poi lasciare con discrezione l’ufficio.

    Il direttore, un uomo alto e dalla corporatura robusta, le andò incontro per salutarla. Olimpia gli tese la mano e lui fece il gesto di baciarla. Poi le indicò una sedia, mentre prendeva posto dietro l’ampia scrivania in radica.

    «Si accomodi», esclamò. «Allora, madame, in cosa posso esserle utile?»

    «Non sono qui per una consulenza ma per aprire una cassetta di sicurezza», rispose Olimpia, con voce ferma.

    «Molto bene», annuì il direttore. «Sa come funziona?»

    «Non ne ho la minima idea, a dire il vero».

    «Come ben saprà, la cassetta di sicurezza è un servizio di custodia dei beni», le spiegò, «ed è sotto la nostra responsabilità. Lei può tenervi oggetti di valore, documenti e tutto ciò che ritiene debba essere custodito dal nostro istituto di credito».

    Olimpia annuì e posò la mano sulla ventiquattrore che aveva con sé. Era tutto lì, il suo tesoro. «Che garanzie mi offrite?», chiese.

    «Riservatezza assoluta e un grado elevatissimo di sicurezza, madame. I suoi beni avranno una copertura assicurativa, ovviamente. Tenga anche conto che l’accesso alle cassette è possibile solo attraverso il nostro caveau. Quando vorrà portare qui i suoi beni, verrà lasciata sola sia al momento del deposito dei documenti sia al ritiro».

    «Posso depositare i miei beni anche ora?», domandò Olimpia.

    «Ma certo!».

    «Perfetto, e cosa devo fare?».

    Il direttore chiamò il suo segretario. Olimpia si preparò così a dire addio, almeno per qualche tempo, a ciò che l’aveva indissolubilmente legata a Davide. Mentre firmava moduli su moduli, permessi e designava Louis come unico possibile delegato ad aprire la cassetta oltre a lei, il cuore le batteva all’impazzata. Sentiva la carezza delle dita di Davide sulla mano che vergava quei documenti. Poteva percepire ancora la sua presenza. Non c’era altra via, pareva le dicesse. Quello che li aveva uniti ora era custodito all’interno di un ventre più sicuro. Olimpia aveva gli occhi asciutti ma dentro di sé sentiva che presto avrebbe ceduto alla disperazione. Svolse come un automa tutto ciò che era necessario e in poco meno di due ore aveva tra le mani la chiave numerata corrispondente alla sua personale cassetta di sicurezza.

    Un funzionario addetto al caveau l’accompagnò nei sotterranei dell’istituto. Olimpia aveva l’impressione di fluttuare. Camminava quasi a occhi chiusi, limitandosi a seguire l’uomo che le faceva strada. Il senso di vuoto la attanagliava, come se da un momento all’altro potesse scivolare nell’oblio. Eppure le sarebbe piaciuto lasciarsi andare.

    Il funzionario si fermò davanti alla porta del caveau e digitò le varie combinazioni per sbloccare l’allarme. Inserì la sua chiave e aprì la porta blindata che aveva uno spessore di almeno mezzo metro. Si fece da parte e la invitò a entrare, lui sarebbe rimasto fuori ad aspettarla.

    Olimpia varcò la soglia della stanza blindata, e si avvicinò alla cassetta il cui numero corrispondeva a quello stampato sulla sua chiave. Un brivido le corse lungo la schiena. Sembravano tanti macabri loculi. Un cimitero di beni di lusso pronti a risorgere in caso di necessità. E pensare che lì dentro, molto probabilmente, c’era tanta ricchezza da sfamare un intero Stato. Una smorfia di disgusto si dipinse sul suo viso. Allontanò quel pensiero ed estrasse la sua cassetta. La posò sul tavolo al centro della stanza, insieme alla sua ventiquattrore. Le tremavano le mani mentre tirava fuori il plico dalla borsa. Sospirò. Infilò i documenti nella cassetta e la richiuse velocemente. Non voleva avere il tempo di pensare e di cambiare idea. Quella era l’unica soluzione. Per il momento. Mise al suo posto la cassetta e si sedette sull’unica sedia che si trovava nella stanza. Poggiò i gomiti sulla superficie liscia del tavolo e si lasciò andare al pianto.

    Prima parte

    Capitolo 1

    Venezia, 1 agosto 1975

    La bottega dell’antiquario Calvani si trovava a pochi passi dalla chiesa di Santa Maria Formosa. Non era lontana dal suo palazzo, eppure Olimpia la notò solo quel giorno. Faceva insolitamente freddo per essere agosto; la pioggia aveva rinfrescato la città, affollata dai turisti e dalle coppie in luna di miele. L’aria era umida e le nuvole nere che si addensavano all’orizzonte non promettevano nulla di buono. Nonostante la madre le avesse ripetuto più volte di portare l’ombrello con sé, Olimpia era uscita senza nemmeno risponderle. Aveva voglia di fare una passeggiata e di stare da sola, almeno per qualche ora.

    L’indomani avrebbe compiuto quindici anni e sua madre stava organizzando una festa degna di una regina. L’avrebbero esibita come la bambolina che i suoi si ostinavano a non voler far crescere. Per fortuna ci sarebbe stata Peggie. Almeno lei l’avrebbe trattata come un essere umano. Per un attimo, Olimpia accarezzò l’idea di andare a casa della sua amica, ma fu costretta a fermarsi per un improvviso scroscio di pioggia che l’aveva colta mentre si stava dirigendo verso piazza San Marco, dove di solito si recava quando aveva voglia di stare un po’ per i fatti suoi. Si era riparata, d’istinto, nel primo negozio che aveva trovato.

    L’odore familiare e inconfondibile dei libri l’aveva investita ancora prima di alzare lo sguardo per dare un’occhiata all’interno. Aveva sorriso e chiuso gli occhi, per assaporare l’unico profumo che le dava un senso di sicurezza. Non c’era rifugio migliore, per Olimpia. Leggere era come vivere mille vite e fuggire dalla sua.

    «C’è nessuno?», chiese addentrandosi nella bottega. Non si trattava di una vera e propria libreria. Alcune pareti erano ricoperte di scaffali pieni di libri antichi, altre di specchi, dipinti, orologi a muro e stampe di vario genere. Il locale si sviluppava in lunghezza e sembrava un labirinto. Olimpia mosse qualche passo incerto verso la parte più buia del negozio. Al profumo dei libri ora si era sostituito quello di qualche prodotto chimico, uno di quelli usati per restaurare il legno. Conosceva bene quell’odore, casa sua era piena di mobili antichi. Era arrivata quasi in fondo al locale. Intravedeva una luce fioca, come se ci fosse un altro accesso sul retro o, forse, un cortile interno al palazzo.

    «Che cosa le serve?». La voce profonda di un uomo la fece sobbalzare. Olimpia si girò di scatto e si ritrovò di fronte a un uomo anziano, che la osservava con un’espressione severa. Aveva una lunga barba bianca e degli occhialini posati appena sul naso adunco. Gli occhi azzurri erano chiusi in due fessure. Olimpia valutò per un attimo se andar via con una scusa o se rimanere per dare un’occhiata ai libri. La curiosità ebbe la meglio e, senza perdersi d’animo, nonostante l’espressione evidentemente infastidita del vecchio, sorrise e disse: «Vorrei comprare un libro antico».

    L’uomo la squadrò da capo a piedi prima di lasciarsi andare a una fragorosa risata. Olimpia trattenne il respiro e cercò di calmare la sua indignazione. Che cosa aveva detto per suscitare tanta ilarità? Si accigliò e aspettò che lui smettesse di ridere prima di chiedere, nel tono più glaciale possibile: «Crede che io non sia in grado di pagarglielo?»

    «Oh no, non mi permetterei mai», si affrettò a rispondere il vecchio, sistemandosi gli occhiali sul naso. «Mi chiedo, piuttosto, se lei sia in grado di leggerlo».

    Il viso di Olimpia divenne paonazzo. Non se ne andava solo per non dare la soddisfazione a quell’uomo odioso di vederla ritirarsi dalla battaglia. Era chiaro che la stava sfidando. Se intendeva capire quanto vero fosse il suo amore per i libri, quell’antiquario aveva trovato pane per i suoi denti.

    «Signore, leggo fin da prima delle elementari. Non sapevo ancora scrivere ma riuscivo già a leggere».

    «Senza dubbio un ottimo biglietto da visita, ma i libri antichi sono un’altra cosa», ribatté lui.

    «So distinguere un romanzetto da un buon romanzo e non lo dico tanto per dire». La voce di Olimpia ora era più ferma. Quando parlava di libri rifioriva, si illuminava e sembrava una bambina golosa davanti a una torta. «Sono giovane, lo so, ma colleziono libri di ogni tipo: romanzi, saggi, libri illustrati. La mia passione sono i volumi antichi».

    «Ah sì? E perché?»

    «Perché mi piace immaginare che custodiscano le vite di chi un tempo li ha posseduti».

    L’uomo la osservò meglio. Il sorrisetto di sufficienza che aveva fino a qualche minuto prima era sparito. Ora sembrava interessato a lei. Olimpia pensò di aver detto qualcosa che lo avesse convinto a darle una chance. «Bene, molto bene, tutto questo le fa onore, signorina…?»

    «Cattanei. Mi chiamo Olimpia Cattanei».

    «Anselmo Calvani, piacere», si presentò, tendendole la mano callosa. Era la mano tipica di chi lavora con gli agenti chimici e le colle speciali. Era rovinata e rugosa ma la stretta era forte, lasciava trasparire determinazione. «Scommetto che non ha idea di quale libro scegliere», continuò l’antiquario, facendo un gesto con il braccio per indicare gli scaffali attorno a loro.

    «In effetti ho l’imbarazzo della scelta», ammise Olimpia.

    Anselmo si avvicinò a uno degli scaffali prendendo qualche libro, per poi riporlo dopo pochi istanti al suo posto. Le sue mani accarezzavano le copertine con fare paterno. Maneggiava i volumi con disinvoltura, era evidente che li conosceva tutti, uno per uno. Olimpia lo osservò riporre l’ennesimo libro prima di girarsi verso di lei per dirle: «Lasci che sia lui a sceglierla».

    «Come, scusi?».

    L’antiquario le sorrise. Si fece da parte e dopo qualche istante le indicò uno degli scaffali. «Mi dica, Olimpia, quando non ha nessuna idea di quello che vuole leggere ed entra in una libreria, oppure quando va in biblioteca senza uno scopo ben preciso, cosa la spinge verso un volume piuttosto che un altro?»

    «Non saprei», ammise Olimpia, aggrottando le sopracciglia. Non riusciva a capire dove volesse arrivare.

    «Esatto», esclamò lui con gli occhi che gli brillavano. «Comincia a gironzolare per gli scaffali, a prendere questo o quel libro senza nemmeno leggerne la quarta di copertina. Poi però, all’improvviso, è attratta forse da un’immagine o dal nome dell’autore, e si ritrova a leggere un libro che non avrebbe mai notato fino a due minuti prima».

    Olimpia rise. «Ha ragione! Mi succede sempre».

    «Prenda il libro su cui si sta appoggiando», le disse Anselmo, facendole segno di spostare la mano dal libro posato su un’antica madia. «Legga il titolo, per favore».

    «È il Decameron di Giovanni Boccaccio», rispose Olimpia sentendo crescere dentro di sé una strana euforia. L’idea del vecchio antiquario era affascinante.

    Quando non era Peggie a consigliarle cosa leggere, di solito Olimpia si lasciava guidare dall’istinto. Raramente si sbagliava. Aveva fatto piacevolissime scoperte grazie a quello che lei pomposamente chiamava il suo fiuto per un buon libro. In realtà non aveva mai compreso fino in fondo cosa la spingesse a comprare un libro piuttosto che un altro. Anche il suo amore per i libri antichi, che sua madre considerava bizzarro, era frutto di una combinazione di elementi. L’idea che tante altre persone avessero posseduto, letto e goduto di un libro, la ipnotizzava. Peggie aveva una biblioteca immensa piena di libri antichi e a volte Olimpia ci aveva passato ore e ore senza nemmeno rendersi conto dello scorrere del tempo. E quel profumo di antico? Come poteva ignorarlo?

    Senza pensarci su nemmeno un istante, aprì il Decameron e ne inspirò l’odore. Chiuse gli occhi e sorrise. Quando li riaprì si accorse che Anselmo la stava osservando.

    «Lo prenda, è suo», le disse con un sorriso incoraggiante.

    Olimpia richiuse velocemente il libro e lo posò sulla madia. Era rossa in viso e si rese conto che stava farfugliando parole senza senso.

    «Perché lo mette a posto? È suo, se lo vuole».

    «Intendo pagarglielo», ribatté lei, tutto d’un fiato. Una strana inquietudine la agitava.

    «Signorina Cattanei, le sto dicendo…», cominciò a spiegare Anselmo, quasi divertito dalla reazione di Olimpia.

    «Ho capito», lo interruppe lei. «Non posso accettare. Questo libro varrà una fortuna. Se me lo mette da parte, passerò tra qualche giorno a ritirarlo».

    «Perché aspettare, se può essere suo, ora? Le voglio fare un regalo. Non mi capita spesso di incontrare una giovane signorina così appassionata di libri, mi creda. È mio costume regalare libri, quando capisco che chi li riceve li tratterà con tutti i riguardi».

    «Su questo non deve avere alcun dubbio», si lasciò sfuggire lei.

    «Lo vede? Il Decameron l’ha scelta, lo prenda e lo legga. Avrà modo di acquistare altri volumi antichi in questa bottega, se vorrà. Ora le faccio io un regalo. Lo consideri come un omaggio di benvenuto alla più giovane delle mie clienti».

    Il viso di Olimpia si illuminò. Sorrise e riprese il libro tra le mani, stringendolo a sé. «Grazie mille», mormorò.

    «Ringrazi Boccaccio che l’ha scritto», rise Anselmo.

    Olimpia sistemò con cura il Decameron nella sua borsa. Sbirciò al di là della vetrina della bottega e si accorse che aveva smesso di piovere. Doveva rientrare subito se non voleva rischiare di rovinare il libro. Come se le avesse letto nel pensiero, Anselmo esclamò: «Vada pure, non piove più. Mi raccomando, si diverta. Buona lettura».

    «Grazie, signore. Non ho parole per descrivere la mia gioia!».

    «Benedetta ragazza, vada ora, prima che il tempo peggiori. Le nuvole non promettono nulla di buono».

    «Ha ragione… vado!». Olimpia si diresse velocemente verso l’uscita. Arrivata all’entrata del negozio, si girò verso l’interno cercando con gli occhi il vecchio antiquario, che era rimasto immobile, con le spalle alla libreria di volumi antichi. «Sa una cosa?», esclamò.

    Anselmo si sistemò gli occhiali sul naso e la guardò incuriosito, non le rispose ma aspettò che fosse lei a parlare.

    «Domani è il mio compleanno e non potevo ricevere regalo migliore», disse Olimpia. Scoppiò a ridere e poi corse via, percorrendo le calli veneziane con un entusiasmo che non provava da troppo tempo.

    Olimpia si svegliò di soprassalto. Aveva dolori ovunque e si sentiva intorpidita. Si era addormentata come un sasso. Dal balcone proveniva una tenue luce grigiastra, segno evidente che il tempo non era migliorato. Pioveva ancora. Poteva sentire le gocce di pioggia picchiettare contro il vetro. Sospirò e si girò verso il comodino per controllare l’ora: le 5:30 del mattino. Si sentiva stanca, aveva letto il Decameron fino a qualche ora prima. Si alzò dal letto e si accorse di avere ancora addosso i vestiti del giorno prima. Presa dalla foga di leggere non aveva cenato e si era chiusa a chiave nella sua stanza.

    Andò in bagno e fissò il pallido riflesso del suo viso nello specchio. Aveva un aspetto tremendo ma per fortuna aveva il tempo per riprendersi prima di incontrare sua madre. L’immagine che vedeva attraverso il vetro era quella di una ragazza giovane e ancora acerba. I capelli ramati scendevano sulle spalle in vaporose onde. La maglietta nera accentuava il suo incarnato avorio. I grandi occhi scuri dalle lunghe ciglia e il naso dritto e appuntito, che aveva ereditato da suo padre, davano al volto un’espressione fiera. Fece scorrere le dita tra i capelli e li lasciò ricadere come una nuvola attorno al viso squadrato, come quello di sua madre. Olimpia era la fusione perfetta fra i loro caratteri somatici.

    Rientrò nella sua stanza e accese il giradischi. Infilò il jack delle cuffie e fece partire il suo disco preferito. Era il giorno del suo quindicesimo compleanno, di lì a qualche ora avrebbe dovuto sfoggiare il solito sorriso migliore con quegli ottusi amici dei suoi genitori. Tanto valeva godersi le prime ore del mattino. Aveva passato la notte immersa nel Decameron e ora avrebbe passato un paio d’ore immersa nella sua musica.

    There’s a lady who’s sure all that glitters is gold

    and she’s buying a stairway to heaven.

    When she gets there she knows, if the stores are all closed

    with a word she can get what she came for.

    Ooh, ooh, and she’s buying a stairway to heaven…

    La voce di Robert Plant la fece sorridere. Chiuse gli occhi e si lasciò andare al ritmo della canzone. Peggie le aveva insegnato a muoversi ascoltando il crescendo della musica e assecondando solo il volere del suo corpo.

    There’s a feeling

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