Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Gesù figlio dell'uomo
Gesù figlio dell'uomo
Gesù figlio dell'uomo
E-book231 pagine2 ore

Gesù figlio dell'uomo

Valutazione: 4 su 5 stelle

4/5

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Traduzione di Simona Traversetti
Edizione integrale

Settantasette chiavi per leggere l’infinita magnificenza di Gesù, settantasette monologhi, alcuni di personaggi del Vangelo come Maria Maddalena, gli apostoli Pietro, Luca, Matteo, Giovanni Battista, il sacerdote Caifa, Ponzio Pilato, Barabba, altri di figure create dallo stesso Gibran, come il poeta, il medico, il filosofo, il ricco, fino all’uomo del XX secolo, probabilmente l’autore medesimo, che descrivono il Nazareno ognuno dal proprio punto di vista, ognuno relativamente alla propria esperienza personale. Gesù, attraverso tante voci, emerge come la compiuta, felice, assoluta realizzazione delle singole potenzialità dell’uomo. Un ritratto intenso e commovente della figura di Gesù, disegnato cinque anni dopo Il Profeta, con la stessa solenne, profondissima convinzione spirituale.

«Ma quando ero al suo cospetto e gli parlavo, Egli era un uomo, e nel Suo viso scorgevo il Suo vigore. E mi diceva: «Che cosa vuoi, Miriam?». Io non gli rispondevo, ma il mio segreto fremeva forte entro il rifugio delle mie ali, e mi sentivo ardente.»


Kahlil Gibran

Gibran Kahlil Gibran nacque nel 1883 a Bisharri, nel Libano, e morì nel 1931 a New York. Fu poeta, filosofo, pittore. La sua fama si diffuse ben al di là del vicino Oriente: la sua poesia fu tradotta in più di venti lingue e le sue opere furono esposte nelle più importanti gallerie di tutto il mondo. Trascorse gli ultimi vent’anni della sua vita in America, dove ben presto divenne un maestro e un mito per milioni di giovani. I suoi libri, considerati un vero “breviario mistico”, continuano a entusiasmare un vasto pubblico, alimentando una sorta di “culto” che non accenna a spegnersi. Di Gibran la Newton Compton ha pubblicato Il Profeta – Il giardino del Profeta e Gesù figlio dell'uomo.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854130425
Gesù figlio dell'uomo
Autore

Kahlil Gibran

Kahlil Gibran was a Lebanese-American writer, poet, and a philosopher best known for his, The Prophet. Born to a Maronite-Christian family in a village occupied by Ottoman rule, Gibran and his family immigrated to the United States in 1895 in search of a better life. Studying art and literature, and inevitably ensconced in the world of political activism as a young man dealing with the ramifications of having to leave his home-land, Gibran hoped to make his living as an artist. With the weight of political and religious upheaval on his shoulders, Gibran's work aimed to inspire a revolution of free though and artistic expression. Gibran's, The Prophet has become one of the best-selling books of all time, leaving behind a legacy of accolades and establishing him as both a literary rebel and hero in his country of Lebanon. Gibran is considered to be the third best-selling poet of all time, behind Shakespeare and Lao Tzu.

Correlato a Gesù figlio dell'uomo

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Cristianesimo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Gesù figlio dell'uomo

Valutazione: 4.083333428571429 su 5 stelle
4/5

42 valutazioni5 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    This book is amazing. In the same vein as Faulkner's As I Lay Dying, this book looks at Jesus from the points of view of 30 or 40 contemporaries. It's all brilliant fiction, and presents so many sides to the man that i urge everyone to read it. Mary Magdeline describing his sensuous lips and her undying love for the man is so touching, while listening to a rich man vilify Jesus show keenly the milieu in which Jesus lived.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    Almost like reading poetry. While it is fiction, it takes words from published sources, some apocryphal, and gives us a portrait of Jesus from the viewpoints of many different people. The vision is mind-expanding, and for believers, inspirational. I really found this to be an excellent Lenten read, as I could simply soak up one short reading at a time.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    I can not put this book down. The storytelling format Gibran uses give the stories and accounts relayed in the New Testament of the Bible an intimacy that is not as readily apparent in the traditional text. Gibran's knowledge of the culture and ability to get into the character he is using to paint the picture of Jesus is informative and enjoyable.
  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    It is difficult to address the depth and focus of this - another work of the Master Gibran. I can only say that it belongs in every library.
  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    Much less known then "The Prophet" and written in the 1920' it gives a picture of the Jesus before Easter( as liberal/radical Christians say)through the eyes of dozens of characters, some biblical others not so that the reader comes to experience a human Jesus in ways far richer then in the gospels.

Anteprima del libro

Gesù figlio dell'uomo - Kahlil Gibran

Giacomo, figlio di Zebedia

Un giorno — era di primavera — Gesù si trovava nella piazza del mercato di Gerusalemme e parlava del regno dei cieli alla folla.

Ed Egli accusava gli scribi e i Farisei di disseminare di insidie e di occulte trappole il cammino di quanti anelano al regno, e pubblicamente gridava la sua denuncia.

Tra la folla c'era un gruppo di uomini che difendeva i Farisei e gli scribi; e quegli uomini cercarono di assalire Gesù, e noi con Lui.

Ma Egli li scansò e volse altrove, e cominciò a camminare verso la porta di settentrione della città.

Ci disse: «La mia ora non è ancora giunta. Molte sono le cose che ancora ho da dirvi e molte le opere che ancora devo compiere prima di consegnarmi al mondo».

E c'era gioia e riso nella Sua voce quando aggiunse: «Andiamo verso la terra di settentrione, incontro alla primavera. Venite con me sulle colline, perché l'inverno è passato, e le nevi del Libano stanno scendendo a valle per intrecciare il loro canto a quello dei ruscelli.

I campi e le vigne hanno scacciato il sonno, e sono desti, per dare al sole il loro benvenuto di fichi verdi e giovani grappoli.»

Ed Egli si incamminò avanti a noi e noi lo seguimmo, quel giorno e il giorno dopo ancora.

E il pomeriggio del terzo giorno raggiungemmo la vetta del monte Hermon, e là Egli si fermò, reclinando lo sguardo verso le città del piano.

E il suo volto splendeva come oro fuso, quando tese le braccia e ci disse: «Guardate la terra nel suo verde manto, che i rivi hanno orlato d'argento.

In verità, la terra è armoniosa e armonioso è tutto ciò che ne germoglia.

Ma c'è un regno oltre il limite del vostro sguardo, ed è là che io regnerò. E se quel regno è ciò che scegliete, e se ad esso veramente anelate, anche voi verrete e regnerete al mio fianco.

Il mio volto e il vostro non conosceranno maschera, la nostra mano non impugnerà spada né scettro, e il nostro popolo ci amerà nella pace e non avrà timore di noi».

Questo disse, ed io chiusi il mio cuore a tutti i regni della terra, a tutte le città di mura e di torri, e lo lasciai libero di seguire il Maestro nel Suo regno.

Fu in quel momento che si fece avanti Giuda Iscariota. E Giuda si avvicinò a Gesù, e parlò e disse: «Guarda: immensi sono i regni nel mondo, e le città di David e Salomone trionferanno sui Romani, Se sarai re dei Giudei, noi ci schiereremo al tuo fianco con la spada e lo scudo, e insieme annienteremo lo straniero».

Soltanto quando udì queste parole Gesù si volse verso Giuda, e il Suo volto era colmo di collera. Ed Egli parlò con voce terribile come il tuono del cielo, e disse: «Indietro, Satana! Credi forse che io sia sceso nel tempo per regnare su un formicaio per lo spazio di un giorno?

Il mio trono è altro dal trono che tu sai vedere. Chi ha ali per abbracciare la terra cercherà forse riparo in un nido vuoto e dimenticato?

Può, chi vive, essere onorato e rimpianto da chi indossa un sudario?

Il mio regno non è di questa terra, e il mio seggio non sorge sui teschi dei vostri avi.

Se non è il regno dello spirito ciò che cercate, allora fareste meglio a lasciarmi qui. Meglio fareste a scendere verso i sepolcri dei vostri morti, dove le teste coronate del passato tengono corte nelle loro tombe, e forse stanno ancora distribuendo onori sedute sulle ossa dei vostri antenati.

Osate tentarmi con una corona di stracci, quando la mia fronte invoca le Pleiadi o le vostre spine?

Se non fosse per un sogno sognato da una stirpe di cui non si ha memoria, io non sopporterei che il vostro sole sorgesse sulla mia pazienza, né che la vostra luna proiettasse la mia ombra sul vostro cammino.

Se non fosse stato per l'amore di una madre, mi sarei spogliato delle fasce di bimbo e sarei fuggito indietro, nello spazio.

E se non fosse stato per il dolore che alberga in ognuno di voi, non sarei rimasto qui a versare le mie lacrime.

Chi sei tu, e cosa sei, Giuda Iscariota? E perché mi tenti?

Mi hai forse pesato sulla bilancia trovandomi adatto a condurre schiere di pigmei e a guidare carri inesistenti contro un nemico che si accampa solo nel tuo astio e non marcia in nessun luogo che non sia la tua paura?

Troppi sono i vermi che strisciano intorno ai miei piedi, e non darò loro battaglia.

Sono stanco di questo gioco, e stanco di aver pietà di quei rettili che mi giudicano vile perché non mi agito tra le loro mura e le loro torri munite.

Ma pietà è ciò che devo; pietà sino alla fine. Vorrei poter volgere i passi verso un mondo più grande, dimora di uomini più grandi. Ma come?

Il vostro sacerdote ed il vostro imperatore chiedono il mio sangue. Prima ch'io me ne vada di qui saranno soddisfatti. Cambiare il corso della legge non è ciò che voglio, e non intendo governare la follia.

L'ignoranza riproduca se stessa fino a quando non sarà stanca della propria prole.

Il cieco guidi pure il cieco nella trappola.

E il morto continui a seppellire il morto fino a che la terra sarà soffocata dall'amaro suo frutto.

Il mio regno non è di questa terra. Il mio regno sarà nel luogo ove due o tre fra voi si incontreranno nell'amore e nella meraviglia per la dolcezza della vita, e nel giubilo, e nel ricordo di me».

Poi, d'improvviso, si volse verso Giuda e disse: «Indietro, uomo! I tuoi regni non saranno il mio».

Era ormai il crepuscolo. Ed Egli ci guardò e ci disse: «Scendiamo. La notte incombe. Camminiamo nella luce, finché la luce è con noi».

Poi si incamminò giù dalle colline e noi lo seguimmo. E Giuda seguiva a distanza.

Quando giungemmo a valle era calata la notte.

E Tommaso, figlio di Diofane, disse a Gesù: «Maestro, si è fatto buio, e ci è impossibile vedere la strada. Se lo vuoi, guidaci alle luci di quel villaggio laggiù, dove potremo trovare cibo e rifugio».

E Gesù rispose a Tommaso, e disse: «Vi ho condotti sulle alture che avevate fame e con una fame più grande vi ho riportati a valle. Ma non posso fermarmi con voi, questa sera. Vorrei rimanere solo».

Allora Simon Pietro si fece innanzi, e disse: «Maestro, non lasciare che camminiamo soli nel buio. Concedici di restarti accanto, anche qui, su questo sentiero. Solamente se sarai con noi la notte e le ombre della notte dilegueranno, e presto ci sorprenderà il mattino».

E Gesù rispose:«Questa notte le volpi avranno le loro tane e gli uccelli dell'aria i loro nidi, ma il Figlio dell'Uomo non ha luogo sulla terra ove posare il capo. Ed ora, in verità, vorrei restare solo. Se avrete desiderio di me, mi cercherete presso il lago dove vi ho trovati».

Allora ci allontanammo da Lui, e c'era tristezza nei nostri cuori, perché mai avremmo voluto lasciarlo.

Molte volte, lungo il cammino, ci fermammo per volgerci a guardarLo, e Lo osservammo avanzare verso occidente in maestosa solitudine. Il solo tra noi che non si volse a contemplarLo in quella solitudine fu Giuda Iscariota.

E da quel giorno Giuda divenne cupo e distante. Ed io pensai che i solchi sotto i suoi occhi nascondessero, forse, una minaccia.

Anna, la madre di Maria

Gesù, il figlio di mia figlia, nacque qui a Nazareth nel mese di gennaio. E la notte in cui Gesù venne al mondo bussarono alla nostra porta dei pellegrini giunti dall'Oriente. Erano Persiani che, diretti in Egitto, venivano ad Esdraelon con le carovane dei Medianiti e, non avendo trovato posto alla locanda, cercavano alloggio nella nostra casa.

Ed io diedi loro il benvenuto, e dissi: «Mia figlia ha dato alla luce un bambino, questa notte. So che saprete quindi perdonarmi se la mia accoglienza non è quella che si converrebbe ad una buona ospite».

Dunque mi ringraziarono per aver offerto loro rifugio. E, dopo aver cenato, mi dissero: «Ci piacerebbe vedere il bambino».

Ebbene, il figlio di Maria era bello a guardarsi, ed anche lei era graziosa.

E quando i Persiani videro Maria e il suo piccino, trassero oro e argento dalle loro sacche, e mirra e incenso, e deposero ogni cosa ai piedi del bambino.

Poi si prostrarono a terra e si misero a pregare, in una strana lingua che noi non capimmo.

Quando li accompagnai nell'alloggio che avevo preparato loro per la notte, lessi nel loro incedere come uno sgomento per ciò che poco prima avevano veduto.

Appena giunto il mattino ci lasciarono e ripresero la strada per l'Egitto.

Ma, partendo, mi parlarono e dissero: «Il bambino non ha che un giorno, eppure nei Suoi occhi abbiamo contemplato la luce del nostro Dio, e il sorriso del nostro Dio sulla Sua bocca.

Proteggetelo. Questo vi chiediamo; così che Egli possa proteggere voi tutti».

Questo ci dissero, montando sui loro cammelli. E non li vedemmo mai più.

In verità, sembrava che in Maria la gioia per la nascita del suo primogenito non eguagliasse lo stupore e la grande meraviglia.

A lungo guardava il suo bambino, e poi volgeva il viso verso la finestra e fissava non so che punto lontano del cielo, come rapita da una visione.

E c'erano valli tra il suo cuore e il mio.

Ed il bambino cresceva in corpo e in spirito, ed era solitario ed indocile, ed io non mi sentivo capace di alzare la mia mano su di Lui.

Eppure a Nazareth tutti lo amavano, ed in cuor mio ne conoscevo la ragione.

C'erano volte in cui prendeva il nostro cibo per offrirlo al viandante. Ed era solito far dono agli altri bambini dei dolci che gli regalavo, senza concederne neppure un assaggio alla Sua bocca.

Si arrampicava sugli alberi del mio frutteto per coglierne i pomi, ma non era mai Lui a mangiarne.

E gareggiava nella corsa con gli altri ragazzi, ma a volte, essendo il più veloce, indugiava un poco in modo che fosse qualcun altro a superare l'asticciola d'arrivo prima di Lui.

E talvolta, mentre Lo mettevo a letto, mi diceva: «Di' a mia madre e agli altri che sarà solo il mio corpo a dormire. Il mio pensiero rimarrà con loro fino a quando giungerà a me il loro pensiero nel mattino».

E molte altre meravigliose parole diceva quand'era fanciullo, ma io sono troppo vecchia per ricordare.

Ora mi dicono che non Lo rivedrò mai più. Ma come posso crederci?

Sento ancora le Sue risa, e la musica delle Sue corse intorno alla mia casa. E ogni volta che bacio la guancia di mia figlia, la fragranza di Lui mi torna al cuore, e mi sembra che il Suo corpo colmi il mio abbraccio, ancora.

Ma non è strano che mia figlia non mi parli mai del suo primo nato?

Talvolta mi sembra che la mia nostalgia di Lui sia più grande della sua.

Lei rimane immobile dinanzi al fluire del giorno, mentre il mio cuore si scioglie e scorre in rivoli.

Forse sa qualcosa che io invece non conosco. Vorrei che potesse dirlo anche a me.

Assaph, detto l'oratore di Tiro

Cosa posso dire della Sua eloquenza? Forse c'era qualcosa nella Sua persona che conferiva potenza alle Sue parole e faceva vacillare coloro che lo udivano.

Perché bello era agli occhi, e nel Suo volto luceva il chiarore del giorno. Uomini e donne si perdevano a guardar Lo, dimenticando quasi di ascoltare quanto diceva. Ma a volte Egli parlava con il vigore dello spirito, e quello spirito esercitava la propria autorità su chi udiva le Sue parole.

Da ragazzo ho ascoltato gli oratori di Roma e di Atene e di Alessandria. Il giovane Nazareno era diverso da tutti loro. Quelli intessevano le parole con l'arte che incanta l'orecchio, ma quando ascoltavi Lui, il tuo cuore si librava in volo su regioni inesplorate.

Raccontasse una storia o narrasse una parabola, certamente mai in Siria si era udito nulla di simile. Sembrava trarle dalle stagioni, come dalle stagioni il tempo trae gli anni e le età.

Iniziava così le Sue storie: «Il contadino uscì nel campo a seminare».

Oppure: «C'era un uomo ricco che possedeva molti vigneti».

O ancora: «Sul far della sera un pastore contava le sue pecore, e si avvide che una di esse era smarrita».

E tali parole riportavano gli astanti alla semplicità del proprio io segreto e alla stagione più antica dei loro giorni.

Nell'intimo del nostro cuore siamo tutti contadini, e tutti amiamo il vigneto. E nei pascoli della nostra memoria c'è un pastore ed un gregge e la pecora smarrita.

E c'è il vomere e il torchio e l'aia.

Egli conosceva l'essenza del nostro io ancestrale, e la tenacia del filo di cui siamo tessuti.

Gli oratori greci e romani parlavano al loro uditorio della vita così come appariva agli occhi della mente. Il Nazareno parlava di un anelito che alberga nel cuore.

Quelli vedevano la vita con occhi soltanto un po' più chiari dei vostri e dei miei. Lui vedeva la vita nella luce di Dio.

Spesso penso che parlasse alla folla come una montagna parlerebbe al

Ti è piaciuta l'anteprima?
Pagina 1 di 1