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Ossessioni, fobie e paranoia
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Ossessioni, fobie e paranoia
E-book358 pagine4 ore

Ossessioni, fobie e paranoia

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Info su questo ebook

Traduzioni di Celso Balducci e Delia Agozzino
Edizioni integrali

Sono stati raccolti in questo volume alcuni tra i più significativi saggi che Freud ha dedicato, tra il 1849 e il 1915, alla comprensione di tre diffuse patologie nevrotiche e psicotiche. Inoltrandosi progressivamente in una sempre più matura e articolata spiegazione analitica, Freud ha inteso indagare la dinamica profonda dei processi patologici, giungendo a una chiara collocazione del fenomeno ossessivo sul piano clinico-nosologico e distinguendolo dalla nevrastenia e dalle pure fobie, come dalle più comuni nevrosi traumatiche. La sua ricerca, sostenuta da una ricca casistica, è diretta verso le motivazioni inconsce di tutti gli aspetti ossessivi del comportamento quotidiano.

«Dopo aver studiato attentamente molti malati di nervi che soffrivano di fobie e di ossessioni, fui portato a compiere un tentativo per dare una spiegazione a quei sintomi; e questo in seguito mi diede la possibilità di arrivare all’origine di idee patologiche di questo tipo in casi nuovi e differenti.»


Sigmund Freud

padre della psicoanalisi, nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856. Autore di opere di capitale importanza (tra le quali citeremo soltanto L’interpretazione dei sogni, Tre saggi sulla sessualità, Totem e tabù, Psicopatologia della vita quotidiana, Al di là del principio del piacere), insegnò all’università di Vienna dal 1920 fino al 1938, quando fu costretto dai nazisti ad abbandonare l’Austria. Morì l’anno seguente a Londra, dove si era rifugiato insieme con la famiglia. Di Freud la Newton Compton ha pubblicato molti saggi in volumi singoli e la raccolta Opere 1886/1921.
LinguaItaliano
Data di uscita16 dic 2013
ISBN9788854124684
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    Anteprima del libro

    Ossessioni, fobie e paranoia - Sigmund Freud

    LE NEUROPSICOSI DI DIFESA

    Abbozzo di una teoria psicologica dell'isteria acquisita,

    di molte fobie ed ossessioni e di certe psicosi allucinatorie

    (1894)

    Dopo aver studiato attentamente molti malati di nervi che soffrivano di fobie e di ossessioni, fui portato a compiere un tentativo per dare una spiegazione a quei sintomi; e questo in seguito mi diede la possibilità di arrivare all'origine di idee patologiche di questo tipo in casi nuovi e differenti. Mi sembra perciò che la mia spiegazione meriti di essere pubblicata e di essere ulteriormente esaminata. Lo studio dei malati portò come risultato, oltre a questa «teoria psicologica delle fobie e delle ossessioni», anche un contributo alla teoria dell'isteria, ο meglio una modifica in essa, che sembra tener conto di una caratteristica importante comune all'isteria ed alle nevrosi di cui ho appena parlato. Inoltre ho avuto l'opportunità di arrivare ad una comprensione approfondita di quella che è indubbiamente una forma di malattia mentale, e contemporaneamente ho scoperto che il punto di vista da me adottato sperimentalmente creava un legame intelligibile tra queste psicosi e le due nevrosi in discussione. Alla fine di questo saggio illustrerò l'ipotesi operante di cui mi sono servito.

    1.

    Mi sia permesso di cominciare con la modifica che mi sembra necessario apportare alla teoria della nevrosi isterica.

    In seguito all'ottimo lavoro svolto da Pierre Janet, da Josef Breuer e da altri, si può considerare come generalmente riconosciuto il fatto che la sindrome dell'isteria, per quel che se ne è compreso fino ad ora, giustifica la supposizione di una dissociazione della coscienza, accompagnata dalla formazione di gruppi psichici separati. Comunque sono meno decise le opinioni sull'origine di questa dissociazione della coscienza e sul ruolo che questa caratteristica ha nella struttura della nevrosi isterica.

    Secondo la teoria di Janet (1892-4 e 1893), la dissociazione della coscienza è un tratto fondamentale dell'alterazione isterica.

    È basata su una debolezza innata della capacità di sintesi psichica, sulla limitatezza del «campo di coscienza (champ de la conscience)» che, in forma di stigma psichico, è una prova della degenerazione degli individui isterici.

    In contraddizione con l'opinione di Janet, che secondo me si presta a numerose obiezioni, troviamo il punto di vista espresso da Breuer nella nostra «comunicazione» (Breuer e Freud, 1893). Secondo questo punto di vista, «la base sine qua non dell'isteria» è data dall'esistenza di stati peculiari di coscienza di tipo traumatico con una capacità d'associazione ristretta, per i quali egli propone il nome di «stati ipnoidi». In tale caso la dissociazione della coscienza è secondaria ed acquisita; essa avviene perché le idee che emergono durante gli stati ipnoidi sono tagliate fuori dal rapporto associativo con il resto del contenuto della coscienza.

    Mi trovo ora in una posizione in cui posso produrre la testimonianza di altre due forme estreme di isteria in cui è impossibile considerare la dissociazione della coscienza come primaria nel senso di Janet. Ho potuto dimostrare più volte che nella prima di queste [due ulteriori] forme «la dissociazione del contenuto della coscienza è il risultato di un atto di volontà compiuto dal paziente»; il che significa che essa ha inizio con uno sforzo di volontà, la cui ragione può essere specificata. Con ciò naturalmente non voglio dire che il paziente intenda causare una dissociazione della propria coscienza. Le sue intenzioni sono differenti, ma invece di raggiungere lo scopo, producono questa dissociazione di coscienza.

    In una terza forma di isteria, che noi abbiamo individuato attraverso l'analisi psichica di pazienti intelligenti, la dissociazione di coscienza ha un ruolo insignificante, ο forse nullo. Tali sono quei casi in cui non si ha che il perdurare delle reazioni agli stimoli traumatici, e che, pertanto, non possono essere risolti e curati per «abreazione». Queste sono le pure isterìe da ritenzione.

    Per quel che riguarda la relazione con le fobie e le ossessioni, io sono interessato solo alla seconda forma di isteria. Per ragioni che saranno ben presto evidenti, chiamerò questa forma isteria di difesa, usando questo nome per distinguerla dall'isteria ipnoide e dall'isteria da ritenzione. Potrei anche presentare provvisoriamente i miei casi di isteria di difesa come isteria acquisita, poiché in essi non si tratta certamente né di uria grave tara ereditaria né di un'artrofia degenerativa costituzionale.

    Questi pazienti, come ho potuto dedurre dall'analisi, avevano goduto buona salute mentale fino al momento in cui era accaduto un episodio di incompatibilità nella loro vita ideazionale - vale a dire fino a quando il loro Io si era trovato a dover far fronte ad un'esperienza, una idea od un sentimento che gli causava un affetto talmente penoso che il soggetto aveva deciso di dimenticarlo poiché non aveva alcuna fiducia nella propria capacità a risolvere la contraddizione tra questa idea ed il proprio Io per mezzo di un'attività-di-pensiero.

    Nelle donne idee incompatibili di questo tipo si hanno soprattutto nel campo delle esperienze e delle sensazioni sessuali, e le pazienti possono ricordare in modo molto preciso, tanto che di più non si potrebbe desiderare, i loro sforzi di difesa, la loro intenzione di «mandar via la cosa», di non pensarci, di sopprimerla. Darò alcuni esempi, che potrei facilmente moltiplicare, derivanti dalla mia stessa osservazione: il caso di una ragazza che si biasimava perché, mentre curava il padre ammalato, aveva pensato ad un giovanotto che le aveva fatto un'impressione leggermente erotica; il caso di una istitutrice che si era innamorata del suo principale e aveva deciso di scacciare questa attrazione dalla propria mente, perché le sembrava incompatibile con il proprio orgoglio, ecc. ecc. ¹

    Naturalmente, non posso sostenere che uno sforzo di volontà per scacciare cose di questo genere dai propri pensieri sia un atto patologico; né so se e in che modo questo «oblio» intenzionale abbia successo in quelle persone che, sotto le stesse influenze psichiche, rimangono sane. So soltanto che questo tipo di «oblio» non ha avuto successo nei pazienti che ho analizzato, ma, al contrario, li ha portati a varie reazioni patologiche che hanno prodotto ο l'isteria, ο un'ossessione, ο una psicosi allucinatoria. La capacità di causare uno di questi stati - che sono tutti collegati con una dissociazione della coscienza - per mezzo di uno sforzo di volontà di questo tipo va considerata come la manifestazione di una disposizione patologica, benché tale disposizione non sia necessariamente identificata nella degenerazione individuale ο ereditaria.

    Per quel che riguarda il cammino che porta dallo sforzo di volontà del paziente all'inizio del sintomo nevrotico, mi sono formato un'opinione che, nell'astratto linguaggio psicologico, si può esprimere approssimativamente come segue.

    Semplicemente l'Io non può portare a termine il compito che, nel suo atteggiamento difensivo, si è assegnato, e che consiste nel trattare l'idea incompatibile come non arrivée.

    Sia la traccia mnestica che l'affetto che è unito all'idea sono là una volta e per sempre e non possono venire sradicati. Però se l'Io riesce a mutare questa idea potente in una debole, privandola dell'affetto - la somma dell'eccitazione - di cui essa è carica, allora è giunto ad un adempimento approssimativo del compito. L'idea debole, quindi, non avrà, virtualmente, alcuna esigenza nel lavoro di associazione. Ma si dovrà fare altro uso della somma di eccitazione che si è distaccata da essa. Fino a questo punto i procedimenti sia in isteria che nelle fobie e nelle ossessioni, sono gli stessi; da qui in poi i loro sentieri divergono. Nell'isteria, l'idea incompatibile è resa innocua dal fatto che la sua somma di eccitazione è trasformata in qualcosa di somatico. Per questo procedimento proporrei il nome di «con-versione».

    La conversione può essere sia totale che parziale. Essa procede lungo quella linea dell'innervazione motoria ο sensoriale che è connessa - intimamente ο più vagamente - all'esperienza traumatica. In questo modo l'Io riesce a liberarsi della contraddizione (che si trovava a dover affrontare); ma per contro si è gravato di un simbolo mnestico che trova un posto nella coscienza, come una specie di parassita, in forma di innervazione motoria insolubile, ο come sensazione allucinante costantemente ricorrente, e che persiste fino a quando non abbia luogo una conversione nella direzione opposta. Di conseguenza, la traccia mnestica dell'idea rimossa, dopotutto, non è stata dissolta; d'ora in poi formerà il nucleo di un secondo gruppo psichico.

    Aggiungerò soltanto poche parole a questa visione dei processi psico-fisici dell'isteria. Una volta che tale nucleo, per una dissociazione isterica, si sia formato in «momento traumatico», esso aumenterà in altri momenti (che si potrebbero chiamare «momenti ausiliari») ogniqualvolta il sopraggiungere di un'impressione nuova dello stesso tipo riuscirà ad aprirsi un varco nella barriera eretta dalla volontà, a fornire all'idea indebolita un nuovo affetto ed a ristabilire per un certo tempo il legame associativo tra i due gruppi psichici, fino a quando un'ulteriore conversione non appronterà una difesa. La distribuzione di eccitazione così avvenuta nell'isterico, risulta di solito piuttosto instabile. L'eccitazione che viene forzata nel canale sbagliato (nell'innervazione somatica) ogni tanto ritrova il suo cammino verso l'idea da cui è stata staccata, e quindi obbliga il soggetto o a lavorare sull'idea per associazione ο a liberarsene in uno dei suoi attacchi isterici - come possiamo vedere nel contrasto noto tra attacchi e sintomi cronici. L'operazione del metodo catartico di Breuer consiste nel riportare l'eccitazione in questo modo, deliberatamente, dalla sfera somatica a quella psichica, e nell'ottenere quindi energicamente una risoluzione della contraddizione per mezzo dell'attività-di-pensiero e scarico dell'eccitazione attraverso la parola.

    Se la dissociazione di coscienza che si ha nell'isteria acquisita è basata su di un atto di volontà, allora abbiamo una spiegazione sorprendentemente semplice del fatto notevole che l'ipnosi regolarmente amplia la coscienza ristretta di un isterico, e permette l'accesso al gruppo psichico che è stato distaccato. Difatti sappiamo che una peculiarità di tutti gli stati che assomigliano al sonno è che essi sospendono la distribuzione di eccitazione su cui si basa la «volontà» della personalità cosciente.

    Possiamo così vedere che il fattore caratteristico dell'isteria non è la dissociazione di coscienza, ma la capacità di conversione, e possiamo citare come una parte importante della predisposizione all'isteria - una predisposizione che sotto altri aspetti è ancora sconosciuta - l'attitudine psico-fisica a trasporre grandi quantità di eccitazione in innervazione somatica.

    Quest'attitudine, di per se stessa, non esclude la salute psichica, e porta all'isteria soltanto nel caso in cui vi sia un'incompatibilità psichica ο un'accumulazione di eccitazione. Nel sostenere questo punto di vista Breuer ed io ci avviciniamo alle ben note definizioni dell'isteria date da Oppenheim² e da Strümpell³ , e ci allontaniamo da Janet, che dà troppa importanza alla dissociazione di coscienza nella sua definizione dell'isteria⁴ . La presentazione data qui può pretendere, a ragione, di avere reso intelligibile la relazione tra conversione e dissociazione isterica della coscienza.

    2.

    Se qualcuno con una predisposizione (alla nevrosi) manca dell'attitudine per la conversione, ma se, cionondimeno, per stornare un'idea incompatibile, egli incomincia a separarla dal suo affetto, allora quell'affetto è obbligato a rimanere nella sfera psichica. L'idea, ora indebolita, è ancora lasciata nella coscienza, separata da qualsiasi associazione. Il suo affetto, però, che è diventato libero, si attacca ad altre idee che, di per sé stesse, non sono incompatibili; e, grazie a questa «falsa relazione», quelle idee si tramutano in idee ossessive. Questa, in poche parole, è la teoria psicologica delle ossessioni e fobie menzionata all'inizio di questo saggio.

    Indicherò ora quali dei vari elementi presenti in questa teoria possono essere dimostrati direttamente e quali siano, invece, le integrazioni da me apportate. Ciò che può essere direttamente dimostrato, a parte il risultato finale del procedimento - l'ossessione - è, in primo luogo, la fonte dell'affetto che è ora in una relazione falsa. In tutti i casi, ho analizzato che è stata la vita sessuale del soggetto a dare origine ad un affetto penoso che aveva esattamente la stessa qualità di quello della sua ossessione. Teoricamente, non è impossibile che questo affetto si presenti, a volte, in altri campi: posso solo riferire che finora non mi sono imbattuto in nessun'altra origine. D'altra parte, è facile capire che è proprio la vita sessuale che porta con sé la maggior parte degli spunti dai quali possono insorgere queste idee incompatibili.

    Inoltre le dichiarazioni più chiare fatte dai pazienti forniscono la prova dello sforzo di volontà, del tentativo di difesa sottolineati dalla teoria; e almeno in un certo numero di casi i pazienti stessi ci informano del fatto che la loro fobia ο ossessione sono apparse per la prima volta dopo che lo sforzo di volontà sembrava aver raggiunto il suo scopo.

    «Una volta mi è successo qualcosa di estremamente sgradevole ed ho cercato energicamente di allontanare da me quell'episodio e di non pensarci più. Infine vi sono riuscito; ma a questo punto mi è successa quest'altra cosa, di cui non sono più capace di liberarmi.» Fu con queste parole che una mia paziente mi confermò i punti principali della teoria che ho qui esposto.

    Non tutti coloro che soffrono di ossessioni sono così chiari sulla loro origine. Generalmente, quando si cerca di attirare l'attenzione del paziente sull'idea originale, di tipo sessuale, la risposta è: «Non può derivare da quello. Non ci ho affatto pensato molto. Per un attimo mi sono spaventato, ma poi ne ho allontanato il pensiero e non sono più stato turbato». In questa frequente obiezione abbiamo la prova che l'ossessione rappresenta un sostituto ο surrogato dell'idea sessuale incompatibile ed ha preso il suo posto nella coscienza.

    Tra lo sforzo di volontà del paziente, che riesce a rimuovere l'inaccettabile idea sessuale, e l'apparizione della idea ossessiva, che, benché di poca intensità di per se stessa, è ora alimentata da un affetto incomprensibilmente forte, si apre la lacuna che la teoria qui esposta cerca di colmare. La separazione dell'idea sessuale dal suo affetto e l'attaccamento di quest'ultimo ad un'altra idea adatta ma non incompatibile sono processi che hanno luogo inconsciamente. Si può solo presumere la loro esistenza, ma essa non può essere provata da alcuna analisi clinico-psicologica. Forse sarebbe più corretto dire che questi processi non sono affatto di natura psichica, che sono processi fisici le cui conseguenze psichiche si presentano come se ciò che è espresso dai termini «separazione dell'idea dal suo affetto» e «falsa relazione» di quest'ultimo avessero realmente avuto luogo.

    Accanto ai casi che mostrano una successione tra un'idea sessuale incompatibile ed un'idea ossessiva, troviamo molti altri casi in cui le idee ossessive e quelle sessuali di carattere penoso si presentano simultaneamente. Chiamare queste ultime «idee sessuali ossessive» non sarebbe molto giusto, poiché ad esse manca una caratteristica essenziale delle idee ossessive: risultano essere ampiamente giustificate, mentre il carattere penoso delle idee ossessive ordinarie è un problema sia per il dottore che per il paziente. Ed uno studio sempre più approfondito di casi del genere, mi ha portato a capire che si tratta di una difesa costante contro le idee sessuali, continuamente rinascenti - cioè a dire di un lavoro che non era ancora stato terminato.

    Fino a quando i pazienti sono consapevoli dell'origine sessuale delle loro ossessioni le tengono segrete. Quando se ne lamentano di solito lo fanno esprimendo la loro meraviglia per essere soggetti all'affetto in questione - provare ansietà, ο avere certi impulsi. Al medico esperto, al contrario, l'affetto sembra giustificato e comprensibile; ciò che egli trova singolare è soltanto che un affetto di quel genere sia legato ad un'idea che non lo merita. L'affetto della ossessione gli appare, in altre parole, dislocato ο trasposto; e se egli ha accettato ciò che si è detto in queste pagine, potrà tentare, in molti casi di ossessioni, di ri-tradurli in termini sessuali.

    Per procurare questa relazione secondaria per l'affetto liberato, si può far uso di qualsiasi idea che sia adatta per la sua natura ad essere unita con un affetto della qualità in questione, oppure che abbia qualche relazione con l'idea incompatibile che dia l'impressione di poter servire da suo surrogato. Così, per esempio, l'angoscia liberata, le cui origini sessuali non devono essere ricordate dal paziente, prenderà come pretesto le comuni fobie primitive dell'umanità, come quelle degli animali, dei temporali, del buio e così via, oppure di quelle cose che sono associate, senza possibilità di errore, in un modo ο nell'altro, con tutto ciò che è sessuale - come minzione, defecazione, ο generalmente contagio e sudiciume.

    L'Io ha meno vantaggi nello scegliere la trasposizione dell'affetto come metodo di difesa che non la conversione dell'eccitazione psichica in innervazione somatica. L'affetto per cui l'Io ha sofferto rimane come era, inalterato; la sola differenza sta nel fatto che l'idea incompatibile viene rimossa ed esclusa dal ricordo. Le idee incompatibili rimosse, a loro volta, formano il nucleo di un secondo gruppo psichico, che credo sia raggiungibile anche senza l'aiuto dell'ipnosi. Se fobie ed ossessioni non sono accompagnate dai sintomi sorprendenti che caratterizzano la formazione di un gruppo psichico indipendente nell'isteria, ciò è dovuto senza dubbio al fatto che nel loro caso l'intera alterazione è rimasta nella sfera psichica ed il rapporto tra eccitazione psichica ed innervazione somatica non ha subito alcun cambiamento.

    Per illustrare quel che si è detto sulle ossessioni fornirò qui alcuni esempi che, immagino, siano tipici:

    1. Una ragazza soffriva di rimorsi ossessivi. Se leggeva qualcosa sui giornali riguardo ai falsari, cominciava a pensare di aver fatto anche lei del denaro falso; se una persona sconosciuta aveva commesso un delitto, si chiedeva ansiosamente se non fosse stata lei a commettere il misfatto. Allo stesso tempo era perfettamente conscia della assurdità di questi rimorsi ossessivi. Per un certo periodo questo senso di colpa ebbe un tale ascendente su di lei che le sue facoltà di critica furono soffocate ed essa accusò se stessa con i parenti ed il dottore di aver commesso tutti quei crimini. Questo era un esempio di psicosi formatasi attraverso la semplice intensificazione - una Überwältigungspsychose, una psicosi in cui l'Io viene sopraffatto. Un interrogatorio serrato rivelò in seguito la fonte da cui era derivato questo suo senso di colpa. Stimolata da una sensazione voluttuosa fortuita, si era lasciata fuorviare da un'amica verso la masturbazione e l'aveva praticata per anni, pienamente conscia del proprio peccato, accompagnandola con le più violente, ma come al solito inefficaci, autoaccuse. Il fatto di esservisi abbandonata in modo eccessivo dopo essere stata ad un ballo aveva prodotto l'intensificazione che l'aveva portata alla psicosi. Dopo alcuni mesi di cure e la più stretta sorveglianza, la ragazza guarì.

    2. Un'altra ragazza soffriva per il timore di essere sopraffatta dal bisogno di orinare, e di non essere capace di evitare di bagnarsi, fin da quando un bisogno di questo genere, una volta, l'aveva costretta a lasciare la sala di un concerto durante l'esecuzione. Un po' per volta questa fobia l'aveva resa incapace di divertirsi e di andare in società. Si sentiva bene soltanto quando sapeva che nelle vicinanze c'era un gabinetto che lei poteva raggiungere con discrezione. Non si trattava di alcuna malattia organica che avrebbe potuto giustificare questa sfiducia nel suo potere di controllo sulla propria vescica urinaria; quando era a casa, in condizioni tranquille, oppure di notte, questo bisogno di urinare non si risvegliava. Un esame approfondito mostrò che questo bisogno si era manifestato per la prima volta nelle circostanze seguenti. Nella sala del concerto, un uomo a cui lei non era indifferente aveva preso posto non lontano da lei. Ella incominciò a pensare a lui e ad immaginarsi seduta vicino a lui in veste di moglie. Durante questa fantasticheria erotica ebbe la sensazione fìsica che può essere paragonata all'erezione nell'uomo, e che nel suo caso - non so se sia sempre così - terminò con un leggero bisogno di orinare. Questa volta si spaventò moltissimo per questa sensazione sessuale (a cui era normalmente abituata) poiché dentro di sé aveva deciso di combattere questa e ogni altra inclinazione di tal genere; l'affetto a questa legato era stato trasferito successivamente sul bisogno di orinare che l'accompagnava, e la costrinse, dopo una lotta angosciosa, a lasciare la sala. Nella sua vita consueta era così pudibonda che aveva un intenso orrore di qualsiasi cosa avesse a che fare con il sesso e non poteva nemmeno contemplare il pensiero di sposarsi. D'altra parte era così sessualmente iperestetica che durante ogni fantasticheria erotica, cui lei volentieri indulgeva, appariva la stessa sensazione voluttuosa. Ogni volta l'erezione era accompagnata dal bisogno di orinare, senza farle però alcuna impressione, fino all'episodio del concerto. Il trattamento la portò ad un controllo quasi completo sulla sua fobia.

    3. Una giovane donna sposata che, in cinque anni di matrimonio aveva avuto soltanto un figlio, si lamentò con me di un impulso ossessivo che la spingeva a gettarsi dalla finestra ο dal balcone, ed anche della paura, che la attanagliava quando vedeva un coltello acuminato, di pugnalare il figlio. Ammise che il rapporto coniugale aveva luogo raramente e soltanto previe precauzioni contro il concepimento, ma lei non ne sentiva la mancanza, disse, poiché la sua non era una natura sensuale. A questo punto mi sono azzardato a dirle che alla vista di un uomo ella aveva pensieri erotici e che perciò aveva perso fiducia in se stessa e si riteneva una persona depravata e capace di qualsiasi cosa. Il fatto di aver riportato l'idea ossessiva in termini sessuali ebbe successo. Subito mi confessò, in lacrime, la povertà, tenuta a lungo nascosta, del proprio matrimonio; e più tardi mi riferì anche alcune idee penose di immancabile carattere sessuale, come la sensazione, spesso ricorrente, di qualcosa che le si infiltrava con forza sotto la gonna.

    Ho approfittato delle osservazioni di questo genere, nel mio lavoro terapeutico, riportando l'attenzione dei pazienti soggetti a fobie e ad ossessioni alle loro idee sessuali rimosse nonostante tutte le loro proteste, e, dove possibile, bloccando le fonti da cui scaturivano queste idee. Naturalmente non posso asserire che tutte le fobie ed ossessioni nascano nel modo che ho qui esposto⁵ . Innanzitutto, la mia esperienza comprende solo un numero limitato di questi casi, in confronto alla frequenza di tali nevrosi; ed in secondo luogo, sono consapevole che tali sintomi «psicoastenici», come li chiama Janet, non sono tutti equivalenti. Ci sono, per esempio, delle fobie puramente isteriche. Cionondimeno penso che sarà possibile dimostrare la presenza del meccanismo di trasposizione dell'affetto nella gran maggioranza delle fobie ed ossessioni, e vorrei perciò raccomandare che queste nevrosi, che si presentano sia isolatamente che combinate con l'isteria e la nevrastenia, non siano gettate in un mucchio con la nevrastenia comune, per i cui sintomi fondamentali non vi è alcuna base che lasci supporre l'esistenza di un meccanismo psichico.

    3.

    In entrambi i casi finora presi in considerazione, la difesa contro l'idea incompatibile si è compiuta separandola dal suo affetto: l'idea stessa rimane nella coscienza anche se indebolita ed isolata. C'è, comunque, un tipo di difesa molto più energico e di maggior successo. Qui, l'Io rifiuta l'idea incompatibile insieme al suo affetto, e si comporta come se l'idea non gli fosse mai pervenuta. Ma dal momento in cui questo scopo viene raggiunto il soggetto si trova in una psicosi che si può classificare come «follia allucinatoria». Un semplice esempio può servire ad illustrare questa affermazione:

    Una ragazza aveva dato il suo primo affetto impulsivo ad un uomo e credeva fermamente ch'egli ricambiasse il suo amore; in effetti si sbagliava. Il giovanotto aveva un motivo diverso per andare a trovarla a casa. Le delusioni non mancarono. All'inizio ella si difendeva da queste delusioni effettuando una conversione isterica delle esperienze in questione, e conservando così la sua fede che un giorno ο l'altro egli sarebbe venuto ed avrebbe chiesto la sua mano. Ma allo stesso tempo si sentiva infelice e malata, perché la conversione era incompleta ed inoltre aveva sempre nuove e dolorose impressioni. Alla fine, in uno stato di grande tensione, si convinse d'attendere il suo arrivo in un giorno particolare, il giorno di una festa di famiglia. Ma il giorno passò lentamente ed egli non comparve. Giunti e partiti tutti i treni con cui avrebbe potuto arrivare, la ragazza entrò in uno stato di follia allucinatoria: egli è arrivato, ode la sua voce nel giardino, si affretta a scendere in camicia da notte per riceverlo. Da allora in poi visse per due mesi come in un sogno felice, che aveva questo contenuto: egli era lì, sempre al suo fianco e ogni cosa era come prima (prima del periodo delle delusioni che aveva così laboriosamente allontanato). L'isteria e la depressione di spirito erano superate. Durante la malattia aveva steso un velo di silenzio sull'intero ultimo periodo di dubbi e di sofferenze; era felice fintanto che veniva lasciata tranquilla e andava su tutte le furie soltanto quando le persone intorno a lei insistevano su qualche regola di condotta che la ostacolava in qualcosa che le sembrava derivare piuttosto logicamente dal suo sogno beato. Questa psicosi che, a quel tempo, era stata incomprensibile, fu spiegata dieci anni più tardi con l'aiuto di un'analisi ipnotica.

    Il fatto su cui vorrei attirare l'attenzione è che il contenuto di una psicosi allucinatoria di questo tipo consiste precisamente nell'accentuazione dell'idea che è stata minacciata dalla causa che ha accelerato l'inizio della malattia. E giustificato perciò il dire che l'Io ha stornato l'idea incompatibile con una fuga nella psicosi. Il processo attraverso il quale si è raggiunto questo obiettivo elude ancora una volta la percezione del soggetto, come elude l'analisi psicologico-clinica. Deve essere considerato come l'espressione di una disposizione patologica di grado piuttosto elevato e può essere descritto, più ο meno, come segue. L'Io si distacca dall'idea incompatibile; ma questa ultima è collegata inseparabilmente con una parte di realtà, cosicché, quando l'Io raggiunge questo risultato, anch'esso si è distaccato, completamente od in parte, dalla realtà. Secondo me quest'ultimo avvenimento è la condizione per cui le idee del soggetto acquistano vita allucinatoria; di conseguenza, quando la difesa è stata portata a termine con successo, il paziente si trova in uno stato di follia allucinatoria.

    Ho soltanto pochissime analisi di psicosi di questo tipo a mia disposizione. Ma penso che qui ci troviamo ad avere a che fare con un tipo di malattia psichica di cui ci si serve molto frequentemente, giacché nessun manicomio manca di esempi che possono

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