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Perfettamente Estate
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E-book324 pagine4 ore

Perfettamente Estate

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Info su questo ebook

Le vacanze estive sono il periodo dell’anno preferito da Levi London. Ogni estate, infatti, lui e i suoi fratelli vengono spediti in Florida per stare con i nonni. Per dieci settimane tutto è perfetto: ha libertà, divertimento e Summer West, la ragazza carina e spensierata che abita dall’altra parte della strada e per la quale ha in programma di confessare la sua cotta gigantesca.
Poco prima della partenza dei fratelli London, però, uno scandalo all’interno della loro famiglia fa sì che la loro madre li accompagni in vacanza. Non solo le possibilità di divertimento di Levi sembrano subire un drastico calo, ma quello che è successo a casa lo rende estremamente infelice.
Summer decide che Levi ha bisogno di una distrazione, sotto forma di una vera e propria guerra di scherzi. Levi però dovrà fare i conti con suo fratello maggiore, Lucas, più bravo di lui a combinare guai e determinato a uscire con Summer.
Riuscirà Levi a conquistare la ragazza di cui è innamorato e mantenere la pace in famiglia?
LinguaItaliano
Data di uscita11 lug 2020
ISBN9788855311960
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    Anteprima del libro

    Perfettamente Estate - Robin Daniels

    Capitolo 1

    «Togli i piedi dalla mia schiena» sibilò Lucas.

    Logan tolse subito il piede dallo schienale del sedile davanti, si sfilò la scarpa e poi lo mise sul poggiatesta. Alzai gli occhi al cielo, ridendo sotto i baffi in silenzio. Non riuscivo a capire come fosse possibile che quei due non si fossero ancora uccisi a vicenda. Come avesse fatto mia madre a non dare i numeri crescendo noi tre, era una domanda completamente diversa.

    «Come hai fatto a interpretare Togli i piedi dalla mia schiena in Per favore, Logan, metti il tuo piede accanto alla mia faccia?» Lucas schiaffeggiò via il piede puzzolente dal suo sedile, mandandolo a colpire il finestrino. Logan strillò per il dolore, poi poggiò di nuovo il piede accanto al poggiatesta.

    Logan fece spallucce. «Sono bravo con la lingua e le sue interpretazioni, non posso farci niente. È un dono.»

    «Te l’ho detto, coglione, via il piede dal mio sedile.» Il tono pericoloso di Lucas indicava che faceva sul serio, e alla fine Logan obbedì.

    «Ragazzi» ci ammonì mamma. «Ci siamo quasi. Non cominciate adesso. Che ne dite di ascoltare qualcosa di allegro? Lucas, tu sei davanti, tu fai il dj.»

    Lucas collegò il suo telefono all’autoradio e scorse il menù. Dieci secondi dopo la Sonata al chiaro di luna di Beethoven risuonò dalle casse. Mamma gli lanciò un’occhiataccia e, nello stesso momento, io allungai il braccio e lo schiaffeggiai sulla nuca. Lei gli sfilò il telefono dalle mani e lo passò a me. Cercai nell’assortimento di musica emo noiosa di Lucas qualcosa di meno deprimente. Per fortuna non era del tutto privo di gusto. Feci partire una nuova canzone dei Weezer.

    «Molto meglio.» Mamma mi sorrise dallo specchietto retrovisore, poi iniziò a muovere la testa a ritmo con la musica. «Aspettate con impazienza le vacanze estive? Nonna e nonno sono così emozionati all’idea di vedervi. Scommetto che lo sono anche Summer e Hunter.»

    «Non hanno avuto tempo di eccitarsi. Nessuno sa che stiamo arrivando» borbottò Lucas.

    Mamma era uscita di casa a mezzogiorno e mezzo e, fedele alle sue parole, era tornata tre ore dopo. Non so cosa avesse fatto in quelle tre ore, ma era come se la catastrofe "ho appena beccato mio marito mentre mi tradiva" non fosse mai avvenuta. Logan aveva dato a mio padre un abbraccio impacciato con tanto di pacche sulla schiena, prima che se ne andasse. Lucas lo aveva ignorato del tutto. Arrabbiato com’ero, io non ero riuscito a urlargli come avrei voluto. Avevo lasciato che papà mi abbracciasse stretto, mentre mi sussurrava che avrebbe trovato un modo per risolvere tutto. Poi se n’era andato, punto e basta.

    Avevo passato le ore successive a chiedermi come mio padre avesse potuto essere così tanto stupido. Perché aveva tradito mia madre, quando sapevo che era innamorato di lei? C’era un’altra questione che mi disorientava ancora di più, ovvero come fosse possibile che un uomo così intelligente fosse stato tanto stupido da farsi beccare. Suppongo sia quello che ti succede quando lavori troppo: perdi cellule cerebrali. Non doveva essersi reso conto che l’ultimo giorno di scuola durava sempre solo mezza giornata e che mamma prendeva sempre il pomeriggio libero dal lavoro, così da poter festeggiare. Di solito la casa era vuota fino alle tre. Ma porca vacca… portare la tua assistente, diventata amante, a casa? Sul serio, papà? Che idiota.

    Avevo tenuto d’occhio mia mamma con attenzione tutta la notte. Sembrava quasi un robot. Tuttavia, le si stavano chiudendo gli occhi, così mi chinai verso di lei e le appoggiai una mano sulla spalla. «Vuoi che guidi io?»

    Rispose con un sorriso stanco: «No, tesoro, va bene. Siamo quasi arrivati. Grazie, comunque». Poi si allungò verso la radio e la accese, ponendo di fatto fine a ogni potenziale conversazione. Penso avesse intenzione di andare avanti come se non fosse successo niente. Era inquietante quanto fossa calma. Sapevo che si stava trattenendo per il nostro bene, ma sapevo anche che, prima o poi, la diga che controllava le sue emozioni si sarebbe rotta, e la cosa non sarebbe stata bella.

    Sei canzoni dei Weezer più tardi ci accostammo alla casa di nonna e nonno. Grazie al cielo non avevano scelto di vivere in un paese di pensionati. Era già abbastanza brutto che fossero finiti in Florida, la capitale dei vecchi per eccellenza. Perlomeno erano in una grande città con tante cose da fare. Disney World era a meno di trenta minuti di distanza e la spiaggia a solo un’ora. Inoltre, la casa era carina, anche se piccola. Tuttavia, se mamma era seria riguardo al non tornare più a casa, non potevamo restare lì a tempo indeterminato. Logan e Lucas avrebbero potuto davvero uccidersi a vicenda. Noi tre di solito condividevamo la camera degli ospiti tutta l’estate. Per pochi mesi era sopportabile, ma farlo senza sapere fino a quando? Il mio sogno di essere figlio unico avrebbe potuto diventare realtà.

    «Oh, bene, siete arrivati» canticchiò nonna, uscendo di corsa dalla porta e facendo sbattere la zanzariera dietro di sé. Doveva averci aspettati vicino alla finestra. Aveva una grande energia per essere una vecchietta; era quasi l’una del mattino.

    «Ciao, mamma» rispose mia madre, mentre nonna la stringeva forte in un abbraccio. Si scambiarono alcune parole in tono sommesso prima che mia nonna la lasciasse andare e venisse da me.

    «Levi, stai davvero diventando grande. Sarai un uomo prima che me ne accorga.»

    «Mi dispiace, ma sono ancora il piccoletto della cucciolata.»

    «Sciocchezze, sei alto abbastanza. Baciare un ragazzo alto quanto Logan è piuttosto problematico. Qualunque ragazza te lo confermerà.» Nonna mi sorrise e mi fece l’occhiolino, poi passò ad abbracciare i miei fratelli.

    Ero alto un metro e ottanta nei giorni buoni. Lucas era quasi un metro e ottantasei e Logan era alto un metro e novanta. Ero piuttosto sicuro di aver finito di crescere, ma Logan era ancora diversi centimetri più alto di me. Almeno ero il più atletico dei tre, avevo quello dalla mia parte.

    Lucas era il classico rockettaro emo, belloccio e ombroso. Metteva l’eyeliner, indossava braccialetti borchiati e magliette di vecchi gruppi musicali. Due parole? Jeans. Skinny. I ragazzi non erano fatti per indossare pantaloni che sembravano essere dipinti addosso. Tuttavia, per qualche ragione, le ragazze lo adoravano. In effetti, era un chitarrista decente, e cantava abbastanza bene, dovevo riconoscerglielo. Hunter aveva iniziato a suonare la batteria un paio di anni prima e l’estate scorsa loro due avevano trascorso la maggior parte del loro tempo libero fingendo di essere una band nel garage di Hunter. A quanto pare l’eyeliner donava a Lucas un aspetto sexy e misterioso, come ogni frontman che si rispetti – parole sue, non mie.

    Logan era il pagliaccio di famiglia, incapace di prendere qualcosa sul serio. Trascorreva la maggior parte del tempo con la faccia incollata al televisore. Era un peccato, perché con la sua altezza avrebbe potuto eccellere negli sport. Però aveva bisogno di essere motivato per fare attività fisica, e niente spronava Logan tranne i videogiochi, il cibo spazzatura e gli scherzi. Comunque non era male per farci due risate, soprattutto a spese di Lucas.

    Io ero l’unico responsabile del gruppo. Prendevo sul serio la scuola, ero sempre nella lista degli studenti migliori, anche nei corsi avanzati, quelli che ti davano già dei crediti per l’università. Avevo ricevuto un premio in lacrosse e nel nuoto al secondo anno delle superiori, avevo anche un lavoro fisso durante la bassa stagione. Tutti gli uomini della mia famiglia avevano un aspetto nordico, capelli biondi, occhi azzurri e pelle chiara, ed eravamo tutti di bell’aspetto. Tuttavia, avrei voluto essere un po’ più alto. L’altezza era sprecata con Logan.

    «Prendete le vostre cose e filate dentro» ci ordinò mamma. «È tardi e non vogliamo svegliare i vicini. Ci sarà tutto il tempo domani mattina per recuperare.»

    «Scusa, cara, devi essere esausta dopo la giornata che hai avuto.» Nonna provò a nascondere lo sguardo compassionevole che le attraversò il volto, senza riuscirci. «Voi ragazzi siete nella stessa stanza di sempre; i vostri letti sono già pronti. Lisa, ti ho preparato il divano letto nello studio. Non è una camera da letto, ma almeno potrai avere un po’ di privacy.»

    «È perfetto, mamma. Grazie.»

    «Lucas, vieni a prendere il tuo beauty-case. Non porterò le tue stronzate da femminuccia» si lamentò Logan, mentre cercava nel bagagliaio.

    «Non è un beauty-case, è una borsa di oggetti per l’igiene personale. Non sono sorpreso che tu non conosca la differenza, dato che hai un livello di igiene personale pari a quello di un vichingo.»

    «Se dentro c’è dell’eyeliner, allora è un beauty-case.» Lucas diede a Logan un’occhiata annoiata, ma non commentò. Cioè, Logan aveva un po’ ragione.

    Tirai fuori la mia valigia e il mio borsone dal bagagliaio, poi mi incamminai verso casa, quando Lucas mi fermò. «Ehi, amico, puoi portare questo? Ho le braccia piene.» Allungò il beauty-case-barra-borsa-per-l’igiene-personale nella mia direzione. Guardai in basso verso le sue mani, che come le mie stavano portando una valigia e un borsone, e mi chiesi perché pensasse che per me fosse più facile portare la sua borsa. Lucas mi lanciò uno sguardo implorante e io sospirai, cosa che lui interpretò come Fai pure, sono qui per servirti. Mi ficcò in bocca i manici della borsa e io li strinsi con i denti, quindi si avviò in casa senza neppure ringraziarmi.

    «Speri di poter prendere in prestito il suo fard, dopo?» sghignazzò Logan. La mia bocca era occupata a fare da mano, quindi non potei rispondergli per le rime. Anche le mie mani erano occupate, quindi non avevo neppure la possibilità di fargli un gestaccio. Decisi di lanciargli un’occhiataccia e marciai verso casa, oltrepassandolo.

    Quando arrivai nella camera degli ospiti, Lucas era già impegnato a sistemarsi nel letto a castello di sotto. Logan sfrecciò davanti a me, facendomi cadere tutte le borse, e gridò: «Io prendo il letto a castello di sopra!». Si lanciò in aria e atterrò con un balzo sul materasso, rischiando di picchiare la testa sul soffitto.

    «Immagino che a te non resti che il letto estraibile, Levi.» Logan sorrise come lo Stregatto, godendosi il suo momento di gloria. Il letto estraibile aveva un materasso da bambini, abbastanza lungo, ma largo la metà. Sapeva che ero il pacificatore di casa e che non avrei discusso. Discutere era una perdita di tempo; non vincevo mai. Così tirai fuori il letto estraibile e mi preparai a essere pestato per due mesi, ogni volta che qualcuno si alzava per andare a pisciare.

    «Smettila di fare lo scemo.» Lucas colpì Logan attraverso il materasso.

    «Perché non sali qua sopra e mi fai smettere?»

    «Perché non vi zittite entrambi?» mi lamentai, mentre mi lasciavo cadere sul piccolo materasso e mettevo il cuscino sotto la mia testa.

    Non fraintendetemi. Amo i miei fratelli, e sono piuttosto sicuro che anche loro si vogliano bene, anche se hanno uno strano modo di dimostrarlo, ma la quantità di testosterone in casa nostra a volte raggiungeva livelli da cataclisma. In autunno, Lucas sarebbe stato all’ultimo anno delle superiori, io al penultimo e Logan al secondo. Eravamo nati tutti a meno di diciotto mesi di distanza. Mamma diceva che non aveva senso sprecare gli anni migliori della sua età fertile. Inoltre, dato che essere incinta faceva schifo, non vedeva l’ora di finirla. A quanto pare non aveva considerato il casino derivante dall’avere tre ragazzi adolescenti.

    «L’ultimo che si tocca il naso spegne la luce!» gridò Logan, con il dito già incollato alla faccia. Io e Lucas portammo le dita al naso in contemporanea.

    «In caso di pareggio vince il più grande. Mi dispiace, amico.» Lucas mi fece un gran sorriso.

    «Più che altro, in caso di parità vince il più pigro.»

    «Che importa? Ho vinto comunque.» Prese a pugni il cuscino un paio di volte, cercando di renderlo confortevole.

    Presi una delle mie scarpe e la lancia verso l’interruttore della luce. La mia mira era impeccabile, e la luce si spense. «Bel tiro» grugnì Lucas.

    «Sapevo che c’era un motivo per tenerti» aggiunse Logan.

    Ecco, lo dicevo che mi volevano bene. Avevamo solo difficoltà nell’esprimere o mostrare il nostro affetto.

    «Buonanotte, perdenti» dissi in tono di sfida.

    La mattina dopo fui svegliato da un’allegra voce femminile. «Sveglia, dormiglione!»

    L’ospite saltellò ripetutamente sul mio materasso. Avrei riconosciuto quella voce anche se fossi stato sordo. Finsi di essere addormentato, finché non si avvicinò a me, poi afferrai Summer prima che potesse sfuggirmi. La tirai giù sul materasso, la sua schiena rivolta verso il mio petto affinché non le arrivasse l’odore cattivo del mio alito mattutino.

    La abbracciai stretta, come se fosse un orsacchiotto, e le sussurrai nei capelli: «Mmm, Veronica, cosa ci fai qui? Se mia mamma ci scopre, saremo in guai grossi».

    Fui premiato con uno schiaffo sul braccio e scoppiai in una grossa risata.

    «Veronica? Chi diavolo è Veronica? Non hai mai accennato a una ragazza di nome Veronica.» Summer si imbronciò.

    «È perché non conosco nessuno che si chiami Veronica. Se la conoscessi, però, scommetto che sarebbe sexy.»

    Summer sgusciò dalla mia presa e si inginocchiò accanto al materasso. «Sei un tale idiota. Non posso credere che tu non mi abbia detto che sareste arrivati una settimana prima.»

    «Non sapevo che saremmo arrivati una settimana prima fino a ventiquattr’ore fa.»

    «Be’, avresti potuto mandarmi un messaggio durante il viaggio. Scemo.»

    «Scusa.» Sospirai. «Immagino che la mia mente fosse un po’ impegnata, ieri.»

    «Ci scommetto. Questa mattina sono uscita per accendere gli irrigatori e ho visto il vostro furgone nel vialetto. Per poco non sono venuta a passo di marcia per sgridarti ancora in pigiama. Perché siete arrivati ieri?»

    «È una lunga storia, una che non sono pronto a condividere prima della colazione.»

    «E lavati i denti.» Arricciò il naso e io la pungolai alle costole. Lei rise come un’isterica prima di continuare. «Nonna sta preparando le uova e le frittelle di patate. Lucas e Logan stanno già mangiando, quindi ti conviene sbrigarti, se ne vuoi un po’. Fatti la doccia più veloce del mondo e porta il tuo culo di sotto. Dopo le uova, ti porterò fuori per la seconda colazione.»

    «Cosa sono, un Hobbit? Di quante colazioni ho bisogno?» chiesi, ridacchiando. «E comunque, gli Sno-Cone Shack di Jack sono a malapena una colazione adeguata, è solo granita servita in un cono.» Feci un sorrisetto, sapendo già cosa avesse in mente di preciso.

    «Ecco perché è la seconda colazione, stupido sciocco. Alzati, andiamo.» Summer schiaffeggiò il retro della mia gamba, poi saltellò fuori dalla stanza. Mi alzai, chiedendomi per quanto tempo fossi riuscito a non rivelare l’attuale dramma nella mia vita. Conoscendo Summer, non a lungo. Mentre afferravo il mio asciugamano e andavo a fare la doccia più veloce del mondo, non potei fare a meno di pensare che l’unica cosa che mi avrebbe fatto sopravvivere a quell’estate, sarebbe stata la mia estate personale, ovvero Summer.

    Capitolo 2

    «Ehi, mamma, torneremo fra un’ora. Io e Summer stiamo andando da Jack!» urlai verso il portico posteriore, dove lei, nonna e nonno erano impegnati in una conversazione seria. Nonna aveva un’espressione comprensiva, ma nonno sembrava abbastanza arrabbiato da uccidere qualcuno.

    «Okay, ragazzi, divertitevi. Scrivimi, se decidete di andare da qualche altra parte.»

    Logan ripulì il suo terzo piatto di uova e si ficcò l’ultimo boccone in bocca, poi parlò con la bocca piena. «Amico, portami una granita al lampone.»

    «Mi dispiace» risposi. «Le granite sono per i vincitori.»

    Lucas sghignazzò. «Questo vuol dire che potrai portarne una a me.»

    «Le granite sono per i ragazzi o le ragazze, non per ragazzi che sembrano ragazze.» Logan batté il pugno contro il mio. A quanto pareva stava davvero maltrattando Lucas perché metteva l’eyeliner.

    «Non mi sembra che le ragazze si lamentino» ribatté lui con noncuranza, poi guardò Summer. «A te piace l’eyeliner, vero? Mi dà quell’aria da rockettaro pirata in stile Johnny Depp.»

    Summer non rispose a parole, ma annuì con la testa. Aveva una cotta per Lucas da quando aveva dodici anni, e per qualche strano motivo si trasformava in un’imbranata totale di fronte a lui. Balbettava e arrossiva, il pacchetto completo.

    «Visto, Logan? Forse, se tu prendessi esempio da me, riusciresti a trovarti una donna.»

    «Se prendessi esempio da te, probabilmente mi ritroverei con un’infezione del dotto lacrimale o un brutto caso di congiuntivite. Inoltre, le uniche donne che sarei in grado di trovare sarebbero quelle a cui piacciono i tipi che sembrano dei rockettari pirati, qualunque cavolo di cosa siano. Grazie, ma anche no.»

    «Logan, modera il linguaggio…» lo riprese mamma attraverso la porta scorrevole del patio.

    «Cacchio, quella donna ha orecchie bioniche.»

    «Logan!»

    «Scusa mamma!» urlò in risposta attraverso la zanzariera, poi mormorò sottovoce: «Cavolo e cacchio non sono davvero parolacce». Prese una lattina di Coca dal frigorifero e si diresse verso il soggiorno per accendere il televisore.

    «Andiamocene, finché siamo in tempo.» Spinsi Summer verso la porta del garage, tenendogliela aperta. «Ci vediamo dopo, ragazzi.»

    «Non fare niente che non farei anch’io…» Lucas ammiccò.

    «Quindi possiamo fare più o meno tutto, giusto?» risposi in tono piatto e sbattei la porta.

    Ci incamminammo verso il locale di Jack in silenzio. Era solo a mezzo miglio di distanza lungo la strada, ma ero contento per il momento di pace. Non durò a lungo, però. Sapevo che Summer non avrebbe lasciato correre con tanta facilità.

    «Allora, vuoi dirmi cosa è successo? O devo tirartelo fuori a botte?»

    «Di che tipo di botte stiamo parlando?»

    «Divertente» rispose lei in tono sarcastico.

    «Prima ho bisogno di zuccheri» richiesi, facendo cenno con la testa verso una finestra di servizio per il take-away aperta. Il locale di Jack era in pratica una baracca di un metro e mezzo per un metro e mezzo, al limite del parcheggio di un’area commerciale. L’unica cosa che vendeva erano le granite e solo di dimensione gigante, ma a tutti i gusti possibili. Per tre dollari ne valeva davvero la pena. Erano solo le nove del mattino, quindi non dovevamo aspettare. Tuttavia, entro due ore ci sarebbe stata una fila lunga sei metri.

    Un’idea così semplice, chissà come potevo ottenere il franchising?

    La figlia adolescente di Jack, Autumn, era alla finestra. Era carina, con i suoi capelli scuri, i grandi occhi da cerbiatta e le ciglia lunghe. Autumn aveva iniziato a lavorare lì l’anno precedente. Mentre io sbavavo su Summer, e quest’ultima si struggeva per Lucas, mio fratello aveva adocchiato Autumn. Tuttavia, per quanto Lucas ci provasse, lei non era interessata. Autumn era tutta sorrisi per me, però, e la cosa lo faceva diventare matto. Era una piccola vittoria, ma avrei preso ogni vantaggio che potevo. Ovviamente, quello voleva anche dire che ero nel bel mezzo di un quadrato amoroso. Il triangolo amoroso? La mia vita non era così semplice.

    «Ehi, Summer» la salutò Autumn. «Levi! Quando sei arrivato?»

    «La notte scorsa.» Sorrisi.

    «Volete il solito?»

    «Esatto.» Summer fece di sì con la testa.

    «Niente Lucas?» Autumn si guardò intorno esitante, come se si aspettasse che lui spuntasse all’improvviso da un cespuglio e la spaventasse.

    Feci un gran sorriso. «Non ancora, ma sono sicuro che sarà qui a infastidirti a breve.»

    Autumn alzò gli occhi al cielo e ci passò le nostre granite, una al cocomero e una alla banana.

    Summer diede a Autumn una manciata di banconote, mentre leccava il succo dal bordo del cono di carta. «Okay, hai avuto la tua dose di zuccheri» iniziò.

    «Bleah! Non so come tu possa mangiare la granita alla banana. È un gusto così strano» la presi in giro, quindi ringraziai Autumn e andammo a sederci in una panchina vicina.

    «Bel tentativo di distogliere l’attenzione. Ora, hai trenta secondi per dirmi cosa cavolo sta succedendo, o ti piegherò sulle mie ginocchia e ti sculaccerò.»

    Sorrisi. «Me lo prometti?»

    Summer strinse le labbra e mi fissò con sguardo di disapprovazione.

    «Va bene, ecco la versione breve. Ieri siamo tornati da scuola e abbiamo incrociato l’assistente sexy di mio padre che usciva con l’auto dal vialetto di casa nostra, papà che si rivestiva in fretta e mamma che piangeva in bagno. Non so cosa abbia visto prima che arrivassimo, ma lo ha chiamato adultero e lui non ha negato. Dopodiché, mia mamma ci ha detto di preparare i bagagli e di metterci le cose per noi importanti, perché entro tre ore avremmo lasciato la casa e non saremmo più tornati.»

    Summer sussultò e io voltai lo sguardo, imbarazzato. Imbarazzato per ciò che aveva fatto mio padre e imbarazzato perché stavo per piangere. Ero un ragazzo di sedici anni, avrei dovuto essere abbastanza grande da trattenere le mie lacrime, ma queste scendevano rapide. Non volevo che lei mi vedesse così. Lucas non avrebbe pianto. A Logan sembrava importare appena. Perfino mamma non aveva pianto davanti a noi. Non sarei stato l’unico a scoppiare a piangere.

    Era evidente che Summer avesse notato le mie lacrime, ma non disse nulla.

    «Mi dispiace, Levi» mormorò. Scivolò vicina a me e mi prese la mano libera, poi appoggiò la testa sulla mia spalla e restammo così, seduti in silenzio finché non finimmo le nostre granite. Alla fine mi guardò e fece la domanda da un milione di dollari. «Davvero non tornerete a casa? Vi trasferirete qui?» Sgranò gli occhi, sapevo che stava cercando di essere diplomatica, trattenendo l’eccitazione.

    Alzai le spalle e mi strofinai gli angoli degli occhi con le dita per fermare le lacrime. «Non lo so. Mamma sembrava seria quando ha detto che non saremmo tornati, ma non mi sembra molto realistico. Anche se divorziassero e noi ci trasferissimo qui, dovremmo comunque vendere la casa, o almeno tornare a prendere tutta la nostra roba, e mancano solo dieci settimane all’inizio della scuola. Lucas si arrabbierebbe se dovesse trasferirsi l’ultimo anno. Inoltre, se rimanessimo qua, non possiamo restare a casa dei miei nonni. Non c’è abbastanza spazio.»

    «Puoi trasferirti da me.» Sorrise e mi colpì la spalla. «Compriamo un letto a castello. Ti lascio anche prendere il letto di sotto, se vuoi.»

    Sbuffai, ma non riuscii a reprimere un sorriso. «I tuoi genitori potranno anche essere le persone più tranquille che io abbia mai conosciuto, ma neanche loro ci permetterebbero di condividere una camera.» I genitori di Summer erano i classici hippy dallo spirito libero e tutt’uno con la natura. Erano davvero gentili e molto disinvolti sulle loro regole. In realtà, oserei dire che Summer e Hunter non avessero vere e proprie regole. Il signore e la signora West erano fortunati ad avere dei bravi figli. Se

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