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Una questione di intimità: Harmony Destiny
Una questione di intimità: Harmony Destiny
Una questione di intimità: Harmony Destiny
E-book144 pagine2 ore

Una questione di intimità: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Lui ha svelato il suo segreto!
Hanno condiviso una questione intima e coinvolgente prima che Frank Latimer partisse per una nuova missione. Leenie Patton non si aspetta altro da lui, oltre i focosi incontri che hanno vissuto insieme. Per questo decide di tenergli nascosto la nascita del loro bambino, almeno finché la situazione non si complica e il piccolo scompare.
Frank, saputo del bimbo, vorrebbe punire Leenie per avergli mentito, ma non ha tempo da perdere, deve affrontare la questione e riportare a casa suo figlio. Risolta l'urgenza, però, sente che il tradimento della donna opprime il suo cuore tanto da indurlo a chiudere con lei. Almeno finché una nuova passione devastante li sorprende.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2019
ISBN9788830506213
Una questione di intimità: Harmony Destiny
Autore

Sylvia Plath

Sylvia Plath was born in 1932 in Massachusetts. Her books include the poetry collections The Colossus, Crossing the Water, Winter Trees, Ariel, and Collected Poems, which won the Pulitzer Prize. A complete and uncut facsimile edition of Ariel was published in 2004 with her original selection and arrangement of poems. She was married to the poet Ted Hughes, with whom she had a daughter, Frieda, and a son, Nicholas. She died in London in 1963.

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    Anteprima del libro

    Una questione di intimità - Sylvia Plath

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Keeping Baby Secret

    Silhouette Desire

    © 2004 Beverly Beaver

    Traduzione di Olimpia Medici

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-621-3

    Prologo

    Leenie controllò il frigorifero per la terza volta. Le bottiglie di latte erano dove dovevano essere, cioè dove le aveva sistemate lei stessa poco prima. Però doveva controllare un’ultima volta. Doveva essere sicura che fosse tutto a posto. Quella serata rappresentava un punto di svolta nella sua vita e niente poteva essere lasciato al caso.

    A passi svelti si diresse verso la scrivania del computer, in cucina. Quando fu davanti al telefono diede un’occhiata alla lista di numeri utili posata vicino all’apparecchio. C’era quello del pronto soccorso, quello del suo cellulare, il suo numero diretto al lavoro e quello del centralino.

    Uscì frettolosamente dalla cucina e mentre attraversava il salotto si chiese perché dovesse essere tutto così difficile. Non era la prima che faceva una cosa simile. Milioni di donne lo avevano fatto e molte di loro avrebbero potuto capire alla perfezione il senso di colpa e la paura che la attanagliavano.

    Si fermò un momento e respirò a fondo, ripetendosi che sarebbe stata in grado. Era una donna forte. Forte e indipendente. Aprì piano la porta della cameretta di Andrew e incontrò lo sguardo di Debra, che le rivolse un sorriso pieno di compassione. Il bambino dormiva beatamente nella culla, del tutto ignaro del dramma che stava vivendo sua madre.

    «Andrà tutto bene» la rassicurò Debra passandole un braccio intorno alle spalle. «Probabilmente starà ancora dormendo quando tornerai. Dopotutto starai via solo poche ore.»

    «Ma se si sveglia e io non ci sono...» Leenie si avvicinò alla culla e accarezzò delicatamente la fronte del bambino, uno scricciolo di appena sei settimane.

    «Se si sveglia ci sono io» si affrettò a tranquillizzarla Debra. «E se ha fame, in frigo c’è il latte che hai tirato dal seno. Guarda che non lo stai abbandonando per sempre. Stai solo andando al lavoro.»

    «Forse avrei dovuto prendermi un’altra settimana di congedo.» Leenie non riusciva a sopportare l’idea di separarsi dal suo Andrew. Doveva andare alla WJMM, trasmettere il suo talk show radiofonico, che durava due ore, e preparare tutto l’occorrente per lo show televisivo della mattina seguente. Nel complesso, compresi gli spostamenti in auto, ci avrebbe messo più o meno quattro ore. Un’eternità.

    «Non pensarci nemmeno» fu la risposta decisa di Debra. «La mattina il piccolo può seguirti agli studi, ma la notte è giusto che la passi nel suo lettino, a casa.» Incrociò le braccia e aggiunse: «Adesso vai a fare il tuo lavoro».

    «Ma il mio lavoro è anche fare da mamma a Andrew.» Con un profondo sospiro Leenie diede voce a una delle sue più grandi paure: «Non vorrei mai che finisse con l’affezionarsi più a te che a me».

    Debra sbuffò e scosse la testa. «Non dire sciocchezze. Nessuno potrà mai scalfire il legame che c’è tra di voi. Tu sei la sua mamma e lui lo sa perfettamente. Quanto a me, spero che mi considererà sempre come la sua zia preferita.» Fece una risatina ironica. «O, al massimo, come una nonna.»

    «Mi comporto da stupida, vero?»

    «No. Fai semplicemente quello che deve fare una buona madre.»

    «Lo pensi veramente? Io non lo so. Non so come dovrebbe essere una buona madre, non avendone mai avuta una.»

    «Io e Jerry, in trent’anni di matrimonio, abbiamo accudito più di cinquanta bambini senza famiglia.» Debra fece un’espressione sognante, come tutte le volte che nominava suo marito, morto due anni prima per un attacco cardiaco a sessantatre anni. «Ne ho viste, di madri. E ti assicuro che so riconoscere quelle buone da quelle cattive.»

    Leenie annuì. «Comunque tutto quello che so l’ho imparato da te, osservando come ti comportavi con tutti i bambini senza famiglia come me.» Aveva quindici anni quando era stata affidata a Debra e Jerry Schmale. Lui era un giovane pastore protestante che con la moglie, dal momento che non potevano avere figli, aveva deciso di dedicarsi ai bambini meno fortunati: orfani, ragazzini usciti dal riformatorio, giovani allo sbando... I tre anni che Leenie aveva trascorso con loro erano stati i più belli della sua infanzia.

    «Lurleen Patton, tu sei una buona madre. Fidati» ripeté Debra.

    «Anche se non posso dare a Andrew un padre?»

    «Se non mi sbaglio, tuo figlio è nato da un’avventura con un uomo che quasi non conoscevi. Un uomo che non aveva nessuna intenzione di mettere in piedi una famiglia. Un uomo che usava scrupolosamente il preservativo, ogni volta che facevate l’amore.»

    Leenie annuì. «Questo dimostra che le precauzioni non sono mai sicure al cento per cento... Comunque, in ogni caso, Frank non ne ha nessuna colpa.»

    «D’accordo. Comunque hai deciso di non dirgli dell’esistenza di Andrew perché ritenevi che fosse la cosa migliore per tutti, giusto?»

    «Giusto.»

    «E allora? Cos’è, hai cambiato idea?»

    No. Non aveva cambiato idea. Ma, se doveva essere sincera, a volte si pentiva di non avere telefonato a Frank, quando aveva scoperto di essere rimasta incinta, per informarlo del fatto che presto sarebbe diventato padre. Ma quella notizia l’aveva sconvolta così profondamente che, dopo averla appresa, ci aveva messo alcune settimane per capire come affrontare la situazione. E quando, finalmente, aveva deciso che avrebbe tenuto il bambino, aveva anche realizzato che mai e poi mai Frank Latimer avrebbe riconosciuto quella creatura come suo figlio. Erano stati insieme meno di due settimane e in quel breve periodo avevano scoperto di avere una fantastica intesa sessuale. Ma di amore non si era mai parlato, neanche per sbaglio.

    «Non ho cambiato idea. Se dicessi a Frank come stanno le cose, questo gli complicherebbe terribilmente la vita. Per non parlare della mia e di quella di Andrew.»

    Debra le posò le mani sulle spalle e la sospinse delicatamente verso la porta della camera. «Adesso vai, o farai tardi.» Poi la accompagnò fino all’uscita sul retro. «Se servirà a farti sentire meglio, puoi chiamarmi ogni trenta minuti. Ma adesso vai. Vai!»

    Leenie si lasciò sfuggire un sospiro. «Grazie. Non so come farei senza di te. A volte ho l’impressione di avere bisogno di te anche più di Andrew.»

    Debra sorrise dolcemente e prese dall’attaccapanni accanto alla porta la giacca e la borsa di Leenie. «Guida piano. E chiamami tutte le volte che vuoi. Ci vediamo quando torni.»

    Leenie si infilò la giacca prese la borsa e aprì la porta che dava sul garage. Con il telecomando incorporato nella chiave aprì il suo SUV, un fuoristrada nuovo di zecca, acquistato un mese prima della nascita di Andrew. Naturalmente aveva tenuto anche la sua macchina sportiva, ma da quando era nato il bambino non l’aveva più usata, perché non si era mai spostata senza di lui. Tranne questa sera, disse tra sé e sé, scuotendo la testa. Cosa aspetti? Prendi la Mustang. Così, tra l’altro, potrai tornare a casa più velocemente.

    Dopo avere fatto rombare un paio di volte il potente motore della fuoriserie, Leenie aprì con il telecomando il portone del garage e si mise in strada. In pochi minuti raggiunse la superstrada che dai sobborghi di Maysville, Missouri, portava in centro città, dove si trovavano gli studi della compagnia radiotelevisiva WJMM.

    Ci lavorava già da diversi anni. La notte teneva un talk show radiofonico, mentre la mattina conduceva un programma in televisione. Cinque giorni alla settimana. A Leenie piaceva essere una celebrità, anche se solo a livello locale. In città era conosciuta come la psichiatra che dispensava consigli via radio e televisione.

    Durante l’adolescenza, il suo sogno più grande era sempre stato quello di crearsi, un giorno, una famiglia. Nel corso degli anni era stata affidata a una quantità di nuclei familiari diversi, tanto che quasi stentava a ricordarsi come fossero fatti i suoi veri genitori. Era stato un periodo piuttosto difficile, in cui aveva sofferto molto la solitudine. Sua madre era morta quando aveva quattro anni e suo padre quando ne aveva dieci. Da allora fino alla maggiore età era stata sballottata da una famiglia all’altra. In mezzo a quegli estranei si era sempre sentita come un’intrusa. Una ragazzina ossuta e spigolosa, con il difetto di parlare troppo. Un difetto che le derivava dall’insopprimibile bisogno di farsi apprezzare.

    Poi, un giorno, era arrivato il principe azzurro e il lieto fine che sognava fin da quando era bambina le era sembrato finalmente lì, a portata di mano.

    Fino a quel momento era stata una ragazza molto morigerata. Ogni volta che si imbarcava in una nuova relazione era convinta che si trattasse dell’amore della sua vita, quindi non aveva mai avuto alcuna propensione per le storie di una notte.

    Almeno finché non era entrato in scena Frank Latimer.

    Un’entrata seguita da un’uscita molto rapida, a dire la verità, visto che la loro avventura era durata appena dieci giorni. Dieci giorni intensi, dominati da una passione che Leenie non aveva mai provato prima.

    La Mustang sfrecciava lungo la superstrada, superando senza difficoltà le poche macchine che a quell’ora si dirigevano verso il centro. Peccato che fosse la fine di novembre. Come sarebbe stato bello abbassare la capotte e sentire il vento che le scompigliava i capelli. Forse era proprio ciò di cui aveva bisogno. Una bella boccata di aria fresca per rinfrescarsi le idee e per disperdere le nubi che ultimamente avevano rabbuiato il suo cielo.

    Per quanti sforzi facesse, non riusciva a togliersi Frank Latimer dalla mente. Non riusciva a ricacciarlo nel passato a cui apparteneva.

    E come avrebbe potuto? Sebbene Andrew avesse preso da lei il biondo dei capelli e l’azzurro degli occhi, quel bambino assomigliava a Frank in modo impressionante. Così ogni volta che guardava suo figlio, ne rivedeva il padre.

    Proprio lei, una psichiatra il cui lavoro consisteva nel conoscere a fondo l’animo umano, come aveva potuto pensare di essere in grado

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