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L’Allenamento oltre la gara: la costruzione dell’uomo
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L’Allenamento oltre la gara: la costruzione dell’uomo
E-book226 pagine2 ore

L’Allenamento oltre la gara: la costruzione dell’uomo

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Il volume nasce da una ricerca che in qualche modo sovverte il consueto percorso investigativo che dall’attività motoria conduce alle valutazioni di tipo educativo. Qui invece il discorso pedagogico viene a costituire il punto di partenza e il caposaldo di riferimento, enfatizzando l’ipotesi che l’attività motoria non è mai soltanto ed esclusivamente motoria. La dimensione educativa, allora, non viene dopo l’attività motoria, ma prima e ne è la guida. Dal punto di vista didattico questo significa riqualificare, anche in ambito sportivo, il processo di insegnamento-apprendimento come ambiente di apprendimento nel quale prendono senso ed efficacia le attività di allenamento, le iniziative di addestramento ed un fitto tessuto di scambi relazionali. Sostiene questo disegno un modello operativo, qui definito come Modello delle 3A (Allenatore, Atleta, Ambiente) che il saggio descrive nel suo assetto funzionale, sempre rigorosamente sistemico e sempre considerato nei suoi connotati dinamici.
LinguaItaliano
Data di uscita18 giu 2020
ISBN9788831672689
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    Anteprima del libro

    L’Allenamento oltre la gara - Daniela Maggi

    info@youcanprint.it

    Introduzione

    Attività motoria, movimento, sport. Nel linguaggio comune e non soltanto, spesso rimandano principalmente a un’immagine di esercizio fisico, di fatica, di sudore, di muscoli in movimento e di corpi che si plasmano grazie all’addestramento. Un corpo che si modifica attraverso il movimento, l’attività motoria e attraverso ciò che definiamo allenamento porta con sé un cambiamento emotivo, relazionale, sociale e culturale dell’individuo, sia esso atleta o allenatore.

    Un’attività motoria che sia esclusivamente motoria non esiste. Essa si carica sempre di connotati culturali, personali e valoriali, ovvero personologici. In questa prospettiva, l’attività motoria sarà la derivante di una precisa e solida progettazione, programmazione, pianificazione ed organizzazione educativa. È quindi possibile ipotizzare un’iniziativa a supporto dell’attività motoria partendo per l’appunto dalla dimensione educativa. La salute, il movimento e lo sport costituiscono l’oggetto di riflessione di molteplici discipline che evidenziano la complessità storica, antropologica e,poi anche, educativa dei corpi e della loro immagine individuale e sociale.

    Nell’ambito di un nostro precedente lavoro¹ abbiamo detto che lo sport è un laboratorio di apprendimento i cui contenuti prevalenti non sono di tipo motorio e quindi non si pone attenzione sulle caratteristiche della motricità, ma su quei contrassegni dell’identità personale e dell’identità sociale, ciò che si è perso nello sport dilettantistico proprio a causa dello sport agonistico.

    In una prospettiva più ampia è possibile sostenere che pur prescindendo dalle specifiche vicende odierne nel campo sportivo, in particolare calcistico, la realtà dei fatti ci insegna che lo sport ha una risonanza sociale e un’attesa sociale che travalicano la dimensione individuale, personale e sportiva, prima ancora dei quadri teorici. Inevitabilmente lo sport deve fare i conti principalmente con il quadro sociale, culturale e, per altro verso, economico.

    L’attività sportiva si muove in un contesto che è prevalentemente dimensionato, orientato e gestito da istanze di tipo sociale, culturale ed economico. Queste istanze hanno in comune la dimensione individualistica, l’efficientismo individualistico e quindi quella propensione a ottenere ad ogni costo un alto rendimento. Secondo una visione dispregiativa potremmo affermare che l’efficientismo si esaurisce nell’assunzione dell’efficienza come criterio unico o prevalente di giudizio rispetto ad una determinata realtà.

    Il nostro contesto di riferimento, invece,per essere educativo guarda all’efficacia più ancora che all’efficienza. L’allenamento avrà una valenza educativa in quanto è evidentemente un processo che richiede un continuo investimento di tipo teorico (pedagogico), problematico e critico e poi anche educativo ossia di guida ravvicinata e di modello operativo. Inoltre sarà bioeticamente fondato poiché fa riferimento non soltanto alle istanze evolutive della persona ma anche agli assetti teleonomici e ai quadri di eticità sociale e morale.

    Il nostro obiettivo ci induce a guardare allo sport come a un fenomeno in grado di contaminare la cultura contemporanea evidenziandone idee, rappresentazioni, oltre che azioni di valenza etica. Si osserva lo sport contemporaneo superando e allontanandosi dalle critiche alle quali è soggetto, come ad esempio la centralità della competizione, il predominio della tecnica, l’efficientismo e la pervasività del mercato a scapito del fair play². L’esercizio dell’attività sportiva non è pensabile senza un continuo scambio dialogico con gli altri partner e con l’intero contesto di riferimento. Il più delle volte si corre il rischio di appiattire l’immagine dell’uomo sull’efficientismo, viceversa si potrebbe educare all’incontro recuperando i valori autentici dell’esistenza³. Qui il rimando è immediato ai valori educativi dello sport: l’onestà e quindi l’agire in modo sincero e schietto; la responsabilità e il rispetto delle regole; la laboriosità cioè l’impegnarsi nel lavoro; il coraggio e quindi la forza morale; la giustizia nonché il rispetto per l’uguaglianza sociale; l’umanità identificata nella capacità empatica; la dignità e quindi l’agire in modo esemplare; la fermezza, il mantenere sempre i propri principi e in ultima, ma non tale, la rettitudine cioè l’onestà intellettuale e l’integrità⁴.

    L’attività sportiva avrebbe molto da guadagnare se fosse illuminata da una logica pedagogica che permetterebbe agli atleti di essere critici verso le suggestioni del mito sportivo, evitando così che l’esperienza sportiva si riduca ad una pratica improvvisata, non programmata, irrazionale, priva di qualsiasi intenzionalità pedagogica. L’educazione sportiva induce l’assunzione di uno stile comportamentale prima ancora di una coscienza etico sportiva orientata da un insieme di valori centrali per la persona.⁵. Si delinea così un allenamento verso e per la persona e non per il risultato⁶.

    Questa è l’epoca in cui lo sport si afferma come una delle grandi narrazioni della contemporaneità ma anche come un sistema strutturato di regole e di simboli propri della modernità: l’efficientismo, la competizione, la prestazione misurabile, la classifica, la creazione di reti di attenzione dilatate dai grandi media⁷. È importante sottolineare che lo sport non è soltanto di coloro che lo praticano ma dello sport si appropria anche chi non lo pratica, si appropriano i media, se ne appropria la pubblicità e naturalmente anche il potere politico⁸.

    Nei momenti in cui c’è un disagio grave, una crisi del sistema, è comune il rinvio allo slogan ripartiamo dai giovani. Tale slogan perde di contenuto se sorretto dalla stessa matrice efficientistica, economicistica, individualistica che ha portato alla crisi del sistema stesso, divenendo di per se contraddittorio. Infatti se da una parte parliamo di un contesto che proprio perché generato da una spinta efficientista ed individualista non può che esaurirsi in se medesima, dall’altra poniamo attenzione non tanto sul contesto ma sulla centralità della persona. Dal personalismo e dalla concezione della conoscenza come costruzione dell’esperienza personale, costruttiva, si arriva ad affermare la fondamentale importanza della relazione tra atleta e allenatore, atleta e ambiente etc etc. Risulta facile intuire come una tesi di questo genere si spegnerebbe dinanzi alla stagione dei fatti, quando ad esempio bisogna vincere la gara. È essenziale sottolineare come il contesto sociale, culturale, le pressioni efficientiste alla fine producano episodi, avvenimenti, comportamenti e atteggiamenti che i giornali dedicati allo sport riportano.

    Il contesto non è mai disgiunto dal soggetto e quindi anche il soggetto non è mai disgiunto dal contesto. Il contesto è inclusivo del soggetto e quindi del substrato culturale a cui appartiene. Il soggetto è contesto. Nel momento in cui il soggetto viene dominato da logiche efficientistiche egli sperimenta una lacerazione. La lacerazione è all’interno del soggetto. Qui scopriamo tutta una serie di contraddizioni per ciò che la figura di un atleta dovrebbe veicolare. Il doping è l’esempio lampante di tale contraddizione.

    Paradossalmente lo sport dovrebbe promuovere una dimensione non solamente efficientista ma principalmente proattiva. In tal modo lo sport si riappropria di quella dimensione morale, etica, personologica che si spoglia dalle contraddizioni pur mantenendo la sua dimensione di efficienza.

    La domanda è immediata: è possibile una dimensione di efficacia in un ambito che è caratterizzato prevalentemente da efficienza? A mio avviso è possibile soltanto se permangono specifiche caratteristiche e particolari logiche di intervento educativo. Bisogna far sì che la competizione non sia soltanto fra molti, non sia una lotta aggressiva verso l’altro, l’avversario, non sia una corsa al traguardo, ma sia una competizione interna a sé stessi, mirata al superamento dei propri limiti motori, emotivi, relazionali, sociali, culturali. Questo superamento dei limiti potrà avvenire grazie alla relazione dialogica, educativa che ogni atleta istaurerà con il proprio allenatore. È auspicabile che l’allenatore sia un accompagnatore competente didatticamente, personalmente e professionalmente che affiancherà l’atleta in quel processo di cambiamento che altrimenti non potrebbe raggiungere e percorrere autonomamente. Il fine ultimo sarà quello di liberare l’atleta dai propri limiti. È una destrutturazione del concetto di competizione, è una destrutturazione del concetto di addestramento, è una destrutturazione del concetto di vittoria. Si destrutturano per ristrutturarli.

    Distanziandoci da tutte le definizioni di allenamento puramente legato ad aspetti motori-fisiologici, allenamento per noi è esattamente la costruzione dell’uomo. Siamo legittimati a chiederci se è possibile un esercizio fisico che non sia anche un esercizio morale. In altre parole la forza motrice che dovrebbe muovere l’atleta è insita nell’affermazione io voglio, perché….

    L’intento sommerso di questo scritto è quello di mettere in crisi l’efficientismo in quanto considerato poco efficiente. Se lo sport efficientista mira verso una performance eccellente, mira verso l’ottenimento di capacità fisiche-motorie ottimali non si evince come invece potrebbe rispondere all’esigenza che lo sport diventi una delle vie per la formazione del cittadino di domani, attraverso l’esperienza di democrazia propria dell’attività sportiva.

    In tal senso il ruolo dell’allenatore diviene cruciale. L’allenatore immerso in un contesto sportivo progettato come ambiente generativo di apprendimenti significativi trova la sua totale dimensione se si accosta a una riflessione pedagogica e a un agire educativo praticabile che portino alla creazione dell’atleta oltre il corpo, all’essere atleti come forma mentis.

    La nostra ipotesi iniziale secondo la quale non esiste un’attività esclusivamente motoria potrebbe risultare basata su una metodologia didattica semplicistica e lontana dall’attuale matrice culturale. È necessaria una riflessione sulla figura dei formatori-allenatori. La questione si allarga sul come formare tali formatori oltre alle immense difficoltà che emergono davanti al desiderio di voler modificare il contesto. Si pensi alle importanti riforme che proprio in questi giorni il Coni sta discutendo⁹.

    Efficientismo e personalismo sono termini che a ben guardare rimandano a una riflessione sullo sport agonistico l’uno e sullo sport dilettantistico l’altro.

    Nel primo caso, quello efficientista dello sport agonistico, oltre agli alti livelli di specializzazione e spesso di talento, è possibile sottolineare una forte motivazione a vincere, il più delle volte non semplicemente intrinseca dell’atleta bensì fortemente estrinseca, data dalle pressioni societarie.

    Nel secondo caso, lo sport dilettantistico, quando non deviato dalla comunicazione di massa degli sport di alto livello, si fonda ancora sul bisogno di piacere e sulle spinte socializzanti seguite però con logica educativa. In questo caso i livelli di specializzazione sportiva, in media, risultano bassi.

    L’affermazione l’attività esclusivamente motoria non esiste non è da modificare tutt’al più è da confrontare con la sua antitesi che è l’efficientismo. Si differenzia sempre di più l’allenamento dall’addestramento. Nell’addestramento vi è la centralità del corpo, vi è un sapere fare quasi quantitativo. L’attività motoria qui tende all’efficienza della performance e non all’efficacia del processo di apprendimento sportivo. Nell’allenamento invece risiede oltre quanto descritto per l’addestramento anche un essenziale connotato puramente educativo, vi è la centralità dell’individuo in un aspetto sistemico, olistico, qualitativo.

    Il presente lavoro si struttura seguendo il filo logico del Modello delle 3 A. Dove il fulcro di attenzione è fondato su tre cardini:allenatore, atleta, ambiente. Ogni definizione offerta, ogni teoria di riferimento, ogni logica progettuale, metodologica e didattica sottesa si lega inscindibilmente ai dettami di tale modello euristico, operatorio, dinamico¹⁰.

    Capitolo 1

    Un modello di insegnamento-apprendimento: lo sport

    È bene ricordare sempre che non dovremmo dedicare l’apprendimento alla vita

    ma anche dedicare la vita all’apprendimento

    e che la pratica degli esercizi aerobici sviluppa non soltanto l’agilità fisica

    ma anche uno stato mentale di flessibilità.¹¹

    L’allenamento è quel modello di insegnamento-apprendimento basato principalmente sulla relazione educativa tra allenatore e atleta, entrambi immersi in un ambiente generativo di apprendimenti significativi. Il fine ultimo non è esclusivamente la formazione dell’atleta ma il co-costruire l’uomo¹².

    Secondo questo approccio, anche in ambito sportivo,la conoscenza si può definire come il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto, collegata alla situazione in cui avviene l’apprendimento e nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale. Si richiamano qui diverse componenti dello sport, l’atleta, il contesto di allenamento, il gruppo squadra, le necessarie competenze comunicative e pedagogiche che il coach dovrebbe possedere o acquisire. Si assume che la formazione sia un’esperienza situata in uno specifico contesto ed il fine ultimo sia l’interiorizzazione di una metodologia d’apprendimento che renda progressivamente il soggetto autonomo nei propri processi cognitivi¹³. Ecco spiegato anche l’interesse del modello di allenamento, così definito, verso la progettazione di un ambiente di apprendimento idoneo al raggiungimento degli obiettivi educativi, motori e sportivi.

    In questa logica, l’intento è quello di offrire dei riferimenti teorici che portino a sviluppare, progettare e valutare nelle pratiche sportive interventi educativamente e pedagogicamente efficaci, staccandosi dalla mera visione del coach come tecnico, bensì sottolineando le essenziali competenze pedagogiche da acquisire necessariamente. Sarà quindi necessario avvalersi di specifici metodi didattici e di peculiari costrutti di riferimento, quale ad esempio quello di apprendimento, oltre a strumenti di valutazione che facendo peso su riferimenti teorici multidisciplinari consentano di ipotizzare una progettazione partecipata dell’ambiente sportivo. Si evidenzia la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti nella relazione educativa sportiva e si segnala il bisogno che tale relazione sia vissuta in un ambiente di apprendimento debitamente progettato e gestito. Si supera la visione di palestra come semplice luogo in cui compiere attività motoria.

    A differenza dell’attività sportiva legata all’efficientismo e alla visione consumistica dello sport, l’allenamento così inteso ha in sé un’attività sportiva dagli alti valori sociali ed educativi, divenendo, per l’appunto, strumento e agente educativo che se gestito con competenze trasversali potrà ottenere risultati persino inattesi.

    Sport è un termine polisemico, ha più significati e non è storicamente definito, varia con le epoche e le culture. Racchiude in sé i concetti di corpo, gioco e movimento. È necessario volgere lo sguardo alla relazione dialogica e circolare tra allenatore e atleti, tra atleti e atleti e tra questi e l’ambiente circostante. Si pensi ad allenatori che svolgono la loro mansione nei settori provinciali giovanili e ad atleti adolescenti, seguendo una logica innovativa che vede affiancati e sovrapposti alcuni concetti pedagogici, psicologici e progettuali, tanto da arrivare a confrontarsi con teorie architettoniche oltre che didattiche. Vi è reciprocità e ciclicità. Ad esempio l’allenatore è, in alcuni momenti, anche atleta (impara dai suoi atleti) e in qualche modo l’atleta è un allenatore (insegnando all’allenatore, ai compagni e a se stesso).

    1.1 Apprendimento e allenamento

    In risposta all’ipotesi secondo la quale lo sport è un laboratorio di apprendimento i cui contenuti prevalenti non sono di tipo motorio è per noi importante approfondire il costrutto apprendimento collegando le sue diverse definizioni all’attività motoria, sportiva e alla relazione educativa che si instaura in un contesto di allenamento.

    Ci si allontana sempre di più dall’attività sportiva mirata al compito e ci si lega a quella visione di attività sportiva incentrata sul processo di sviluppo dell’atleta come individuo.

    Parlare di apprendimento in ambito sportivo significa anche stabilire il difficile nesso che collega la condotta umana alla provocazione dell’ambiente e

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