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Doppio Cieco
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E-book401 pagine5 ore

Doppio Cieco

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Info su questo ebook

Ad un camionista solitario viene tesa un'imboscata, gli sparano e lo pugnalano brutalmente. Un turista ha la stessa sorte mentre fa jogging. Di fronte a due scene del crimine che potrebbero provenire da un film horror, i detective Carly Sanderson e Sergio Martin cercano il serial killer impazzito. Altri cinque attacchi accadono in una settimana, gettando l'intera città nel panico e spingendo il sindaco a impiegare tutte le risorse disponibili per fermare la furia. Ma mentre i detective lavorano tutto il giorno, non sanno che il killer ha alzato il tiro, facendo di loro i suoi prossimi obiettivi.

LinguaItaliano
Data di uscita3 giu 2020
ISBN9781071548431
Doppio Cieco

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    Anteprima del libro

    Doppio Cieco - Dan Alatorre

    Double Blind

    (Doppio Cieco)

    Dan Alatorre

    Double Blind © Dan Alatorre

    © Questo libro è inteso per il solo uso personale. Non può essere rivenduto o ceduto a terzi. Vi ringraziamo per il rispetto che dedicherete al duro lavoro dell’autore. © Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, archiviata o trasmessa in alcun modo, se non dopo aver ricevuto il consenso dell’autore. Copyright © 2018 Dan Alatorre. Tutti i diritti sono riservati.

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e fatti sono il prodotto della fantasia dell’autore o, comunque, adoperati in modo fittizio. Ogni somiglianza con persone reali, vive o decedute, imprese commerciali, ditte, eventi e luoghi, è una pura coincidenza.

    .

    Edito by Jenifer Ruff

    Nota per i Lettori

    Se avete tempo, mi farebbe molto piacere una recensione su Amazon o Goodreads. Mi siete di grande aiuto e sono sempre molto grato del vostro incoraggiamento. Le recensioni sono una cosa veramente importante ed aiutano gli autori come me a vendere più libri. Ogni recensione conta, anche se è solo di poche parole. Fate click HERE per la Pagina Amazon di Double Blind.

    Grazie,

    Dan Alatorre

    Double Blind (Doppio Cieco)

    Due detectives danno la caccia ad un serial killer. Il killer da la caccia a loro.

    Un camionista solitario subisce un’imboscata, gli sparano, dopodiché viene brutalmente pugnalato. Ad un turista capita la stessa cosa mentre è fuori per una corsa. Affrontando due scene del crimine che potrebbero tranquillamente far parte di un film horror, gli investigatori Carly Sanderson e Sergio Martin si mettono sulle tracce del serial killer. Altri cinque attacchi si susseguono in una settimana, gettando nel panico l’intera città e obbligando il sindaco a mettere in campo tutte le risorse della città per fermare la furia. Ma mentre i detectives lavorano senza sosta, non sanno che il killer ha alzato la posta — facendo di loro i suoi prossimi obiettivi.

    Capitolo 1

    Il killer tenne stretto il grosso coltello, col cuore che gli batteva, mentre non perdeva d’occhio la sua vittima.

    A poco meno di dieci metri di distanza, un solitario, panciuto camionista, con la camicia bagnata di sudore, spingeva il terzo carrello di casse su una desolata piattaforma di carico. In lontananza, oltre i depositi bui e i convogli ferroviari vuoti, suonò la sirena di un’imbarcazione. Si fece sentire nel bel mezzo della notte nebbiosa, segnalando una nuova partenza dal Porto di Tampa. Forse si trattava di una nave di turisti in partenza per i Caraibi, oppure di pezzi di ricambio per auto che dovevano raggiungere il Mexico.

    Al killer non importava.

    Ciò che lo interessava, mentre si accucciava dietro il cassonetto del magazzino McClain Oil, era la sua prima vittima - e come avrebbe proceduto con l'omicidio.

    La Calibro 38 avrebbe svolto il compito più velocemente, ma il rumore avrebbe potuto attirare l’attenzione. Si guardò intorno. Non c’era un’altra anima sulla 22esima Strada. Certo però una pistola era molto meno soddisfacente. L’aveva imparato fin troppo bene con procioni e cani randagi. E non si può mai dire; qualche contabile ficcanaso poteva essere ancora al lavoro in uno degli uffici del magazzino.

    No, doveva essere il coltello. Lui voleva che fosse il coltello.

    Lo sollevò e guardo la lunga lama seghettata, girandola per ammirare l’altro lato, liscio ed affilato. Il bordo levigato brillava contro le luci del magazzino. Con i guanti di lattice, afferrò la spessa elsa e fece scorrere il pollice lungo la piccola protezione metallica.

    Che stupendo lavoro artigianale in un coltello tanto grande.

    Usare il coltello sarebbe stato più . . . personale. Avrebbe sentito la lama penetrare, tagliando la camicia del camionista, facendosi strada tra i suoi organi circondati dal grasso; per poi avvertire il caldo, fluido ed appiccicoso, del sangue.

    Beatitudine. Il solo pensiero lo fece fremere per l’attesa.

    Si leccò le labbra, mentre faceva capolino, per sbirciare oltre la sommità del bidone arrugginito dietro cui si nascondeva.

    Con un po' di sforzo, il camionista si chinò e fece scivolare il carrello da sotto le scatole, facendo una pausa per asciugarsi la fronte. Prese un cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni, la sua considerevole pancia ondeggiò mentre premeva i tasti.

    Con ogni minuto che passava, l’odio del killer per quest’uomo — questo straniero — cresceva, trasformandosi in rabbia, per poter trovare il coraggio di andare fino in fondo col suo piano. Aveva bisogno di odiare quest’uomo, di disprezzarlo abbastanza da ucciderlo, pugnalando e pugnalando — e poi di spegnere istantaneamente il tutto . . . godendosi la sensazione di oblio e beatitudine. La serenità, mentre il camionista scalciava e graffiava, lottando per la sua fuggevole vita.

    Il killer strinse il manico del coltello, respirando avidamente la calda aria della sera. Gocce di sudore iniziavano a scendergli dal collo.

    Non se la sarebbe fatta sotto. Non questa volta.

    Spedizioni, mettetemi in contatto con O’Connell. Il camionista si appoggiò al carrello, con il telefono premuto contro l'orecchio. Mosse la testa avanti e indietro, guardando verso il cielo come per tentare di ottenere un segnale migliore. Mac? Ho deciso di scaricare io il carico. Chiuse gli occhi e si coprì l’orecchio con l’altra mano. Al momento non mi importa un bel niente di procedure e contratti. Ho già un ritardo di tre ore. I lavoratori portuali saranno qui tra dodici ore e io devo essere a Tallahassee tra dieci, quindi cosa suggerisci?

    Annuì. E’ quello che pensavo. Senti, qui non c’è nessuno e nessuno viene in questi magazzini dopo l’ora di chiusura. Se si presentasse qualche ladruncolo che vuole fregare tre pallet di parti di automobili, io direi di lasciarlo fare.

    Terminò la conversazione e si rimise il cellulare nella tasca posteriore dei jeans. Cretino.

    L’uomo prese il carrello e indietreggiò, scendendo dalla piattaforma di carico ed avvicinandosi al camion. Dentro il rimorchio, la luce di una singola lampadina illuminava le immediate vicinanze ed alcune file di casse. Scribacchiò su un foglio, chiuse di scatto il coperchio d'acciaio del suo blocco e allungò la mano verso la catenella  della luce.

    Anziché il carico, si trovò di fronte una pistola calibro 38 puntata addosso.

    Rimase a bocca aperta mentre indietreggiava, tenendo le mani alzate. Non ho molto denaro. In cabina ho circa duecento dollari, ma sono tuoi.

    Il killer diede uno sguardo alla cartellina metallica, che era in piena vista tra le mani tremanti della sua vittima. Il camionista seguì gli occhi del killer, quindi aprì le dita. La cartellina cadde sul pavimento.

    L’autista deglutì, gli occhi sbarrati nella debole luce. Okay? la sua voce si fece tremante. Duecento dollari, e sono tutti tuoi. Sono davanti in cab —

    Hai capito male. Il killer fece un passo avanti, impressionato da quanto sembrava calma la sua voce. Non sono qui per i tuoi soldi.

    Gli occhi dell'uomo sfrecciarono nel piccolo spazio; il respiro era ormai ridotto a spasmi.

    La spedizione? Non è un grosso carico ma - ma è tuo. Coprimozzi. Deglutì a fatica. Bella roba. Ti aiuterò anche a scaricarlo.

    No. Il killer fece un altro passo, scuotendo la testa. Neanche quello.

    Allora . . . divenne improvvisamente bianco come un cadavere.

    Sei di Atlanta? E’ quel che c’è scritto sulla fiancata del camion. Messenger Freight, Atlanta.

    La fretta si impossessò del killer, facendogli rodere lo stomaco.

    Questo non era un procione o un cane randagio.

    La tensione per ciò che stava per accadere gli gonfiava il collo e le spalle mentre si spostava in avanti, riducendo la distanza tra lui e la sua terrorizzata preda.

    La pistola aveva fatto il suo effetto. Portò l’altra mano alla cintura e tolse il pugnale dal fodero. Il suo grande potere lo confuse, ma solo per un momento. Lo strinse fermamente, fissando l’uomo che intendeva uccidere, sorridendo mentre gli fissava il petto.

    Il camionista indietreggiò, scuotendo la testa, inciampando nelle poche casse rimaste ancora dentro il veicolo. Non farlo. Ti prego, prenditi il carico.

    Oppure arrivi da un’altra parte? Mi piacerebbe mantenere la cosa su base locale. La voce dell’assassino era calma e monotona, non lasciava trasparire neppure un grammo del desiderio di saltargli addosso e sventrarlo che aveva in corpo.

    Ti prego. Ho moglie e figli. Ho una bimba piccola.

    Il killer diede un’occhiata al coltello, ammirando la lama. E’ una vergogna. Pensare ad un altro uomo che cresce i tuoi figli. Che prende a schiaffi tua moglie quando esce dal seminato. O magari anche peggio.

    L’uomo piagnucolò, gettandosi in ginocchio ed unendo le mani in preghiera. Non sei costretto a farlo.

    Il killer scattò. Non dirmi quello che devo fare! Il tono della sua voce si alzò di colpo, rimbalzando sulle pareti metalliche. Il camionista indietreggiò, girando la testa. Il puro odio del killer si stava autoalimentando, pronto a scatenarsi. Tu non sai quello che devo fare! Gridò, la sua bocca si trasformò in una smorfia. Tu non lo sai!

    Fece un passo indietro, quasi barcollando. Prendendo un respiro profondo, l'assassino riprese il controllo. Alzò il coltello, guardando oltre la lama, negli occhi del camionista. Solo io so cosa devo fare. Oh, eccome se lo so. Lo so.

    La sete impossibile da saziare, l’impulso che lo divorava dall’interno, l’adrenalina. Tutto stava diventando troppo da sopportare. Si asciugò la fronte col palmo della mano, cercando un’ultima volta di controllarsi, assaporando il momento, non volendolo sprecare per la troppa fretta.

    Ti piacerebbe . . . la sua voce si ridusse ad un sussurro. Dire qualche preghiera?

    L’uomo farfugliò, incapace di parlare. Io —

    Troppo lento. Il killer alzò la pistola, portandola a livello del petto dell’uomo. Credi nel destino?

    Lo sparo fu assordante all'interno del veicolo.

    Il rumore dell'esplosione rimbalzò sui muri di compensato mentre il bagliore della bocca del fuoco accecò la vista dell'assassino.

    L’autista cadde in avanti, gridando per il dolore, scalciando ed agitandosi mentre si teneva le budella. Cadde sul pavimento vuoto, facendo vibrare la struttura. Apparve del sangue sulle sue dita.

    Il killer ridacchiò, e lo scemare della tensione sorprese anche lui. Adesso aveva fretta, era soverchiato dalla frenesia che guidava ogni sua azione. La combatté, cercando di rallentarla, obbligandosi a non saltare addosso all’uomo riducendolo in poltiglia.

    Adesso, il killer rabbrividì. Il coltello.

    Alzò lentamente la lama, le mani gli tremavano per l’emozione, la vista annebbiata dalla gioia.

    L’autista aprì la bocca per urlare.

    Invece, si aggrappò al suo stomaco sanguinante, scalciando per il dolore. Uno sputo gli uscì dalla bocca mentre si contorceva gemendo sullo sporco pavimento di compensato.

    Si, disse l’assassino. Rigirandosi il coltello tra le dita, sorrise mentre il sangue lordava le mani del pover’uomo. Io penso . . . lo farò qui. Tu cosa ne pensi?

    L’autista farfugliò e tossì, sputando sangue.

    Si. Il killer si avvicinò al pavimento, gattonando per raggiungere il camionista morente. Si, hai ragione. E’ arrivato il momento.

    La fretta ritornò. Le pulsazioni gli rimbombavano nelle orecchie mentre stringeva il coltello e lo immergeva nella pancia del camionista. Oltre le sue mani, oltre le proteste, nelle sue budella calde e morbide. Le grida del camionista riempirono l'aria mentre l'assassino spingeva la lama più a fondo nel sangue caldo, ad incontrare le sue dita frementi. Il bordo seghettato reclamava sui tendini, mandando vibrazioni sul braccio dell'assassino. La sensazione lo elettrizzava.

    Estrasse la lama e la immerse di nuovo, urlando in estasi, oltre le grida della sua vittima. La sensazione era fantastica, ogni terminazione nervosa più viva che mai. Si dimenava e si asciugava il sudore, lanciando piccoli pezzi di carne sul pavimento di compensato mentre continuava la sua opera. Era estasiato dal suo compito. Ogni coltellata creava pezzi nuovi e più grandi nella sua rabbia color sangue.

    Gli strazianti lamenti del camionista si mischiavano alle urla gioiose del killer. Sempre più rapidamente, il killer si fece strada tra le viscere della sua vittima, rovesciando sangue ed intestini in una zuppa densa e spumosa. Si infuriò di nuovo, urlando mentre affondava il coltello un'ultima volta, spingendolo più forte che poteva dentro e fuori dalla sua vittima. Il suo braccio scomparve fino al gomito, uscendo inzuppato di sangue caldo e denso.

    Saziato, il killer si rilassò, appoggiandosi alle pareti di legno del container per riposare. Ansimava mentre riprendeva fiato, col sangue che gli copriva le mani e lo stomaco. Pezzetti del corpo della sua vittima gli erano rimasti appiccicati alle guance e alla maglietta.

    Il povero camionista giaceva sventrato sul pavimento, ansimando lentamente mentre la vita lo abbandonava. Mosse una mano, nel tentativo di afferrare qualcosa. Un nulla. Un ultimo alito di vita.

    Il killer deglutì, poi prese un profondo respiro. Sei stato perfetto, amico mio. Una meritevole prima vittima. Tirò su col naso, buttando indietro la testa, togliendosi i capelli dagli occhi. In effetti, voglio ricordarmi di questa circostanza.

    Esausto, si trascinò verso l’uomo morente, avvicinando il viso al suo. Penso che prenderò un souvenir.

    Il camionista ringhiò e cercò di divincolarsi, allontanando il suo viso.

    Annuendo, il killer gli diede una pacca sulla spalla. Gli occhi morenti non si mossero, la bocca aperta lasciò fuoriuscire sangue e saliva.

    Che te ne pare di un orecchio? Potrebbe essere un valido ricordo?

    Gli occhi fissarono il vuoto, sfocati ma non ancora privi di vita.

    No? Un orecchio no? Allora un dito.

    Il killer si rialzò in piedi e si chino a prendere la mano dell’uomo. Brandì il coltello e lasciò che solo le ultime dita flosce scivolassero via dalla sua presa.

    Un lieve lamento sfuggì dalle labbra del camionista.

    Ti ringrazio. Il killer sorrise, stringendo il mignolo, e portò il coltello sotto il palmo dell’uomo. Spinse la lama attraverso le nocche, tagliando. Rimase fermo per un minuto, sollevando la mano verso l'alto mentre si aggrappava all'osso. Qualche forte strattone e un pò di insistenza, e il dito si staccò. Il killer lo portò davanti agli occhi dell’uomo morente.

    Avrei forse preferito un orecchio. Ma anche questo andrà bene.

    Passeggiò verso il fondo del camion, ammirando il suo souvenir, rigirandoselo tra le dita. La sua rabbia si placò, e la calma si fece nuovamente strada in lui.

    Bugiardo, non vedo alcun anello nuziale. E scommetto che non hai neppure dei figli. Ma non importa. Ridacchiò. E’ stata anche la mia prima volta. Nessuno di noi sapeva cosa aspettarsi.

    Saltò giù dal camion, voltandosi per dare un ultimo sguardo. E’ stata una buona morte. Quanto meno per me. Ed anche se non ci saranno una moglie e dei figli a cui mancherai, stai per diventare famoso.

    Il fioco rumore emesso dall’uomo si fece lentamente più debole, fino a scomparire del tutto. Giusto un’ultima contrazione di una gamba, e tutto si concluse.

    La fronte dell’assassino era imperlata di sudore, le pulsazioni stavano ritornando alla normalità. Grazie. Rabbrividì, mentre sospirava colmo di soddisfazione. Stiracchiandosi, respirò profondamente e si allontanò nelle tenebre. Grazie infinite.

    Capitolo 2

    Passando delicatamente la mano sulla sua guancia, Sergio Martin infilò una ciocca di morbidi capelli color ambra dietro l'orecchio della donna, avvicinandosi al suo viso.

    Il cellulare che aveva in tasca iniziò a vibrare.

    Si spazientì. Ci crederesti?

    La bella rossa lo strinse a sé, strofinando il naso contro il suo. Ignoralo.

    Magari. Non posso. Rovistò nella tasca dei jeans. Il dovere chiama.

    Ne sei sicuro? Si sdraiò sul divano, appoggiando un gomito sul bracciolo e giocherellando coi capelli. Le cose si stavano facendo interessanti.

    Sergio si alzò, indicando la tasca. Sono abbastanza sicuro di non poter ignorare questa telefonata. E’ il cellulare del lavoro.

    Pessimo tempismo.

    Potrebbe mai esserci un momento buono per interrompere una cosa del genere? Si tolse di tasca il cellulare e rispose. Detective Martin.

    Prendendo dal tavolino un bicchiere di vino vuoto, la donna attraversò il salotto fino alla piccola cucina.

    Sergio tenne il telefono all’orecchio mentre accendeva la luce. Distretto commerciale a sud di Ybor. Prese nota su un bloc-notes. 22esima Strada. Ho capito. Quanti corpi?

    La sua ragazza si appoggiò al bancone bevendo un sorso di vino.

    Okay. Si rimise in tasca gli appunti. Potete chiamare voi il Detective Sanderson? Ditele che parto adesso da casa e sarò sulla scena del crimine tra circa quindici minuti. Chiuse la comunicazione e rimise in tasca il cellulare.

    Va bene se esco tra un po'? La donna gesticolò col bicchiere, giocherellando col vino che ancora conteneva. Ho bevuto un po’ e non mi va di guidare.

    Rimani finché vuoi. Finisci la bottiglia. Sergio prese pistola e portafoglio. Mia moglie non tornerà prima di domani sera.

    Affare fatto. Prese la bottiglia di Asti Spumante e riempì nuovamente il bicchiere. Le bollicine salirono verso l’alto ma la schiuma non superò il bordo. Mentre il Detective Martin prendeva dal tavolino le chiavi della macchina e si avviava verso la porta, lei alzò il calice e gli fece l’occhiolino. Sbrigati a tornare.

    Lui sorrise. Signorina, cercherò di fare a tempo di record. Aprì la porta, corse fuori, e se la richiuse alle spalle.

    *  *  *  *  *

    Le luci stroboscopiche blu di una mezza dozzina di auto della polizia sfarfallavano sulle facciate dei magazzini della 22esima Strada. Mentre Sergio usciva dalla sua berlina, salutò con la mano l'ufficiale già sul posto.

    Il tenente Breitinger è lassù, detective.

    L'agente indicò una piattaforma di carico rialzata.

    Grazie. Strinse il taccuino e guardò la targhetta col nome del poliziotto. Fuentes. Sergio ne prese nota mentalmente. Come siamo messi?

    E' un casino. Fuentes scosse la testa, indicando un camion. La scritta Messenger Freight era stampata sulla porta. Il corpo è lì dentro. Non sono arrivato qui per primo, ma ho dato un'occhiata. Mai visto niente del genere.

    No?

    No. Non basta descriverlo come un massacro. E’ stato brutale. Sono felice di dover solo mettere il nastro della polizia stasera.

    Sergio si sfregò il mento. Fuentes sembrava scosso da ciò che aveva visto; era un pò pallido.

    Okay. Sembra che sarà una lunga nottata. Vedrò di farvi avere del caffè ragazzi. Fammi sapere quando-

    La luce inondò la scena mentre il rombo di un grosso motore si avvicinava. Il detective Martin sollevò il suo bloc-notes per riparare gli occhi dai fari dell'auto. Una Camaro color arancione bruciato con strisce nere sul tettuccio si fece strada sull'asfalto.

    -Quando il detective Sanderson arriva qui.

    Fuentes ridacchiò, riconoscendo l'auto. Direi che è arrivata.

    Carly Sanderson abbassò il finestrino del passeggero mentre raggiungeva i suoi colleghi. Buongiorno, Marty. Fece un cenno al poliziotto. Buongiorno, Ufficiale Fuentes. O è ancora notte? Non ne sono molto sicura. Alzò il polso e controllò l’orologio.

    Dodici e trenta va bene per entrambe le cose, Detective. disse Fuentes.

    Sergio si appoggiò alla portiera e parlò attraverso il finestrino aperto. Il capo è sulla piattaforma di carico, e la vittima è laggiù, dentro il camion. Diede un colpetto sul tettuccio arancione dell’auto. Puoi lasciare qui il Generale Lee, Daisy Duke.

    Il Detective Sanderson uscì dall’auto e raccolse i capelli castani in una coda di cavallo. Diede un’occhiata alla berlina di Sergio. Anche nella debole luce dei magazzini, l’acciaccatura del paraurti era ben visibile. Certo. La macchina da prendere in giro è la mia. Oltrepassò Sergio e Fuentes. Ci sono una mezza dozzina di caffè sul sedile posteriore, Carlos. Tu e i ragazzi servitevi pure.

    L’ufficiale Fuentes sorrise. Grazie, Carly.

    Sergio sollevò il nastro che delimitava la scena del crimine e si incamminò con Carly attraverso il parcheggio. Lei era molto elegante. Top di seta bianco e pantaloni neri.

    Niente tacchi alti; indossava scarpe basse — molto da poliziotto.

    Immagino se le sia cambiate in auto.

    Quando raggiunsero i gradini della piattaforma di carico, Sergio mise una mano in tasca. Come stava andando il tuo venerdì sera?

    Probabilmente come il tuo. Carly salì le scale gesticolando, con la mano appoggiata sotto il mento. Hai del rossetto su . . .

    Sergio si pulì la faccia col dorso della mano, poi seguì di corsa la sua collega.

    Alcuni poliziotti indugiavano sul retro del camion.

    Si separarono quando il tenente Breitinger uscì e li superò. Mise una mano sul telaio del camion e scosse la testa. Dietro di lui, i flash delle macchine fotografiche riempivano il furgone di esplosioni di luce come una tempesta elettrica estiva.

    Breitinger adocchiò i detectives. Buongiorno. Siete stati carini a raggiungerci. Tolse dalla tasca un fazzoletto di carta e si asciugò la bocca.

    Sergio alzò le sopracciglia. E’ così tremenda la scena?

    Il tenente respirò profondamente. La cosa peggiore che abbia visto in vent’anni di carriera. Tirò su col naso, asciugandoselo col fazzoletto e indicando i magazzini dal lato opposto della strada. Ci sono delle palme da queste parti che fanno riaccendere le mie allergie, accidenti a loro. Siamo a Novembre. Dovrebbero accontentarsi di fiorire d’estate come gli altri fiori.

    Già. Sergio guardò il camion. I poliziotti in uniforme che lo piantonavano non sembravano molto felici di ciò che avevano visto.

    Carly prese un blocchetto di tasca. Abbiamo già il nome della vittima?

    Si. Victor Franklin. Autista per trasporti locali. Gli hanno sparato una volta alla gola e poi l’hanno fatto a pezzi con un coltello a lama lunga.

    Sergio aprì il suo notes e prese la penna. Si tratta di rapina?

    No, e voglio che mi stiate a sentire. Il tenente mise la mano sulla spalla di Sergio, indicando un punto della piattaforma di carico lontano da dove si trovavano gli altri agenti. Carly e Sergio lo raggiunsero con lui.

    Il loro capo abbassò la voce. Chiunque abbia fatto questo è malato. Non hanno derubato quest’uomo e non si sono limitati a ucciderlo. Non sembra che l’assassino sia stato interrotto, sembra quasi che . . . Breitinger si morse un labbro. Il killer abbia fatto con calma. E’ come se si fosse divertito con questo pover’uomo.

    Carly annuì. Potrebbe essere parte di qualcosa di più grande?

    Speriamo di no. Breitinger fece una smorfia, riprendendo il fazzoletto.

    Un giovane ufficiale in uniforme gridò dall'altra parte della piattaforma di carico. Tenente, il patologo è qui.

    Breitinger fece un cenno al poliziotto, poi riportò la sua attenzione sui suoi agenti.

    Restate sul caso, tenetemi aggiornato, lavorate in fretta. Fate rapporto solo a me fino a quando non sapremo cosa succede. Si allontanò, camminando all'indietro mentre parlava. Trovate questo pazzo. Velocemente.

    Capito, capo. Sergio passò dalla piattaforma di carico al camion. Il pavimento del veicolo ondeggiò leggermente con il suo peso mentre saliva a bordo.

    Carly lo seguì, rimbalzando anche lei.

    La lampadina all’interno del camion evidenziava la macabra scena; sembrava uscire direttamente da un film dell’orrore. Un uomo di mezz’età giaceva prono sul pavimento, enormi pozze di sangue lo circondavano. Gli occhi fissavano il soffitto, la bocca aperta macchiata di sangue. Il petto e l’addome erano divisi a metà, inzuppati a tal punto che era impossibile dire dove finivano i vestiti distrutti e dove iniziava il povero corpo martoriato. Un moscone gli strisciava sulla sua fronte e sugli occhi, fermandosi brevemente prima di attraversare la guancia dell'uomo e scomparire nella bocca spalancata.

    Dal fondo del camion, Sergio respirò profondamente e si obbligò a deglutire per non vomitare. I rivoli di sangue ormai secco arrivavano fin quasi a toccargli le scarpe. La puzza delle interiora estroflesse e degli organi martoriati aleggiava nell’aria, come un vasino troppo usato in una calda giornata estiva.

    Carly si coprì naso e bocca con la mano. Su questa scena del crimine nessuno avrebbe bevuto caffè.

    Indossò un paio di guanti in lattice e si chinò, per esaminare un’impronta insanguinata. Suole grandi, con un carrarmato ben definito. Scarpe da running da uomo. Alzò lo sguardo ed esaminò le pareti del camion. Gli schizzi di sangue arrivavano più o meno ovunque. Con tutto questo casino, la nottata sarà molto lunga.

    Già. Sergio si mise le mani sui fianchi, sospirando. Ma il killer si è lasciato dietro una montagna di prove.

    E’ un novellino. Carly guardò Sergio. Oppure non gliene fregava niente.

    Beh, Buon Giorno del Ringraziamento, collega. Sergio mise sotto braccio il blocchetto degli appunti e prese un paio di guanti. Non vedo l’ora di sapere cosa farà questo maniaco per Natale.

    Capitolo 3

    Il podista si mosse velocemente, saltando dal vecchio marciapiede alla strada ciottolata per ritornare al marciapiede, mentre correva lungo la 7ma Strada. Il filo dei suoi auricolari gli rimbalzava sul petto ad ogni passo.

    E gli occhi del killer lo seguivano.

    L’orologio digitale segnava le 6:22 P. M.  Presto si sarebbe fatto buio.

    Tamburellò sul volante dell’auto, respirando profondamente. Troppo presto?

    Si era immensamente divertito la prima volta; era molto orgoglioso di se stesso per aver saputo aspettare nell’oscurità del distretto commerciale, per essere al riparo da occhi indiscreti. Come un ragno con una mosca, aveva mantenuto la calma, attendendo pazientemente due notti di seguito perché tutto fosse perfetto.

    L’ora perfetta, il luogo adatto, la vittima ideale.

    E poi come aveva rivissuto l’avvenimento, con gli occhi chiusi mentre stava straiato sul letto, ancora e ancora e ancora, notte dopo notte, ricordando ogni colpo di lama — creando in lui sempre più gioia, fino a traboccare in estasi. La sua prima uccisione era stata soddisfacente ed estenuante sotto ogni punto di vista. Migliore di quanto avesse immaginato, e per giorni era andato in giro in uno stato di beatitudine. Il cielo sembrava più blu, l'erba più verde; si sentiva in pace col mondo.

    Poi tutto era svanito. Le notti di beatitudine erano diventate notti di frustrazione dove il prurito ritornava. La dolorosa fame gli si agitava dentro, zampillando finché non seppe che c'era una sola opzione, un solo modo per soddisfare l'impulso che incombeva dentro di lui e dominava ogni suo pensiero.

    L’aveva combattuto; premendo i pugni contro i lati della testa e chiudendo gli occhi, piegandosi su se stesso e urlando per ore - ma non era possibile sfuggire alle brame pulsanti che attraversavano il suo corpo e trasudavano da ogni poro. Adesso lo sapeva.

    Ancora. Ne ho ancora bisogno.

    Nascose la vergogna per aver usato la pistola la prima volta, dicendosi  d'avere soltanto bisogno dell'oscurità per poterla mettere da parte e attaccare. Così non ci fu imbarazzo, e ogni giorno la vergogna del suo incessante desiderio di sangue si faceva più piccola, mentre la voglia di trovare sangue fresco si faceva più forte.

    Mentre se ne stava seduto in auto sulla 7ma Strada, diede un’occhiata al sedile del passeggero. Lì sotto c’erano i suoi attrezzi, avvolti in un telo da spiaggia, pronti all’uso. Il coltello e la pistola . . .

    Codardo! Prese a pugni il volante dell’auto. Sparare al camionista.

    Ma era l’unico modo. Lo sapeva. Non poteva rischiare la lotta. E certamente non poteva correre il rischio di essere battuto. Respirò profondamente ancora una volta ed espirò, calmandosi. Chiuse gli

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