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Psicopatologia della vita quotidiana
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Psicopatologia della vita quotidiana
E-book390 pagine5 ore

Psicopatologia della vita quotidiana

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Info su questo ebook

Prefazione di Claudio Modigliani
Traduzione di Cecilia Galassi
Edizione integrale

Psicopatologia della vita quotidiana, pubblicato nel 1901, descrive una delle strade percorse da Freud per raggiungere l’inconscio: l’interpretazione dei lapsus, delle dimenticanze, delle sviste, di tutte quelle disattenzioni apparentemente insignificanti, così frequenti nella nostra vita quotidiana. Ideale continuazione de L’interpretazione dei sogni, quest’opera estende il metodo psicoanalitico alle manifestazioni della veglia che tradiscono la presenza e la pressione degli impulsi inconsci.
Sigmund Freud
padre della psicoanalisi, nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856. Autore di opere di capitale importanza (tra le quali citeremo soltanto L’interpretazione dei sogni, Tre saggi sulla sessualità, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana, Al di là del principio del piacere), insegnò all’università di Vienna dal 1920 fino al 1938, quando fu costretto dai nazisti ad abbandonare l’Austria. Morì l’anno seguente a Londra, dove si era rifugiato insieme con la famiglia. Di Freud la Newton Compton ha pubblicato molti saggi in volumi singoli e la raccolta Opere 1886/1921.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854124608
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4/5

108 valutazioni4 recensioni

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  • Valutazione: 2 su 5 stelle
    2/5
    I read this as a required reading in one of my classes in graduate school (which may have something to do with how I rated it). At the end of the book I was left wondering if anyone would ever suggest this book if the authors name wasn't Freud.
  • Valutazione: 5 su 5 stelle
    5/5
    Very interesting case collection – reader will most likely find himself in some of these cases (hopefully not those that can be considered as serious ones) because all cases presented are taken from the everyday life. Note this book is just that – interesting cases collection (many are contributed by Freud’s long-time colleagues) – author does not go into details and tries not to explain the causes of every case.If you are interested in Freud’s work, this book is good starting point.Recommended.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    I approached this book with some scepticism, having not read Freud before but being under the impression that he was a sex-mad weirdo. Upon actually reading the book I was pleasantly surprised. The theories presented here are not outrageous and shocking, they are perfectly sensible, and indeed Freudian slips, which are the content of the longest chapter, are now widely accepted as acts of the unconscious. The style of the book is more along the lines of popular science than a textbook on psychoanalysis. It was an interesting introduction to some of the famous theories: briefly discussed and then explored using a series of short case studies, which were quite convincing. My only criticism is that many of the case studies in each chapter are very similar, but this book is definitely worth a read and will get you thinking whenever somebody cannot remember a word or replaces it with a different one.
  • Valutazione: 4 su 5 stelle
    4/5
    A fundamental Freud text that touches on the themes, ideas, and concepts that intrigue him and cause him to wonder. While this was not as profound as some of the other Freud works that I have read, there is still something to be gained here by reading it. It was read in one sitting and Freud's conceptualizations of his ideas were original and linked to some of his other work. Overall, a decent book.3.5 stars.

Anteprima del libro

Psicopatologia della vita quotidiana - Sigmund Freud

1. Dimenticanza di nomi propri

Nel 1898 ho pubblicato, sulla «Monatsschrift fur Phsychiatrie und Neurologie», un breve articolo intitolato «Il meccanismo psichico della dimenticanza»¹ il cui contenuto, che ora riassumerò, mi servirà come punto di partenza per le mie considerazioni ulteriori. In questo articolo sottomettevo all'analisi psicologica, prendendo lo spunto da un caso sorprendente osservato su me stesso, il fenomeno tanto frequente della dimenticanza passeggera di nomi propri; sono arrivato alla conclusione che il fenomeno - tanto comune e abbastanza irrilevante nella pratica - consistente nel momentaneo blocco di una facoltà psichica (la memoria), può ricevere una spiegazione la cui portata va molto al di là dell'importanza generalmente accordata a tale fenomeno.

Se si chiedesse ad uno psicologo come mai ci si trova tanto spesso nell'impossibilità di ricordarsi un nome proprio, che pur si è certi di conoscere, probabilmente questi si limiterebbe a rispondere che la memoria è più labile per questo genere di nomi che per gli altri suoi contenuti; addurrebbe ragioni, più o meno plausibili, che, secondo lui, sarebbero in grado di giustificare questa caratteristica dei nomi propri, senza supporre che questo processo possa essere sottomesso ad altre condizioni, di ordine più generale.

Sono stato spinto ad occuparmi a fondo del fenomeno della momentanea dimenticanza di nomi propri dall'osservazione di certi particolari, assenti in alcuni casi, ma molto precisi in altri: non si tratta, allora, di semplice dimenticanza, ma anche di falso ricordo. Chi cerca di richiamare alla mente un nome che gli sfugge ritrova nella propria coscienza altri nomi, sostitutivi, la cui falsità egli riconosce immediatamente, ma che tuttavia continuano ostinatamente ad imporglisi. È come se il processo che dovrebbe portare alla riproduzione del nome abbia subito uno spostamento, abbia imboccato una strada sbagliata, alla fine della quale si ritrova il nome sostitutivo, scorretto. Ed io ritengo che tale spostamento non derivi da un'azione psichica arbitraria, ma si effettui secondo determinati modi prestabiliti e pertanto prevedibili. In altre parole, io ritengo che tra il nome sostitutivo e quello ricercato ci sia un nesso ben determinato, che spero di riuscire ad identificare, in modo da chiarire il processo della dimenticanza dei nomi propri.

Nel caso che ho analizzato nel 1898, il nome che io mi sforzavo invano di ricordare era quello dell'artista cui si devono i magnifici affreschi rappresentanti il «Giudizio Universale» che si trovano nel Duomo di Orvieto. Invece del nome esatto, Signorelli, mi erano venuti in mente i nomi di altri due pittori, Botticelli e Boltraffio, rendendomi immediatamente conto, con assoluta certezza, che non erano quelli esatti. Ma non appena il nome corretto mi fu comunicato da un'altra persona, lo riconobbi senza un attimo di esitazione. L'analisi degli influssi e delle associazioni che mi avevano portato alla riproduzione dei nomi Botticelli e Boltraffio, anziché Signorelli, portò ai seguenti risultati:

a. Il motivo della dimenticanza del nome Signorelli non va ricercato né in una qualche sua particolarità, né in un carattere psicologico del contesto in cui era inserito. Il nome dimenticato mi era altrettanto familiare di uno di quelli sostitutivi, Botticelli, e di gran lunga più di quello di Boltraffio, di cui sapevo solo che fa parte della scuola milanese. Le circostanze nelle quali si era verificata la dimenticanza, poi, mi sembravano innocue e non tali, certo, da fornirmi alcun chiarimento: stavo facendo, in compagnia di un estraneo, un viaggio in carrozza da Ragusa, in Dalmazia, ad una località dell'Herzegovina [Erzegovina]; durante il tragitto, la conversazione cadde sull'Italia ed io chiesi al mio compagno di viaggio se era stato in Italia e se aveva visto i celebri affreschi di...

b. La dimenticanza dei nomi si spiega se io considero l'argomento immediatamente precedente di quella conversazione; allora la dimenticanza si presenta come perturbazione del nuovo argomento ad opera del precedente. Poco prima che io chiedessi al mio compagno di viaggio se era stato ad Orvieto, avevamo parlato delle usanze dei Turchi che abitano la Bosnia e l'Herzegovina. Avevo riferito al mio interlocutore quanto mi aveva raccontato un collega che esercita la sua professione tra quella gente, cioè che sono persone ricolme di fiducia nei confronti del loro medico e pieni di rassegnazione di fronte alla sorte. Quando è costretto ad annunciare che la malattia di un loro parente è molto grave, essi rispondono: «Herr [Signore], non ne parliamo. Io sono certo che, se sarà possibile salvare il malato, tu lo salverai». A questo punto abbiamo i due nomi Bosnia e Herzegovina e la parola Herr, che è possibile inserire in una serie di associazioni tra Signorelli, Botticelli e Boltraffio.

c. Ritengo che l'associazione di idee riguardanti le usanze dei Turchi della Bosnia, ecc., sia stata tanto potente da disturbare un pensiero successivo in quanto io ne avevo distolto l'attenzione prima di averla portata a termine. Ricordo chiaramente che avevo pensato di raccontare un altro aneddoto, molto vicino, nella mia memoria, al primo. Questi Turchi attribuiscono uno straordinario valore ai piaceri erotici e quando accusano disturbi della funzione sessuale sono presi da una disperazione che contrasta singolarmente con la loro rassegnazione di fronte alla morte. Un giorno, un paziente del mio collega gli disse: «Tu capisci bene, Herr, che quando non si può più fare quella cosa, la vita non ha più valore». Poi, però, avevo preferito astenermi dal comunicare questo aspetto caratteristico, dato che non mi pareva il caso di affrontare questo scabroso argomento nella conversazione con un estraneo. Ma feci di più: distolsi la mia attenzione dall'associazione di idee che avrebbero potuto trovarsi in un qualche nesso, nella mia mente, con l'argomento «Morte e Sessualità». Risentivo ancora, in quei giorni, dell'impressione provocata in me da un avvenimento di cui avevo avuto notizia, qualche settimana prima, durante un breve soggiorno a Trafoi: un malato, per cui mi ero dato molto da fare, si era suicidato perché soffriva di un incurabile disturbo sessuale. So perfettamente che questo triste avvenimento e tutti i particolari connessi non erano affatto presenti in me, durante il mio viaggio in Herzegovina, allo stato di ricordo cosciente. Tuttavia, l'affinità tra Trafoi e Boltraffio mi costringe a pensare che, nonostante la distrazione intenzionale, io subivo l'influsso di questa reminiscenza.

d. A questo punto non posso più considerare la dimenticanza del nome Signorelli come un fatto incidentale. Sono costretto ad ammettere l'influenza di un motivo in questo fenomeno. Per ragioni di ordine psichico mi sono interrotto nei miei racconti (sulle usanze dei Turchi, ecc.), e per ragioni di ordine psichico ho evitato che nella mia coscienza penetrassero le idee che vi si associano e che mi avrebbero infine portato a parlare della notizia che avevo ricevuto a Trafoi. Dunque, io volevo dimenticare qualcosa; ho rimosso qualcosa. Naturalmente ciò che volevo dimenticare non era il nome dell'artista di Orvieto; ma tra questa «altra cosa» ed il nome si era stabilito un nesso associativo, dimodoché il mio atto di volontà ha fallito il suo scopo ed io ho, involontariamente, dimenticato il nome, mentre volevo intenzionalmente dimenticare l'«altra cosa». Il desiderio di non ricordare riguardava un certo contenuto; l'impossibilità di ricordare si è manifestata nei confronti di un altro. Questo caso sarebbe evidentemente molto più semplice se il desiderio di non ricordare e l'impossibilità della memoria si fossero collegati allo stesso contenuto. D'altra parte, i nomi sostitutivi non mi sembrano più così ingiustificati come prima della spiegazione; essi mi richiamano alla mente (per una specie di compromesso) sia ciò che ho dimenticato sia ciò che avrei voluto dimenticare, e rendono evidente come la mia intenzione di dimenticare qual-cosa non sia né totalmente riuscita, né totalmente fallita.

e. Il genere di associazione che si è stabilito tra il nome ricercato e l'argomento rimosso (relativo alla morte ed alla sessualità e nel quale figurano i nomi Bosnia, Herzegovina, Trafoi) è veramente singolare.

Lo schema, ripreso dal mio articolo del 1898, cerca di dare una rappresentazione concreta di questa associazione.

Il nome Signorelli è stato scomposto in due parti [Signor - elli]; le due ultime sillabe [elli] si ritrovano tali e quali in uno dei due nomi sostitutivi, le prime due hanno contratto, mediante la traduzione di Signor in Herr, numerosi e svariati rapporti con i nomi contenuti nell'argomento rimosso, il che ha reso impossibile riprodurli.

La sostituzione di Signor è avvenuta come per uno spostamento tra i nomi connessi «Herzegovina - Bosnia», senza riguardo per il significato né per la delimitazione acustica delle sillabe. Si ha l'impressione che in questo processo i nomi siano stati trattati in maniera analoga agli ideogrammi di una frase da trasformare in rebus. La coscienza non si è affatto resa conto di questo processo in seguito al quale il nome Signorelli è stato sostituito da altri.

E, a prima vista, il solo rapporto che si scopre tra l'argomento di conversazione in cui appariva il nome Signorelli e l'argomento che lo precedeva è costituito dalla somiglianza delle sillabe (o piuttosto delle successioni di lettere) in entrambi i casi.

Non credo sia superfluo fare osservare che la mia spiegazione non contraddice le condizioni necessarie, secondo gli psicologi, per la riproduzione e la dimenticanza, e quali essi ricercano in certe relazioni e nostre disposizioni. Io mi limito ad aggiungere, per certi casi, un motivo a quei fattori, da tempo ammessi, che possono determinare la dimenticanza di un nome; inoltre, ho illustrato il meccanismo del falso ricordo. Nel nostro caso quei fattori hanno senz'altro avuto una parte nel permettere all'elemento rimosso di impadronirsi, attraverso l'associazione, del nome ricercato e di portarlo con sé nella rimozione. Forse, a proposito di un altro nome, che presentasse condizioni di riproduzione più favorevoli, questo fenomeno non si sarebbe verificato.

È comunque verosimile che un elemento rimosso cerchi sempre ed in tutti i casi di manifestarsi all'esterno: tuttavia riesce a farlo solo in presenza di condizioni particolari e appropriate. In alcuni casi, la rimozione si verifica senza disturbi funzionali, o, possiamo dire, senza sintomi.

In conclusione, le condizioni necessarie perché si verifichi la dimenticanza di un nome con falsa reminiscenza sono le seguenti:

1. una certa disposizione a dimenticare questo nome;

2. un processo di repressione verificatosi poco prima;

3. la possibilità di stabilire un'associazione esteriore tra questo nome e l'elemento represso prima.

Penso che non si debba esagerare l'importanza di questa ultima condizione, perché, data la facilità con cui si formano le associazioni, sarà piuttosto agevole adempiervi. Un altro problema, più importante, è quello di sapere se una associazione esteriore di questo tipo costituisce realmente una condizione sufficiente perché l'elemento rimosso disturbi la riproduzione del nome ricercato e se non sia invece necessario, a questo scopo, un più intimo legame tra i due argomenti. In un primo momento si sarebbe tentati di negare quest'ultima necessità e di ritenere sufficiente la passeggera contiguità temporale di due elementi senza relazione tra loro. Ma ad un esame più approfondito si osserva, con sempre maggior frequenza, che i due elementi (quello rimosso ed il nuovo) collegati da un'associazione esteriore, hanno inoltre un nesso nel contenuto, il che avveniva anche, in effetti, nell'esempio Signorelli.

La conclusione che deriva dall'analisi dell'esempio Signorelli ha un diverso valore, a seconda che si consideri questo caso come tipico o, invece, come un fenomeno isolato. E io ritengo di poter affermare che la dimenticanza di nomi con falsa reminiscenza si verifichi, per lo più, nello stesso modo che nel caso descritto. Quasi sempre, osservando questo fenomeno su me stesso, sono stato in grado di spiegarlo come nel caso Signorelli, cioè come motivato da rimozione.

D'altra parte, c'è anche un altro argomento che posso addurre come riprova della natura tipica della nostra analisi. Io non credo che si possa tracciare una netta linea di demarcazione tra i casi di dimenticanza di nomi propri con falsa reminiscenza e quelli in cui non appaiono nomi sostitutivi scorretti. In alcuni casi questi si presentano spontaneamente; in altri, è possibile provocarli con uno sforzo dell'attenzione, ed allora essi presentano gli stessi rapporti con l'elemento rimosso ed il nome ricercato che se fossero sorti spontaneamente. Perché il nome sostitutivo divenga cosciente è anzitutto necessario uno sforzo dell'attenzione, ed inoltre la presenza di una condizione interiore connessa col materiale psichico. Secondo me, quest'ultima condizione consiste nella maggiore o minore facilità con cui si stabilisce la necessaria relazione interiore tra i due elementi. Così, una buona parte dei casi di dimenticanza di nomi senza falsa reminiscenza, viene ad aggiungersi ai casi con formazione di nomi sostitutivi, e vale allora il meccanismo dell'esempio Signorelli. Non voglio dire, naturalmente, che tutti i casi di dimenticanza di nomi debbano rientrare in una di queste categorie. Indubbiamente, altri casi presentano un meccanismo molto più semplice. E insomma, non usciamo dai limiti della prudenza se riassumiamo la situazione in questo modo: accanto alla semplice dimenticanza di un nome proprio, vi sono casi in cui questa è determinata da rimozione.

¹ [Trad. it. in Il sogno e Scritti su Ipnosi e Suggestione, Roma, Newton Comton editori, 1991, 2010, in questa collana].

2. Dimenticanza di parole straniere

I vocaboli di uso corrente della lingua madre non possono, nei limiti del normale funzionamento delle nostre facoltà, cadere nella dimenticanza. Ovviamente, per quanto riguarda i vocaboli di una lingua straniera, le cose stanno diversamente. In questo caso, la tendenza a dimenticarli esiste, per tutte le parti del discorso, e un primo grado di disturbo funzionale si manifesta come irregolarità nella nostra padronanza di una lingua straniera, a seconda delle nostre condizioni generali e del nostro grado di stanchezza. In tutta una serie di casi, la dimenticanza dei vocaboli stranieri è determinata da quello stesso meccanismo che abbiamo descritto nell'esempio di Signorelli. A sostegno di questa affermazione citerò un solo esempio, pieno però di particolari significativi, che riguarda la dimenticanza di una parola non sostantivale inserita in una citazione latina. Mi sia permesso di esporre questo episodio in tutti i suoi particolari.

L'estate scorsa rinnovai, sempre nel corso di un viaggio di vacanze, la conoscenza con un giovane di formazione universitaria il quale (ed ebbi ben presto modo di rendermene conto) era al corrente di alcune mie pubblicazioni in campo psicologico. La nostra conversazione, non ricordo bene come, cadde sulle condizioni sociali in cui entrambi ci troviamo, ed egli, giovane ambizioso, si lamentò per la situazione d'inferiorità cui era condannata la sua generazione, che si trova nell'impossibilità di sviluppare il proprio talento e soddisfare le proprie esigenze. Concluse la sua appassionata diatriba con il celebre verso di Virgilio, nel quale l'infelice Didone lascia ai posteri la sua vendetta su Enea: Exoriare..., voleva dire, ma non riuscendo a ricostruire la citazione, cercò di dissimulare un'evidente lacuna mnestica invertendo l'ordine delle parole: Exo iar(e) ex nostris ossibus ultor! Alla fine, contrariato, mi disse:

«La prego, non prenda quell'aria ironica, come se il mio imbarazzo la divertisse. Mi aiuti, piuttosto. In questo verso manca qualcosa. Vuole aiutarmi a ricostruirlo?».

«Senz'altro», risposi, e citai il verso per intero: «Exoriar(e) aliquis nostris ex ossibus ultor!».

«Come sono stato stupido a dimenticare una parola del genere! D'altra parte, a sentir lei, nessuna dimenticanza avviene senza una qualche ragione. Perciò sarei molto curioso di sapere come mi è successo di dimenticare il pronome indefinito aliquis».

Accettai con piacere questa sfida, nella speranza di arricchire di un nuovo esempio la mia collezione. Perciò gli dissi:

«Cercheremo di capirlo. Solo, la prego di comunicarmi lealmente ed in modo acritico tutto ciò che le passerà per la testa fissando la sua attenzione sulla parola dimenticata, ma senza una precisa intenzione».¹

«Benissimo! Ecco che mi viene la ridicola idea di scomporre la parola in a e liquis.»

«Che senso ha?»

«Non lo so.»

«Che altro le viene in mente, a questo proposito?»

«Reliquie, Liquidazione. Liquido. Fluido. Le dice qualcosa?»

«Assolutamente no. Ma vada avanti.»

«Penso - disse con un sorriso sarcastico - a Simonino da Trento², le cui reliquie ho visto un paio di anni fa in una chiesa di Trento . Penso alle accuse sanguinose che proprio in questo periodo si stanno nuovamente elevando contro gli Ebrei, e penso anche all'opera di Kleinpaul³ che in queste pretese vittime degli Ebrei vede delle incarnazioni o delle nuove edizioni, del Salvatore.»

«Quest'ultima idea ha un qualche nesso con l'oggetto della nostra conversazione, prima che le sfuggisse la parola latina.»

«È vero. Mi viene poi da pensare ad un articolo che ho letto di recente in un giornale italiano. Mi sembra che il titolo fosse: Quel che Sant'Agostino dice delle donne. Cosa ne deduce?».

«Aspetto.»

«Ed ora mi viene in mente un'idea che, senz'altro, non ha alcun nesso con l'oggetto della nostra conversazione.»

«La prego, lasci da parte ogni critica.»

«Me l'ha già detto. Mi viene in mente uno straordinario vecchio signore che ho incontrato la settimana scorsa, mentre ero in viaggio. Un vero originale; sembra un grosso uccello rapace e, se vuole saperlo, si chiama Benedetto.»

«Perlomeno, abbiamo una serie di santi e di padri della Chiesa: San Simonino, Sant'Agostino, San Benedetto. Un altro padre della chiesa si chiamava, mi sembra, Origene. E tutti questi tre nomi sono nomi di battesimo, come Paul in Kleinpaul.»

«Ed ora mi viene da pensare a San Gennaro ed al miracolo del sangue. Ma stiamo andando avanti meccanicamente.»

«Lasci perdere. Sia San Gennaro (gennaio) che San Agostino (agosto) fanno pensare al calendario. Vuole parlarmi di questo miracolo?»

«Ma lei lo conoscerà certamente! In una chiesa di Napoli è conservato, in una fiala, il sangue di San Gennaro che tutti gli anni, alla data di una certa festività, si liquefò di nuovo, per miracolo. Il popolo ci tiene molto ed è terribilmente scontento quando questo miracolo tarda a verificarsi, come avvenne una volta, all'epoca dell'occupazione francese. Il comandante in capo - oppure si trattava di Garibaldi? - prese in disparte il curato e, indicandogli con un gesto significativo i soldati schierati all'esterno, gli disse che sperava di veder presto realizzato il miracolo. E questo, in effetti, si realizzò.»

«E poi? Vada avanti. Cosa c'è.»

«Adesso mi viene in mente una cosa... Ma è una faccenda troppo intima perché possa parlargliene... Del resto non vedo alcun nesso tra questa cosa e l'argomento che c'interessa, e neppure, perciò, alcuna necessità di raccontarglierla...»

«Non si preoccupi del nesso. Io non posso certo costringerla a raccontarmi una cosa che le è sgradevole; ma allora non venga a chiedermi di spiegarle perché ha dimenticato la parola aliquis.»

«Crede davvero? D'accordo, mi è venuto improvvisamente da pensare ad una signora dalla quale potrei facilmente ricevere una notizia sgradevole sia per me che per lei.»

«Cioè, che non ha avuto le mestruazioni?»

«Come ha fatto a capire?».

«È stato semplice, lei mi aveva dato elementi sufficienti. Pensi a tutti i santi del calendario di cui mi ha parlato, al racconto sulla liquefazione del sangue che si verìfica in un giorno preciso e sull'emozione che si prova quando il miracolo non si verìfica, sulla chiara minaccia che se il miracolo non si fosse verificato sarebbe successo questo e quello... lei si è servito del miracolo di San Gennaro per un'eccellente allegoria delle mestruazioni di questa donna.»

«E l'ho fatto inconsciamente. Lei crede che la mia dimenticanza della parola aliquis fosse dovuta a questa attesa angosciosa?»

«Mi sembra che non ci siano dubbi. Pensi solo alla sua scomposizione della parola in a e liquis ed alle associazioni: reliquie, liquidazione, liquido. È proprio necessario che io introduca nella concessione anche San Simonino, sacrificato da bambino, ed al quale lei ha pensato dopo aver parlato di reliquie?»

«Lasci stare. Spero che lei non prenda sul serio questi pensieri, ammesso che io li abbia realmente avuti. In compenso le dirò che la signora di cui le parlavo è un'Italiana, e che io ho visitato Napoli in sua compagnia. Ma non si potrebbe trattare di una serie di coincidenze casuali?»

«Lascio a lei giudicare se tutte queste connessioni possano spiegarsi col caso. Ma le assicuro che ogni volta che le verrà in mente di analizzare fatti di questo genere, si troverà di fronte a casi estremamente singolari.»

Ho parecchi motivi per apprezzare questa piccola analisi, e sono molto grato a quel mio compagno di viaggio. Innanzitutto, in questo caso sono stato in grado di attingere ad una fonte che in genere mi è inaccessibile. Per lo più, infatti, sono costretto a trarre dall'autosservazione gli esempi di disturbi funzionali di ordine psichico che capitano nella vita quotidiana e che vado raccogliendo in questo volume. Quanto all'abbondante materiale che mi è fornito dai miei pazienti nevrotici, cerco di evitare di servirmene, per non sentirmi obiettare che i fenomeni qui descritti sono appunto effetti e manifestazioni di nevrosi. Perciò sono ben contento quando mi trovo di fronte ad una persona psichicamente sana che acconsente a sottomettersi ad un'analisi di questo tipo. Questo caso, poi, mi sembra rilevante anche per un altro aspetto; qui, infatti, abbiamo l'esempio di dimenticanza di un nome senza ricordi sostitutivi, il che conferma l'ipotesi formulata precedentemente, cioè che la presenza o la mancanza di ricordi sostitutivi errati non giustifica una distinzione sostanziale tra diverse categorie.

Ma il principale interesse presentato dall'esempio di aliquis consiste in un'altra differenza rispetto all'esempio di Signorelli. In quest'ultimo, infatti, la riproduzione del nome è disturbata in reazione ad un pensiero cominciato ed interrotto poco prima, ma il cui contenuto non presentava alcun nesso esteriore col nuovo argomento, in cui appariva il nome Signorelli.

Tra l'argomento rimosso e quello in cui era inserito il nome dimenticato, vi era solo un rapporto di contiguità nel tempo, sufficiente, però, a collegare, tramite una associazione esteriore, i due argomenti⁵.

Nell'esempio di aliquis, invece, non c'è traccia di un argomento indipendente e rimosso che, avendo poco prima occupato il pensiero cosciente, abbia poi reagito come elemento perturbatore.

In questo caso, il disturbo della riproduzione deriva dall'argomento stesso, per un'inconscia opposizione contro l'idea-desiderio che si esprime nel verso citato. Ecco quale sarebbe il meccanismo della dimenticanza della parola aliquis: il mio interlocutore si lamenta del fatto che l'attuale generazione del suo popolo non goda di tutti i diritti cui aspirerebbe e, come Didone, predice che una nuova generazione verrà a vendicare gli oppressi di oggi. Dunque, egli esprime il desiderio di avere dei discendenti. Ma gli si frappone un pensiero antagonista: «Ma davvero desideri avere dei discendenti? No, via! Pensa a quale sarebbe il tuo imbarazzo se da un momento all'altro ricevessi da una persona che conosci la notizia che li avrai. No, per quanto grande sia la tua sete di vendetta, tu non vuoi dei discendenti». Questa contraddizione si manifesta, proprio come nel caso Signorelli, in un'associazione esteriore tra uno dei suoi elementi di rappresentazione ed un elemento del desiderio criticabile; ma stavolta l'associazione si effettua in un modo assai forzato e per vie associative apparentemente artificiose.

Un'altra importante analogia con l'esempio Signorelli consiste nel fatto che la contraddizione deriva da sorgenti rimosse ed è provocata da pensieri che distoglierebbero l'attenzione.

Questo è quanto avevo da dire sulle differenze e le analogie interne tra i due tipi di dimenticanza di nomi. Abbiamo constatato l'esistenza d'un secondo meccanismo di dimenticanza, consistente nella perturbazione di un'idea a causa di una contraddizione interna proveniente dal rimosso. Nel corso della nostra ricerca avremo più volte occasione di ritrovare questo meccanismo, che dei due ci appare più facilmente comprensibile.

¹ Questo è il metodo generalmente adottato per riportare alla coscienza elementi di rappresentazione rimasti inconsci. Cfr. il mio Die Traumdeutung, cap. iii [trad. it. L’interpretazione dei sogni, in Freud, Opere 1886/1921, Roma, Newton Compton editori, 2009].

² [S. Simonino era un bambino ucciso – si disse dagli ebrei per il compimento d’un rito –, alle cui reliquie fu dedicata una cappella della chiesa di S. Pietro in Trento, nella seconda metà del 400.]

³ [R. Kleinpaul, Menschenopfer und Ritualmorde, Leipzig, 1892.]

⁴ Una più attenta osservazione permette di ridimensionare l'apparente contrasto, quanto ai ricordi sostitutivi, tra l'analisi di Sigriorelli e quella di aliquis. Anche qui la dimenticanza sembrerebbe accompagnata dalla formazione di nomi sostitutivi. Quando, in seguito, ho chiesto al mio interlocutore se, mentre si sforzava di ricordare la parola dimenticata, gli fosse venuto in mente un termine sostitutivo, egli mi rispose che in un primo momento era stato tentato d'inserire nel verso la sillaba ab: nostris AB ossibus (anziché: nostris ex ossibus) e che la parola exorare si era imposta in modo particolarmente chiaro e tenace. Scettico qual era, si affrettò ad aggiungere che la cosa doveva senz'altro spiegarsi col fatto che questa è la prima parola del verso. Quando lo pregai di fare ugualmente delle associazioni ad exoriare, mi comunicò la parola esorcismo. Perciò mi sembra probabile che anche la particolare accentuazione con cui egli riproduceva la parola exoriare esprimesse una sostituzione ancora una volta connessa a nomi di santi. Ma si tratta di una finezza cui non è il caso di attribuire un gran valore. E tuttavia sembrerebbe possibile che l'insorgere di un qualche ricordo sostitutivo sia un sintomo costante, e forse anche solo caratteristico e indicativo, di una dimenticanza dovuta a rimozione. Questa formazione sostitutiva si verificherebbe anche nei casi in cui non si presentano nomi sostitutivi, manifestandosi, allora, nell'intensificazione di un elemento immediatamente collegato a quello dimenticato. Così, per esempio, nel caso Signorelli, il mio ricordo visivo del ciclo dei suoi affreschi e quello di un suo autoritratto, dipinto nell'angolo di un quadro, era straordinariamente preciso, come in genere non mi capita, e ciò fintantoché non fui in grado di ricordare il nome del pittore. In un altro caso, anche questo riferito nel mio articolo del 1898, io avevo completamente dimenticato il nome della via, in una città straniera, in cui abitava una persona cui dovevo fare una visita per me sgradevole, mentre ricordavo perfettamente il numero della casa; ed il fatto strano è che in genere la mia memoria per numeri e cifre è straordinariamente labile.

⁵ Ma non potrei sostenere con certezza la mancanza di un nesso interno tra i due gruppi di idee nell'analisi di Signorelli. Ricercando con attenzione i pensieri rimossi sull'argomento della morte e della sessualità, si arriva ad un'idea che riguarda da vicino il soggetto dell'affresco di Orvieto.

3. Dimenticanza di nomi e di frasi

La nostra recente esperienza del meccanismo della dimenticanza di una parola in lingua straniera potrebbe suscitare in noi la curiosità di sapere se la stessa spiegazione possa essere applicata alla dimenticanza di frasi della lingua madre.

In genere, non ci stupiamo affatto dell'impossibilità in cui ci si può trovare nel riprodurre fedelmente e senza lacune una formula o una poesia imparata a memoria.

Ma poiché la dimenticanza non riguarda uniformemente quanto si era imparato, ma solo determinati elementi, potrebbe essere interessante sottomettere ad un esame analitico alcuni esempi di questa riproduzione difettosa.

Un mio giovane collega che, conversando con me, espresse l'opinione che la dimenticanza di versi nella lingua materna potesse essere provocata dalla stessa causa della dimenticanza di nomi inseriti in una frase in lingua straniera, mi si offrì come oggetto di esperimento, per contribuire alla comprensione di questo problema.

Gli chiesi su quale poesia avremmo fatto il nostro esperimento, ed egli scelse La fidanzata di Corinto [di Goethe], che gli piaceva molto e di cui gli sembrava di conoscere a memoria almeno alcune strofe. Ma fin dal primo verso espresse un'incertezza abbastanza curiosa: «Bisogna dire: Si recò da Corinto ad Atene, o Si recò da Atene a Corinto?».

Provai io stesso un attimo d'esitazione, ma poi osservai scherzosamente che il titolo della poesia, La fidanzata di Corinto, non lascia alcuna possibilità di dubbio sulla direzione presa dal giovane protagonista. La riproduzione della prima strofa andò abbastanza bene, perlomeno senza deformazioni notevoli.

Dopo il primo verso della seconda strofa, il mio collega ebbe un attimo di incertezza, ma si riprese subito e recitò:

Aber wird er auch willkommen scheinen,

Jetzt, wo jeder Tag was Neues bringt?

Denn er ist noch Heide mit den Seinen

Und sie sind Christen und - getauft.¹

Già da qualche momento lo ascoltavo un po' perplesso; ma dopo che ebbe recitato l'ultimo verso, ci trovammo d'accordo sul fatto che questa strofa doveva aver subito una qualche deformazione. Non essendo riusciti a correggerla, andammo a prendere nella biblioteca il volume delle poesie di Goethe ed avemmo la sorpresa di constatare che il secondo verso di quella strofa era stato sostituito da una frase che il mio collega aveva inventato di sana pianta. Ecco il testo corretto di questo verso:

Aber wird er auch willkommen scheinen,

Wenn er teuer nicht die Gunst erkauft?²

D'altra parte, la parola erkauft (del secondo verso esatto) fa rima con getauft (del quarto verso), e mi stupì che la costellazione delle parole pagano, cristiano e battezzato non gli avesse facilitato la riproduzione del testo.

«Può spiegarmi, gli chiesi, come mai le è successo di dimenticare completamente questo verso di una poesia che, a quanto diceva, le è tanto familiare? E riesce a ricordare da dove possa provenire la frase sostitutiva?».

Egli era in grado di darmi la spiegazione che gli chiedevo, ma evidentemente non lo faceva volentieri. «La frase: Adesso che ogni giorno apporta qualcosa di nuovo mi sembra conosciuta, credo di averla usata mentalmente parlando della mia clientela che ora è piuttosto vasta, il che, lei lo sa, è per me un motivo di grande soddisfazione. Ma perché ho inserito questa frase nella strofa che ho recitato? Deve senz'altro esserci un motivo. Evidentemente la frase Senza pagar caro per questo favore non mi andava a genio. Ciò si ricollega ad una proposta di matrimonio che

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