Kendra colei che porta la serenità
Di Carlo Arillo
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Kendra colei che porta la serenità - Carlo Arillo
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Colei che porta la serenità
XIII
Non era molto contento delle decisioni altrui soprattutto quando gliele imponevano. Sapeva però, che alla sua età non gli era concesso ribellarsi.
" Fino a 18 anni, devi fare quello che dico io. Hai capito?"
La frase che ascoltava ogni volta che cercava di contraddire i suoi genitori.
Quella domanda, urlata a squarciagola, accettava una sola risposta.
" Quando sarò più grande e più forte, avrò il coraggio di dirti, NO!"
Il pensiero che gli rimbombava nella testa era sempre lo stesso, quando veniva rimproverato, ma ora, per l'ennesima volta, era costretto a dover fare quello che non gli piaceva.
Era giunta l'ora, dovevano andare in vacanza nel posto che lui giudicava noiosissimo.
Stiracchiandosi, cercava di temporeggiare, non voleva partire subito, anzi avrebbe voluto che quel giorno non fosse arrivato.
"Perché non posso viaggiare indietro nel tempo?"
Si chiese.
Il suo desiderio era quello di tornare, sperando in una sorte diversa, al giorno in cui suo padre, seduti a tavola, diede la notizia che aveva prenotato un mini appartamento nel villaggio turistico dove, ormai, erano clienti da diversi anni.
Il ricordo era ancora vivo nella sua mente come se fosse accaduto il giorno prima.
Quella sera, come era loro solito fare, attesero l'arrivo del padre per sedersi al tavolo e cenare. Junior non voleva mai aspettarlo, perché non gli permetteva di vedere il suo programma preferito alla TV.
A lui non interessava affatto essere acculturato, non conosceva nemmeno il significato di quella parola e poi aveva l'impressione che alla televisione dicessero sempre le stese cose.
"Cambiano le persone, i paesaggi, ma gli argomenti sono sempre uguali. Uffa!"
Intento nei suoi pensieri, con lo sguardo rivolto al piatto, ebbe un sobbalzo quando l'oratore seduto alla sua destra comunicò la sua decisione. Rimase a bocca aperta e la forchetta gli cadde nel piatto.
Si alzò dal tavolo e schivando le mani del padre, che tentò di afferrarlo, si diresse verso la sua camera. Si fermò subito dietro la parete, sentì la voce della madre e la curiosità lo invase, così si fermo ad origliare.
Junior ascoltava dal suo nascondiglio in silenzio asciugandosi le lacrime con la mano destra. Avrebbe tanto voluto avere 18 anni, per dire al padre che in quel posto non sarebbe voluto tornare, urlandogli in faccia che oltretutto, lui a fine estate scorsa, gli aveva promesso che avrebbe scelto un'altra destinazione.
Fortunatamente la madre sembrò leggergli la mente.
"E' vero, ci sono ragazzi cattivi, e io non li voglio vedere più"
Fece un grande respiro, stava per uscire da quel posto per urlare le parole pensate, ma la paura prese il sopravvento e la frase rimase nella sua mente.
Si rese conto che anche la madre non era riuscita a convincerlo. Sapeva benissimo che nessuno dei due credeva alle sue parole. Anche se, un giorno, decise di confessare alla mamma i giochi poco piacevoli e pericolosi che quei ragazzi lo costringevano a fare. Lei, come il padre, era convinta che in fondo si stavano solo divertendo, tanto lui tornava sempre sano e salvo a casa.
Preso dallo sconforto decise di andare a dormire. Aveva fame, non aveva mangiato, ma pensò che poteva resistere fino all'indomani.
Il giorno dopo, durante la pausa per la merenda a scuola, decise di confessare tutto al suo unico e migliore amico, sicuro che lo avrebbe ascoltato e capito.
Disse l'amico sospirando e fissando il vuoto con espressione pensierosa.
Junior, notando che l'amico si fosse immobilizzato come ipnotizzato, ne approfittò per dare qualche morso alla merenda che la mamma gli aveva preparato per quel momento.
Aveva fame. La sera prima non aveva mangiato e la colazione, anche se abbondante, non era stata sufficiente.
Però, non aveva molto tempo per farsi aiutare dall'amico. La pausa per la merenda non durava tanto. Pensò che, in fondo, poteva riparlare con lui il giorno dopo, ma era troppo preoccupato. Aveva paura di non rivedere più quel ragazzo.
Sapeva che i genitori avevano preso la decisione di cambiare città e sicuramente non si sarebbero più visti. - Ci contatteremo su Facebook e ci mandiamo messaggi su WhatsApp- si dissero, ma la vicinanza è diversa. Da lontano è difficile raccontarsi segreti e confessare le proprie paure sapendo che l'altro non ti può aiutare.
In cuor suo Junior sapeva che la loro amicizia sarebbe finita. Sperava, però, che tutto accadesse alla fine dell'anno scolastico.
Nel dubbio attirò, ancora, l'attenzione dell'amico.
Non era il suo vero nome. Tutti lo chiamavano nano perché non cresceva, la sua altezza era rimasta invariata sin dal primo giorno di scuola. Gli altri bimbi si prendevano gioco di lui, in quinta elementare era alto sempre lo stesso, sembrava un bambino dell'asilo. Quel nomignolo a Junior non piaceva, per confortarlo, gli diceva che sarebbe cresciuto come un gigante ed allora tutti avrebbero avuto paura di lui, e così cambiò il soprannome in Nanè
Junior era innamorato della sua compagna di classe, riteneva che fosse la più bella di tutte.
Capelli ricci colore castano, occhi grandi e neri, magra e alta quanto lui.
La piccola fatina, così, la chiamava. Restava incantato quando la vedeva e per un motivo poco comprensibile, la sua presenza lo innervosiva a tal punto che assumeva degli atteggiamenti che inducevano gli altri a prenderlo in giro, la sua amica si spaventava e si allontanava ancora di più, mentre il suo amico lo guardava sbalordito credendo che si stesse trasformando.
Tenendo la bocca chiusa, spingeva la lingua sul lato sinistro creando una bolla alla guancia, si curvava e tirava al petto la mano sinistra piegando il braccio. Nessuno, mai, era stato in grado di spiegare perché accadesse tutto questo. In realtà, nessuno lo aveva preso in considerazione porgendo domande a qualche medico specialista. Nella più totale ignoranza, chi lo osservava, se non lo ridicolizzava, diceva che il suo era solo un riflesso incondizionato e che prima o poi si sarebbe tolto da solo.
Fortunatamente quel giorno, non accadde. Nanè fu bravo a distrarlo e ad evitare che si trasformasse.
Avere una persona che ti conforta è sempre molto buono. Quella chiacchierata aiutò Junior ad arrivare alla partenza. La frase di quel ragazzo rimase impressa nella sua mente ed ora lui era convinto di conoscere una ragazza bella quanto la sua piccola fatina e trascorrere tutta la vacanza con lei.
Il tempo era trascorso velocissimo e il giorno era giunto. Saltò giù dal letto con grande fatica e avviò i preparativi per la partenza.
XII
"Suonano alla porta? Scommetto che è la ficcanaso della dirimpettaia. Solo lei ha il coraggio di rompere alle 6,00 del mattino"
Avvicinatosi alla porta, osservò dallo spioncino. Si accorse a malincuore che la sua previsione era giusta.
"Maledizione è proprio lei. Ora cosa vuole?"
Tentennò, non voleva aprire, si stava preparando per la partenza e non voleva essere disturbato. Si voltò e si diresse, cercando di non fare rumore, verso la camera da letto per completare la sua valigia. Tentativo inutile, il rintocco sulla porta attirò ancora la sua attenzione.
"Credo che se non apro, questa pazza non la finisce più"
Si fermò, alzò lo sguardo al cielo e sbuffando ritornò sui suoi passi.
Aprendo la porta sgranò gli occhi, non riuscì frenare