Gemme dormienti
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Anteprima del libro
Gemme dormienti - Davide Caridi
accaduto.
L’Infanzia e l’Adolescenza
Passarono i primi mesi e susseguirono altre stagioni a quell'inverno. La famiglia del piccolo stava cercando di accudirlo al meglio delle proprie possibilità. La casa nella quale abitavano era situata in una campagna nelle vicinanze di un centro cittadino non estremamente popolato.
In questa casa avvenivano spesso, quasi quotidianamente, incontri di amici e talvolta di passanti. Vi erano feste e animate discussioni, sulla vita e su molte altre tematiche riguardanti la società. Il bambino, che fino a quel momento appariva assorto nei propri illeggibili pensieri, iniziò gradualmente a partecipare agli eventi che si svolgevano intorno a lui. Dapprima assisteva con il solo sguardo, seguendo i movimenti delle labbra che osservava. Finché un giorno, aprendo la bocca, fece uscire una parola: Perché?
Dopodiché, nulla fu più come prima.
Con quella semplice parola, il bimbo si era guadagnato sul campo il diritto di chiedere risposte e la possibilità di avere le proprie un domani. Passarono alcuni anni fra giochi e svaghi. Intanto Uno cresceva e le sempre più numerose domande richiedevano altrettante spiegazioni; ogni cosa che ascoltava e ogni sensazione che provava necessitavano di risposte.
Finché un giorno, oramai adolescente, si ricordò qualcosa che fino ad allora era rimasto celato nella sua giovane mente. Ricordò di non essere mai nato,
bensì di provenire dalla luce, così come tutto intorno a lui era emerso dal profondo buio. Improvvisamente, la moltitudine di domande che fin qui aveva affollato i suoi pensieri si dissolse. Poco prima, egli era un punto nel tempo e nello spazio e un istante dopo era il tempo e lo spazio stesso.
Questa riscoperta gli procurò immediatamente un
enorme sollievo. Il sapere di non dovere più cercare risposte lo faceva sentire totalmente libero e allo stesso tempo protetto da tutto ciò che poteva, in precedenza, percepire come minaccia.
Questo ricordo che era riemerso cambiò tutta la futura esistenza di Uno. E non solamente la sua. Venne presto a sapere che altre persone avevano vissuto la sua stessa esperienza. Pensò che si trattasse di una conoscenza presente in ogni essere: in una pietra, un fiore, un uomo. Ma presto si accorse che in molti ne avevano perso il ricordo.
Quale fortuna aver riportato alla memoria quello
che di più meraviglioso esiste, pensò. Intanto il mondo continuava a girare e in molti non riuscivano a mantenersi in equilibrio. Egli sentiva che non avrebbe più smarrito il proprio ricordo e aveva una gran voglia che tutti gli altri provassero la stessa cosa. Ma ciò che accadde non fu esattamente quello che sperava. Iniziò quindi a descriverlo, prima a uno, poi a un altro e così via. Egli parlava e si confrontava con tutti coloro che mostrassero interesse nei confronti della vita. Alcune volte qualcuno provava a seguirlo nei suoi tentativi di esternazione; altre volte doveva semplicemente constatare quanto fosse complicato comprendersi. Egli stesso iniziò a dubitare che quelle idee fossero argomenti da in-
traprendere, così come si affrontavano le disquisizioni più superficiali e giornaliere. In effetti alcuni temi, per essere apprezzati, avevano bisogno del desiderio intrinseco dell’uomo, e quindi della volontà di aprirsi, per provare a riceverne delle informazioni. Di rado incontrava qualcuno realmente interessato. La maggioranza delle persone preferiva arrestarsi a confini a loro noti, senza fare quell’ultimo passo il quale avrebbe loro permesso di scoprire che sotto ai piedi non avevano un baratro, bensì un conforto su cui potere ormeggiare la loro stessa esistenza.
Il ragazzo sapeva di avere le radici saldamente ancorate a quelle fondamenta, le stesse radici nelle quali scorreva l'eterna linfa, ossia la verità stessa. Intanto i giorni passavano, i mesi si susseguivano e gli anni si accumulavano. Giunto a un certo punto, dentro di sé iniziò a sentire qualcosa che non andava. Non era sicuro di cosa fosse, ma desiderava comunque analizzarla. Forse il suo punto di vista non era così determinante, pensò. Non sarebbero bastate le parole, le spiegazioni: era necessario trovare qualcos’altro. Così, un poco sconfortato, iniziò a isolarsi. Restava solo, parlava di meno, sempre meno con le persone che lo circondavano. Iniziò a essere più vago sulle proprie risposte e a fuggire da quel senso di comunità che lo aveva contraddistinto, soprattutto, nella fase iniziale della propria vita. Oramai aveva raggiunto una certa maturità e non era come l'aveva immaginata. Quello che non fece mai fu di disperarsi. Non smise per un secondo di credere in quello che aveva sperimentato, nella consapevolezza della sua provenienza. L'unica vera differenza, che si era palesata chiaramente davanti
ai suoi occhi, era che non avrebbe smesso di porsi delle domande. In fondo sapeva che gli interrogativi non lo avrebbero redento, ma almeno lo avrebbero mantenuto attivo, scattante e non lo avrebbero fatto precipitare nell’abisso. E questo gli parve sufficiente.
Crisi
Il mondo intanto stava correndo sempre di più, la popolazione aumentava a dismisura e gli spazi, inevitabilmente, diminuivano. Quello che la maggioranza delle persone considerava un progresso, inteso come miglioramento, per lui era semplicemente inadatto. La direzione intrapresa dalla società, che per molti era quella più efficiente, per lui si rivelava essere quella più contraddittoria e iniqua. Non vedeva via d’uscita e riteneva improbabile un cambio di rotta. Anche l’economia, intesa come razionale utilizzo delle risorse, aveva perso di significato; quello che vedeva erano solamente sprechi e ingiustizie. Niente di quello che avrebbe voluto vedere si trovava intorno a lui. Ovunque Uno si girasse, il suo occhio si soffermava su ciò che non andava. Stava iniziando a sentirsi defraudato della propria libertà, perché solo in quel periodo della propria vita aveva appreso che il mondo in realtà non era suo
; egli era un ospite,