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Favole e fiabe del trebbo
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E-book81 pagine54 minuti

Favole e fiabe del trebbo

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La stalla, la luce fioca della lanterna, il ruminare delle bestie, le risate degli uomini brilli, la voce calma e rassicurante delle vecchie che filavano rappresentano la cornice di un mondo passato che queste storie ci restituiscono. Un’atmosfera intima e familiare quella in cui le voci di madri raccontavano in dialetto storie, fiabe e favole che riempivano il cuore dei bambini. Nelle favole raccolte in queste pagine è forte il desiderio di non dimenticare una tradizione romagnola, ovvero quella di ritrovarsi “a trebbo” per raccontare storie entro le mura familiari di una piccola comunità, quella contadina di inizio ’900. Una consuetudine che vedeva le donne e i bambini protagonisti delle serate nelle stalle, in cui un mondo fantastico, fatto di personaggi umani e animali, fate e stregoni, faceva sognare i bambini e permetteva il dialogo tra le generazioni. In queste storie, così, si riassapora l’eco di quel mondo; la realtà e la fantasia si intrecciano indissolubilmente restituendo emozioni e immagini senza tempo.
 
Veronica Agnoletti è Dottore di Ricerca in Criminologia, Specializzata in Sociologia Sanitaria e Laureata in Scienze Politiche, indirizzo Sociologico presso l’Università degli Studi di Bologna. È stata assegnista e docente a contratto presso la medesima Università. Si è occupata, a vario titolo, di editoria, pubblicando opere con tematiche multidisciplinari di stampo socio-antropologico. Oggi si occupa di narrativa e poesia. Vincitrice e finalista di alcuni premi letterari, tra i quali si segnala: il concorso letterario nazionale “Voci di donne, Oltre quel muro” (2019), indetto dall’Assessorato al Decentramento del Comune di Ravenna, dalla proloco di Piangipane, la biblioteca comunale “Fuori…legge” – Istituzione Biblioteca Classense e la Fondazione Teatro Socjale, con la poesia Mughetti e Fragole; il “Premio Nazionale di Poesia La Staffetta”, I edizione (2018), con la poesia La tua amata bicicletta (III cl.); il Concorso, artistico, letterario nazionale in memoria di Enrico Liverani (2019), in collaborazione con il Comune di Ravenna e con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, con la poesia Amore e morte (III cl.); infine, ha ricevuto la prestigiosa segnalazione di merito al Concorso Internazionale “Lettera d’amore” con l’opera Al nonno che amava, come me, i ciliegi (Torrevecchia Teatina, Chieti, 2019).
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2019
ISBN9788830615410
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    Favole e fiabe del trebbo - Veronica Agnoletti

    Agnoletti.

    INTRODUZIONE

    Le favole e le fiabe rappresentano sempre due facce della stessa medaglia, ovvero un particolare vissuto interiore e una specifica mentalità collettiva; sono altresì una consuetudine tramandata nel tempo capace di accrescere le capacità cognitive, comunicative, relazionali e intersoggettive con nuovi vocaboli e modalità narrative.

    Le favole e le fiabe si muovono tra pensiero razionale e pensiero fantastico, oltrepassano le tradizionali sequenze temporali e le comuni relazioni causa-effetto, riportano relazioni positive (ad esempio, solidarietà) e negative (come invidia e inganno). Esse possono restare nella memoria come dialogo interiore capace, in alcuni casi, di modificare schemi di comportamento e modalità di risposta alle problematiche del quotidiano.

    Il personale e soggettivo bagaglio di immagini che le favole e le fiabe fanno scaturire nella mente del lettore raccontano la vita simbolica di un’intera comunità; nel caso entrino nel rapporto genitore-figlio, promuovono il processo di crescita e di interazione con il genitore.

    Se questo rappresenta sinteticamente il contributo che oggi più che mai possono fornire la favole e le fiabe alla società moderna, occorre considerare il particolare valore che esse assumono come elemento appartenente ad una specifica tradizione locale.

    Le favole romagnole sono spesso intrise di cultura materiale propria della civiltà contadina. Una narrativa popolare e un immaginario collettivo specifici che richiamano i luoghi e i contesti della Romagna contadina.

    Cultura orale (orazioni, storie legate alle stagioni), materiale (vita contadina) e simbolica (rappresentazioni mitologiche legate alla tradizione e alla natura) sono nelle favole romagnole un tutt’uno. La narrazione orale, infatti, in dialetto, durante le fredde serate invernali rappresentava la socialità, la solidarietà, lo spirito di appartenenza ad una comunità che sapeva stringersi nei rari momenti di riposo. In questo senso, in Romagna, il trebbo come consuetudine in cui le famiglie contadine si trovavano nelle stalle per trascorrere la serata insieme rappresentava uno dei rari momenti di riposo, socializzazione e condivisione. Durante il trebbo le donne filavano, gli uomini giocavano a carte, i bambini si intrattenevano ascoltando le storie dei nonni. Il lavoro, il gioco e lo stare insieme facevano parte di una ritualità che permetteva alla società, o meglio alla comunità, di rigenerarsi.

    La presente raccolta di favole e fiabe si inserisce in questo contesto di narrazione orale, nel ricordo di una mia bisnonna, Teresa, che, con gioia e dedizione, ha saputo raccontare una realtà che nei suoi tratti specifici oggi ci sfugge.

    Queste narrazioni nascono dalla necessità di preservare, custodire e tramandare quella tradizione: raccontare ai bambini e ai ragazzi durante le lunghe notti invernali, favole e fiabe ricche di particolari, con riferimenti a luoghi, personaggi che rappresentano una cultura sui generis, quella romagnola.

    Le favole e le fiabe, tramandate nelle stalle dei poderi, delle case coloniche, rappresentavano altresì una tappa fondamentale nell’apprendimento delle norme, delle consuetudini e dei riti della società di inizio ’900. Erano, altresì, un momento per liberare la propria immaginazione, fuggire dal quotidiano, dalla miseria, dalle difficoltà di una vita contadina che offriva assai poco alle giovani generazioni in termini di accrescimento della cultura simbolica.

    Le presenti favole e fiabe sono il frutto di quelle serate, trascorse nella campagna faentina, tra Cotignola, Boncellino, Faenza e Brisighella; il risultato, inoltre, di una cultura e una tradizione tutta al femminile, di un linguaggio che è quello dell’accudimento, della cura e dell’affettività. Di una pratica che vede le nonne in trebbo raccontare ai nipoti le novelle che a loro volta avevano ascoltato nel medesimo modo.

    Ecco che Teresa, la mia bisnonna, nata nel 1912 a Faenza, ha narrato instancabilmente le favole alle generazioni a seguire. Teresa, che si è spostata nel territorio faentino per motivi di guerra e carestia ha sempre vissuto in una famiglia numerosa e ha sperimentato l’arte di arrangiarsi, sapeva quanta importanza aveva il saper trovare per i figli e per i nipoti un mondo fantastico in cui rifugiarsi.

    La stalla, la luce fioca della lanterna, il ruminare delle bestie, le risate degli uomini brilli, la voce calma e rassicurante delle vecchie che filavano rappresentano la cornice interpretativa di quel mondo e di queste storie. Tali favole e fiabe erano raccontate rigorosamente in dialetto e la loro forma originale si è persa nel tempo; esse sono, quindi, il frutto di una mia personale revisione e rilettura in lingua italiana. Probabilmente non sono più del tutto fedeli alla narrazione originale, ma proprio per questo assumono un loro particolare valore, portando con sé una sorta di evoluzione culturale e immaginifica che si accresce nel tempo.

    Sono favole e fiabe per bambini, per ragazzi e per adulti che credono nel valore della tradizione, del passato e delle proprie radici come strumento di consapevolezza per fondare nuovi codici

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