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Io Non Sono Dracula: Io Non Sono Dracula, #1
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Io Non Sono Dracula: Io Non Sono Dracula, #1
E-book923 pagine13 ore

Io Non Sono Dracula: Io Non Sono Dracula, #1

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Info su questo ebook

La pura verita  e solo la verita,per conoscere fino in dondo,quello che voi chiamate,con un nome che non li si adice per niente.Lui non e Dracula!

LinguaItaliano
EditoreIoan Calin
Data di uscita15 lug 2020
ISBN9781393767046
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    Anteprima del libro

    Io Non Sono Dracula - Giovanni I. Călin & Daniel Călin

    "Io, sì. Sono proprio io colui al quale il Sultano degli Ottomani, il mio nemico mortale, ha dato il soprannome di Kaziglu-bey, ma su questo soprannome non ho nulla da ridire.

    Sempre io sono colui al quale i boiardi- traditori, ladri, corrotti e criminali- hanno dato il nome di Impalatore. D'altronde anche costoro hanno ragione perché io conduco loro alla morte più atroce!

    Io, sempre io sono colui che permette alla paura di insediarsi nelle anime umane. Nascosto dal buio della notte, vengo e bevo loro il sangue. Mi chiamano Dracula, ma... questa gente non ha ragione.

    Ehi! Mondo, mondo malato di mente! Oh, quanto perfidi potete essere e quante bugie potete dire voi che in questo mondo ci vivete! Ma se voi mi vorrete così, io sarò dieci volte più terribile delle vostre falsità, di quelle stesse ipocrisie che siete soliti gridare ai quattro venti. Verrò da voi con forza e potere immani e sarà in quel momento che non esiterò, neanche per un secondo, a bere il vostro sangue. Ne berrò, goccia dopo goccia, finché non ne lascerò più nemmeno una nei vostri corpi stolti, come stolte sono le vostre anime e le vostre menti.

    Io, sono io il Principe Vlad al III – lea Basarab. Nacqui di domenica, il 22 novembre dell'anno domini 1431, nella fortezza di Sighisoara, la casa del mio amato e caro padre Vlad Dragul, figlio mai riconosciuto ufficialmente di Mircea cel Batrin. Desidero che eterno sia il loro ricordo perché entrambi furono dei bravi quanto degni difensori dei Cristiani e del nostro Paese. La mia carissima madre, invece, si chiamava Ileana di Moldavia ed era una principessa, perché figlia di Alexandru cel  Bun di Moldavia, della discendenza dei Musatini.

    Mircea fu il primo figlio nato nella casa dei miei genitori. Era più grande di me di dieci anni, nonostante ciò eravamo molto legati l'uno all'altro. Gli ero affezionato a tal punto che dove stava lui di solito c'ero anch'io. Benché gli anni trascorsi assieme fossero stati pochi, la sua immagine si impresse nella profondità della mia anima. Così piansi e soffrii tanto quando venni a sapere  che era stato gettato nella tomba gravemente ferito ma ancora vivo. Purtroppo ero lontano, troppo lontano per aiutarlo... Perciò, oggi, domando a te, Dio Onnipotente: perché  mi chiedi di perdonare i suoi esecutori? Perché mi chiedi di saper perdonare?!!!

    Il mio secondo fratello si chiamava Vlad Calugarul e, in realtà, era un fratellastro. Ci legava, infatti, solo il sangue paterno nato prima o dopo di me. Ad ogni modo questo fratellastro ha provato a  sconfiggermi e a prendere il mio trono, il perché lui aveva un'altra madre, una bella donna della zona di Braila. Non so dirvi però se fosse trono del mio Paese. Tuttavia io non lo condanno perché era suo diritto quello di provare a sfidare la sorte e la fortuna, nonché di chiedere, con le armi in mano, il trono di suo padre: ambire ad indossare sulla testa la corona, la corona di un Signore.

    Nella stessa maniera, neanche io sono da condannare per aver tante volte cercato di farlo a pezzi, anzi a pezzettini. Volevo metter fine ai suoi giorni per essere tranquillo: in questo modo avrei saputo che c’era un pretendente al trono in meno. Eppure questo fratellastro aveva i giorni che gli erano stati regalati e protetti dal nostro Dio, il vostro Dio, il Dio dei Cristiani e dell’Universo. Pertanto sicuramente  avrebbe regnato  sul Paese di suo padre più a lungo di me, perché era stato scritto nel suo destino, ma soprattutto in quello del mio Paese e del mio popolo.

    Radu era il terzo fratello, anche lui nato da un'altra madre, una donna bella ed affascinante, ma al tempo stesso perfida come una vipera, della discendenza degli Musatini. Come ho già detto, sua madre era una vipera ed anche Radu non fu da meno. Non l’ho mai odiato, né tanto meno considerato un nemico o un pericolo. Per me era un semplice straniero. Niente mi legava a lui: per me non esisteva affatto. Nonostante ciò più volte ha tentato di colpirmi con soldati del Sultano, chiedendo addirittura l’aiuto delle case che già in passato mi tradirono. Tuttavia nella lotta dritta, quella faccia a faccia, nessuno mi ha mai sconfitto, nessuno è mai riuscito a farmi cadere.

    Lo stesso Radu, più conosciuto con il soprannome di Radu cel Frumos, regnò perché era pur sempre di sangue blu ed aveva, per questa ragione, tutto il diritto di sedersi sul trono di suo padre e del nostro Paese. Dimostrò così di saper comandare; insomma: sapeva il fatto suo!

    Tanti, troppi, hanno gridato di esser figli di mio padre! Mio padre che ha trovato la sua fine lottando al fianco di mio fratello Mircea... Morì, infatti, cadendo sotto i colpi messi a segno a tradimento, uno accanto all’altro: senza scappare, senza girare le spalle... Veri Dragoni, sepolti vivi, sepolti da mano criminale e mente malata. La vendetta sarà mia e per sempre io sarò colui che li vendicherà con una morte lenta, terribile, atroce... Una morte con cui mai nessuno è  stato punito.

    Nei pochi anni che ho vissuto nel grembo della mia famiglia, ho sentito le carezze di mia madre, ho avvertito l’affetto di mio fratello, la protezione di mio padre Vlad Dragul e sono sempre stato rispettato come un vero principe a casa sua.

    In seguito poi, per molto, molto tempo, fui ostaggio presso la corte del Sultano. Fu così che non rividi mai più le facce dei miei cari, i quali ben presto morirono: ammazzati a tradimento, ammazzati per invidia, ammazzati da uomini con anime vendute. Ma anche io... mi venderò l’anima!

    Furono così molte le cose che imparai presso la corte del Sultano. Lì ebbi, infatti, l'opportunità di parlare con tanti uomini sapienti e conoscitori di segreti, di incontrare leccapiedi e traditori di professione, preti e uomini con il potere nella mente. Ma quel che più colpì la mia attenzione furono soprattutto i molti, i moltissimi lottatori di quel posto. Si trattava di veri guerrieri degni del grado e del posto che occupavano nell’esercito del potente Impero Ottomano.

    Anche Radu, in quel periodo, soggiornava presso la corte del Sultano. Ma a differenza mia, egli non era lì per rispettare una parola data. Non aveva promesso niente a nessuno lui. Ero io ad aver prestato un giuramento a mio padre. Lo feci nel giorno stesso in cui mi offrii come ostaggio al posto di mio fratello Mircea. Gli giurai di non fuggire, di non scappare dalla corte del Sultano. Non avrei dovuto farlo per nessuna ragione al mondo perché, se io fossi scappato, la mia famiglia sarebbe stata trucidata presso la Poarta Sublima. Così rimasi a vivere tra loro, tra i miei nemici di fede, di vita e di morte, finché venni a sapere che tutti i miei cari erano stati uccisi. La mia adorata famiglia era così passata sotto le lame delle spade, spade di uomini senza onore e senza principio, balordi  caduti nel fango, sia con la faccia che con le loro anime.

    Fu allora che decisi di andarmene perché non c'era più nessuno motivo per il quale io dovessi restare. Non avevo alle spalle più alcuna famiglia da proteggere. E scappai. Sì, scappai, ma lo feci da solo. Radu, infatti, il mio fratellastro- quello che abbiamo detto noto come il bello- passò dalla parte dei Turchi. Quel verme rinnegò il suo sangue.

    Intrapresi così un'ardua fuga verso il mio Paese, verso la mia terra e la mia casa. Lungo il tragitto ebbi anche la fortuna di trovare il nascondiglio dell’oro, il posto dove esso era nascosto. Mi era stato descritto da mio fratello Mircea, in uno dei tanti messaggi che lui mi aveva in passato spedito, ovviamente scritti nella lingua dei nostri impavidi antenati Dacii.

    Mi bastò pochissimo tempo, tanto che dopo soli tre giorni ero già riuscito ad organizzare, sotto il mio comando, un vero esercito. Era composto da mercenari, ma anche da Turchi. Così, subito, senza aspettare altro, mi avventai, con tutta la mia forza, su coloro che occupavano la mia casa. Colpii quegli indegni che, quando il sonno era stato loro più dolce, si erano permessi di sedere sul mio trono.

    Ma ancora più dolce fu la mia di sensazione, quella che provai sedendomi finalmente sul trono: su quel trono, lo stesso che, segno del potere, costituiva il posto da cui avrei potuto guidare il Paese, il mio Paese.

    In quel periodo però ero giovane, troppo giovane e troppo ambizioso. Perciò, dopo appena tre mesi di regno- quand'era, dunque, soltanto l’inizio- subito sentii il gusto amaro della ritirata. Non  scappai, ma fui ugualmente costretto a ritirarmi temporaneamente, perché quelli che mi attaccavano avevano un esercito composto da centinaia di migliaia di soldati ed io ero quasi solo. Non volevo veder morire i pochi uomini fedeli che ancora mi stavano accanto, quelli a cui volevo molto bene, almeno quanto loro ne volevano a me. A me che ero il loro Signore.

    Non avevo compiuto nemmeno diciotto anni quando iniziai a lottare. Quando, con la spada nella mano sinistra, affrontai tutti i tipi di nemici, nonostante io fossi solo e loro a decine. Non  conoscevo la paura, non mi sono mai spostato dal mio cammino per far passare qualcun altro.

    Affrontai il nemico senza esitare. Lo colpii sulla terra del mio Paese e a Costantinopoli, sulla terra dei Serbi e degli Ungheresi. Arrivai a colpire il nemico anche sulle terre dalla Moldavia, calpestando le frontiere delle Nazioni ai confini del mio regno. Conobbi soldati e generali coraggiosi e forti come leoni. Incontrai principi e Signori ed ebbi la grande fortuna di conoscere il  famoso Iancu di Hunedoara , il generale che arrivò a guidare un Impero ,il rango più alto, quello che ogni soldato di carriera desidera e sogna.

    Ho vissuto molti anni all’ombra di questo gigante, al fianco di  questo grande e capace difensore della Cristianità, per il quale ho fatto tante e tante battaglie, portandogli sempre la testa dei suoi nemici e rivoltosi.

    Per lui non ero soltanto coraggioso, ero anche abbastanza saggio. Per questo mi aiutò a ritornare a casa dei miei genitori e a sedermi di nuovo sul mio trono, gesta per la quale gli rimarrò riconoscente per sempre. Iancu mi guidò, infatti, come fosse mio padre, con amore quasi paterno.

    Ben presto diventai però un uomo crudele. Non perdonavo mai il mio nemico, ma lo giudicavo sempre. E lo facevo, ogni volta, in maniera imparziale, aiutando il bisognoso e il laborioso. Al contrario, punivo gli sfaticati ed i bugiardi. Punivo chi  aveva il potere e giudicava male. Punivo chi era corrotto. Fu in questo modo che ripulii le terre del mio Paese dai ladri, dai mendicanti, dai maghi, dai commercianti imbroglioni e da tutto il male che ho trovato sul mio cammino e nel mio giardino.

    Al tempo stesso, vendicai la morte di mio padre e di mio fratello, infilzando, sotto la lama della mia spada, centinaia di boiardi traditori e perfidi. Sempre in quel periodo iniziai così ad impalare tutti i miei nemici.

    In una delle mie campagne militare, non esitai ad aiutare anche mio cugino Stefan. Grazie a me, egli poté, infatti, ritornare a sedere sul trono della Moldavia. Lo feci perché lui era stato al mio fianco sin dal 1448 ed eravamo, per questa ragione, molto uniti. Ci volemmo così, l’un l’altro, un gran bene finché...

    Quando mi accorsi del fatto che nessuno mi avrebbe mai aiutato a difendere la mia terra, decisi di vendere la mia anima e, con l’aiuto del buio, entrai e colpii  la tenda del Sultano. Proprio quella situata al centro dell’accampamento del suo imponente esercito che contava più di duecento mila uomini armati.

    Io! Io che stavo lottando con soli cinque mila uomini- cinque mila cavalieri scelti uno ad uno- ebbi tanti rimpianti quando non trovai il grande Sultano nella sua tenda. Ah, se l'avessi trovato... L’avrei trattato come si meritava! Uno del suo rango io l’avrei tagliato in migliaia di pezzi e l’avrei poi dato come pasto ai miei cani!

    Come avrebbe fatto ogni Signore, difesi allora il mio Paese, il trono, la casa e la famiglia. Questo perché ero sposato ed avevo  anche dei figli. Uno di loro si chiamava Mihnea, conosciuto come il Mihnea cel Rau. Anche suo figlio Mircea, il terzo, regnò come lui e fu davvero un grande spadaccino.

    Sostenni  guerra con i Turchi e con tutti coloro che mi chiedevano il trono. Lottai contro i Tirgoveti e i commercianti che non si accontentavano di quello che avevano. Mi alleai addirittura con l’esercito cristiano, ma non mi riuscii mai di essere simpatico né ai preti né ai monaci: cosa reciproca!

    Neanche loro, infatti, mi piacevano perché davano valore all’oro ed ai soldi, soffocando i miei sudditi. Per questo, entrai nelle loro case e li colpii senza alcun rimpianto. Tra l'altro, questi uomini non abitavano in delle case normali, ma in veri e propri palazzi. I preti, con le loro facce rosse, erano grassi, nonostante dicessero sempre di star praticando il digiuno. Loro, per vendetta, mi descrivevano come un  demone, un demone tanto brutto di faccia quanto di anima.

    Fu a causa di questa descrizione che in molti, forse in troppi, decisero di cambiare il titolo di Cavaliere del Ordine del Drago, dato a mio padre personalmente dall’Imperatore Sigismund de Luxemburg, nel soprannome di Dracul.

    Dracul, il Diavolo, non ha nessuna somiglianza con il Dragone. Tuttavia, il Drago, lo devo riconoscere, ha un aspetto spaventoso, di quelli che infondono paura. Per questo era stato scelto come simbolo e nome del Ordine.

    Regnai senza avere rimpianti, senza rinnegare quanto fatto in passato. Non mi sono mai sentito più grande e più forte di un altro figlio della mia terra, ma ho sempre avuto il mio orgoglio, perché ero un figlio di sangue blu ed avevo il titolo di principe!

    Ad un certo punto, il cielo sopra di me si riempì di nuvole grigie e scurissime e fui allora di nuovo colpito alle spalle. A tradimento, fui rinchiuso e tenuto sotto minaccia, per dodici lunghi, lunghissimi anni, dal figlio di Iancu de Hunedoara. Costui si chiamava Matia Corvino e, una volta divenuto re dell’Impero, commise un grande sbaglio minacciandomi, per tanto tempo, con la sua spada, una spada cristiana.

    Soltanto quando ebbe comprese la gravità del torto che mi aveva fatto, si pentì infinitamente: sia lui che mio cugino Stefan cel Mare, il quale, nel momento del bisogno, mi aveva voltato le spalle. Ma adesso che erano con l’acqua fino alla gola, si ricordarono di me e mi graziarono donandomi quella libertà che mi era tanto mancata. Mi fecero ritornare a casa pieno di regali, con oro ed un buon esercito sotto il mio comando, riconoscendomi così la mia capacita di buon condottiero in battaglia.

    Da quella volta, tutto l’odio che si era accumulato nel mio cuore, lo riversai, assieme al buio della mia anima, sui nemici dei Cristiani, perdendo, in diverse occasioni, il lume della ragione e dimenticandomi di  essere un essere umano, a tal punto da aver io per primo paura di me stesso. Ero diventato cosi crudele che spaventai anche Ducase-n Pietre in persona.

    In tutti gli anni  della mia vita, sono stato rinchiuso da coloro che guidavano il mondo. Sono stato rinchiuso perché avevano paura di me. Io, un principe, ero, infatti, in grado di sconfiggere  Imperatori e Re che guidavano Imperi.

    Nel corso di quegli anni, persi tante delle persone che mi erano state care, fedeli e coraggiose, ma sopra ogni cosa persi la mia anima, perché se l’avessi avuta non avrei mai e poi mai potuto fare quello che invece feci.

    Quanto sto per raccontare accadde in occasione della terza ed ultima volta in cui salii al trono del mio amato Paese e popolo. Rimasi sempre dritto, senza mai piegarmi davanti a niente e nessuno, tenendo petto al nemico, senza mai scappare.

    Era inverno, un inverno molto freddo. A dieci giorni dalla festa di Natale- la nascita di Cristo venuto per salvare le nostre anime perse e perverse- dovevo di nuovo combattere per difendere il trono reclamato, questa volta, da un certo Laiota cel Batrin, nato sempre dalla discendenza degli Basarab.

    Temendo di invecchiare e di non riuscire  a godersi troppo a lungo il trono del mio Paese, il nemico venne con un imponente esercito di mercenari, boiardi e commercianti  traditori, ma anche con una buona parte data da soldati turchi. Loro erano a decine di migliaia, mentre io ed i miei guerrieri eravamo non più di un paio di migliaia.

    Fu davvero terribile l’impatto tra noi e le decine di migliaia di nemici. I primi Osteni caduti colorarono, con il loro sangue, la neve che copriva il campo di battaglia. E quando i primi  raggi di sole illuminarono la stessa distesa di terra su cui ci stavamo affrontando, eravamo notevolmente diminuiti.

    Passata l’ora di pranzo, le mie ferite sanguinavano ed attorno a me giacevano migliaia di soldati. Altrettanto  numerosi erano i miei nemici, ma delle migliaia di guerrieri che mi avevano affiancato e con i quali avevo iniziato la battaglia adesso... adesso se ne potevano contare solo poche centinaia. Gli altri, infatti, erano periti sul campo con la spada in mano, mentre il nemico aveva pagato le sue perdite dieci volte tanto per ogni passo che era riuscito ad avanzare.

    Prima che il sole si andasse a nascondere dietro la collina del nord e che tutto diventasse buio, il mio cuore sanguinava senza essere stato toccato dalle spade del nemico. Attorno a me si raggruppavano ormai gli ultimi impavidi guerrieri. A migliaia, molteplici iatagane e spade furono innalzate per formare una sorta di muro di ferro luccicante. Poi, dopo appena un attimo di respiro,  i nostri avversari si avventarono su di noi, decisi di farci a piccoli pezzi. In meno di un quarto d’ora, tutto era diventato di un buio denso, forse troppo denso, tanto che l’occhio umano non riusciva a vedere nemmeno ad un passo più in avanti, ma io... Io ed i miei  Tepari...".

    Così il mio principe mi raccontò della sua vita. Per me, che non sono uno scrittore di professione, questo è il mio primo libro, il mio primo romanzo. Ed è chiaro che non riuscirò ad essere compreso da tutti quelli che in gran fretta ne leggeranno appena appena qualche pagina, magari con il solo scopo di poter poi esprimere le proprie critiche. Coloro, invece, che lo leggeranno fino alla fine comprenderanno che è stato scritto con il cuore, nel tentativo di presentarvi, così com'era in realtà, il giovane principe Ioan Vlad Basarab. Sì, parlo dello stesso uomo conosciuto anche come Vlad Tepes perché era solito impalare i suoi nemici, o ancora come Dragulea, nella memoria del popolo Kaziglu-bey della storia Ottomana.

    Ma mai, in nessun caso, il popolo che lo conobbe lo ha ricordato come Dracula: questo soprannome gli fu imposto, infatti, solo successivamente. Ed ora, in queste pagine, è mia intenzione puntare il dito contro coloro che avevano il sacrosanto dovere di difendere il nome di questo degno figlio del popolo romeno. Questi letterati, dimenticando quanto il principe Vlad aveva fatto per loro e continuando stupidamente a chiamarlo con quel maledetto soprannome, non hanno fatto altro che mancare di rispetto anche al popolo romeno. La cosa che però più mi amareggia è che il mondo- questo mondo di analfabeti che forse non sa neanche dove il mio principe sia nato e vissuto- pronunci quel nome facendo riferimento a Vlad descrivendolo come fosse un cannibale e un mangiatore di bambini. La gente dovrebbe leggere ed informarsi prima di parlare a vanvera, prima di fare e dire cose insulse. Al Principe Ioan Vlad Basarab si dovrebbe solo portare rispetto per il suo coraggio e per la sua sete di giustizia.

    Avete mai sentito parlare voi di un qualche personaggio politico o militare, di un attore o anche solo di un semplice sconosciuto che accetterebbe, di buon grado, di cambiare il proprio nome in Dracul, Dracula,ovvero Diavolo? Per carità! Faccio un appello al vostro senno: non esiste, su tutto il globo, neanche una persona che si farebbe chiamare Dracul, Diavolo.

    ***

    Dracula, era una terrificante creatura delle tenebre: un'anima immonda, che- guarda caso- viveva proprio nelle terre della Transilvania. Mordeva gli uomini sul collo, succhiando loro il sangue. Sottolineiamo, inoltre, come tutto questo fosse possibile soltanto di notte. Durante le prime ore del mattino, infatti, la spaventosa creatura, appartenente alla famiglia degli Vampiri, ritornava nella sua tomba. Chiaramente si trattava di un posto oscuro, capace di difenderla dalla luce del sole poiché questa avrebbe potuto incendiarla, facendola bruciare come un falò.

    Il Vampiro poteva essere ucciso soltanto con un palo appuntito- a patto che fosse di frassino o  di rovere- con il quale doveva essere trafitto, senza pace, esattamente sul cuore. In alternativa  lo si poteva sparare con delle cartucce d’argento. Per entrambe le pratiche di uccisione non esisteva alcuna limitazione. Che fosse giorno o notte, dunque, non importava: il Vampiro moriva lo stesso.

    Allora... Dopo la sommaria descrizione di tale creatura che ho appena messo a punto, mi permetto di domandare a tutti coloro che, scrivendo, hanno parlato del Drago e di Dracula come fossero la stessa creatura: si somigliano?! Se insistete nel dire di sì, almeno spiegatemi quale sia questa grande somiglianza?!

    A questo punto mi auguro che nessuno di voi- stolti e ciechi che non siete altro- mi venga a raccontare di aver visto anche il Drago andarsene in giro dopo la mezzanotte con le stesse intenzioni di Dracula. Mi appare abbastanza improbabile che un Drago si sazi semplicemente mordendo un collo  e succhiandone del sangue. Credo che minimo farebbe della vittima prescelta un solo spuntino! 

    Ai giorni nostri, se ne raccontano davvero tante e tante di cose fantastiche, di creature che sono una  più terribile dell'altra. Ma io, miei cari lettori, non posso certo dirvi se tali esseri siano veramente esistiti o se forse, anche oggi, continuino a vivere nascosti da qualche parte.

    A questo punto, poiché ricordo perfettamente con quanta impazienza, durante la mia infanzia, leggessi le storie con  Fat-Frumos si Zmei  cei rai, con la Muma Padurii, la brutta Baba Cloanta Cotoroanta, ho deciso di farvi un regalo: offrirò anche a voi l'opportunità  di vivere quelle emozioni. Si tratta, infatti, di storie senza età, di storie immortale... Lascerò però che siate voi a decidere se i personaggi e le fantastiche creature  di tutti quei racconti siano reali o immaginarie.

    Io, però, dal mio canto, posso dirvi ad alta voce, con la mano destra sul fuoco- come in un giuramento Dacico- che il principe Vlad è veramente esistito e che in più ha anche regnato per tre volte sulla terra e sul popolo Valaho. Non era un Vampiro. Non era un adepto di un culto del sangue. Non era più crudele di tanti altri condottieri a lui contemporanei. Questi altri, tra l'altro, non lottarono, come faceva lui, per difendere le loro case, le loro terre e il loro popolo. Erano semplici invasori, in grado di portare solo morte e distruzione.

    Per quanto poi riguarda Vlad, a causa del metodo da lui impiegato nell'uccidere i ladri, i corrotti, i traditori, gli imbroglioni e i soldati che assaliva il suo Paese, la storia è solita classificarlo tra i  personaggi più terribili che il mondo abbia mai conosciuto. È per questo che il suo nome è rimasto così impresso nella memoria di tutti noi... semplici  moritori, sia che lo onoriamo o meno.

    Vlad ,nacque in casa reale  a Sighisoara,22 novembre 1431,nella zodia dello scorpione,figlio di Ileana di Moldova e di Vlad Dragul,cavaliere del potente Ordine del Drago,di dove anche il diminutivo del Dragul,e nipote di Mircea cel Batrin,tutti dalla potente e grande famiglia dei Basarab,con vari rami ,Danesteni,Craiovesti,Dragulesti,Cretulesti)che avranno ruoli molto importanti nella storia della nostra esistenza.

    Vlad aveva altri due fratelli,Mircea ,che era più grande di lui,e Radu,senza tener conto di tutti i Nascuti din Flori,che tante Tiitoare,gli dichiaravano come il frutto di amore,di una sola notte,con il Vald Dragul,cosi come era anche Vlad Calugarul,della zona di Braila,era un costume abbastanza  di moda,neanche Vlad Dragul,non e stato riconosciuto ufficialmente come figlio ,di suo padre Mircea cel Batrin.

    Da bambino,Vlad  dimostra una forza fuori dal comune e una personalità,che raramente si poteva incontrare a bambini di quei tempi,nello stesso tempo,dimostra un grande interesse a tutti i tipi di armamento e tattica di lotta,passa molto del suo tempo tra gli Osteni e i saggi della corte  reale,nel resto del tempo era sempre solo e ritirato in se stesso.

    Avvolte ,alla corte di suo padre cerano degli ospiti,che venivano con i loro figli,con qualle Vlad ,faceva subito amicizia,ma visto con occhi di un adulto,pareva un bimbo senza voglia di giocare,soltanto chi lo conosceva,sapeva che i giocatoli del principino,erano le armi.

    Nel 1442,Vlad,accompagna suo padre alla corte del Sultano,e tutte due avevano il presentimento che uno di loro non farà mai il ritorno accasa,erano i ultimi momenti che li passavano insieme. Il male inizia  a vincere il confronto con il bene.

    Per assicurarsi la collaborazione del Vlad Dragul,ostacolo nel camino del Impero ottomano,verso l’ovest,il Sultano decide di tenere in ostaggio il piccolo principe,suo padre ritorna accasa con il cuore spezzato di dolore,suo figlio,il suo preferito  e successore al trono,si era offerto lui stesso davanti al Sultano,come ostaggio. Con questo gesto, il giovane principe faceva il suo primo sacrificio  per il bene del suo paese,gesta che evidenzia,sicurezza  e fiducia in se stesso,coraggio e il sangue freddo che lo caratterizzerà per tutto il resto della sua vita.

    Il tempo passato alla corte  del Sultano,gli arricchisce le sue conoscenze politico-militare,osserva come vivono e pensano i turchi,come si preparano e come danno le battaglie,le guerre,ma lega molte amicizie con literatti,saggi,scamatori e magi,lottatori,da quale impara moltissime cose ,che lo aiuteranno in tante e tante occasioni.

    Nel anno 1447,Vlad,rimane orfano,suo padre e suo fratello Mircea,vengono ammazzati sulle colline vicino a Balteni,e molte malelinguedicono che Iancu era mischiato in questo orribile crimine. Un paio di mesi più tardi,vengono uccisi altri membri della famiglia,e quelli che riescono a sfuggire alle trapolle dei loro nemici,sono in pochi,ma riescono a rifugiarsi  e mettersi al sicuro,trovando rifugio alle corti dei amici. Il giovane principe soffre moltissimo per la morte di suo padre e di suo fratello,e quando viene a sapere che la sua famiglia veniva sterminata,la mente gli si oscura ed il desiderio di vendetta su quelli che hanno ucciso il padre ed suo fratello,gli riempie l’anima.

    Lo stesso sentimento,non e condiviso del suo fratellastro ,Radu,anche lui ostaggio aggiunto alla corte del Sultano,e perche era un giovane con tratti molto delicati ,sarà chiamato Radu il Bello,ma questo aveva un carattere debole e pieno di vizi e manie,cosi come dimostra  da quell giovanne età,passata alla corte degli Ottomani,dove riesce a strapare al Sultano ,la promessa di dargli il trono della Valahia.

    Vlad,fugge dalla corte del Sultano,si dice che la fuga del principe era legata anche di un momento di debolezza da parte del Sultano,ed il modo  rocambolesco di scappare,dalla fortezza e delle sue guardie,dimostra di che cosa era capace il principe Vlad.

    Arrivato accasa,riesce senza grandi sforzi a cacciare via  quello che occupava il trono del suo paese,ma si ritira nella Moldova di Stefan,dopo che e stato sul trono ,per quasi tre mesi(Agosto-Novembre,del 1448,anno bisestile),poco tempo per dimostrare le sue qualità militare e di buon condottiere,pero abbastanza,per mettere paura nel cuore dei nemici giurati dalla sua famiglia anche negli soldati turchi,considerati nemici mortali del suo paese e della cristianità.

    La fine del ano 1448 e fino alla ottobre del 1450,vive come rifugiato alla corte di Stefan,figlio di Bogdan – ll, e qui che conoscerà il grande generale Iancu de Hunedoara.

    1451,Vald e Stefan,riescono a scappare con la vita,in seguito al tradimento della corte Moldoveneasca e si ritirano,tute due,in Transilvania,alla corte di Iancu.Sono ani,in quale Vlad ,partecipa al fianco del potente Iancu,a molte campagne militare,cosi inizia a essere conosciuto di diversi generali di armata,nobili,e un sacco di  abituali della corte Del reggente,ma anche dai preti e saggi,inizia a spaventare molte delle sue conoscenze. Vald,incoraggiava gli soldati che lottavano al sul fianco,dicendogli di  moltiplicare per dieci,il detto Dente per dente e occhio per occhio.

    Nel 1453,cade Costantinopoli,cambiando di nome,in Istanbul,il giovane principe partecipa alla difesa della città,con un gruppo di osteni molto fedeli,che tra l’altro hanno lottato anche per suo padre. Con questa occasione,riesce a uccidere molti assalitori turchi,nei modi più spaventosi,ma scappa anche da un attacco ,fatto da  un gruppo di osteni traditori,mandati di quello che occupava il trono del paese in quel momento.

    1456.anno bisestile,Iancu ,onora la sua promessa  e aiuta il giovane,impavido ,ma anche saggio principe ,a tornare accasa sua e salire sul trono della Valahia,in questo modo ringraziava al impaziente principe,che nel frattempo, diventasse suo  amico ,e uno degli pochi uomini di fiducia .

    La verità e che il reggente,aveva piani molto grandi per il nostro Vlad,per quale nutriva un sentimento quassi paterno,spesso nel comportamento del principe ,si rivedeva lui quando comincio a farsi strada con la spada in mano. Ma il grande Iancu  de Hunedoara,non potrà assistere al intronazione del principe Vlad,22 agosto,perche morirà di malattia ,dieci giorni prima del evenimento.

    Dan Vladislav,il nemico  di morte di suo padre,viene preso dagli uomini di fiducia di Vlad,e poiché questo si riteneva un grande spadaccino ,Vlad gli diede una possibilità di scappare ,provocandolo al duello,dopo venti minuti,era disarmato e piangeva,chiedendo pietà,ma Vlad ,lo fa scavare la sua propria tomba e poi ,con un solo colpo di spada, gli fa volare la testa.

    Alla domanda, fatta da un prete,in quanto riguarda l’impalamento,gli rispose  facendo allusione a tutti quelli crocifissi,e dicendo che lui non poteva utilisare la crocifissione,perche gli ricordava quanto a sofferto  e come era morto Colui che era venuto in pace.

    Tutta l’Europa gli associa l’appellativo Impalatore,pero erano contenti di lui,perche era un ostacolo difficile da passare per l’esercito Ottomano. Sul piano interno,ritorna la sicurezza  e la mano forte e giusta della legge,punisce con la morte,giudici corrotti,,ladri,briganti,imbroglioni,facilita il commercio onesto con gli stranieri,aiuta gli contadini,e abolisce delle tasse  che erano esagerate,ma chiede l’aiuto del popolo per  il mantenimento del esercito. Un grande literato Italiano,di quelli tempi dice:Non ce posto più sicuro per la busta con i soldi di un commerciante,che  le strade dal paese di questo giovane e coraggioso principe Vlad,quale scelse come simbolo di sicurezza e tranquillità per il suo paese,un calice d’argento ,messo alla bocca di una fontana,con quale i viandanti potevano dissetarsi con questa acqua fredda e cristallina.

    Sul calice era scritto"Quando non troverete più ,questo calice, a questa fontana,sapiate che  Io Vlad Tepes,non sono più il Signore della Valahia.

    In tutti gli anni ,che lui regnerà su trono del paese,ordinerà la costruzione e ristrutturazione(riparazioni generali)di un paio di monasteri,come Strejnicul,Turnu e Comana ,vicina al fiume Neajlov.Alza la fortezza Poienari,fortifica Tirgovistea e  Dimbovita,si dedica al rifacimento della Curtea Domneasca,di Bucarest,organizza un vero ed efficiente esercito regolare,che non era più di trentamila uomini,ma la preparazione ,istruzione e la disciplina di quale davano speso prova,lasciavano capire ,che,Il piccolo ceppo puo rovesciare Il carro grande,.

    Una delle qualità più importante degli  Osteni,del esercito di Vlad,era l’onesta,che si completava con  il senso del Onore e correttitudine,spirito di sacrificio,che Vlad a saputo  seminare nel anima e nella coscienza di questi impavidi lottatori,degni difensori della terra e della loro origine dacica,e che al loro turno sapranno imparare i loro figli e nipoti,istruendogli,e transmetendogli questi valori spirituali e morali.

    Spesso ,il principe Vlad,dormiva nella tenda degli osteni,mangiava insieme con loro,e si mischiava tra le truppe come ogni semplice ostean,che faceva di guardia.

    Non poche volte,Vlad ,lasciava negli abbiti degli ostean,piccole ricompense in danaro,senza che questi vengano mai a sapere di dove provengono quei denari. E tra quelli più bravi di tutti ,cera anche un o che era bravissimo nel maneggiare l’arco,era un lottatore molto  forte e intelligente,si chiamava Ion,ed era  capitano di un gruppo di guerrieri speciali,ma lui,aiuterà moltissimo alla conservazione degli insegnamenti  del Ordinul Teparilor,creato dal suo signore,principe Vlad.

    Nel 1457,dopo la morte del Iancu de Hunedoara,la campagna  contro l’espansione Ottomana,si ferma,sbaglio ,che Vlad condanna a voce alta e in presenza di tutti quelli rimasti a comandare l’esercito cristiano. Sempre in questo anno,aiuterà il suo cugino ,Stefan,dalla spiza degli Musatini,a occupare il trono dalla Moldavia,ma che sarà  ricordato nella storia della Romania,col nome di Stefan cel Mare.

    Prende gli ultimi boiardi colpevoli dalla morte di suo padre e fratello,gettati nella fossa feriti gravemente ma ancora vivi. La morte di questi boiardi e terribile,tra di loro c’era  gli boiardi,Sirbu,Pancea,Pahulea,Dumitru.

    Toma ,il suo uomo di fiducia,e nominato con il grado di generale,uomo di fiducia di suo padre,e della stessa lealta  nel confronto di Vlad,ma alé sue insistenze ed anche alle quelle degli consiglieri più vicini a lui,perdona i commercianti di Sibiu e Brasov,e accetta  di fare pace con loro,anche se il suo fratellastro ,Vlad Calugarul,gli scapa tra le mani ,nel attacco fatto contro il Sibiu e Brasov.

    Nel anno 1458,Matia Corvino,figlio di Iancu de Hunedoara,diventa il re del Impero,e anche se sarà ricordato come un grande re,non si puo dire che e stato al altezza di suo padre,perche non era cosi coraggioso e non aveva le qualità di militare come suo padre. Riuscirà con grande difficoltà a conservare le frontiere del suo Impero.

    Vlad Tepes,sposta la capitale,da Tirgoviste a Bucarest,ma la sua Tirgoviste ,rimane comunque una città molto importante. Primo massacro degli boiardi traditori,questi erano quassi in cinquecento,ed il giorno della loro esecuzione,sarà il giorno del santo pasqua. Molti Signori e regnanti,hanno condannato e ucciso i loro nobili e consiglieri,ma Vlad,sorpasso tutti,il modo di uccidere questi e stato spaventoso,anche se si facevano colpevoli,di tante,troppe crimini,per quale nessuno mai a avuto il coraggio di punirgli,invece Vlad,non perdonava niente.

    1459,la primavera di quel anno,era abbastanza mite e calorosa,per ciò ,si e diretto verso  il cantiere della Curtea cea Noua di Bucarest,ma viene subito a sapere,che un certo Albu cel Mare,il tesoriere,si e messo ad attaccare Tirgovistea ,con truppe del esercito turco e  anche di mercenari e boiardi traditori.

    Vlad,si arrabbia moltissimo per questo affronto al suo potere,e si scaglia contro le truppe di Albu ,con una furia mai vista,in mezza giornata,ammazza quassi tutti undici mila,un solo gruppetto di trenta persone,gli scappa fuggendo,ma non sapendo di accontentarsi che aveva salva la vita,il boiardo Albu cel Mare,viene catturato proprio di Vlad e una manciata di uomini di fiducia e poi viene impalato.

    L'anno successivo, il grande Brasov venne attaccato con una mossa che gli costò quasi la vita. Lo stesso attacco era stato condotto da Vlad in persona, il quale decise subito di colpire, in un secondo momento, anche Fagaras. In quest'occasione venne così a sapere dove Vlad Calugarul, il suo fratellastro, si fosse rifugiato e nascosto. Ma, come è stato già detto in precedenza, quest'ultimo era davvero protetto da Dio e aveva per questo ancora diversi giorni da vivere.

    Nel 1461, Vlad Tepes fu costretto a rispondere all'attacco che Mahomed II aveva organizzato contro di lui. Ebbe così modo di fronteggiare avversari che si erano dimostrati molto pericolosi. È per questo che uccise Hamza-Pascia, insieme al perfido Catabolinos  il Greco. Li impalò tutti lungo la strada di Tirgoviste –Giurgiu, la  stessa che sarebbe poi stata liberata  subito dopo la morte del Hamza –Pasa. Ancora una volta fu dimostrato come la migliore difesa fosse l’attacco.  Dopodiché decise di trascorrere l’inverno nella fortezza di Giurgiu che si affacciava sul Danubio. Quando giunse il 1462, Vlad scrisse una lettera al re Matia Corvino. Allo stesso tempo gli inviò sue notizie servendosi del suo luogotenente, Radu. Gli spiegò allora come lui non avesse alcuna intenzione di aspettare che i Turchi iniziassero ad invadere il Paese, per questo avrebbe subito dato battaglia. Nella primavera di quello stesso anno, il nostro Vlad sconfisse così  Mahomed il pascia Greco, il quale aveva avuto la sfrontatezza di oltrepassare il Danubio con diciottomila ienizeri . In realtà aveva avuto l'ordine da parte del Sultano di organizzare semplicemente il campo e poi di attendere il suo arrivo, ma Mahomed scelse di non obbedire. Cominciò così ad attaccare dei villaggi abitati da gente inerme: un'angheria che Vlad non riuscì a tollerare. Perciò, con seimila cavalieri che lo seguivano, lo contrastò sino determinarne la sconfitta definitiva.

    Di quell'esercito sopravvisse solo un centinaio di soldati, i quali avevano preferito darsi alla fuga con il Pascia Grecul piuttosto che continuare a combattere contro Vlad.

    Nel mese di giugno, fu questa volta il Sultano ad oltrepassare il Danubio. La sua invasione del Paese equivalse ad una vera e propria dichiarazione di guerra. Vlad, in realtà, non stava aspettando altro. Quando organizzò il suo contrattacco, riuscì così ad ottenere delle vittorie davvero clamorose. È impossibile dimenticare quelle che furono conseguite vicino al Turnu o quelle altre nelle vicinanze di Giurgiu. Dopo questi eventi giunse però il momento di colpire con la mossa che è passata poi alla storia come l'Attacco di Mezzanotte. Vlad decise, infatti, di organizzarlo con il favore del buio: durante la notte tra il 16 e il 17 giugno.

    Quella del 16 giugno sarebbe stata una semplice domenica come tante se il nostro Vlad non avesse deciso di attaccare l'accampamento nemico. Si recò sul posto a capo di cinquemila cavalieri, ciascuno dei quali indossava l'uniforme dell'esercito turco. Quella notte incendiarono di tutto ed uccisero un nemico dopo l'altro, senza alcuna pietà. Nella confusione che si era venuta a creare, molti soldati dell'esercito turco iniziarono addirittura a lottare fra di loro. Non riuscivano più a capire chi li stesse veramente attaccando, a distinguere l'avversario dal compagno. Si pensò anche ad un tradimento finalizzato all'uccisione del Sultano: ad ogni modo bisognava continuare a combattere. E il regista, nonché il vero protagonista, di tutto quest'episodio fu proprio il principe Vlad.

    Soltanto alle prime ore del lunedì mattina, i soldati turchi si fermarono. Illuminati, infatti, dalla timida alba del 17 giugno, si resero conto di quanto fosse veramente accaduto durante la notte appena trascorsa. Ma ormai era troppo tardi: l’accampamento del Sultano era stato quasi del tutto distrutto. Dei duecentomila soldati, che l'esercito turco aveva contato sino alla sera prima, erano rimasti solo pochi uomini. Il più fortunato di tutti era stato sicuramente il Sultano. Quella notte, infatti, gli uomini di Vlad, nonostante la confusione, si recarono presso la sua tenda con l'intenzione di farlo prigioniero. Il caso volle però che questo non avvenne. Questo perché il Sultano, la sera precedente, aveva mangiato e bevuto nella tenda di un suo Viziro. Essendo dunque troppo stanco per tornare alla sua di tenda, decise così di riposare, solo per quella notte, nella postazione destinata solitamente al suo Viziro. Per tale motivo, gli uomini di Vlad non riuscirono a scovarlo e poi a catturarlo. Anzi: all'ora dell'attacco, il Sultano stava dormendo beato tra le braccia della sua amante. In fondo, non aveva mai ritenuto il principe capace di combinare un putiferio del genere. Proprio Vlad che, sino a qualche tempo prima, era stato un semplice ostaggio presso la corte di suo padre.

    Vlad perse pochissimi incursionisti , al contrario dell’enorme esercito turco, il quale era stato letteralmente demoralizzato. Si stima, infatti, che quello ottomano, in quell'occasione, abbia perso più di tre quarti dei suoi ufficiali, oltre ad un numero impressionante di soldati morti e feriti.

    Nonostante non fosse cattolico, Vlad decise ugualmente di chiedere aiuto a papa Pio II. Dal suo canto, il pontefice si rivelò essere molto entusiasta per le imprese compiute dal principe Valaho. Per tale ragione, decise di rispondergli con una lettera nella quale gli consigliava di condurre i nemici ad una morte che fosse un po' meno atroce. E così dicendo, gli inviò anche un importante ausilio economico affinché potesse mantenere il suo esercito. Lo scopo era quello di garantire ai soldati di Vlad le armi necessarie per dar battaglia agli infedeli. Purtroppo l’invidia  di certi boiardi traditori e la cattiveria dei commercianti Brasoveni e Sibieni acquisirono dimensioni colossali. E anche l’avarizia di un gruppo di preti e l’inesperienza del giovane re Matia Corvino giocarono, in tutta questa faccenda, un ruolo importante. Tutte e quattro, infatti- nessuno escluso- costituirono dei fattori determinanti rispetto a quello che poi in seguito si sarebbe verificato. Con il pretesto che il principe Valaho aveva in passato tradito la causa cristiana, questi gli tesero, infatti, una trappola. Fu dunque così che riuscirono a catturare e ad arrestare il coraggioso Vlad: accusandolo di stregonerie e di misfatti che non aveva mai compiuto, sputando a destra e a manca quelle che in realtà erano solo delle squallide menzogne.

    Tutto l'oro che era stato regalato dal Papa di Roma- uomo saggio quanto intelligente- venne ovviamente diviso tra gli accusatori del principe. Nel frattempo sarebbero trascorsi mesi di  grande sofferenza per l'impavido Vlad. Mesi di carcerazione e di vero dolore... E sarebbe stato proprio tutto  questo tempo a temprare maggiormente il suo carattere, mettendo, giorno dopo giorno, a dura  prova la sua pazienza e il suo potere interiore. La storia si stava ripetendo: stava accadendo esattamente quello che si era già verificato, anni prima, presso la corte del Sultano.

    Finalmente giunse il 1475: fu, infatti, questo l’anno in cui il re Matia Corvino si rese conto degli errori che aveva commesso e si vide perciò costretto a scusarsi con il principe Valaho e di aiutarlo  a ritornare acasa. Intanto erano trascorsi ben tredici anni e Vlad era stato obligato a vivere presso Visegrad e Buda. Si era, inoltre, anche sposato. Aveva preso in moglie la bellissima Elena- Ilona Szilagyi-, la quale, a sua volta, era la figlia di un suo grande amico, il Barone Mihail Szilagyi.

    Fu allora che, dopo tanti anni, Vlad ebbe di nuovo tra le mani il simbolo del potere e tutti i titoli che gli appartenevano di diritto. Purtroppo era tardi e il principe aveva ormai compreso chi fossero veramente i suoi amici e chi i suoi nemici.

    Tornato a casa, sedette così sul suo trono. Rimasto poi, per più di sette mesi, alla guida del suo popolo, la prima cosa che fece fu quella di riorganizzare il suo esercito. Insieme a tutti gli osteni che gli erano rimasti fedeli, ricominciò subito a lottare contro i Turchi. Nonostante fossero passati molti anni, Vlad riuscì ugualmente a conseguire gli stessi risultati di un tempo, a raggiungere lo stesso successo e ad ottenere una vittoria dopo l'altra. Sembrava che non esistesse uomo o esercito che fosse in grado di fermarlo, ad eccezione di Dio. Era di una ferocia che nessuno dei presenti ricordava di aver mai visto sino ad allora. Riuscì a spaventare addirittura gli ultimi Cavalieri Tepari, i quali rimasero sempre al suo fianco, sia nella buona che nella cattiva sorte.

    Queste sono le date cronologiche più importante della vita del grande Vlad Tepes, nonostante il fatto che su di esse è possibile covare un po' di insicurezza. Esiste, infatti, una grande confusione di tesi, di idee e di informazioni sul conto di questo personaggio storico. Molte di esse addirittura ci riconducono a versioni in contraddizione l'una rispetto all'altra. Questo prevalentemente accade perché i documenti originali redatti dai  storici del tempo sono oggi effettivamente pochi o comunque difficili da rintracciare.

    Ad ogni modo, tutto quello che Vlad ha costruito e realizzato, o le innumerevoli battaglie e guerre che ha a suo tempo vinto, sono tutte gesta che rimangono parti indelebili della storia dell'umanità. Non si può negare come il giovane principe Ion Vlad de Basarab abbia contribuito all'unione, al rinforzamento, allo sviluppo e all'indipendenza della Romania. È grazie a lui se questa Nazione è riuscita a diventare uno Stato moderno con un potere centralizzato. Alla stessa maniera, è sempre merito suo se la capitale fu spostata a Bucarest, fiore all'occhiello del Paese all'epoca come oggi.

    La mente astuta e il cuore  coraggioso del  giovane genio militare furono riconosciuti già da tutti gli uomini importanti di quel tempo, proprio perché era riuscito a mettere in grande difficoltà il maestoso esercito Ottomano. Lo stesso che era solito muoversi con più di duecentocinquantamila uomini armati. E lui, Vlad, nonostante avesse a disposizione soltanto trentamila uomini, obbligò i Turchi a una ritirata vergognosa. Se l’esercito cristiano gli avesse dato ascolto, avrebbe potuto colpire Istanbul con un attacco a sorpresa: la vittoria sarebbe stata sicura. I Turchi erano, infatti,  deboli. L'imponente esercito era diviso in quattro parti, ciascuna delle quali era collocata a grande distanza dalle altre. Il vantaggio più grande però era che Vlad conosceva i luoghi in cui si sarebbe svolto lo scontro. Purtroppo solo i soldati cristiani si entusiasmarono di fronte a tale prospettiva. I generali, infatti, erano piuttosto invidiosi delle vittorie riportate dal principe e contemporaneamente avevano paura. Sì, avevano paura di lui e del suo pazzesco coraggio.

    Oggi si potrebbero dire molte cose sul conto del principe Valaho, Vlad Tepes. Ad esempio ricordare come abbia vissuto quarantacinque anni, ma ne abbia trascorsi quasi la metà in veste di ostaggio presso la corte del Sultano prima e del Matia Corvino poi. Ovviamente sempre minacciato dalla lama di una spada imperiale. Gli anni seduti sul trono furono davvero pochi e soprattutto travagliati, pieni di momenti di pericolo, di ombre e di lotte... lotte in cui si confrontò con tanti avversari e nemici. A volte- sì, in certi momenti- gli sembrava di combattere contro tutti i demoni dell'inferno. Gli capitava di avere addirittura l'impressione che una parte della sua anima si allontanasse da lui per andargli contro e combattere schierandosi dalla parte di quegli stessi demoni. Spesso si ritrovò da solo, abbandonato anche dalle persone che lui per primo aveva aiutato a salire al trono. Tuttavia il popolo, il popolo Romeno, lo conosceva bene ed è per questo che lo ricorda come un padre che non dimentica il figlio amato. Vlad fu un vero difensore della stirpe Romena, del nostro Paese e della nostra fede. Il soprannome di Contele Dracula-Vampirul gli sarebbe poi stato assegnato dalla mente poco sana di un qualunque quanto insignificante scrittore. Sono, infatti, propenso a pensare che il giorno in cui ebbe l'ispirazione per la sua opera, quest'uomo avesse effettivamente bevuto troppi bicchierini di scotch o che forse, la notte precedente, avesse avuto un incubo. Ad ogni modo, per quanto riguarda la morte del mio principe, sono davvero tante, tante le storie raccontate...

    Era l'anno bisestile 1476. Durante la domenica del 15 dicembre, il traditore Laiota cel Batrin attaccò Vlad, sostenuto da un grande esercito composto in gran parte da soldati turchi. In realtà quest'uomo apparteneva alla stirpe dei Basarab ed era uno zio del principe, eppure la parentela di sangue non bastò a persuaderlo dalle sue cattive intenzioni.

    I due eserciti si scontrarono con tutta la forza della quale erano capaci e, per più di un'ora, non si seppe quale dei due schieramenti avrebbe mai vinto la battaglia: la moltitudine degli invasori o gli Osteni di Vlad?

    Ma anche questa volta Vlad si lanciò nella mischia come un Dragone. Così, nel giro di poco tempo, fece subito terra bruciata attorno a sé. La strage durò circa due ore, ma alla fine la vittoria era dalla parte del principe Valaho, al quale, a questo punto, non restava altro se non ritirarsi su di una collina un po’ più alta rispetto al campo di battaglia. Giusto per il gusto di poter osservare come gli ultimi soldati turchi fossero stati eliminati.

    La cronaca del tempo  sostiene che proprio in quel momento di serenità, un gruppo di boiardi decise di attaccare Vlad alle spalle, riuscendo ad infilzarlo con le lance. Si trattò chiaramente di un attacco fatto a tradimento, con rapidità e senza fare rumori. La testa del mio principe fu così mandata finalmente alla Poarta Sultanului ed il suo corpo fatto a pezzi per poi essere infine esposto in varie parti della capitale, Bucarest.

    Altri storici raccontano, invece, che sia stato ucciso per sbaglio da un gruppo di soldati, i quali lo avrebbero, infatti, scambiato per un Turco. Altri ancora dicono che dopo esser morto, la sua salma  sarebbe stata sepolta in un monastero, il quale a sua volta sorgerebbe su di una piccola isola al centro di un lago. La tomba, realizzata in marmo, si troverebbe dunque proprio sotto l’altare di tale monastero, custodito da un Ordine di monache e di monaci. Addirittura si narra che, grazie al grande potere del Signore, Vlad si sia un giorno destato dall'eterno sonno, provando ad uscire dalla sua tomba...

    Tutte queste storie sono ovviamente soltanto dicerie. Eppure è altrettanto vero che, in quegli anni, tra il popolo fosse molto diffusa una certa preghiera che la gente era solita rivolgere al Signore. Tutti desideravano, infatti, che il principe tornasse in vita. In questo modo, avrebbe di nuovo trionfato la giustizia. Nessuno riusciva più sopportare i soprusi, i furti e i crimini che, da quando Vlad era venuto a mancare, rimanevano sempre impuniti.

    Ho letto e  mi sono documentato a lungo sull'esistenza di quest'uomo. Ho studiato presso molte, moltissime biblioteche del mio Paese. Senz'altro di grande aiuto mi sono state le opere letterarie di B.P Hasdeu, di M. Sadoveanu, di N. Iorga e di G. Calinescu. A volte mi sono apparse contraddittorie tra di loro, perciò alla fine ho preso a rifare da solo il cammino percorso dal mio principe secoli fa. Ho visitato i luoghi dove egli visse e quelli per i quali passò. Sono stato sui posti dove ha combattuto, ho toccato con mano la terra dove fece giustizia e ho anche ricercato la famosa fontana a cui fu applicato il simbolo della sicurezza, ossia il prezioso calice d’argento. Dopodiché ho visitato anche le località in cui si pensa che sia stato sepolto come Sibiu,Torgoviste,Comana o addiritura...Napoli. Ma questi posti sono delle semplice iniziative turistiche. Deve essere, inoltre, chiarito come esistano anche dei posti in cui ovviamente Vlad non ha mai messo piede in vita sua. Tuttavia diverse pubblicità mentono ed invitano i turisti a visitare le stesse città, affermando che queste siano state attraversate dal principe. Non è difficile immaginare come dietro a queste menzogne si nascondi un evidente scopo di lucro. Ricordiamo, infatti, come Vlad fosse nato a Sighisoara e come in seguito avesse toccato le terre di Tirgoviste, di Brasov, di Sibiu e quella del Fagaras, macchiandone ogni volta il suolo con il sangue nero del nemico e dei traditori. Successivamente si recò presso la terra del grande Impero Turco, passando per Ankara, Bursa, Egrigoz, Istanbul e arrivando infine nella capitale di quell'altro Impero, Budapesta. Belgrado dei Serbi, la terra dei Bulgari e quella del Skanderbeg, della Moldova e del Turnu Magurele, del Giurgiu e di Bucuresti furono tutti territori calpestati dai passi del principe. Mediasul, Braila, Poienarul, Ciceul, Bandul e Zarandul furono onorate di sentire il respiro del principe Vlad. Lo stesso valse anche per il piccolo villaggio Geoagiu, dove egli fu attaccato da un numeroso gruppo di criminali pagati appositamente per ucciderlo. Fortunatamente si trattò di un tentativo che fallì subito, lasciando a Vlad il tempo di vendicarsi di tutti i suoi avversari, determinandone immediatamente la morte. Dopodiché continuò il suo viaggio verso il castello della Hunedoara. Oltrepassò dunque il fiume Mures, che è quello vicino alla Magura Uroiului, per poi attraversare la Biscaria.

    Furono davvero tanti, dunque, i tentativi di uccidere il principe, ma alla fine a perire erano sempre i criminali e le persone che li avevano pagati per commettere l'assassinio.

    Vlad viaggiò molto, anzi moltissimo, e in tutti i luoghi per i quali è passato ha sempre lasciato alle sue spalle testimonianze della sua presenza. In taluni posti ha, infatti, costruito edifici; in altri ha agito con i fatti, regalando l'incancellabile eco delle sue gesta.

    Ci furono poi diverse donne che popolarono la vita del principe e che lo accompagnarono per tutto il cammino della sua esistenza. Di queste è possibile ricordarne un paio in particolare tra le più importante. Chiaramente quelle con cui si sposò, che l'adorarono e l'amarono a tal punto da suicidarsi, gettandosi anche dalla  torre della fortezza nelle acque insidiose del Arges. La prima moglie si chiamava Anasztasia Holszanska: già il nome suggerisce come non fosse originaria di Valahia. Lo stesso discorso vale anche per Cneajna Bathory e per la Donna della sua vita, Ilona Szilagyi. Tuttavia si racconta che, negli anni della sua gioventù, si fosse innamorato di una ragazza di Brasov. Si chiamava Katarina e la storia vuole che fosse la più bella di tutta la città. Con lei il sentimento del principe venne subito ricambiato poiché la fanciulla si innamorò perdutamente di Vlad. Purtroppo dopo l’arresto di quest'ultimo, da parte del re Matia, all'epoca si diffuse la voce secondo la quale il giovane fosse morto. Per tale ragione, Katarina si ritirò in un monastero e dopo diversi lunghi anni, trascorsi affogando le lacrime nel cuscino, alla fine morì. Morì straziata dal dolore e dalla tristezza, senza mai dimenticare il suo amato principe.

    Come è capitato a tanti condottieri, anche Vlad ebbe le sue scappatelle e avventure amorose con donne Valahe, ungheresi, germane e moldave. Così non furono pochi i Figli dei fiori che chiesero di salire sul suo trono per poi ereditarne il Paese. Nonostante ciò solamente uno di loro sarebbe poi riuscito a sedersi realmente sul trono di suo padre: il suo nome era Mihnea cel Rau il principe della Valahia.. Un altro figlio di Vlad sarebbe, invece, stato affidato ad un prete della zona di Cris, Ma non vanno dimenticati  Mihail,Vlad Ladislaus, seguiti in ultimo da una femmina, Zaleska.

    Soltanto uno di loro era davvero sereno delle sue condizioni, lo stesso che non aveva mai preteso di ereditare il trono. Era stato l'unico a non gridare in giro che suo padre fosse il grande Vlad Tepes. Questo giovane preferì, infatti, vivere accanto a suo padre come un semplice Ostean appartenente al Ordinul Teparilor. Non abbandonò mai Vlad, gli fu sempre vicino, sia che fosse tempo di pace che di guerra.

    ––––––––

    Era davvero un giovane possente e molto bello. Fu per questo chiamato da tutti Mindricel Strejarul. Non c'era persona che guardandolo non si meravigliasse della sua somiglianza con il principe. No, la sua era molto più di una semplice somiglianza. Sembrava esserne una vera e propria copia. Così, inevitabilmente, anche se dopo tanto tempo, fu finalmente riconosciuto come figlio legittimo di suo padre, il Signore della Valahia.

    Molti storici di allora descrivono Vlad come un uomo dai lineamenti del volto piuttosto sgradevoli, per niente attraenti. Eppure si sa che il principe Vlad avesse un'altezza di circa un metro e settantacinque, le spalle dritte e larghe e delle braccia assai forti. I suoi capelli erano neri e, a volte, quando li lasciava crescere, erano ricci. Di frequente però li tagliava in modo che fossero corti. Gli occhi erano verdi e lo sguardo fulminante, di quelli che penetrano sino al midollo osseo. Il colorito della sua pelle era tutt'altro che pallido; anzi, a causa dei suoi ripetuti viaggi, dava sempre l'impressione di essere abbronzato. La voce era forte e possente come quella di un tenore, ma neanche minimamente calda. Per tale ragione le donne rimanevano sempre piacevolmente colpite dal suo bell'aspetto, per non dire che andavano letteralmente matte per lui. Non era raro che gli lanciassero delle occhiate languide o che fossero disposte a cadergli tra le braccia. In fondo a tutte le donne piace avere accanto a sé un uomo che sia contemporaneamente di bella presenza, ricco, intelligente, coraggioso  e impavido fino alla pazzia.

    Sono molti i tesori in oro e in argento che, realizzati ai tempi dei nostri antenati Daci, sono giunti ai nostri giorni grazie alle scoperte archeologiche effettuate dopo l’anno 1989. Si tratta di migliaia di monete, di decine e decine di bracciali, anelli, ornamenti e medaglioni dal valore inestimabile. Con l'amarezza nel cuore, mi sento purtroppo in dovere di segnalare come tutte queste testimonianze non vengano però conservate nei nostri musei, intendo quelli del nostro Paese. D'altronde non ci sarebbe cosa più giusta, anche per dimostrare l'appartenenza del popolo romeno a queste terre. Purtroppo, come dicevo, tali tesori sono stati venduti per un pugno di dollari, come se si trattasse di un volgare braccialetto comprato al mercatino delle pulci, di quelli che si è soliti acquistare quando si desidera fare un regalo ad una qualsiasi ragazza sciocca e poco intelligente.

    Continuando poi le mie ricerche, ho scoperto inoltre come in realtà nessuno conosca la verità sulla morte di Vlad o quantomeno dove sia stato in seguito sepolto. A dire il vero, avvolto dal mistero è anche il luogo in cui il nostro principe decise di nascondere il suo enorme tesoro. A distanza di secoli, infatti, devono ancora essere ritrovati i diamanti, gli smeraldi, le monete in oro e in argento e tutto quello che Vlad aveva accumulato nella tesoreria dello Stato.

    Sono numerosi gli avventurieri e gli archeologi che si sono impegnati nella loro ricerca. Ma il fatto che fossero tutti degli studiosi in gamba e molto competenti servì davvero poco. Addirittura il governo comunista li cercò disperatamente, senza però raggiungere alcun traguardo.

    L’unica traccia che si ritiene sia veramente attendibile è quella che sostiene che il tesoro sia stato nascosto sul fondale di un piccolo fiume, nelle vicinanze di un mulino ad acqua, il quale dovrebbe però essere collocato sulla riva destra rispetto alla direzione verso cui scorre l'acqua dello stesso fiume. Il tutto dovrebbe poi trovare ambientazione in una zona più a sud del Stavilar.

    Molti re e condottieri dell'epoca- senza escludere diversi nobili facoltosi e i ricchi commercianti- avevano, infatti, l'abitudine di portare con sé nella tomba i loro forzieri stracolmi d'oro e d'argento, pieni di pietre preziose o di altre nestemate. E se non erano le ricchezze ad esser sepolte con loro, lo era il segreto del luogo in cui tali tesori erano stati nascosti. Capitava di frequente, inoltre, che le tombe di questi personaggi illustri venissero poi forzate e derubate a causa di un qualche uomo di fiducia che dopo la morte del signore aveva dimostrato di aver la bocca larga. Per interesse si era, infatti, disposti a tradire la parola data al defunto prima dell’ultimo saluto.

    D’altra parte, quando una persona sa con precisione cosa cercare e, allo stesso tempo, cosa desideri veramente, è assai difficile che qualcosa sfugga al suo sguardo. Chiudendo gli occhi, riesce addirittura ad avere l’impressione di trovarsi in quel posto e in quell’istante particolare. 

    Non so né come e né il perché accada, ma a volte mi capita di avere la sensazione di esser stato anch’io lì e di sapere quale sia quel posto... È come se stessi vivendo un déjà-vu... Ecco allora che, mentre si cammina sul marciapiede, ci si imbatte in uno sconosciuto. Tu ti fermi e rimani un po’ imbambolato, ma si ferma anche quella persona. Vi guardate l’un l’altro con sguardo indagatore. Sembra che vi conosciate da una vita. Sei perciò felicissimo per quell’incontro, desideri chiedere a quell’uomo dove sia stato per tutto questo tempo e magari cosa stia facendo adesso, ma... Qualcosa non quadra, i conti non tornano. Così, dopo un paio di secondi, comprendi. Non riesci a ricordare quale sia il suo nome, da quanto tempo vi conosciate, dove vi siate incontrati la prima volta... La spiegazione a tutto questo è facile: semplicemente non vi siete mai visti in vita vostra. In realtà, non vi siete mai conosciuti... Da un momento all’altro, inizi a gesticolare insicuro. Porgi le tue scuse allo sconosciuto e ti allontani con passo veloce e determinato. Eppure, eppure... Diamine! Eri certo di conoscerlo! E lo stesso valeva per l’altro: anche lo sconosciuto credeva di sapere tu chi fossi! Accidenti: vi eravate fermati entrambi!! Cos’è successo veramente?

    La verità, molto probabilmente, è che in realtà vi siete già incontrati. Sì, non si è trattato di un errore, ma... È accaduto tanto tempo fa, in una dimensione temporale in cui si perdono i nostri più remoti ricordi. Là, tra la nebbia della nostra esistenza. Nella memoria del tempo siamo già esistiti, solo che abbiamo vissuto sotto altre vesti. Siamo stati altre creature, altri esseri umani, altri uomini, altre donne... quando eravamo nel frattempo impegnati a compiere un destino diverso, a percorrere un'altra strada.

    Su di me. 

    Da bambino, ognuno di noi sogna di diventare un Fat-Frumos , un grande calciatore, una star del cinema, un rinomato scienziato oppure un difensore della legge o ancora un... un... Insomma: la lista di mestieri si protrae all'infinito.

    Molti riescono

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