Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Pensieri proibiti (eLit): eLit
Pensieri proibiti (eLit): eLit
Pensieri proibiti (eLit): eLit
E-book327 pagine4 ore

Pensieri proibiti (eLit): eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Joe ama tutte le donne, indistintamente. Le conquista, le seduce, le trascina in un vortice di passione con le sue consumate tecniche erotiche... e poi le lascia. Ogni conquista diventa un racconto che Sadie ascolta avidamente, ogni primo venerdì del mese, su una panchina del parco.

Non è sicura che tutte le storie di Joe siano vere, ma non le importa, perché con le sue parole lui le provoca quei brividi erotici che un crudele scherzo del destino le ha negato.

Ma quando la fantasia ha la possibilità di diventare realtà, Sadie sceglierà di entrare in una delle storie di Joe da protagonista o resterà spettatrice muta e distaccata?

LinguaItaliano
Data di uscita30 ott 2014
ISBN9788858931561
Pensieri proibiti (eLit): eLit
Autore

Megan Hart

Autrice di numerosi romanzi, tra cui i fortunati Fondente come il cioccolato, Notte di piacere e Inseparabili, editi da Harlequin Mondadori è una delle stelle più brillanti nel firmamento della letteratura erotica. Vive nei boschi della Pennsylvania con il marito e due figli.

Leggi altro di Megan Hart

Autori correlati

Correlato a Pensieri proibiti (eLit)

Ebook correlati

Erotismo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Pensieri proibiti (eLit)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Pensieri proibiti (eLit) - Megan Hart

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Broken

    Spice Books

    © 2007 Megan Hart

    Traduzione di Alessandra De Angelis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-156-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Gennaio

    Questo mese mi chiamo Mary. Nome banale, eh? Ma in questo momento il mio nome è l’ultima cosa che mi preoccupa. Il mio cruccio principale, in realtà, è decidere se ho voglia di fare sesso o no.

    Prima ho detto che volevo farlo con lui, poi mi sono chiusa in bagno e ora mi rifiuto di uscirne. Non penso che a Joe piaccia perdere tempo e ancor meno essere preso in giro. Ha già seguito la routine di prammatica per rimorchiarmi: dimostrarmi interesse quando l’ho abbordato, offrirmi da bere, farmi qualche complimento. Se non gliela do entro cinque minuti, si rimetterà la giacca e se ne andrà.

    Questo non lo so per certo perché non conosco Joe. Ci siamo incontrati per la prima volta solo tre ore fa in un bar del centro. Quando si è presentato, la prima cosa che ho pensato era che il suo nome era banale quanto il mio. Joe e Mary. Che coppia di squallidi!

    Però, di tutti gli uomini che ho conosciuto stasera Joe è l’unico che si sia degnato di tentare di parlare veramente con me. È per questo che l’ho scelto, oltre che per il fatto che è bello e ben vestito, con un sorriso affascinante, che si sforza di apparire sincero anche se non lo è.

    «Mary aveva un agnellino...»

    La sua voce scherzosa e cantilenante mi arriva da dietro la porta del bagno, incalzandomi a reagire, a fare qualcosa per risolvere la situazione.

    «Conosci la filastrocca?»

    Mary aveva un agnellino. Certo che la conosco. L’avrò sentita mille volte. La gente non è molto originale quando deve fare battute sul tuo nome. Sono stata chiamata Bloody Mary, e anche Mary Poppins. Ognuno era convinto che nessun altro ci avesse pensato prima, senza sapere di aver fatto una battuta trita e ritrita.

    I miei genitori mi hanno chiamata Mary pensando che fosse uno dei pochi nomi che nessuno può storpiare in un diminutivo scemo, ma non si erano resi conto che la gente trova sempre un modo per prenderti in giro, se vuole.

    Il pomello della porta del bagno è freddo sotto le mie dita. Lo giro con facilità quando apro la porta per far vedere a Joe che sono pronta per lui, che è valsa la pena attendere.

    Mi sono spogliata e ora ho addosso solo un reggiseno a balconcino abbinato a un paio di slip di pizzo bianco dal taglio sgambatissimo, quello che si chiama alla brasiliana e che, secondo la commessa che me le ha vedute, fa impazzire gli uomini perché evidenzia la rotondità delle natiche. Devo trattenermi per non incrociare le braccia sul petto per proteggermi dallo sguardo avido con cui mi sta scrutando.

    Nel vedermi, infatti, Joe ha spalancato impercettibilmente gli occhi in un’espressione sorpresa, soddisfatta e ammirata. La punta della sua lingua umetta leggermente le labbra che non ho ancora baciato. Però ho voglia di baciarlo. Ho l’impressione che mi piacerà il suo sapore.

    «Santo cielo...» sussurra.

    Quella parola mormorata è un complimento, non un’imprecazione, e mi strappa un sorriso leggermente più sicuro. Mi volto e ruoto, così può ammirarmi da tutti i lati. Voglio offrirgli una visione globale del corpo che sta per possedere. Quando ho completato il giro e sono di nuovo di fronte a lui, Joe mi raggiunge e mi prende per mano, poi mi avvicina a sé. Faccio un passo e poi un altro finché i nostri corpi s’incollano come un pezzo di ferro e una calamita.

    Si è sbottonato la camicia e i peli sul torace mi solleticano. Vengo percorsa da un brivido e i miei capezzoli s’inturgidiscono contro il pizzo del reggiseno. Joe allarga le dita sui miei fianchi e di colpo mi sento intimidita, perciò abbasso lo sguardo.

    Mi spinge verso il letto, fissandomi con quel suo sorrisetto impudente. Sono un ragazzaccio, sembra dirmi. Ma ti farò godere così tanto che non t’importerà.

    Ho un altro brivido e trattengo il fiato. La stanza è immersa nel silenzio, interrotto solo dal ronzio del condizionatore. Mi accorgo che il getto di aria che fa muovere le tende ha un odore acre, vagamente rancido. Ma che mi aspettavo? Incenso e mirra?

    «Dai, Mary, vieni qui...» mi sussurra lui, sempre più impaziente, tirandomi fino a farmi distendere sul letto.

    Mi bacia, finalmente. Le sue labbra mi sfiorano la gola e la curva del seno. Mi premo leggermente contro di lui e socchiudo la bocca in attesa del contatto con la sua.

    Mi passa le mani su fianchi e ventre, poi ne fa scivolare una tra le mie gambe. Io sussulto, ma lui non se ne accorge, o non gli importa. Mi accarezza e io mi sciolgo al tocco esperto delle sue dita. Come lo zucchero che si trasforma in caramello, mi sento riscaldata e fusa in uno sciroppo liquido e bollente.

    Sta accadendo tutto più in fretta di quanto avessi immaginato, ma non riesco a trovare le parole per dirgli di rallentare. Quando le sue dita s’insinuano sotto il pizzo leggero delle mie mutandine e cominciano a muoversi in lenti cerchi, in tutta sincerità non m’importa più.

    «Ti piace?» mi chiede con voce roca.

    Io annuisco e lui sorride compiaciuto, poi mi slaccia il reggiseno. La chiusura è davanti, tra i seni, e basta un rapido gesto delle sue dita per far esplodere le due morbide rotondità, appena increspate da un brivido di eccitazione. I capezzoli sono turgidi e proiettati verso la sua bocca. Voglio sentire la sua lingua, e il pensiero delle sue labbra che succhiano i miei capezzoli mentre lui continua ad accarezzarmi sotto le mutandine mi strappa un gemito. Sono già bagnata; lo sento quando mi muovo, inarcandomi.

    Joe si ferma di colpo, ma solo per togliersi la camicia. Guardo con ammirazione e desiderio il suo torace muscoloso.

    Ha un corpo scultoreo, che valorizza gli abiti che indossa come se fosse un modello, ma svestito è ancora più bello. Le spalle sembrano più ampie, il ventre piatto e con i muscoli in evidenza. Ha le braccia forti, che si tendono quando si slaccia la cintura, sbottona i pantaloni e abbassa la cerniera con movimenti rapidi, frenetici. I peli del torace e delle braccia sono un po’ più scuri dei capelli, che hanno il colore della criniera di un leone.

    Chissà se si tinge, mi chiedo. Mi sembra abbastanza vanitoso e attento al suo aspetto fisico per farlo. Oppure forse tutti gli uomini sono così, mi dico, e hanno i peli più scuri dei capelli. Non sono tanto esperta da saperlo.

    Quando si abbassa i pantaloni e i boxer distolgo lo sguardo, trattenendo il fiato. Ho il cuore in gola; i battiti sono così accelerati che vedo il mio seno sinistro alzarsi e abbassarsi come un mantice.

    Torna da me; sento il materasso che cede sotto il suo peso mentre s’inginocchia. Mi accarezza ancora e io sollevo i fianchi. Un sospiro sfugge dalle mie labbra che avrebbero tanta voglia di essere baciate.

    «Toglile» mi ordina.

    Poi non mi dà il tempo di ubbidire perché ci pensa lui. Tira i fiocchetti che chiudono le mutandine di pizzo sui fianchi e li slaccia.

    Ecco, sono nuda davanti al suo sguardo, con il mio ordinato triangolo di peli grazie alla ceretta fatta di fresco, la mia carne rosea e umida per l’eccitazione, la vetta pulsante del clitoride proteso verso il piacere che Joe potrà darmi.

    Mi allarga le gambe e dalle mie labbra sfugge un altro gemito. Credo che gli piaccia vedermi eccitata, perché noto che il suo respiro è più affannoso, come il mio. Fa scorrere la punta di un dito lungo le pieghe delle labbra, fino al bottone duro che lo attende.

    Oh, le sensazioni che mi fa provare sono indescrivibili!

    Avverto un vuoto dentro di me, una voglia di essere riempita. Il calore si accumula nei miei seni e nel mio ventre mentre lui rende più fluida la frizione delle sue carezze usando i miei umori per strofinarmi in modo più eccitante.

    Mi prende un capezzolo tra le labbra e io gli accarezzo i capelli sulla nuca, sentendoli morbidi e folti. Succhia, e le mie dita si serrano spasmodicamente. Mi accarezza e mi lecca un capezzolo; io respiro sempre più in fretta. Ho la testa leggera.

    Non sono del tutto inesperta, intendiamoci. Sono stata con dei ragazzi prima d’ora. Ci siamo baciati e strusciati, ho fatto dei lavoretti in macchina, pur non riuscendo a capire perché per loro fosse tanto importante. Per me non era niente di che. Però non ero mai stata con un uomo.

    Joe non chiede, non annaspa, non è goffo, sa cosa fare. È perfetto, è proprio ciò che desideravo. Non ho il tempo di essere timida, ora che ho quel che volevo.

    Non riesco neanche più a pensare quando le sue labbra abbandonano il mio seno e scendono giù, piazzandosi esattamente tra le mie gambe aperte. M’irrigidisco, sorpresa, ma il mio sussulto si trasforma in un gemito appena sento la lingua di Joe guizzare proprio lì.

    Oh, che cosa fantastica!

    L’ho immaginato, quando mi accarezzavo o mi davo piacere usando il getto caldo della doccia, ma la mia fantasia non mi aveva preparato alla realtà. La sua lingua è calda e delicata, più eccitante delle sue dita. È come acqua bollente che mi scorre addosso in onde gentili, provocandomi un piacere indicibile. Rabbrividisco e non posso fare a meno di aprirmi ancora di più contro la sua bocca.

    Sento la tensione che si accumula nel mio ventre. Ho i capezzoli duri come sassolini. Mi sfugge un gemito roco e lui si ferma, poi soffia piano contro la mia carne bagnata, rovente. Il suo respiro mi fa contorcere per il piacere.

    Non ho mai avuto un orgasmo se non da sola. Ho sempre pensato che non ci sarei riuscita. Un paio di volte ci sono andata vicina, ma all’ultimo momento il piacere mi è sempre sfuggito, lasciandomi insoddisfatta e frustrata.

    Joe si è fermato e io sono sicura che mi manca poco. Ho le cosce che vibrano, il ventre teso, il fiato corto. Basterebbe una piccola pressione per farmi partire. Invece lui si scosta, si rialza e mi copre con il suo corpo, pancia contro pancia. Sta per entrare... Ecco, adesso è proprio dentro di me.

    «Santo cielo, sei vergine!» esclama, stupito, appena io emetto uno strillo soffocato di dolore.

    «S... sì» balbetto, imbarazzata.

    «Cavoli...» borbotta.

    La sorpresa non lo fa desistere, ma non lo biasimerei se rinunciasse a possedermi. Ora è dentro di me e il dolore è sparito, sostituito da una sensazione di pienezza e completezza nient’affatto spiacevole. Non è l’estasi di cui ho letto sulle riviste e di cui mi hanno raccontato le mie amiche, ma non è neanche l’agonia insopportabile delle prediche che ci facevano le suore da ragazzine. In ogni caso mi sono sempre chiesta che cosa ne sapesse una suora...

    «Scusami» mormoro, mortificata. «Speravo che non te ne accorgessi.»

    Un lieve sorriso gli solleva un angolo della bocca mentre si tira su sui gomiti per guardarmi. «Il tuo grido ti ha tradita.»

    «Mi hai preso di sorpresa.»

    Un’ombra di tenerezza gli passa per un istante nello sguardo. «Avresti dovuto dirmelo, sarei stato più delicato» replica, prima di chinarsi a darmi un bacio su una guancia.

    «In realtà volevo togliermi questo peso» confesso. Forse me ne sono resa conto solamente in questo momento.

    Lui è perplesso. «Perché?»

    «Era ora. Ho ventitré anni e sono stanca di essere vergine. Tutte le mie amiche l’hanno fatto» mi giustifico.

    Joe è dentro di me; non mi fa male, non mi dà fastidio, ma non sta andando come immaginavo quando mi sono fatta rimorchiare per liberarmi una volta per tutte della mia ingombrante verginità.

    Joe dà un colpetto esplorativo. Io aspetto un dolore che non viene. Lui si piega a leccarmi il lobo dell’orecchio, poi mi sussurra: «Non dovresti pensare solo a sbarazzartene e basta».

    Mi bacia l’orecchio, poi il collo. Mi mordicchia una spalla e comincia a muoversi, a entrare e uscire lentamente. All’affondo successivo io lo anticipo e muovo i fianchi per andargli incontro.

    Lui sorride. «Ti piace?»

    In effetti mi piace, ma lui non aspetta che io risponda. Si muove più in fretta e si tira su, puntellandosi sulle mani. Ha gli avambracci irrigiditi per lo sforzo di sorreggersi mentre mi penetra. Io guardo in giù, verso il punto in cui siamo uniti, in cui i suoi peli più scuri s’impigliano nei miei, più chiari. Sono affascinata da ciò che vedo, dal modo in cui scompare dentro di me e riappare mentre si muove.

    Il sesso non è come avevo immaginato, ma non saprei dire se sia meglio o peggio. Mi sento le gote in fiamme e penso: siamo uniti, collegati.

    Lui ha l’espressione seria, concentrata, quasi solenne. Le labbra sono serrate e ha qualche goccia di sudore che gli imperla la fronte. Ha un odore piacevole, un misto di sapone e muschio, come la terra del giardino rivoltata dopo la pioggia. Credo che sia questo l’odore del sesso.

    Gli accarezzo il torace, sentendo i muscoli sodi e i capezzoli piccoli, così diversi dai miei. Provo a stringergliene uno tra le punte delle dita. Lui geme, allora lo rifaccio. Magari gli piace.

    I suoi affondi sono diventati più imperiosi. Trema, poi si ferma e mi guarda. Io ricambio il suo sguardo.

    Senza dire una parola, con un colpo di reni rotola steso sul letto. Ora gli sto sopra a cavalcioni. Lui mi prende per i fianchi e mi guida. Mi sfugge un’esclamazione soffocata perché il movimento lo fa affondare più profondamente in me.

    «Appoggia le mani sulle mie spalle» mi esorta. «Spingiti in avanti.»

    Io obbedisco. Lui riprende a muoversi e, oddio!, così è ancora meglio. Mi riempie tutta e per giunta sento che il clitoride gli sbatte contro a ogni movimento. Torna il calore, il desiderio, mentre lui mi riempie. Sono entusiasta di questa posizione, ancora di più quando Joe fa scivolare una mano tra noi e mi accarezza con il polpastrello del pollice. Sento il piacere che mi attraversa come un fulmine.

    «Dai» mi sussurra. «Voglio vederti venire.»

    Stavolta penso proprio di esserci quasi.

    Lui entra più forte, più in fretta, accarezzandomi dentro e fuori. Ho le gambe che tremano, il respiro accelerato, non capisco più niente. Lui geme e spinge con maggiore impeto; sento i nostri corpi che si avvicinano sempre più... e poi grido. È troppo bello, la tensione mi sta uccidendo, ho perso la sensibilità di mani e piedi, sono come una molla compressa sul punto di liberarsi e rotolare via, balzare verso il soffitto. Non manca molto...

    Ma non ci sono ancora.

    Lui mi tira su a sedere dritta sopra di sé, mi prende i seni fra le mani, sentendone il peso mentre mi fa muovere in su e in giù. Poi riprende ad accarezzarmi muovendo il polpastrello con cerchi concentrici e mi piace così tanto che è un’agonia.

    «Oh, Joe! Che bello...» grido.

    Ora capisco che i dialoghi delle scene di sesso al cinema non sono irrealistici. Vorrei urlargli la mia gratitudine, esprimere il mio entusiasmo, dirgli che lo amo.

    Sarebbe facile innamorarmi di lui adesso, ora che il piacere mi scorre nelle vene e mi sento più inebriata che se avessi bevuto un’intera bottiglia di buon vino.

    Grido di nuovo il suo nome, poi smetto di sforzarmi di pronunciare parole e mi limito a emettere suoni estatici. Lui mi accarezza, sono tutta bagnata mentre ci muoviamo all’unisono e, non so come, mi accorgo che è diventato più grosso dentro di me. Joe ha chiuso gli occhi e ha corrugato la fronte. Vorrei che mi guardasse, vorrei sentirmi di nuovo unita a lui, provare lo stesso legame speciale di prima, ma resto delusa. Mi accontento di guardare il punto in cui sparisce dentro il mio corpo mentre tremo e delle vibrazioni elettriche mi percorrono le gambe, diffondendosi fino alle dita dei piedi.

    Stavolta non emetto un suono; sono senza fiato, annichilita, travolta dal piacere. Rovescio la testa all’indietro, inarcandomi così tanto che sento i capelli solleticarmi la schiena. Mi dilato, esplodo in ogni direzione e con un respiro torno a convergere in me stessa, i pezzi si ricompongono e sono di nuovo intera. Sono attraversata da un’altra vibrazione, piacevole ma meno drammatica.

    Faccio un paio di respiri lenti e profondi e guardo Joe, che ha aperto gli occhi. Ma nel suo sguardo non leggo niente di particolare. È perso nel suo orgasmo, e mi dà un’ultima spinta verso l’alto, poi pulsa ed emette dei piccoli gemiti che svaniscono a poco a poco.

    Smonto e lui scivola via. Provo un senso di perdita, di abbandono, di vuoto. Sono un po’ dolorante tra le gambe, ma l’indolenzimento è piacevole, come quando mi sono impegnata tanto in palestra. Nel complesso sono soddisfatta.

    Mi sento accaldata e insonnolita, mentre mi stendo accanto a lui e appoggio la testa sulla sua spalla, concedendomi un gesto di familiarità affettuosa mentre gli metto una mano sul petto. Sento il suo respiro regolare. Forse si è addormentato.

    Più audace, sbircio verso il basso. Il suo pene è più piccolo e raggrinzito. Il riposo del guerriero, penso. Trattengo una risatina divertita.

    «È stato meglio che sbarazzarmi della mia verginità e basta» commento.

    Lui sorride tenendo gli occhi chiusi. «Mi fa piacere.»

    Mi dispiace che non aggiunga altro. Ora che la passione si è consumata, vorrei essere rassicurata, sentirmi dire che sono stata brava, per essere stata la mia prima volta. Vorrei che almeno mi guardasse.

    Non mi aspettavo una dichiarazione d’amore o altro del genere, ma almeno qualcosa di più. Gli ho appena donato la mia verginità, dopotutto. Anche se volevo liberarmene, è stato pur sempre un dono, no?

    Forse lui non la pensa così. Magari non vede l’ora di potersi rivestire e andarsene. A questo punto preferisco essere io la prima ad allontanarmi.

    Mi alzo e cammino scalza sulla moquette anche se mi sembra sporca. Cerco di non pensare a chi ci ha camminato prima di me, a quante coppie hanno fatto sesso su questo letto.

    Ho un brivido, ma stavolta di disgusto. Afferro il reggiseno, poi cerco le mutandine. Non riesco a distinguere il pizzo candido contro il bianco della biancheria da letto. Annaspo tra le lenzuola aggrovigliate e alla fine afferro gli slip, trionfante.

    Joe apre un occhio e mi guarda con aria sonnacchiosa, rotolando su un fianco. Voglio lavarmi, togliermi di dosso questo senso di appiccicaticcio anche se, per fortuna, non c’è sangue.

    Entro in bagno, apro il rubinetto del lavandino e metto un asciugamano sotto l’acqua calda.

    Joe mi segue. «Vuoi fare la doccia con me?» mi chiede, aprendo lo sportello della cabina e facendo scorrere l’acqua.

    «No!» rispondo in tono secco.

    M’infilo mutandine e reggiseno, poi riprendo gonna e camicetta dal gancio dietro la porta dove le avevo appese. Mi rivesto più in fretta di quanto mi sia spogliata, anche se mi tremano le mani e mi accorgo che ho l’allacciatura della camicetta storta.

    Lui mi guarda, nudo, mentre riallaccio i bottoni. Mi ravvio i capelli con le dita. Il bagno si è riempito di vapore e il mio viso è scomparso dallo specchio. Gli occhi sono un baffo scuro, la bocca è una ferita rossa. Meglio, perché non mi va di vedermi. Non voglio sapere che espressione ho. Qualche minuto fa ero ansiosa di sentirmi unita a lui, adesso non vedo l’ora di filarmela.

    «Cos’hai?» mi chiede.

    «Niente. Devo andare.»

    «Sicura?»

    «Sicurissima.» Sono combattuta tra la gratitudine per il suo atteggiamento calmo e disinvolto, e la disperazione perché lo vorrei più premuroso.

    Sospiro e lui tentenna, incerto, con un piede già nella cabina.

    «Tutto bene?» insiste.

    «Sì!» rispondo con uno squittio isterico, come se stessi trattenendo le lacrime. «Ciao, e grazie per il favore.»

    Lui si volta verso di me e mette le mani sui fianchi.

    Gli sarei grata se almeno si fosse avvolto un asciugamano intorno.

    «Non capisco che problema tu abbia...» comincia.

    «Certo che non capisci!» lo interrompo.

    «Mary...» sospira Joe. «Non mi sembrava di aver frainteso le tue intenzioni, quando ci siamo conosciuti al bar. Dopotutto sei stata tu a presentarti. Ricordo distintamente che mi hai anche messo una mano sul sedere» precisa.

    Faccio una smorfia. Mi vergogno. Preferirei non pensarci. A dirla tutta, era stata un’idea della mia amica. Ha funzionato, questo sì, però non posso dire di essere proprio fiera del mio comportamento sfacciato.

    «Ehi» sussurra, avvicinandosi e lisciandomi i capelli, con il gesto di chi vuole calmare una bambina. «Credevo che fosse ciò che volevi. L’hai detto tu, no?»

    Non ho nulla da obiettare. Mi piacerebbe poter dare tutta la colpa a lui, biasimarlo per avermi sedotto, ma la verità è chiara come il sole. Mi sono sbarazzata della mia ingombrante verginità e basta. Sono stata stupida e ingenua per essermi aspettata qualcosa di più.

    «Sì» annuisco.

    «Sapevi cosa volevi e l’hai ottenuto. Cosa c’è di male?»

    «Niente.»

    «Sei sicura di star bene?»

    «Sì, sto bene. Devo andare.»

    «Sii prudente.»

    Entra nella cabina e chiude lo sportello. Per un attimo sono quasi tentata di spogliarmi di nuovo e raggiungerlo, chiedere al suo corpo di non farmi pensare più. Invece prendo la borsetta e scappo dalla camera d’albergo, lasciandomi alle spalle l’estraneo che ha fatto di me una donna.

    2

    «Una bella storia» commentai. «Mi piace la parte in cui hai detto che hai fatto di lei una donna.»

    Joe sollevò il bicchiere di carta e bevve una lunga sorsata di Coca Cola, come se il lungo racconto gli avesse fatto venire l’arsura. «Perché, non è così?» obiettò, ironico.

    «Ciò che trovo interessante è l’idea che una donna diventa tale soltanto dopo che ha fatto sesso» replicai.

    Lui scrollò le spalle e strappò l’involucro di plastica del suo panino. Aspettava sempre a mangiare finché non mi aveva raccontato la storia di quel mese, poi divorava il pranzo quasi il ricordo gli avesse stimolato l’appetito. Mangiava sempre tacchino con pane integrale. Stavolta c’erano anche dei pomodori, e io lo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1