Centenario Murialdi: Seminario di studi
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Anteprima del libro
Centenario Murialdi - Vittorio Roidi
studi
Introduzione
di Vittorio Roidi
In questo secondo quaderno della nostra Fondazione pubblichiamo gli atti del seminario organizzato in occasione del centenario della nascita di Paolo Murialdi, sul tema L’informazione tra riforma e controriforma
, che si è svolto nella sede della Fondazione il 16 settembre 2019.
È stata una discussione molto piacevole, che abbiamo condotto sotto lo sguardo di Murialdi, quel sorriso ironico che condiziona sempre le nostre discussioni.
Lo scopo dell’incontro non voleva essere una celebrazione di Murialdi, bensì un’occasione per parlare di quali siano i problemi attuali dell’informazione in Italia, partendo proprio dalle tesi di Murialdi, raccolte, peraltro, in un libro pubblicato per l’occasione dalla Fondazione, un testo che contiene i suoi scritti e i suoi interventi nell’arco di tempo dal 1974 al 1981 quello in cui è stato presidente della Federazione della Stampa.
Chi leggerà questo libro scoprirà che i problemi, che in quei sette anni la Federazione della Stampa e gli organismi di categoria hanno affrontato, erano gli stessi che il giornalismo italiano deve affrontare ancora oggi, ancorché nel corso degli anni alcune delle battaglie portate avanti da Murialdi e dagli organismi della categoria siano state vinte. Si pensi, per esempio, alla legge dell’editoria approvata nel 1981 e che è stata il risultato di un impegno costante di Paolo Murialdi, di Luciano Ceschia, che era il segretario della Federazione, e di tutto il quadro dirigente federale. Oggi, quella legge sull’editoria, a trentotto anni di distanza, andrebbe riscritta a fronte di una realtà profondamente mutata.
Ricordare Murialdi ci ha aiutato nelle nostre riflessioni sul presente. La relazione introduttiva di Vittorio Emiliani ha ripercorso i momenti salienti della vita professionale di Murialdi, dall’impegno nella resistenza alla nascita de Il Giorno , alla sua elezione alla presidenza della Federazione della Stampa. Luciano Ceschia ha fatto rivivere le fasi più appassionanti di quel momento storico – a partire dal congresso federale di Rimini del 1974 – in un’epoca terribile: gli anni del terrorismo, che colpirono duramente il giornalismo italiano, con l’uccisione di Casalegno, di Tobagi e nel 1978 di Aldo Moro.
Dalla ricostruzione di Vittorio Emiliani e di Luciano Ceschia è emerso chiaramente che la soluzione Murialdi alla presidenza della Federazione nel settembre del ’74 fu una soluzione unitaria e che Murialdi ha garantito quella unitarietà del Sindacato, che ancora oggi lo caratterizza. E in quel momento si è fatta l’unità vera, superando le tante differenze politiche che caratterizzavano la vita della Federazione.
Avevamo previsto una relazione di Nicola Tranfaglia, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, che avrebbe dovuto analizzare gli studi e i libri di Murialdi sulla storia del giornalismo italiano. Per via delle non buone condizioni di salute, il professor Tranfaglia ci ha inviato un suo breve ricordo registrato.
Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione della Stampa, ha affrontato i nodi drammatici che la categoria ha oggi di fronte. Bernardo Valli e Alfredo Barberis hanno testimoniato gli anni de Il Giorno , un’impresa editoriale innovativa che ha caratterizzato fortemente un decennio di giornalismo italiano, rompendo gli schemi tradizionali che avevano omogeneizzato la stampa quotidiana.
Raffaele Fiengo si è soffermato sui limiti e le timidezze del giornalismo attuale, mentre Alberto Ferrigolo ha messo in risalto come la perdita di ruolo dei comitati di redazione all’interno delle singole testate costituisca una perdita di democrazia interna e un impoverimento della stessa informazione. Ombretta Freschi ha concluso i lavori, inquadrando e storicizzando l’opera di Murialdi.
Un seminario talvolta appassionante, con cui a noi sembra che la Fondazione abbia assolto al compito che le hanno affidato i suoi ideatori: usare i libri e la storia passata per contribuire a migliorare il presente e il futuro.
(I singoli interventi vengono pubblicati seguendo l’ordine di svolgimento del dibattito)
Paolo Murialdi dalla Resistenza al giornalismo alla presidenza della Federazione della Stampa
di Vittorio Emiliani
Paolo era figlio d’arte, nel senso che il padre Vezio, inviato sportivo del Messaggero (per es. per i Mondiali di calcio del 1938, con Rocco Morabito), l’aveva introdotto quasi senza volerlo nell’ambiente. Tipo bizzarro, ispiratore di un racconto di A cena col commendatore di Mario Soldati intitolato La giacca verde
. Il nonno di Paolo, Luigi Murialdi, nato a Torino da due insegnanti elementari e formatosi ad Alba, avvocato, è stato più volte il deputato del collegio di Acqui-Ovada, socialista, molto attivo poi nel porto di Genova con la coop dei metallurgici e a sostegno, con la Camera del Lavoro, in porto dai Carbunin, gli scaricatori del Molo Carboni, le cui lotte aveva appoggiato, poi nittiano e sottosegretario agli Approvvigionamenti del governo Nitti in quel difficilissimo dopoguerra. Era stato uno dei fondatori nel 1903 del Lavoro il giornale poi diretto a lungo da Sandro Pertini. Il padre non era certo un fascista fervente.
A Genova aveva fatto le sue prime prove, giovanissimo, nel principale quotidiano cittadino, il Secolo XIX . Con me, che l’ho conosciuto nel 1960, ventiquattrenne io, appena quarantenne lui, era portato ad aprirsi, insolitamente. Forse perché, al Giorno diretto da chi l’aveva portato in montagna fra i partigiani dell’Oltrepò, cioè da Italo Pietra, anche lui cresciuto a Genova, io ero il ragazzo di bottega che si occupava sovente del porto e dell’economia della sua città di origine e quindi potevo ormai cogliere le sfumature di quell’approccio umano scevro da infingimenti, persino ruvido talora (anche se entrambi, Murialdi e Pietra, avevano un à plomb da gentiluomini).
Abbiamo lavorato insieme per un quindicennio e, in certe pause, mi raccontava di quando il padre l’aveva portato con sé a Roma nella storica sede del giornale dei Perrone (all’epoca proprietari anche del genovese Secolo