Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

L'agente segreto
L'agente segreto
L'agente segreto
E-book381 pagine5 ore

L'agente segreto

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Introduzione di Walter Mauro
Traduzione di Annagrazia Bassi
Edizione integrale

Dopo la lunga avventura sui mari, donde trasse memorabili opere romanzesche, Joseph Conrad cominciò a vivere una diversa vicenda letteraria, e ne fanno fede due romanzi fortemente impegnati nella vita politica del tempo: L’agente segreto e Sotto gli occhi dell’Occidente. L’agente segreto, ambientato in una Londra sconvolta da angosciosi episodi di terrorismo, racconta la storia di un inetto a vivere che spera in un gesto clamoroso che lo recuperi alla propria dignità di uomo e di eroe. Non sa agire da solo e si serve del cognato che dovrà aiutarlo a superare tale condizione di inferiorità. Ma tutto questo non sarà sufficiente per salvare l’uomo dalla sua stessa incapacità di sopravvivenza. Fra i più prestigiosi di Conrad, questo romanzo d’azione è un testo esemplare per capacità di scrittura e per movimento di situazioni e di personaggi.

«Non era un uomo d’azione, non era nemmeno un oratore dall’eloquenza torrenziale, uno di quelli che trascinano le masse in mezzo al frastuono assordante e allo spumeggiare dei grandi entusiasmi. Con un’intenzione assai più sottile egli assumeva la parte di insolente e velenoso evocatore di quegli impulsi che si annidano nell’invidia cieca e nell’esasperata vanità dell’ignoranza…»


Joseph Conrad

(Józef Konrad Korzeniowsky) nacque nel 1857 a Berdiczew, nella Polonia meridionale. Nel 1874 cominciò a viaggiare per mare. Dieci anni più tardi, ottenuta la cittadinanza inglese, trasformò il suo vero nome in quello con il quale è universalmente conosciuto e si affermò come uno dei più grandi scrittori di lingua inglese, pur essendo il polacco la sua lingua madre. Morì nel 1924. Sue celebri opere sono Cuore di tenebra, Il reietto delle isole (1896), Lord Jim (1900), Nostromo (1904), La linea d’ombra (1917). Di Conrad la Newton Compton ha pubblicato anche Cuore di tenebra e altri racconti d’avventura, Lord Jim, L'agente segreto, Romanzi del mare (Il negro del Narciso, Tifone, Un colpo di fortuna, Freya delle sette isole).
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854138391
L'agente segreto
Autore

Joseph Conrad

Polish-born Joseph Conrad is regarded as a highly influential author, and his works are seen as a precursor to modernist literature. His often tragic insight into the human condition in novels such as Heart of Darkness and The Secret Agent is unrivalled by his contemporaries.

Autori correlati

Correlato a L'agente segreto

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Classici per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su L'agente segreto

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    L'agente segreto - Joseph Conrad

    Introduzione

    Quando Joseph Conrad si accinge a scrivere L’agente segreto, che apparve nel 1907, era da poco uscito dall'avventura di un testo come Nostromo, romanzo che gli aveva dato grandi soddisfazioni, ma non l'agiatezza che sperava. Pur fra tante ristrettezze economiche, nel 1905, si era recato a Capri con l'intera famiglia, nel soggiorno di Villa Maria, con l'animo rivolto ad un'opera che avesse per sfondo l'isola tanto amata, ma ben presto l'idea viene abbandonata, preso come sarà dal progetto dei due romanzi politici, L’agente segreto, appunto, e Sotto gli occhi dell’Occidente. La vita nell'isola scorre tranquilla, con gite frequenti a Napoli, Pompei, la costa amalfitana, e inoltre sta vivendo nella speranza di poter ottenere dal governo inglese qual modesto aiuto che gli verrà assegnato realmente al suo ritorno in patria. È un contributo inadeguato e misero, ma che gli consente di riprendere il lavoro di scrittore con una certa tranquillità, anche se le esigenze della famiglia aumentano con la nascita, nell'agosto del 1906, del secondo figlio, John Alexander. Si trasferisce per un po' di tempo, a due riprese, a Montpellier; ma già nel 1907 lo ritroviamo in Svizzera, a Champel, per far cambiare aria ai bambini e rimettersi da una grave malattia. Anche da questi rapidi frammenti di vita, appare netto e preciso il bisogno dello scrittore inglese-polacco di vivere avventurosamente e consumare la propria inquietudine dentro la mitografia del viaggio, della fuga e del ritorno là dove non aveva potuto trovare pace e riposo. Del resto, il senso dell'avventura emerge da tutta una biografia irregolare: il suo vero nome era Konrad Korzeniowski, proveniente dalla piccola nobiltà terriera polacca, e persino la data di nascita oscilla fra il 1856, e il 1857, come pure il luogo di nascita, conteso fra Berdiczew, presso Mogilev, una delle province meridionali della Polonia, e Derebczynka, a duecento chilometri dalla stessa Berdicev. Il padre, Apollo Korzeniowski era patriota e discreto letterato, e per queste due ragioni, con privilegio della prima, ovviamente, venne arrestato e mandato in esilio. Il vagabondaggio del figlio quindi, comincia molto presto: eccolo a Leopoli, poi a Cracovia, a Marsiglia, nella Martinica, avvio di una serie interminabile di spostamenti, forzati talvolta, ma nella maggior parte dei casi decisi per libera scelta di avventura.

    In realtà, la febbre dell’azzardo lo coinvolge a tal punto, che non tralascia occasione per vivere il rischio del mare, e poi riversarlo sulla pagina, in quella parallela avventura dell’invenzione, punto d’approdo e di conclusione di una ben più concreta immissione nella sfida dell’essere e dell’esistere a continuo pericolo. Un’epopea marinara pertanto, che, apertasi con La follia di Almayer, iniziato nel 1889, quando era ancora imbarcato, in giro sui mari di tutto il mondo, e condotto a termine dopo cinque anni di angosciosa fatica, andava a chiudersi con Nostromo e infine con Lo specchio del mare nel 1906, alla vigilia della svolta «politica» de L’agente segreto e di Sotto gli occhi dell’occidente. Una sorta di conversione sulla quale la critica conradiana ha discusso a lungo, per trarne poi le conseguenze di un approdo naturale, dopo tante avventure marinare, dominate tuttavia da un comune intento di descrivere la fragile debolezza dell’uomo, che fallisce proprio nel momento in cui ritiene di aver potuto, e saputo, superare la propria innata viltà. Persuaso che ogni riflesso psicologico legato ad una vicenda e a un personaggio debba partire dal dato del reale più concreto, Conrad, nei due romanzi, innesta su tramature marcatamente romanzesche, e sul filo di una concitata esposizione dei fatti, due tipici e inconfondibili «casi» della sua idea del romanzo e della letteratura, ben distante dai caratteri specifici di una creatività letteraria fondata essenzialmente, in quegli anni, sul decadentismo, sullo stravolgimento dell’incrocio tradizionale, per lasciar spazio e descrizione agli stati d’animo, al viaggio interiore che dovrà concludersi nel buio notturno di un io scompaginato e diviso. Conrad dunque attinge alla nuda cronaca, muove dalla nozione del reale più sicuro e accertabile, per descrivere due situazioni diverse ma consimili, l’una a Londra, nel caso de L’agente segreto, l’altra, Sotto gli occhi dell’occidente, concentrata in Svizzera, ma soprattutto in Russia, in una stagione storica legata a grandi e intensi sconvolgimenti politici.

    Non casualmente, ma attraverso un evidente traslato ispirativo, in Autocrazia e guerra, un saggio che segue, nella cronologia delle opere conradiane, la pubblicazione di Nostromo, e anticipa per certi aspetti L’agente segreto, lo scrittore condanna inesorabilmente l’imperialismo zarista e quello prussiano, e affonda il bisturi della scrittura nell’illusorietà e vanità del gesto rivoluzionario. Il primo risultato di quella ricerca attenta e capillare è lo spostamento dalla periferia all’epicentro dell’impero, attraverso un mutare della condizione storica, ed esistenziale, dell’individuo, che solo apparentemente prende le distanze dalla componente centrale della narrativa conradiana, mentre in realtà tutto ciò che accadeva in mare, nell'avventura del navigatore e nei duri conflitti umani che si sviluppavano su quello sfondo enorme, ora viene concentrato entro un microcosmo estremamente significativo, quella Londra alla quale già in Cuore di tenebra egli aveva dedicato pagine dolorose e struggenti, situandola al nodo di un viaggio senza fine nel buio della condizione umana. Consequenzialità dunque, ma con la novità rilevante di uno stile, di un reticolo narrativo che tende ad eliminare il superfluo per giungere progressivamente all'essenziale, al vero, al concreto. Ciò vuol dire che Conrad, giunto ormai alla sua maturità di scrittore, riesce a gestire e pilotare i materiali narrativi, che la storia e la vita politica londinese gli offrono, in termini di grande prosciugamento espressivo, di forte essenzialità, sul filo di una svolta stilistica molto importante, che prende ancor più decisamente le distanze da tutti quegli «ismi» del tempo, ben legati alla ridondanza e al mito della sonorità e dell'armonia della parola in quanto tale. In questo senso, ne L’agente segreto, Conrad sembra voler conseguire rincontro più compiuto fra romanticismo e realismo, e ancor più la saldatura fra l'anima anglosassone tutta concentrata sul dato preciso e inoppugnabile del vero e del reale, e quella slava delle origini, a sua volta intrisa di dolorosa malinconia, di impietosa analisi interiore. E da tale inversione di marcia, solo apparente, si diceva, ecco scaturire una significativa svolta stilistica, tutta in presa diretta sul tessuto della verità storica, senza che tale forte tensione veristica comporti il congedo da quella tipologia dell'avventura verso cui Conrad da sempre risulta orientato nella sua narrativa. Ma è un fatto concreto che lo stesso scrittore, a fronte della illeggibilità di Nostromo - è una sua affermazione, sicuramente esagerata se non errata - perché la descrizione risulta a suo giudizio marcatamente «obliqua», stia ora trasmigrando verso l'abolizione di qualsiasi proliferazione espressiva, a vantaggio della più scarna essenzialità dell'eloquio. E se una parvenza di avventura, o meglio di senso dell'azzardo e del rischio è lecito individuare nel romanzo, essa consiste - lo dice lo stesso Conrad nella nota introduttiva composta nel 1920, sul filo della memoria storica, nell'immissione della trama in una enorme città, mostruosa, popolata di tanti immensi continenti, assente e indifferente ai moti dell'animo, ai sorrisi del cielo, «crudele divoratrice della luce del mondo». Spazio e tenebre, allora, per sistemarvi una storia, quella reale dell'attentato dinamitardo eseguito nel 1894 dall'anarchico Martial Bourdin, guidato dal cognato informatore della polizia, vicenda che fa da sottofondo reale e storicamente attendibile all'avventura dell'immaginario conradiano. Nell'invenzione, il deus ex machina è Adolfo Verloc, un inetto a vivere, spia d'Ambasciata, mediocre in attesa di un gesto improbabile che gli consenta di venir gratificato dalla moglie Winnie, che lo ha sposato soltanto per vivere tranquilla e aiutare il giovane fratello, debole, fragile e svagato, incapace di guidare se stesso, soggetto di continuo alla volontà degli altri. Costretto ad una iniziativa che lo recuperi alla stima del segretario dell'Ambasciata presso cui lavora, che minaccia di licenziarlo se non riuscirà a produrre qualche atto terroristico che provochi scalpore e un'azione repressiva della polizia contro i rivoluzionari, Verloc decide di sevirsi del cognato, che dovrà aiutarlo a superare quella congenita inettitudine al gesto rivoluzionario che dovrà scuotere un gruppo di ribelli, tutto sommato abbastanza tranquillo e passivo, che teorizza la strage ma non ha il coraggio di realizzarla. Il giovane fratello di Winnie, irresponsabile e pronto ad obbedire alle decisioni degli altri, servizievole oltre misura, scaglia l'ordigno contro l'istituto di Greenwich, ma nel tentativo resta ucciso, sfracellato dall'esplosione. Winnie non tarda a vendicarsi di quell'assurda fine del fratello, uccide il marito con una coltellata, fugge, cerca la salvezza presso un vecchio amico di lui, ma viene abbandonata su un treno, dopo esser stata derubata di ogni suo bene, di tutto quel denaro che il marito gli aveva affidato il giorno della tragedia. Alla donnna, al colmo della disperazione, non rimane che uccidersi, gettandosi in mare da una nave che sta attraversando la Manica fra le nebbie della costa inglese.

    Lo stesso autore, a proposito di questo testo, aveva parlato di «melodramatic» o «sensational subject», e in realtà una certa temperie da melodramma ottocentesco sembra circolare fra pagine che pure risultano profondamente ancorate ad una atmosfera di inoppugnabile clima realistico. Ma con ogni probabilità, a Conrad interessava soprattutto sperimentare sui moduli di comportamento e sul carattere dei personaggi, e a tale riguardo non c'è dubbio che il vero centro focale della storia sia Winnie, non casualmente giudicata dalla critica «l'unica vera anarchica» della vicenda, ingenua al punto da fidarsi ciecamente di Ossipon, il vecchio amico della giovinezza, che la deruba, vanificando la fiducia della donna nell'amicizia e nel senso dell'umana solidarietà, ma soprattutto restituendo, con il suo gesto malefico, tutto quell'emblematico protagonismo che lo scrittore intendeva progettualmente attribuire al personaggio. Tutt'intorno, l'universo un po' grottesco e ridicolo dell'anarchismo londinese, che consente a Verloc di muoversi impunemente tra le informazioni che fornisce all'Ambasciata russa a Londra, e al contempo alla polizia britannica, nell'ambiguità del comportamento che nasce ed esplode passivamente dalla sua congenita incapacità di prendere posizione nell'intrico del reale. Fra questi anarchici sprovveduti, alcune figure disegnate con grande maestria di definizione: l'«apostolo» Michaelis, l’irresponsabile e pavido «terrorista» Yundt, lo stesso «compagno» Ossipon, che poi agirà con tanta viltà sulla psiche stravolta di Winnie: tutti comprimari di quelle riunioni nel retrobottega di Verloc, agitatore prezzolato e impaurito, capace soltanto di spaventare e coinvolgere Stevie, il povero fratello di Winnie, ragazzo ingenuo e ritardato mentale, tanto vicino all’idiota dostoevskiano, secondo un acuto giudizio di Thomas Mann, che di Conrad fu grande estimatore. Il romanzo tuttavia non si esaurisce nell’azione centrale, e non tutto converge sulle figure di Verloc o di Stevie: in obbedienza alle regole del «domestic drama», un taglio che appartiene ai due romanzi politici di Conrad ma che non è in evidenza nelle opere dedicate alle avventure di mare, vanno sviluppandosi, all’interno dell’economia narrativa, altre situazioni, e vicende parallele che tuttavia configurano e riflettono l’intenzione di fondo dello scrittore di scavare al vivo della metropoli, una Londra ribollente di accadimenti e al contempo nebulosamente astratta e indifferente alla concitazione che sommuove il suo entroterra umano e sociale, tutto quanto possa servire per una rappresentazione misteriosa e indefinibile, cui fa da contorno, e da sfondo, una coloratura che via via assume gli aspetti di una realtà dura e impietosa. Si spiega, in tal modo, quell’accentuazione del rosso, ad esempio, che deve fornire la nozione della durezza, della tragicità della situazione, in cui vengono intricati e coinvolti Verloc, Stevie, Winnie: e a far da contrappunto alla vivacità e vitalità di quel colore, ecco affacciarsi all’orizzonte della descrizione i contrasti luce-ombra, sì da offrire al lettore quella dualità che è negli eventi e nel suo contorno, secondo le regole più codificate e collaudate delle «urban novels».

    Alcuni importanti, fondamentali nuclei tematici emergono e si fanno strada all’interno della narrazione, e in gran parte obbediscono ad un radicato polo espressivo della letteratura conradiana: quello, ad esempio, dell’isolamento e della solitudine che lo scrittore è andato via via elaborando ed evidenziando in quasi tutte le sue opere: esso può riguardare la dilagante distesa del mare, elemento privilegiato del romanzo d’avventura cui Conrad ci ha abituato, ma anche il senso di sbigottito smarrimento che si può provare in una città brulicante di umanità e carica di inquietante concitazione. Lo stesso Conrad riferisce del suo primo impatto con una città come Londra, quando gli accadde di inoltrarsi smarrito nella metropoli ed ebbe la netta percezione di ritrovarsi in un inesplorato deserto, dove nessuno, in nessun’altra plaga del globo, si sarebbe trovato più solo, più indifeso e inerme, più condizionato dall’assenza dell’altro da sé, occupato e preoccupato solo di costruirsi il suo piccolo recinto di vita, fra tanti milioni di esseri indaffarati: le strade stesse, in tale frangente, gli appaiono intrise di una «misteriosa» lontananza, come se nulla e nessuno sapessero contribuire ad una parvenza di conoscenza. Si precisa così il senso di una «diversa» avventura della narrazione conradiana, in questo caso sottesa di un autobiografismo duro e impietoso, che di volta in volta si assimila e prende le distanze dai personaggi, in un contesto inquieto di fughe e di ritorni. Di qui, l'antidoto della finzione letteraria, il privilegiamento di una notturnità di situazioni e di contingenze, che Conrad può aver appreso da una consistente tradizione della letteratura anglosassone, e che ne L’agente segreto prende forma e sostanza di vero e proprio sottofondo sul quale situare trama e figure, primarie e comprimarie. La percezione del viaggio notturno, che si sviluppa nell'immissione angosciosa al vivo della città buia e deserta, dopo giornate di vivace concitazione, è come una sorta di iniziazione, che dopo aver avuto il suo processo evolutivo sul mare, approda finalmente, ne L’agente segreto come in Sotto gli occhi dell’occidente, nel reticolo di una odissea della psiche umana che all'intrico, ai crocicchi di una topografia esterna ormai inadeguata a rappresentare i traumi esistenziali dell'io profondo frantumato e diviso, tende a sostituire una radiografia interiore in cui compaiono strade e piazze, vicoli e interni che riflettono dolorosamente la condizione di discesa agli inferi che Verloc, Winnie, Steve, con motivazioni diverse eppure convergenti in qualche caso, sono condannati a compiere.

    Infine, una vicenda come quella dell'Agente segreto ha di frequente sollecitato la rappresentazione teatrale e, in un malaugurato caso, anche quella cinematografica. Lo stesso Conrad ha fornito due versioni drammaturgiche del romanzo, una in quattro atti nel 1921, l'altra in tre due anni dopo, di certo non corrispondenti al valore del romanzo, anche perché le figure dei protagonisti come quelle dei comprimari, nella prassi drammaturgica, finiscono per risultare sbiadite e in ombra, come compresse dall'esigenza di sintesi che una operazione del genere inevitabilmente comporta. Di gran lunga peggiore la versione cinematografica del romanzo, dovuta al giovane Alfred Hitchcock, che nel 1936 girò il film Sabotage ricavandolo appunto dal romanzo di Conrad, ma al contempo stravolgendo del tutto i moduli di comportamento dei personaggi, deprivandoli di quel senso tragico delle cose che favorisce la tragedia finale, e soprattutto di quella dolorosa ironia che le figure del romanzo posseggono, e che rappresentano il nodo del dramma umano che nell'opera letteraria si vive e si consuma. Verloc è un ricco proprietario di cinema, Winnie amoreggia ovunque, persino con un aitante sergente di polizia con il quale convola a improbabili nozze dopo che Stevie è saltato in aria su un autobus, dopo il fallito tentativo di mettere una bomba a Piccadilly Circus. Personaggi improbabili e improponibili, compressi dalla logica perversa del cinema hollywoodiano. A dimostrazione e verifica di quanto difficile sia, per un congegno spesso commerciale come il racconto filmico d'America, rappresentare i destini degli uomini, le contraddizioni, le debolezze psicologiche, che nella dimensione del romanzo conradiano riflettono di continuo la condizione autobiografica dello scrittore, sempre in bilico fra l’essere e l’esistere.

    WALTER MAURO

    Nota biobibliografica

    Joseph Conrad nacque il 3 dicembre 1857 a Berdiczew, in Podolia, una delle province meridionali della Polonia, allora sotto il governo russo. Il suo vero nome era Józef Teodor Konrad Naleçz Korzeniowski. Nel 1860 suo padre venne arrestato dalla polizia segreta russa, con l’accusa di favorire il movimento irredentista polacco, e mandato in Siberia. Nel 1865 gli morì la madre, e il piccolo Józef visse con uno zio paterno finché il padre, ottenuta la libertà condizionata, portò con sé il ragazzo prima a Leopoli e poi a Cracovia, dove, rimasto orfano nel 1869, proseguì gli studi sotto la guida di un tutore. Il desiderio di viaggiare per mare nacque in Conrad quando aveva soltanto 15 anni, incontrando però la ferma opposizione del tutore. Finalmente, nel settembre del 1874, il ragazzo riuscì a partire per Marsiglia, da dove l’anno seguente salpò per la Martinica, iniziando un’interminabile serie di viaggi.

    Nell’aprile del 1878 si imbarcò sul «Mavis», un battello di bandiera inglese, iniziando così una regolare carriera nella marina mercantile britannica, che lo porterà a divenire capitano di lungo corso nel 1883 e ad ottenere, l’anno seguente, la cittadinanza inglese. In quell’occasione trasformò il suo nome, anglicizzandolo in Joseph Conrad. Smise di navigare nel 1894 e dopo un anno pubblicò il suo primo romanzo, Almayer’s Folly (La follia di Almayer), al quale aveva iniziato a lavorare fin dal 1889, seguito, nel 1896, da An Outcast of the Island (Il reietto delle isole). Entrambe le storie, molto simili tra loro, raccontano il fallimento economico ed esistenziale di un bianco che vive nell’arcipelago malese. Nel 1897 pubblicò The Nigger of the Narcissus (Il negro del Narciso), vero e proprio capolavoro che conclude il primo periodo della produzione conradiana. La vicenda ruota attorno alla figura di un marinaio negro malato di petto che, amato e tirannico, domina e affascina l’intero equipaggio. Il secondo periodo è caratterizzato da opere più complesse, nelle quali l’analisi psicologica acquista un ruolo predominante. Le più note sono Lord Jim (1900), la storia di un ufficiale di marina che, tormentato dalla vergogna per avere abbandonato la propria nave in pericolo, pagherà con la vita l’errore commesso, e Typhoon (Tifone) del 1903, considerato un capolavoro dalla critica conradiana, che narra di una nave carica di coolies incappata in una rovinosa tempesta. Del terzo periodo, che si distingue per la comparsa di soggetti a sfondo politico, fanno parte The Secret Agent (L’agente segreto) del 1907 e Under Western Eyes (Sotto gli occhi dell’Occidente), del 1911. Nel 1912 esce Twixt Land and Sea (Racconti tra terra e mare), che comprende A Smile of Fortune (Un colpo di fortuna) e Freya of the Seven Isles (Freya delle Sette Isole), dove ritorna il tema esotico della vita nell’arcipelago malese caro al primo Conrad. Tra le ultime opere dello scrittore ha un particolare rilievo The Shadow Line (La linea d’ombra) del 1917, strettamente autobiografico, nel quale Conrad rievoca le sue prime esperienze di capitano. Morì a Bishopsbourne, nel Kent, il 3 agosto 1924, per un attacco cardiaco.

    EDIZIONI ORIGINALI, IN VOLUME, DELLE MAGGIORI OPERE DI CONRAD

    Almayer’s Folly, London, Unwin, 1895; An Outcast of the Islands, London, Unwin, 1896; The Nigger of the «Narcissus«, London, Heinemann, 1898; Tales of Unrest (Karain, The Idiots, An Outpost of Progress, The Return, The Lagoon), London, Unwin, 1898; Lord Jim, Edinburgh-London, Blackwood, 1900; Typhoon, New York, Putnam, 1902; Falk, in Typhoon and Other Stories, London, Heinemann, 1903; Youth: A Narrative and Two Other Stories (Youth, Heart of Darkness, The End of the Tether), Edinburgh-London, Blackwood, 1902; Romance: A Novel (insieme a F. M. Ford), London, Smith, 1903; Nostromo, New York, Harper, 1904; The Mirror of the Sea: Memories and Impressions, London, Methuen, 1906; The Secret Agent, London, Methuen, 1907; Under Western Eyes, London, Methuen, 1911; A Personal Record, New York, Harper, 1912; Chance, London, Methuen, 1913; Victory, New York, Doubleday, 1915; The Shadow-Line; A Confession, London, Dent, 1917; The Rescue, New York, Doubleday, 1920; The Rover, New York, Doubleday, 1923; Tales of Hearsay (The Warrior Soul, Prince Roman, The Tale, The Black Mate), postumo, London, Unwin, 1925; Suspense, postumo, New York, Doubleday, 1925; The Sisters, postumo, New York, Crosby Gaige, 1928; Congo Diary and Other Uncollected Pieces, postumo, New York, Doubleday, 1978.

    Tutte le opere di Joseph Conrad in lingua originale sono raccolte nella Collected Edition of the Works of Joseph Conrad, approntata dall’editore londinese Dent, in 22 volumi, fra il 1946 e il 1955.

    Tutte le opere di Joseph Conrad sono state pubblicate in edizione italiana, in cinque volumi, a cura di Ugo Mursia, sicuramente il più attento e appassionato studioso, in Italia, dello scrittore inglese-polacco, con introduzioni critiche di Elio Chinol, Franco Marenco e Renato Prinzhofer. Per un quadro più completo delle edizioni conradiane nel nostro paese si rimanda al volume di Ugo Mursia, «La fortuna di J.C. in Italia: Inventario al 1968», in Annali di Ca’ Foscari, VII, 2 (1968) e al successivo aggiornamento del 1982 dello stesso repertorio bibliografico in Scritti conradiani, ancora di Ugo Mursia, a cura di Mario Curreli, Milano, 1983, editore Mursia, cui si deve la pubblicazione di tutte le opere citate in questa nota.

    TRADUZIONI ITALIANE

    Tra le più recenti edizioni italiane delle opere di Conrad ricordiamo:

    Vittoria: un racconto delle isole, traduzione di Enzo Giachino, Torino, Einaudi, 1999.

    L’agente segreto: semplice storia, introduzione di Pietro Citati, traduzione di Bruno Maffi, Milano, BUR, 2000.

    Cuore di tenebra, introduzione di Stephen A. Reid, traduzione di Giorgio Spina, Milano, BUR, 2000.

    Cuore di tenebra, traduzione di Rossella Bernascone, introduzione di Robert Hampson, con un saggio di V.S. Naipaul, Milano, Oscar Mondadori, 2000.

    Racconti di mare e di costa, nota introduttiva di Cesare Pavese, postfazione di Renato Oliva, traduzione di Piero Jahier, Torino, Einaudi, 2001.

    Sotto gli occhi dell’Occidente, introduzione di Renato Oliva; traduzione di Aldo Traverso, Milano, Fabbri, 2001.

    Il compagno segreto, a cura di Dacia Maraini, Milano, BUR, 2002.

    Cuore di tenebra, introduzione di Francesco Binni, traduzione di Luisa Saraval, Milano, Garzanti, 2002.

    Cuore di tenebra, prefazione di Lanfranco Vaccari, traduzione di Giorgio Spina, I grandi romanzi del «Corriere della Sera», 2002.

    Cuore di tenebra, postfazione di Alessandro Baricco, traduzione di Ettore Capriolo, Milano, Feltrinelli, 2003.

    Il compagno segreto, introduzione di Andrea Zanzotto, traduzione di Pietro De Logu, a cura di Francesco Giacobelli, Milano, bur, 2004.

    I duellanti, a cura di Renato Alfieri, Milano, Einaudi, 2004.

    La follia di Almayer, introduzione di Alessandro Serpieri, traduzione di Marco Papi, Milano, BUR, 2004.

    Lord Jim, postfazione di Antonio Faeti, Milano, Fabbri, 2004.

    Nostromo: racconto della costa, traduzione di Ettore Camesasca, Milano, BUR, 2004.

    Tifone, introduzione di Piero Sanavio, traduzione di Eliana Trinchero, BUR, 2004.

    La linea d’ombra: una confessione, traduzione di Gianni Celati; introduzione di Ian Watt; con un saggio di Italo Calvino, Milano, Oscar Mondadori, 2005.

    Cuore di tenebra, con un saggio di V.S. Naipaul, traduzione di Giorgio Spina, Milano, BUR, 2006.

    I duellanti, Torino, Angolo Manzoni, 2006.

    La linea d’ombra: una confessione, nota introduttiva di Cesare Pavese, prefazione dell’autore, traduzione di Flavia Marenco, Torino, Einaudi, 2006.

    Cuore di tenebra e altri racconti di avventura, Roma, Newton Compton, 2010.

    PRINCIPALI CONTRIBUTI CRITICI IN LINGUA ITALIANA SULLA FIGURA E L’OPERA DI CONRAD

    R. AMBROSINI, Introduzione a Conrad, Roma 1991; E. CHINOL, «Introduzione», in J. C., Tutti i racconti e i romanzi brevi, Milano, Mursia, 1967; E. CHINOL, «Introduzione» in J. C., Romanzi della Malesia, Milano, Mursia, 1968; G. CIANCI, «Introduzione», in J. C., Cuore di tenebra, Milano, Mondadori, 1990; P. CITATI, «Un cuore di tenebra», in Il tè del cappellaio matto, Milano, Mondadori, 1972; M. CURRELI, Invito alla lettura di Conrad, Milano, Mursia, 1984; M. CURRELI, «Introduzione», in J. C., Racconti inquieti - Le sorelle, Milano, Mursia, 1986; M. CURRELI, «Introduzione», in J. C., Tifone e altri racconti, Milano, Mursia, 1987; M. CURRELI, «Introduzione», in J. C., Giovinezza - Cuore di tenebra - Al limite estremo, Milano, Mursia, 1988; M. CURRELI, «Introduzione», in J. C., Opere, Milano, Bompiani, 1990; V. FORTUNATI, «La collaborazione con Conrad», in Fard Madox Fard: teoria e tecnica narrativa, Bologna, Patron, 1975; O. LAGERCRANTZ, In viaggio con «Cuore di tenebra«, Genova, 1988; A. MORAVIA, «Introduzione», in J. C., Lord Jim, Milano, Rizzoli, 1983; F. MORETTI, «Joseph Conrad», in AA. VV., La cultura del ’900, Milano, Mondadori, 1981; U. MURSIA, Scritti conradiani, a cura di M. Curreli, Milano, Mursia, 1983; U. MURSIA e M. CURRELI, La fortuna di Joseph Conrad in Italia, Milano, Mursia, 1983; R. OLIVA, A. PORTELLI, Conrad: l’imperialismo imperfetto, Torino, Einaudi, 1973; C. PAGETTI, Joseph Conrad, Firenze, La Nuova Italia, 1985; C. PAVESE, «Joseph Conrad», in La letteratura americana e altri saggi, Torino, Einaudi, 1951; M. PRAZ, «Joseph Conrad - L’agente segreto - L’ultimo Conrad», in Studi e svaghi inglesi, Milano, Garzanti, 1983; R. RUNCINI, «Avventura e dandysmo in Joseph Conrad: l’epopea del mare», in L’isola non trovata, Milano, Emme Edizioni, 1982; A. SERPIERI, «Introduzione», in J. C., Epistolario, Milano, Bompiani, 1966; M. CURRELI, Cecchi e Conrad: tre lettere inedite, Viareggio, Pezzini, 1999; N. VALLORANI, Gli occhi e la voce: J. Conrad, «Hearth of Darkness»: dal romanzo allo schermo, Milano 2000; ELIO di PIAZZA, Cronotopi conradiani: negri e narcisi nello spazio-tempo colonialistico, Roma, Carocci, 2004.

    L’AGENTE SEGRETO

    Nota dell’autore

    L’origine de L’agente segreto, del contenuto, del tono della narrazione, del fine artistico, e di ogni altro motivo che possa indurre un autore a prendere la penna in mano, può, ritengo, essere fatta risalire ad un periodo di particolare sensibilità mentale ed emotiva.

    In realtà ho iniziato questo libro impulsivamente e l’ho scritto di getto. Quando, a suo tempo, fu rilegato e consegnato al pubblico giudizio, venni coperto di rimproveri per il solo fatto di averlo prodotto. Alcuni dei rimproveri erano severi, altri contenevano una nota di tristezza. Non ne ho il testo davanti, ma ricordo perfettamente la motivazione di base che era molto semplice, e ricordo la mia sorpresa di fronte alla natura di questa. Suona come una storia molto vecchia, ormai! E tuttavia non è passato tanto tempo. Devo concludere che nell’anno 1907 conservavo molta della mia antica innocenza. Mi sembra ora che perfino la persona più sprovveduta avrebbe potuto prevedere allora che sarebbero nate critiche sulla sordidezza dell’ambiente e sullo squallore morale della storia. E quella naturalmente era un’obiezione seria. Non era tuttavia universale. Sembra da ingrati infatti ricordare i pochi rimproveri tra tanto apprezzamento amichevole ed intelligente; e confido che i lettori di questa Prefazione non si affrettino ad attribuire la medesima a vanità ferita o ad una naturale tendenza all’ingratitudine. Suggerisco invece ad ogni buon cuore di cercare le motivazioni della mia scelta in una forma di naturale modestia. No, non esattamente modestia forse. Non sono affatto sicuro di essere modesto; ma chi mi ha seguito fin qui attraverso i miei scritti mi farà certamente credito di sufficiente correttezza, tatto e savoir faire, o quel che altro vi pare, abbastanza per impedirmi di intonare un inno alla mia gloria con le parole altrui. No! il vero motivo della mia scelta è in una caratteristica del tutto diversa. Ho sempre avuto una certa tendenza a giustificare le mie azioni. Non per difendermi. Solo giustificare. Non per insistere d’aver ragione ma semplicemente per spiegare che non c’era, alla base dei miei impulsi, nessuna intenzione perversa, nessun segreto disprezzo per la sensibilità umana.

    Questo tipo di debolezza è pericoloso solo in quanto espone al rischio di diventare noioso, il mondo infatti non si interessa generalmente ai motivi di un gesto sincero ma alle sue conseguenze. L’uomo può continuare a sorridere, ma non è un animale che ama le indagini. Ama ciò che è ovvio. Rifugge dalle spiegazioni. E tuttavia io andrò avanti con le mie. È chiaro che non avevo bisogno di scrivere questo libro. Non avevo alcuna necessità di occuparmi dell’argomento; usando la parola argomento sia nel senso del problema centrale della narrazione, sia nel senso più vasto di un aspetto particolare della vita dell’umanità. Questo lo ammetto pienamente. Ma il pensiero di elaborare la bruttezza vera e propria allo scopo di colpire, o anche semplicemente di sorprendere i lettori con un atteggiamento diverso, non è mai stato nelle mie intenzioni. Nel fare questa affermazione mi aspetto di essere creduto, non solo adducendo come prova il mio carattere in generale ma anche per la ragione, che chiunque può vedere, che l’intero modo di narrare la storia, l’indignazione che ispira, la pietà e il disprezzo ad essa sottesi, provano il mio distacco dallo squallore e dal sordido che risiedono semplicemente nelle circostanze di fondo.

    L’inizio de L’agente segreto seguì immediatamente ad un periodo di due anni di intenso ed assorbente impegno per scrivere quel romanzo lontano, Nostromo, con la sua atmosfera latino-americana; e il profondamente personale Specchio del mare.

    Il primo, un intenso sforzo creativo su quello che suppongo rimarrà sempre il mio più vasto canovaccio, il secondo un tentativo incondizionato di svelare per un momento le più profonde intimità del mare e le influenze formative di quasi metà della mia vita. Era anche un periodo in cui il senso della verità delle cose era accompagnato da una intensa disponibilità immaginativa ed emozionale che, pur assolutamente sincera e fedele ai fatti, tuttavia mi faceva sentire (a lavoro finito) come lasciato indietro, senza una meta, tra residui di sensazioni, perso in un un mondo di valori diversi ed inferiori.

    Io non so se veramente sentivo di volere un cambiamento, un cambiamento nella mia immaginazione, nella mia visione, e nel mio atteggiamento mentale. Sono portato a pensare che un cambiamento del mio solito umore si era già impossessato di me senza che me ne rendessi conto. Non mi ricordo che fosse accaduto nulla di definitivo. Dopo aver completato Lo specchio del mare nella piena consapevolezza di essermi comportato onestamente con me stesso e con i miei lettori in ogni riga del libro, mi concessi una pausa tutt’altro che spiacevole. Poi, mentre me ne stavo per cosi dire fermo in attesa e non pensando certamente di deviare dalla mia strada alla ricerca di qualcosa di sgradevole, il soggetto de L’agente segreto intendo parlare della storia mi venne incontro prendendo forma da alcune parole pronunciate da un amico in una conversazione occasionale sugli anarchici o piuttosto sulle

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1