Gianna: Lei, era mia sorella
Di Carmen Salis
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Questo romanzo breve, autobiografico e malinconico, è un grido di dolore, una protesta contro chi ha il potere di migliorare la salute di coloro che l’hanno persa o di coloro che non l’hanno mai avuta. Una protesta contro chi non sempre ascolta i familiari dei pazienti e contro chi vede nei malati solo delle cavie per esperimenti.
Carmen Salis, magistralmente, senza veli e paure, ci stupisce con l’altra sé.
Gianna era sua sorella, Gianna non è stata fortunata, era bipolare, dunque soggetta a sbalzi repentini d’umore.
Carmen Salis racconta “Gianna” con un’introspezione narrativa fuori dal comune e permette al lettore di pensare alle proprie dinamiche familiari, a come solo da adulti si impara a perdonare se stessi, fratelli e genitori, anche attraverso la rabbia e la solitudine.
Ci porta in un mondo dove i pregiudizi fanno spazio alla verità di eventi e intenti.
L'AUTRICE: Carmen Salis è giornalista, scrittrice e fotografa. Ha vinto numerosi premi letterari, e si descrive così: "Oggi lo scrivere, il fotografare e il cantare mi danno respiro; penso di non saper fare niente bene, perché spero di poter sempre imparare il meglio. Sono curiosa, affamata di immagini e di pensieri. Con la poesia cerco di cantare i movimenti dell’anima. Con le foto quelli del cuore. Con i racconti gioco ed esprimo quello che vedo e che non mi piace. Con i libri degli autori che ho la fortuna di accompagnare nel loro cammino mi nutro e respiro cose nuove. Non riesco ad oziare. Mi piacciono i gatti perché sono irraggiungibili. Amo tutta la musica al momento giusto. Detesto l’ipocrisia, la presunzione e la finta umiltà. Vorrei essere eterna perché mi piace vivere."
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Anteprima del libro
Gianna - Carmen Salis
CARMEN SALIS
GIANNA
LEI, ERA MIA SORELLA
AmicoLibro
Carmen Salis
Gianna
Lei, era mia sorella
Proprietà letteraria riservata
l’opera è frutto dell’ingegno dell’autore
© 2016 AmicoLibro
via Oberdan 9
75024 Montescaglioso (MT)
www.amicolibro.eu
info@amicolibro.eu
Prima Edizione
Marzo 2016
a mia Madre
Prefazione
Questo romanzo breve, autobiografico e malinconico, è un grido di dolore, una protesta contro chi ha il potere di migliorare la salute di coloro che l’hanno persa o di coloro che non l’hanno mai avuta. Una protesta contro chi non sempre ascolta i familiari dei pazienti e contro chi vede nei malati solo delle cavie per esperimenti.
Carmen Salis, magistralmente, senza veli e paure, ci stupisce con l’altra sé.
Gianna era sua sorella, Gianna non è stata fortunata, era bipolare, dunque soggetta a sbalzi repentini d’umore, per questo le veniva somministrato del litio in dosi massicce.
Il disturbo bipolare è caratterizzato dall’oscillazione non controllata del tono dell’umore, con picchi di depressione ed esaltazione; le terapie di base più utili per ristabilire una condizione di equilibrio a lungo termine sono rappresentate da farmaci stabilizzatori dell’umore, come i sali di litio e il valproato. Quando, come spesso avviene, il solo stabilizzatore dell’umore non riesce a tenere completamente sotto controllo il disturbo, nelle fasi di riacutizzazione dei sintomi depressivi o maniacali, si possono aggiungere altri farmaci, da scegliere in relazione agli specifici sintomi sperimentati dal paziente e alle sue caratteristiche cliniche generali - età, presenza di altre patologie organiche o psichiatriche, peso corporeo.
Carmen Salis racconta Gianna
con un’introspezione narrativa fuori dal comune e permette al lettore di pensare alle proprie dinamiche familiari, a come solo da adulti si impara a perdonare se stessi, fratelli e genitori, anche attraverso la rabbia e la solitudine.
Ci porta in un mondo dove i pregiudizi fanno spazio alla verità di eventi e intenti.
Le persone comuni davanti alla malattia mentale si ritraggono, la temono e la fuggono, non si chiedono da dove venga come accade con le patologie di tipo fisiologico, associano la malattia alla persona. Ma Gianna non era solo pazza, Gianna era brava, Gianna non era amata da un uomo e non avrebbe mai avuto un figlio e lo sapeva, aveva poco tempo e lo sapeva; Carmen in queste pagine ha cercato di darle un giorno dei suoi
, mantenendola in vita, esaudendo almeno uno dei suoi desideri: regalandogliene uno tutto speciale.
Roberta Marcis
Ero diversa da Lei.
Lei aveva bellissimi capelli neri che si attorcigliavano su se stessi, io no.
Lei aveva la pelle candida come la luna.
Lei poteva conoscere ogni segreto di nostra Madre, io no.
Non sapeva cantare, ma lo faceva comunque.
Si innamorava facilmente, e altrettanto facilmente soffriva la fine di ogni amore.
Avrebbe desiderato sposarsi, avere dei figli, diventare nonna, e mettere la dentiera dentro il bicchiere la notte prima di andare a dormire.
Io lo so, anche se lei non l’ha mai detto.
L’ho ammirata, invidiata, combattuta.
Poi, a un certo punto della mia vita, ho riconosciuto la sua tristezza e l’ho amata senza riserve.
Ho capito che quel dolore era paura di vivere.
Quei silenzi improvvisi e lunghissimi erano la sua lotta contro il buio.
E soprattutto ho capito che era inutile travolgerla con la mia voglia di vivere.
Non era egoista, era ostaggio della sua mente.
Non voleva morire, voleva solo smettere di avere una voce dentro la testa che la tormentava.
La gente diceva che era matta.
Ho visto chi l’ha derisa, allontanata, guardata con paura.
L’ho vista e la ricordo. E la rabbia che ho provato allora, oggi è commiserazione.
Prestami un giorno dei tuoi
, mi ha detto un giorno.
Vorrei essere felice, vorrei addormentarmi senza aver paura di svegliarmi. Vorrei esser solo una persona, e non vivere con quella pazza che mi uccide
.
Gliene ho dati di giorni. Ma era un baratto che non resisteva al tempo.
Oggi lo so, che siamo state Sorelle.
Lei vive in me.
E di lei, finalmente, conservo solo la parte più bella.
Prologo
Quando ero bambina trascorrevo intere giornate a guardarla e a pettinare i suoi lunghi capelli, neri e ondulati.
Tutti i giorni la corteggiavo. La spazzola scivolava leggera e io lentamente la facevo andare sino a quando non si arrotolava insieme a un boccolo finale.
Aveva dei bellissimi capelli, pettinare Lei era cento volte meglio che pettinare le bambole.
Era più grande di me di ben otto anni; non ci saremmo incontrate su niente almeno fino a quando io non sarei diventata adulta, fino a quel momento avrei rappresentato per lei solo un inevitabile fastidio.
Come solo sanno essere, inconsapevolmente, tutti i fratelli e le sorelle minori.
1
"E così, anche lei se n’è andata..." sospirò guardandomi negli occhi come per cercare di capire se avevo voglia di parlarne. Zio Gino era un uomo che aveva visto la guerra e la fame, l’unica cosa che poteva stupirlo ancora era proprio la morte, nonostante tutto.
Sai Carmé, non mi aspettavo questa disgrazia. Era troppo giovane. Soffriva di qualche malattia di cui non mi hai parlato?
Lo guardai e non risposi. Non avevo voglia di parlarne, era ancora presto. Il pensiero della scomparsa di mia sorella ancora mi provocava