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Nel mistero, fra tenebre e luce
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Nel mistero, fra tenebre e luce
E-book171 pagine2 ore

Nel mistero, fra tenebre e luce

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Info su questo ebook


È una raccolta antologica contenente racconti di carattere spirituale, fantastico e paranormale. Essa è come una sottile linea che segna il confine tra la realtà e l’immaginazione; inoltre, si rivolge a un pubblico di lettori adulti, considerato che tratta di leggende metropolitane e storie di fantasmi.
La concretezza di avvenimenti legati alla quotidianità della vita si scontra, talvolta, sia con la fantasia più pura che con la probabile e inconsapevole convivenza con un mondo parallelo ed extrasensoriale, oltre che con la piena convinzione da parte dell'autore di verità ultraterrene relative all’esistenza di Dio.
L’idea di elaborare il presente lavoro letterario è nata dalla volontà e dall’umana necessità di voler salvaguardare, per quanto possibile, ciò che rimane della cultura popolare siciliana, e non solo: quella trasmessa di padre in figlio, di generazione in generazione…
Se molti dei brani di questo libro sono il risultato di inconsuete esperienze vissute dall’autore stesso – specialmente quelli relativi alla sua infanzia – e per i quali si è sforzato di ricordare minuziosamente i particolari in essi contenuti, altri racconti, invece, sono il frutto di fatti tramandati direttamente all’autore dai suoi nonni e da qualche conoscente in età avanzata; i restanti racconti, che appartengono alla cultura popolare orale, sono stati tutti adeguatamente sviluppati e rielaborati grazie all’impiego di trame originali appositamente inventate e liberamente trattate.
 
LinguaItaliano
Data di uscita12 mar 2020
ISBN9788835384519
Nel mistero, fra tenebre e luce

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    Anteprima del libro

    Nel mistero, fra tenebre e luce - Luigi Fiorentini

    Luigi Fiorentini

    NEL MISTERO,

    FRA TENEBRE

    E LUCE

    antologia di racconti spirituali,

    fantastici e paranormali

    EDITRICE GDS

    L. Fiorentini Nel mistero, fra tenebre e luce - antologia di racconti spirituali, fantastici e paranormali ©EDITRICE GDS

    EDITRICE GDS

    di Iolanda Massa

    Via Pozzo, 34

    20069 Vaprio d’Adda (MI)

    e-mail: edizionigds@hotmail.it

    Illustrazione in copertina di ©Luigi Fiorentini

    Progetto copertina di ©Iolanda Massa e ©Luigi Fiorentini

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI.

    Il presente romanzo è frutto della fantasia dell’Autore. Ogni riferimento a fatti, persone e/o luoghi realmente esistenti e/o esistiti è puramente casuale.

    Il sacro è l’esperienza trascendentale del mistero

      (Francesco Grisi)

    Premessa

    Il presente lavoro consiste in un’antologia di racconti spirituali, fantastici e paranormali. Essa è costituita di ventitré episodi, molti dei quali tratti da quella tradizione orale siciliana che è giunta fino ai giorni nostri – tramandataci prima dagli antenati e poi da quegli anziani ancora in vita – mentre i restanti brani si rifanno sia a esperienze vissute da me, in prima persona, sia a eventi realmente accaduti ad altri e che mi hanno poi raccontato o semplicemente accennato.

    Non mancano, però, tra le varie leggende metropolitane e storie di fantasmi, fatti di cronaca e racconti provenienti da altre aree geografiche italiane.

    La meticolosa raccolta del materiale necessario alla stesura di questa antologia, è il frutto di una costante ricerca e di dettagliate informazioni ricavate tanto nell’ambito familiare, quanto in quello relativo alla cerchia di conoscenti e di persone di altre regioni e culture.

    Il vero motivo che mi ha spinto a stendere e rielaborare la raccolta in questione, è dovuto essenzialmente all’impegno che mi sono assunto nei confronti della società di oggi, e che consiste nel voler preservare parte di quel prezioso patrimonio culturale che appartiene a un intero popolo da circa due secoli.

    Per concludere, voglio dire che con questo libro spero di riuscire a far conoscere, sia ai contemporanei che ai posteri, parte di quell’immenso bagaglio culturale che contiene una dimensione carica di vera spiritualità e che, probabilmente, se non mi fossi interessato, si sarebbe estinto insieme a tutte le generazioni passate che l’hanno conosciuto.         

                                                      Luigi Fiorentini

                                                    (Milano, 28 ottobre 2018)

    IL MERCATO FANTASMA

    I

    Erano le dieci di sera di un freddo giorno di fine novembre, del 1975, quando i familiari del piccolo Carmelo Spiranza si sedettero attorno al braciere contenente ceppi di carboni ardenti.

    La televisione, a quel tempo, era considerata un lusso, perciò il suo utilizzo era limitato esclusivamente ai momenti in cui venivano trasmesse le previsioni del tempo o le notizie del telegiornale. Solo il lunedì sera, dopo le solite e interminabili pubblicità del Carosello, era il momento della settimana in cui si poteva assistere alla visione di un film western; se, invece, si fosse trattato di programmi di carattere politico o culturale, il televisore si doveva spegnere perché il parsimonioso Carmelo Spiranza, e cioè il nonno del piccolo Carmelo, lo considerava un inutile spreco di luce – come era solito dire per intendere l’energia elettrica, almeno in certe province siciliane.

    Come spesso avveniva nei film che facevano spaventare – così erano definiti gli horror – o nei romanzi thriller, dalla quiete più rassicurante o dal silenzio più profondo scoppiava improvvisamente un terrificante tuono che segnava il preludio di un imminente temporale e, di conseguenza, come puntualmente succedeva, andava via la luce: si spegneva così l’unica e sola lampadina da 100 watt che illuminava l’intera stanza.

    Inoltre, come se si fosse trattato di un progetto preparato appositamente per far da contorno alla cupa e misteriosa situazione che si era creata, bastava una semplice parola, una minima frase per dare lo spunto ideale atto a far nascere così l’occasione giusta per poter raccontare storie di fantasmi, di spaventosi diavoli, di strane apparizioni...

    Il nucleo familiare, più che riservato ai soli parenti, nella maggior parte delle volte era allargato anche a qualche vicino di casa, come nel caso di una vedova sola o di una coppia di anziani.

    Il padre del ragazzo – cioè del piccolo Carmelo, che però tutti chiamavano con il diminutivo di Melo – non era in casa con gli altri; spesso, quando tornava presto dalla campagna, si lavava e si recava al circolo – un’associazione ricreativa riservata ai soli iscritti: nel suo caso, ai coltivatori diretti – per potersi fare una partitina a carte. Zì Gaetano – questo era il suo nome – non possedeva doti di esperto giocatore: amava solo divertirsi; al massimo, scommetteva qualche caffè o cono di gelato che, in caso di vincita, non consumava personalmente ma si faceva rilasciare dal cassiere un buono corrispondente al valore della consumazione – di cinquanta o cento lire circa – che portava in dono al figlioletto come premio di quell’eventuale vincita.

    La madre del piccolo, però, era l’ultima dei suoi familiari a rimanere da sola in cucina per finire di lavare i piatti utilizzati durante la cena; d’altronde, la povera donna era piuttosto anziana e poi, vista l’abituale presenza di qualche vicino di casa, recatosi lì per offrire o ricevere un po’ di compagnia, non era proprio necessario che quel lavoro domestico lo lasciasse ad altri.

    Una delle vicine, un’anziana vedova che aveva perso il marito molti anni prima, altro non era che la tipica comare sempre pronta a cogliere l’occasione per narrare episodi talmente inquietanti da far gelare il sangue nelle vene!

    Quando sentiva che il volume della sua voce, o di altre persone che stavano lì, attorno al fuoco, si abbassava notevolmente, Melo intuiva che c’era in arrivo qualche storia che lo avrebbe sicuramente terrorizzato; così, dal nulla, forse ispirati dal buio o dal temporale, cominciavano i loro truci racconti: «Lu sintìstivu diri ca a la casa russa vìttiru li donni di fora?» («Lo avete sentito dire che presso la casa rossa hanno visto i fantasmi?») disse improvvisamente proprio lei, l’anziana vedova. Era una donna piuttosto burbera: si lamentava continuamente di tutto ciò che vedeva intorno a sé; aveva sempre da ridire su tutti e su tutto!

    Le donni di fora, che nella traduzione letterale dal dialetto siciliano vuol dire ‘donne di fuori’ – cioè dall’esterno, nel senso che provenivano da un’altra dimensione – altro non erano che spiriti di donne bellissime, molto alte e longilinee; esse apparivano dal nulla e vagavano all’interno delle case in cui si insediavano. La loro essenza poteva essere di duplice natura: se erano benigne, e quindi prendevano in simpatia coloro i quali abitavano quella determinata dimora, allora i proprietari vivevano una situazione agiata, trovando talvolta tesori nascosti o, addirittura, riuscendo ad avere anche molta fortuna, come per esempio quella di poter vincere a qualche lotteria o gioco a premi; in caso contrario, se invece erano maligne, perseguitavano e terrorizzavano le loro malcapitate vittime senza dare a queste ultime la minima possibilità di scampo finché, dopo averle così indotte al punto tale da farle sentire estremamente disperate e sconfitte, non decidevano di abbandonare definitivamente l’abitazione in cui vivevano.

    «Sì, sì… li vìttiru puru sutta lu campusantu», aggiunse un’altra donna del vicinato.

    Insomma, per un ragazzino che aveva appena compiuto dieci anni d’età, non doveva essere certo uno spettacolo divertente! La cosa più impressionante, però, si verificava quando capitava che al piccolo Melo venisse ordinato di andare a prendere qualcosa in un’altra stanza: la paura la toccava con mano, povero bambino!

    Intanto che una di loro raccontava una di quelle orrende e terrificanti storie, Melo si stringeva sempre di più alla madre che, avendo immaginato il terrore che stava provando il suo figlioletto, cercò di tranquillizzarlo, dicendogli:

    «No, non spaventarti: sono cose successe tanto tempo fa…»

    L’anziana donna che aveva intrapreso il racconto, come se volesse girare il coltello nella piaga, invece di comprendere la giustificata paura del bambino, si sforzò di convincere la madre di Melo che quella narrazione era senza ombra di dubbio veritiera; così aggiunse:

    «Sì, inveci: successi propriu qualche annu fa!»

    A quel racconto ne seguì un altro, da parte della nonna di Melo, in cui diceva, tra l’altro, che quando era ancora una bambina, l’aveva sentito raccontare dalla propria madre. Parlava di una leggenda risalente a tempi molto lontani, in cui si narrava di un fantomatico mercato notturno posto sulla spianata del Carmine – una piccola piazza di Bivàra, il paesino in cui vivevano.

    La cosa che suscitava più impressione era legata proprio al luogo del racconto, visto che quella piazzola si trovava a brevissima distanza dalla casa dei nonni di Melo, quindi da dove quella cerchia di persone era intenta a dialogare intorno al braciere col fuoco.

    Il mercato fantasma di cui si raccontava, non era visibile a tutti, nel senso che solo uno fra tutti gli individui di quella comunità era il predestinato, e quindi l’unico in grado di poterlo vedere. Nessuno aveva mai saputo dire con chiarezza che cosa fosse esposto in quel mercato, quale fosse la merce in vendita; l’unico indizio, quello più significativo, stava nel fatto che chi fosse riuscito a comprare qualsiasi oggetto, anche una semplice cianfrusaglia, pure al costo di solo qualche centesimo, nei giorni successivi si sarebbe improvvisamente arricchito. L’importante, però, affinché tale evento si potesse verificare, consisteva nel dover assolutamente mantenere il massimo riserbo sia riguardo all’esistenza di quello strano mercato che all’eventuale acquisto della mercanzia in esso contenuta.

    Questa storia, che a differenza della precedente sembrava più affascinante, fece balzare subito l’idea al bambino di avanzare una domanda spontanea:

    «Ma, nonna, quando si può vedere questo mercato?»

    «Sintiva diri ca si putiva vìdiri sulu na vota, ‘nni cent’anni: di mezzannotti a li tri di matina di la prima simàna di agustu» («Sentivo dire che si poteva vedere una sola volta in cento anni: da mezzanotte alle tre del mattino della prima settimana di agosto»), rispose la nonna. Poi, con una risatina affettuosa, aggiunse:

    «Tu, però, a chiddr’ura dormi!»

    Il piccolo Melo si rasserenò, anche se quel racconto, nonostante la sua tenera età, non lo lasciò affatto indifferente.

    II

    La calura secca e arida della stagione estiva rendeva l’aria insopportabile e irrespirabile, in quella borgata dell’entroterra siciliano. Nonostante il sole fosse tramontato da poco più di un’ora, la mite temperatura serale non voleva saperne di arrivare.

       I ricordi della sua infanzia furono rimpiazzati da interessi di tutt’altro genere, come la partecipazione alla vita politica locale e la dedizione alla letteratura contemporanea, specie quella inerente alla sfera della militanza al Partito Comunista: da Gramsci a Malatesta; da Sciascia a Pasolini. E fu proprio quest’ultima attitudine a spingerlo verso la scoperta di un relativismo che non aveva mai pensato gli potesse appartenere, dato che gli anni sia della sua infanzia che della sua prima adolescenza li aveva trascorsi in un contesto intriso di una spiritualità piuttosto intensa: in veste di chierichetto prima; di catechista poi.

       Alle ventuno circa, di quel mercoledì sera, Melo terminò di cenare e cominciò a prepararsi per uscire, pensando così di poter raggiungere i suoi amici nel centro del paese.

       Era il sette di agosto del 1985, e Melo era ormai diventato un bel giovane di vent’anni – anche se li avrebbe compiuti il giorno undici del mese di novembre.

       Orgoglioso dei suoi lunghi capelli che gli coprivano le spalle, e profumato di una spruzzata di Denim musk sul viso appena rasato, indossò un paio di blue jeans e una semplice camicia bianca con le maniche lunghe risvoltate: era pronto per poter trascorrere una bella serata in compagnia dei suoi fidati amici. A parte lui, che non si era ancora deciso di trovarsi una ragazza, i soli suoi amici che conducevano una vita come la sua, da single, erano Mariano e Pippo. Il primo, di donne ne aveva già avute abbastanza per la sua età, e non ambiva a crearsi alcuna relazione stabile; il secondo, invece, sia per il suo carattere spiccatamente rivoluzionario che per il modo di condurre un’esistenza non sempre in linea con i canoni di quella società, faticava a trovarsi una fidanzata con la quale poter condividere le proprie scelte alquanto

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