Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Nome e indirizzo sconosciuti (eLit): eLit
Nome e indirizzo sconosciuti (eLit): eLit
Nome e indirizzo sconosciuti (eLit): eLit
E-book315 pagine4 ore

Nome e indirizzo sconosciuti (eLit): eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Lizzie Ford è una delle donne più seguita della città, personaggio di spicco delle riviste femminili e delle trasmissioni radio. Quando conosce Matt a un party, capisce che sono davvero in sintonia e si piacciono tanto da finire a letto. Ma Lizzie non sa che Matt è un uomo sposato...

Un giorno, tra le e-mail della sua rubrica, Lizzie trova il messaggio di una donna in crisi matrimoniale che vuole riconquistare il marito. Così tra loro si instaura un rapporto di fiducia. Ma chi è quella donna?
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2018
ISBN9788858981184
Nome e indirizzo sconosciuti (eLit): eLit

Correlato a Nome e indirizzo sconosciuti (eLit)

Ebook correlati

Commedia romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Nome e indirizzo sconosciuti (eLit)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Nome e indirizzo sconosciuti (eLit) - Jane Sigaloff

    successivo.

    1

    Perché desideriamo sempre qualcosa che non possiamo avere? Non importa se si tratta di una borsa di Prada, dell'ultima tentazione targata Nike, dei capelli di Jennifer Aniston, del marito di Jennifer Aniston, di George Clooney o del ragazzo per cui sbavavamo ai tempi della scuola. Arriva per tutte il momento in cui sappiamo con assoluta certezza che la nostra vita non sarebbe completa senza l'oggetto dei nostri desideri. In base allo stesso principio, raramente apprezziamo ciò che abbiamo mentre si trova nelle nostre mani. Entrambe le cose mi sono accadute molto più spesso di quanto ami ricordare...

    «Siamo arrivati, bellezza. Buona serata.»

    Lizzie alzò lo sguardo dalla rivista. Si era lasciata così prendere dal controllo della sua rubrica settimanale alla ricerca di errori, da non accorgersi di essere giunta a destinazione. Un groviglio di nervi si sedimentò nello stomaco.

    Quattrocento persone erano attese per festeggiare il Natale e il primo anno di vita e di successi dell'emittente radiofonica City FM; come amava ripeterle Richard Drake, il direttore della stazione radio, in qualità di loro ultimo acquisto, lei costituiva una pedina fondamentale di questo schema. Lizzie desiderò che fosse lì a rammentarglielo ancora una volta e lottò contro il crescente bisogno di immergersi nella folla di Soho e di sparire. Solo perché si trattava di un party di lavoro, una specie di obbligo mondano, non voleva dire che fosse un dovere irrinunciabile.

    C'era sempre, naturalmente, la tattica del virus misterioso a cui appellarsi, quello che colpisce e se ne va in ventiquattr'ore, ma da precedenti esperienze Lizzie sapeva che alcune fastidiosissime ore di festa aziendale potevano fornire materiale per le serate con gli amici per il resto dell'anno.

    Mentre il taxi si allontanava, uno squillo familiare attrasse la sua attenzione. Salva per un miracolo? Pregò che fosse un'emergenza. Niente di drammatico, giusto quanto bastava per obbligarla a rinunciare al party.

    Rovistò alla ricerca del cellulare, che per parecchi squilli eluse la sua presa, nonostante le dimensioni ridotte della borsetta.

    «Pronto?»

    «Manca quasi un quarto alle dieci. Non dovevi essere paralizzata o qualcosa di simile a quest'ora?»

    Lizzie sorrise. Era Clare. La sua migliore amica, compagna di appartamento, nonché capo consigliere delle mise da party.

    «Sono appena scesa dal taxi.»

    «E allora muoviti ed entra in quel locale. Un conto è presentarsi con quel piccolo ritardo che fa chic, ma se aspetti ancora un po' nessuno là dentro si ricorderà più della tua presenza. Pensa solo a quanto sei fantastica, brillante, intelligente, bella e... sobria. Un vantaggio inestimabile a questo punto della serata. Vedrai, li stenderai tutti. Sarai l'unica ancora in grado di pronunciare parole con più di una sillaba. E adesso, deposita i nervi nel guardaroba e va' a farti un drink.»

    «Grazie. Sarà fatto.» Erano bastate poche parole di incoraggiamento e il suo morale aveva compiuto una netta inversione a U. «E grazie anche per tutti i consigli di prima. Non sai quanto sono grata a Dio per avere creato te e il tuo guardaroba.»

    Prima, nell'era a.C. (avanti Clare), Lizzie aveva dovuto digerire le conseguenze di un paio di passi falsi in fatto di abbigliamento, ma adesso che era sul punto di diventare una quasi-quasi-Vip, non poteva concedersi il lusso di perdere punti a causa della maglietta sbagliata nell'occasione sbagliata.

    «Figurati. Non avrei mai potuto permetterti di esibirti con dei jeans elasticizzati stracciati e ricoperti di spille.»

    «Oh, senti, quella foto è stata scattata nell'ottantaquattro. Tutti avevamo dei jeans elasticizzati. Persino Madonna.»

    Clare la ignorò. Aveva già fatto il suo lavoro, e poi aveva un ristorante da mandare avanti.

    «Okay. Baci-baci. Ci sentiamo domattina per il rapporto.»

    Lizzie spense il suo costosissimo apparecchio ultrapiatto e ultraleggero. Con un sorriso compiaciuto sulle labbra, tirò indietro le spalle, acquistando all'istante una taglia di reggiseno in più e, a dispetto delle scarpe nuove, coprì sinuosamente i venti metri che la separavano dall'ingresso, mantenendo sia la dignità sia il pieno uso delle caviglie.

    «Lizzie Ford.»

    Con solennità il buttafuori controllò la lista degli invitati, prima di tirare lentamente la corda che la separava dal resto della serata. Se da un lato la pesante stoffa della lunga tenda rossa non sarebbe servita a fermare nessuno che avesse voluto entrare, dall'altro forniva l'immagine di una festa esclusiva.

    Lizzie sorrise a un paio di facce semi-conosciute mentre avanzava verso la festa che pareva già in pieno sviluppo. I party erano più divertenti se poteva avvicinare senza problemi gente che non sapeva nulla di lei, e che probabilmente non l'avrebbe nemmeno più rivista. Ma ormai, con un programma tutto suo alla radio, aveva rinunciato definitivamente al diritto all'anonimato.

    Matt odiava i cocktail di lavoro. La pressione di avere un bell'aspetto. Lo sforzo di intrecciare conversazioni briose e brillanti anche con gente con cui non aveva nulla da dire. Lo stress di non fare figuracce... Non c'era da meravigliarsi che gli invitati finissero del tutto ubriachi a scavarsi la propria fossa professionale, abbandonando tattiche e diplomazia e fraternizzando con personaggi da cui di solito – e spesso per ottimi motivi – erano intimiditi.

    Riconobbe Lizzie nell'istante stesso in cui la vide avvicinarsi all'affollato bancone del bar. Sapeva chi era. I dati d'ascolto la indicavano come una delle presentatrici più popolari: ormai, grazie a Lizzie Ford, anche una zia della disperazione, come venivano chiamate in gergo le titolari delle rubriche di posta del cuore, poteva essere dotata di sex appeal. Gioie e dolori stava stracciando i programmi rivali negli indici d'ascolto, e Lizzie contribuiva con una miscela unica di intelligenza, buonsenso, sensibilità e qualche occasionale pezzo di rock melodico. In giro si diceva che sarebbe diventata una vera star. A giudicare dal modo deciso con cui si aggirava per la sala, non c'era alcun motivo di dubitarlo.

    Quello di cui Matt aveva bisogno era una serata a casa, con un bottiglione di succo di frutta ai mirtilli, un pasto sano e una videocassetta. E invece stava riversando fin troppe birre e tartine giù per il suo povero esofago foderato di amianto.

    A rendere le cose più complicate, il tizio che gli sedeva di fronte lo stava annoiando a morte da dieci minuti buoni. Era solo un laureato pieno di speranze e aspettative il cui entusiasmo non era ancora stato dissolto da qualche annetto di sano lavoro, e Matt sapeva che avrebbe dovuto sentirsi gratificato da tanta attenzione. Dopotutto, quel ragazzo stava solo cercando un contatto ravvicinato con Matt Baker, il mago della creatività.

    Dal punto di vista professionale era stato un anno positivo. Sul fronte della vita personale, invece, stava diventando sempre più facile dimenticare che aveva una moglie. Dopo cinque anni insieme, condividevano un'ipoteca e un bagno, ma poco altro. Aveva sempre saputo che lei inseguiva il successo, fino a farne una malattia. L'ambizione era stata una delle caratteristiche che all'inizio più l'avevano attratto in lei. Quella donna possedeva una fiera determinazione che, non aveva dubbi, prima o poi avrebbe dato i suoi frutti, oltre a una sicurezza nei propri mezzi che poteva rivelarsi intimidatoria, sia che avesse a che fare con il suo referente bancario, con il suo capo, o semplicemente con suo marito. Ma ora tutto questo sembrava irrilevante, come l'accessorio più trendy della stagione passata. Sorseggiando un altro po' di birra, decise che avrebbe indirizzato la sua leggera ebbrezza verso una fase di sfrenato entusiasmo. L'introspezione alcolica non contribuiva allo spirito della festa.

    Lizzie si diede da fare e, sepolte le inibizioni residue in fondo a un bicchiere, attraversò la sala inviando baci nell'aria, stringendo mani e annuendo con entusiasmo. Dopo aver reso i doverosi omaggi a Richard Drake, scambiato convenevoli con gli altri dirigenti, finto interesse per i più importanti sponsor della stazione radio ed essersi sforzata di dire la cosa giusta al momento giusto e alla persona giusta, tutto in una volta sola, se la filò verso il suo produttore, Ben, e si unì al resto della squadra di produzione, che si dimenava sulla pista da ballo.

    Quando gli effetti fisici della sua cena inesistente, dei troppi gin&tonic e dei tacchi alti cominciarono a farsi sentire, vide con sommo sollievo un posto appena lasciato libero su un divanetto di cuoio nero e, mentre si lasciava sprofondare tra i cuscini ancora caldi, si tolse le scarpe e stirò i polpacci indolenziti.

    Il locale era pieno di gente ai vari stadi di assuefazione alcolica e narcotica.

    La musica martellante era abbastanza forte da creare un ambiente in cui tutti erano più o meno costretti a urlare per farsi sentire, e l'aria che si respirava era decadente a sufficienza da assicurare al party l'etichetta di riuscitissimo nello scambio di mail del lunedì successivo. Quelli dalla memoria più labile si sarebbero spinti a definirlo fantastico.

    Lizzie si trovava con il pensiero a mille miglia da lì quando Danny Vincent, il Dj noto come il re dell'ora di punta, si intrufolò nel suo spazio vitale, passando un braccio sullo schienale del divanetto dietro di lei in una specie di presa di possesso territoriale che attivò all'istante il suo campanello d'allarme interno. In giro si raccontava che fosse mellifluo e insinuante come la voce che calmava i nervi agitati di migliaia di ascoltatori durante gli ingorghi del traffico sulla via di casa. Di certo, le stava talmente appiccicato che Lizzie riusciva a vedergli denti troppo bianchi e perfetti perché fossero i suoi, oltre a un paio di costosi pantaloni di alta sartoria in seta cotta di una taglia più piccola.

    «Allora, cosa ci fa in un angolino, tutta sola, una giovane donna bella e di successo come te?»

    In effetti aveva una voce portentosa. Qualcosa a metà strada tra il ruggito e le fusa soddisfatte di un felino. Purtroppo questo era anche l'unico dato interessante di quell'individuo. Perché non se n'era andata prima che quel tipo tentasse di rovinarle la festa con la delicatezza di un bulldozer?

    «Mi riposo. Guardo gli altri. Me ne sto un po' per i fatti miei.» Aveva sottolineato volutamente le ultime tre parole. Una specie di messaggio implicito affinché levasse le tende. Ma Danny aveva una pelle da elefante per cogliere il suggerimento.

    «Ma questo è un party!» Aveva pronunciato la parola party con una fastidiosa cantilena. «Un'opportunità imperdibile per incontrare gente, dare un'occhiata ravvicinata ai colleghi, insomma, conoscere meglio la tua nuova famiglia.»

    La situazione si stava deteriorando. Era intrappolata con il Dj idiota della radio per cui lavorava e lui le stava suggerendo di dare un'occhiata ravvicinata ai colleghi. Avvertì una stretta allo stomaco, ma Danny era un pezzo grosso, quindi, finché teneva le mani a posto, Lizzie avrebbe fatto meglio a mostrarsi civile.

    Venti minuti più tardi, Danny non si era ancora fermato un secondo, se non lo stretto necessario per controllare se lei lo stava ascoltando e se annuiva al momento giusto. Lizzie non riusciva più a sopportarlo, ma visto che le si era seduto praticamente in grembo, non poteva nemmeno alzarsi. Tra l'altro, lui non si era neanche offerto di andarle a prendere un altro drink, nonostante lei avesse avvicinato il bicchiere vuoto alle labbra per ben tre volte. I suoi occhi luccicavano narcisismo. Quelli di lei, autocommiserazione.

    Lizzie cominciò a pregare la divinità delle interruzioni, guardandosi intorno alla ricerca di una faccia conosciuta che potesse salvarla dall'inferno del re dell'ora di punta. Ma poiché non c'era nessuno di familiare all'orizzonte, poteva solo sprofondare sempre di più in un oscuro abisso di cuoio nero.

    Matt si era seduto al bar, di nuovo. Stava per tornare dai colleghi quando vide Lizzie all'angolo e decise che il linguaggio del corpo di quella poverina diceva: Aiuto... salvatemi. Mollando i collaboratori nel bel mezzo di un discorso, si risolse a fare la cosa giusta.

    «Ma tu sei Lizzie Ford! Piacere, Matt Baker. Finalmente ci conosciamo.»

    Quella sicurezza era aiutata dall'alcol e Lizzie, per quanto non lo avesse mai visto prima, scattò in piedi a stringergli la mano, colma di gratitudine. Danny sembrava meno entusiasta dell'interruzione, soprattutto perché era piuttosto ovvio che Matt non era lì né per lui né per un suo autografo.

    «Matt?»

    Lizzie gli sorrise con calore e Matt sorrise a sua volta, la stanchezza di poco prima solo un pallido ricordo. Era veramente carina. Gli occhi nocciola sembravano emanare energia, e in quel momento lui aveva bisogno proprio di questo. Senza nemmeno rendersene conto, si passò le dita tra i capelli.

    Lizzie notò che non li portava né troppo lunghi, per provare che aveva ancora l'età per farlo, né troppo corti, per mascherare un'incipiente calvizie. Questo sì che era un intervento divino.

    «Già. Sono un pubblicitario, o meglio sono il responsabile di quegli indimenticabili spot su radio City FM che avrai visto sugli autobus e sui tabelloni in giro per la città.»

    Lizzie ci pensò un po', poi cominciò a snocciolare: «Perché c'è vita nella City. Sintonizzati sulla City. La City che conta... Wow, allora pagano davvero qualcuno per queste frasi. Immagino che sia anche un lavoro a tempo pieno...».

    «Okay, devo ammettere che non sono proprio delle bombe di originalità, perlomeno dette a una festa, però i sondaggi dimostrano che...» Matt lasciò cadere la frase a metà. Lizzie aveva un sorrisetto furbo sulle labbra e lui si pentì di essere scattato subito sulla difensiva, abboccando alla presa in giro. Un giorno avrebbe avuto una carriera degna di questo nome, ma fino ad allora doveva accontentarsi della pubblicità.

    Danny, non più al centro dell'attenzione, si dileguò. Il campo era libero.

    «Grazie per essere venuto ad aiutarmi. Cominciavo a temere di restare bloccata con il Dj per tutta la sera.»

    Matt adottò il suo migliore tono di voce alla Barry White, stile annuncio fuori campo, e improvvisò un accento americano. «Qui Danny Vincent... l'uomo che si ama, in diretta su City FM.»

    Lizzie rise. «Non sono sicura che ne sarebbe entusiasta.»

    «Mmh... forse dovrei lavorarci ancora un po'. Sai, prima vi ho visti dal bancone del bar e mi è sembrato di captare le vibrazioni di un SOS...»

    «Sono in debito con te.» Lizzie era compiaciuta di constatare come la divinità delle interruzioni fosse giunta in suo soccorso in compagnia del dio dei belli. E il suo interlocutore non aveva fede al dito, per giunta. «Cosa ne dici se cominciassi a sdebitarmi offrendoti un drink? Io sto morendo di sete. Non che la mitraglietta umana abbia mostrato di accorgersene, ovviamente!»

    Mitraglietta umana? E chi aveva più usato quell'espressione, dopo gli anni settanta? Lizzie rimpianse di sentirsi sempre così impacciata, quando si trovava in una situazione di cui le importava qualcosa. Nel tentativo di distrarre Matt da quella sua uscita rétro, capovolse il bicchiere vuoto per dare maggior enfasi alla sua sete e Matt – apparentemente indifferente alla scelta del vocabolo – sollevò la bottiglia di birra che teneva in mano, ancora mezza piena, e annuì.

    «Ma sì. Un'altra come questa, grazie.»

    Non aveva nessun bisogno di bere ancora, ma non voleva nemmeno andarsene. Stando a quello che ricordava del comunicato stampa circolato quando lei era stata assunta alla City, Lizzie non era sposata e aveva un paio d'anni meno di lui.

    Mentre osservava la sua dama procedere a zigzag tra la folla verso il bar, si diede una controllata a bottoni e cerniere. Tutto in ordine. Bene. Allora l'unico motivo per cui lei lo fissava mentre parlavano era che... era davvero interessata a quello che diceva.

    «Eccoti qui.» Lizzie passò a Matt due bottiglie di birra. «Stavano facendo il compra-tre-prendi-quattro, così ho pensato di prendere birra anch'io. Sono certa che possiamo berne anche due a testa.»

    «Grazie.» Matt pensò con rammarico che lui ne aveva già bevute sei. Come avrebbe potuto fare colpo su di lei se non era nemmeno in grado di parlare? Decise di rompere le incertezze e prendere l'iniziativa.

    «Cosa ne dici di trovarci un tavolo?»

    «Possiamo anche restare sul divano, ma solo se prometti di difendermi da Danny.»

    Mentre si sedevano, Lizzie sbuffò.

    «Ho deciso che odio i party di lavoro.»

    «Oddio, anch'io! Non li posso proprio sopportare. Passi tutta la serata a far finta che ogni collega sia il tuo migliore amico, senza contare che probabilmente, con un paio di birre in meno, non avresti niente da dirgli. E invece, senza nemmeno accorgertene, finisci anche per progettare una vacanza insieme al tipo più improbabile della terra.»

    «È vero.»

    «E poi, il giorno dopo, al lavoro, passi la mattinata a chiederti se magari il tuo confidente si ricorda quel particolare intimo della tua vita che la sera prima non potevi fare a meno di rivelargli. Un incubo.» Le parole gli uscivano dalle labbra senza che riuscisse a frenarle. L'alcol gli aveva sciolto la lingua. Chiuse la bocca nel tentativo di invertire la tendenza.

    Lizzie ridacchiò. «Per me è anche peggio, perché con il lavoro che faccio nessuno si aspetta che anch'io possa perdere la testa sulla pista da ballo, scolarmi un cocktail dopo l'altro o sbaciucchiare uno sconosciuto in un angolo buio. Finiscono sempre per considerarmi una specie di saggia zia.»

    «Non è poi tanto male, alla lunga.»

    «Forse.» Lizzie stava flirtando, ma lo faceva in modo così sottile che Matt non se n'era accorto, e del resto era anche un po' fuori esercizio. Tutti i suoi conoscenti che lavoravano in pubblicità, incluso l'ex marito di Clare, erano sempre così bravi a dare di sé l'immagine adatta a ogni circostanza che era una vera sorpresa riconoscere in Matt una persona spontanea e naturale. Lui era affascinante senza essere mellifluo, giovane senza sembrare un ragazzino, alto ma non allampanato e solido ma non troppo grosso. Chissà se era un tipo da boxer o da slip?

    «Allora, come ci si sente a essere sulla cresta dell'onda? Questo dev'essere stato un anno fantastico per te.»

    Oh, no. Adesso attaccava con le domande personali mentre lei cominciava a fantasticare sullo stile della sua biancheria. E questa domanda richiedeva anche un'attenta combinazione di chiarezza e modestia – qualità annullate almeno un'ora prima da gin&tonic e birra. Lizzie non sapeva bene cosa dire. Quello era stato un anno di grosse soddisfazioni, ma per quanto la riguardava c'erano ancora parecchie voci da contrassegnare sulla lista delle sue ambizioni. E poi rimaneva pur sempre l'ultima arrivata a City FM.

    «Be', è stato fantastico. Il mio programma mi piace da morire... e anche stare alla radio... ma non si può nemmeno dire che faccia il neurochirurgo...» Lizzie fece una pausa. Perché quell'autocommiserazione? «Voglio dire, finora va tutto bene. Credo di avere la freschezza che ci vuole, e gli ascoltatori... be'... sembrano apprezzarla.» Molto meglio. Positiva e ironica. Però cos'erano tutte quelle esitazioni mentre parlava? Le sembrava quasi di vedere il sopracciglio inarcato di Clare mettere in dubbio la sua sicurezza. Ma no, era solo un effetto della birra.

    «E tu? Che mi dici di te?» Un colpo da maestro. Adesso gli aveva rilanciato la palla. Così almeno non rischiava di annoiarlo parlando troppo di sé. Anche se era allenata a riempire ogni secondo quando era in onda, non era il caso di fare lo stesso lì con lui.

    «Da un punto di vista professionale, anche per me è stato un anno fantastico. Il migliore sin qui. Ho anche ricevuto un paio di riconoscimenti per alcuni slogan.» Matt si punì in silenzio. Mancava solo che si mettesse a recitare i voti dei suoi esami.

    «Ma dai, davvero? Come mai hai cominciato con la pubblicità?» Palla rimandata indietro. Lizzie stava ancora facendo del suo meglio per flirtare, ma senza il benché minimo successo. Aveva persino piegato la testa verso di lui, indirizzandogli uno dei suoi più riusciti sguardi da predatrice. Ma forse lui si stava chiedendo se non avesse piuttosto qualche problema al collo o addirittura se non fosse strabica. Sedurre un uomo era un lavoro maledettamente faticoso.

    «Be', sai, avevo una battuta pronta per tutti fin dalla più tenera età.»

    «Piuttosto precoce, eh?»

    «Se devo dirla tutta, sì. Ero un ragazzino prodigio.» Matt sorrise all'idea che stava parlando con sincerità con una semi-sconosciuta. E si stava pure divertendo. «In casa sono sempre stato il più piccolo e i miei hanno investito molto su di me. Lezioni di teatro, di musica, di tennis... ho praticamente preso lezioni di qualsiasi cosa. Ma, come tutti i ragazzini della mia età, mi bastava guardare la TV per essere felice.»

    «Pa-pa-pa-pa-pa-pa... pa-pa...» Con suo sommo orrore Lizzie si rese conto di avere accennato la sigla della Famiglia Bradford, il telefilm che aveva stregato la sua infanzia. Canto in luogo pubblico, meno dieci punti. Ma ormai era troppo tardi.

    Matt stava canticchiando il resto del motivetto per lei. Era incantato. Dunque anche Lizzie si beveva i jingle televisivi, da piccola. E che sollievo conoscere una persona a una festa che non si preoccupava del giudizio altrui e si metteva a cantare.

    «Lo confesso, ero quel genere di bambino che ammorba i genitori con le canzoncine televisive dal sedile posteriore della macchina.»

    Lizzie sorrise, ormai presa dal racconto dell'uomo seduto lì con lei. Matt era trascinante, e il suo viso sembrava quasi illuminarsi mentre raccontava. Avrebbe fatto meglio a riprendersi, se voleva evitare di fare la figura dell'idiota. Decise che fargli altre domande era la tattica più saggia. Così poteva permettersi di guardarlo e ascoltare.

    «Ma come sei finito a fare il pubblicitario, poi?»

    «Tanto per far felici i miei mi sono laureato in letteratura inglese...»

    In quale università? Quando? Laurea breve o laurea lunga? Ma non voleva sembrare sua madre, così non chiese nulla.

    «... poi, con sommo disappunto da parte loro, non mostravo nessuna inclinazione particolare, e... alla fine sono capitato a lavorare in pubblicità per caso. Una volta iniziato, non sono più riuscito a tirarmene fuori. Se ci pensi, gusti e tendenze sono in continuo cambiamento e il mio lavoro consiste non solo nell'interpretarli, ma anche nel prevenirli, anticipando i tempi. Oppure nel mettere insieme un paio di idee per creare uno stile nuovo.»

    Alzò lo sguardo su di lei. Lizzie sembrava interessata, eppure gli era parso di notare una piccola distrazione, così decise di servirle su un piatto d'argento l'opportunità di cambiare discorso.

    «Tu mi fermeresti se ti annoiassi, vero? Promettimi che al primo cenno di noia ti metterai a sbadigliare, oppure mi pesterai un piede, o magari ti metterai a fissare qualche tizio al bar. Sai, non vorrei fare una fine peggiore di quella di Danny.»

    Lizzie si soffermò a guardargli le gambe. Jeans scuri dall'aria comoda. Niente seta cotta. Alzò gli occhi un po' troppo velocemente per sembrare discreta e sperò che lui non pensasse che lo stava guardando... proprio lì. I loro occhi si incontrarono.

    «Figurati. Mi interessa davvero.» Improvvisamente a disagio, distolse lo sguardo e finse di rovistare nella borsetta.

    «Forse sto solo cercando di giustificare me stesso e le mie scelte. Ma basta guardare cosa mangiamo, cosa beviamo, come ci vestiamo, e anche cosa vediamo nelle pubblicità che ci circondano...»

    Era davvero un tipo molto desiderabile. Matt non teneva banco dandosi arie di superiorità. Era appassionato a ciò che diceva e cercava di comunicare la sua passione attraverso le parole. Lizzie si congratulò con se stessa per aver classificato la serata come occasione da perizoma. Indossarne uno la faceva sempre sentire al massimo delle sue capacità seduttive, per quanto irrazionale fosse.

    «... moltissime cose ci vengono suggerite in modo subliminale, e infatti, col senno di

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1