La principessa dei profumi: Harmony Destiny
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Donna Sterling
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La principessa dei profumi - Donna Sterling
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Prologo
L'unico vantaggio che Claire riusciva a trovare nell'essere una bambina di dieci anni tutta pelle e ossa era quello di poter strisciare dietro i mobili nel salotto della tata. Al momento, era nascosta dietro il divano in attesa che la donna si alzasse dalla sua sedia a dondolo, spegnesse la luce e andasse a prendersi il suo solito bicchiere di latte caldo.
Rimase immobile finché sentì il rumore della bevanda versata, e solo allora sgusciò da dietro il sofà e illuminò con la sua pila i giornali di fianco alla sedia. Senza fare rumore, trovò quelli che cercava. Le riviste scandalistiche. La governante le teneva sotto i quotidiani perché le cameriere, e Claire, naturalmente, non le trovassero. Zio Edgar non approvava quel genere di lettura.
Nascondendo i fogli sotto il pigiama, lasciò in punta di piedi l'alloggio della tata e percorse il corridoio alle cui pareti erano appesi i ritratti dei suoi antenati e di altre persone famose. Non amava stare da sola al buio e rimpianse che suo cugino Johnny non fosse lì, ma lui e i suoi genitori abitavano nell'ala est della casa e lei in quella a ovest. Johnny aveva due anni meno di lei, ma almeno era una compagnia.
Raggiunse la propria camera con un senso di sollievo e, chiudendo la porta a chiave, spense la luce e si mise a letto con i due giornali.
Puntando la pila sulle prime pagine, provò una fitta di rimorso. Non le piaceva disubbidire a zio Edgar, ma se non leggeva di sé sulla stampa, come avrebbe fatto a sapere quello che avveniva nella sua vita?
Come sospettava, i titoli la riguardavano. Uno diceva, Guerra dichiarata per la custodia di Valentina.
Valentina era il suo primo nome, che la madre usava quando erano in pubblico. Claire era il secondo nome che i genitori usavano in casa. Naturalmente prima che morissero nell'incidente automobilistico e che zio Edgar venisse a vivere con lei. Adesso tutti la chiamavano Valentina, a parte la tata e Johnny. Scuotendosi di dosso i pensieri tristi, lesse il titolo successivo. La povera principessina dei profumi.
Rimase confusa. Sapeva che la chiamavano la Principessa dei Profumi perché il nonno si era arricchito con l'industria dei profumi e la madre era stata una diva del cinema che aveva reso famoso il profumo.
Ma perché povera, se la tata le aveva detto che era ricca? Anzi, un'ereditiera, le aveva detto. Il che significava che a venticinque anni avrebbe ricevuto l'eredità lasciatale dai genitori, che equivaleva a più di un miliardo di dollari. Niente male, no? Che fosse diventata di colpo povera?
Sarebbe stato un cambiamento interessante. Stando ai racconti della tata, i bambini poveri non avevano guardie del corpo sempre fra i piedi e non dovevano scappare dai fotografi come faceva un tempo sua madre. Inoltre, non dovevano temere di essere rapiti e soprattutto abitavano per lo più in quartieri dove vivevano un sacco di altri bambini. Si vedevano ogni giorno e andavano a casa l'uno dell'altro. Non sarebbe stato poi così male diventare povera...
Incuriosita, si puntellò sui gomiti per leggere. Entrambi i servizi si riferivano alla battaglia legale per avere la sua custodia in corso fra zia Shirley, la sorella di sua madre, e zio Edgar, lo zio di papà. Secondo gli articoli, gli zii la volevano soprattutto per il miliardo di dollari.
Che fosse vero?
Una terribile incertezza le provocò un tremito alle mani. Come possono amarti gli zii se non ti conoscono nemmeno? Quando i genitori erano in vita, li aveva visti solo durante le vacanze.
Sentì le lacrime salirle agli occhi e con un piccolo singhiozzo scese dal letto, si inginocchiò e pregò con fervore. Signore, ti prego, aiutami a capire di chi devo fidarmi. E fa che qualcuno mi ami.
1
Le ci erano voluti quindici anni per conoscere la verità. Non poteva fidarsi di nessuno. Nessuno, a parte Johnny.
Con addosso ancora l'abito nuziale, guardò dalla finestra dell'albergo i lussureggianti giardini della California. «Guarda, Johnny. Ci sono decine di paparazzi, dei veri squali pronti a uccidere.»
«Non possono entrare, Claire» la rassicurò il cugino sbirciando da un'altra finestra.
«Non sottovalutarli, trovano sempre un modo.» Da anni la perseguitavano e quando cercava di assecondarli il risultato era stato solo quello di subire pressioni ancora più forti.
«Hai bisogno di riposarti, Claire» le stava dicendo Johnny mentre lei camminava avanti e indietro nella suite dell'albergo. «È stata una mattinata faticosa e il pranzo non sarà da meno.»
Sarebbe stato terribile. Lo zio avrebbe cercato di costringerla a riprogrammare il matrimonio. «Non mi importa quello che diranno o faranno. Io non sposerò Preston.»
Sospirando, lui si sedette in una poltrona. «Forse stamattina non avrei dovuto intromettermi. A quest'ora saresti al tuo ricevimento nuziale.»
«E sarei stata infelice. Se non mi avessi mostrato l'articolo prima della cerimonia, mi sarei sposata e me ne sarei subito pentita. Io voglio che...» Non finì l'affermazione, ritenendola troppo sentimentale.
Voleva un marito che l'amasse. «Forse chiedo troppo» rifletté. «Ma tradirmi con tre delle mie damigelle d'onore!»
Non c'era molto da aggiungere. Le foto del giornale erano piuttosto esplicite e Preston non si era nemmeno preso la briga di negare. Non significano niente per nessuno aveva dichiarato.
Per lei sì, erano le sue migliori amiche.
Zio Edgar aveva preso le difese di Preston. Non puoi prendertela per qualche piccola infedeltà. Ci sono poste più importanti in gioco.
Come il tuo lucroso affare con i suoi genitori, pensò Claire. In tutti gli anni in cui era stata sotto la custodia dello zio, lui non aveva trovato il tempo per conoscerla meglio, ma per costruirsi una fortuna sì...
E non temere per questo piccolo scandalo, presto la gente dimenticherà l'aveva rassicurata.
La gente forse sì, ma non lei. Se non altro, le infedeltà di Preston le avevano dimostrato che lui non l'amava... E che lei non lo amava. Aveva sofferto più per il tradimento delle amiche che non per quello del fidanzato.
Oh, sì, naturalmente gli voleva bene, si frequentavano fin da ragazzini e le era sempre piaciuto più di tutti gli altri uomini che facevano parte della loro cerchia ristretta. Così lei e Preston si erano convinti di essere innamorati l'uno dell'altro.
Rimpianse di non avere più la tata al suo fianco. La sua presenza riusciva sempre a rassicurarla.
«Claire, stai bene?» le chiese Johnny.
Lei fece un sorriso forzato. «Certo che sto bene. Devo solo capire che cosa voglio fare della mia vita.»
«Adesso?»
Claire rise nonostante lo scoraggiamento. «Immagino che si stia facendo tardi. Hai l'aria di avere più bisogno di me di riposare. Devi rientrare a Boston stasera, no?»
Johnny annuì. «Questa settimana ho degli esami e devo studiare.»
«Vieni a riposarti un po' in camera mia. Sarà un volo lungo.»
«Mettete sotto controllo i telefoni della famiglia e degli amici. Fred, organizza dei colloqui con il personale domestico... di tutte le sue case. Lo zio pensa che sia diretta a una delle ville estive.»
«Mi scusi, signor Walker» lo interruppe la segretaria dalla porta della sala riunioni. «Ha visite.»
Tyce Walker dell'agenzia Walker Investigative & Security Services si accigliò. «Di chi si tratta?»
«La signora Pitts.»
Imprecando fra sé, Tyce depose la penna e si alzò. «Di' alla sicurezza di tenere d'occhio tutte le borse, gli armadietti e i computer. Hattie e i suoi complici sono maestri nella tattica diversiva.»
Un borbottio di consenso si levò da ogni angolo della stanza. Durante la sua ultima visita, la madre adottiva se ne era andata via con una fotografia del senatore Whitman colto in flagrante mentre tradiva la moglie. Doveva comunque darle atto che non aveva usato la foto per i tabloid di sua proprietà, si era limitata a ricattare Tyce perché l'aiutasse a fare un altro scoop.
Quando lei lo aveva preso in affido sistemandolo nella sua casa di Los Angeles, Tyce era un teppistello in libertà vigilata. Poi, all'età di diciassette anni, aveva convertito la sua abilità nelle effrazioni in un mestiere redditizio e ora possedeva una delle migliori agenzie investigative del paese, con sedi a Los Angeles, Chicago, Washington e Miami. Hattie, d'altro canto, aveva trasformato il suo giornaletto scandalistico in una rivista internazionale. Chissà che cosa voleva ora? Un'idea ce l'aveva. Rassegnato, passò nel suo ufficio privato.
«Immagino che tu sappia che Valentina ha annullato il suo matrimonio con Preston Hanover terzo, no?» esordì Hattie entrando nell'ufficio.
Tyce scrollò le spalle. «Mi pare di avere sentito qualcosa al proposito.»
«Secondo la versione ufficiale, si è sentita male.» Hattie sbuffò. «Probabile che si sia sentita male vedendo quelle foto del beneamato con le sue damigelle d'onore. Pare che Valentina abbia preso il volo ieri pomeriggio. Da sola.»
Lui mantenne un'espressione impassibile. Chissà se Hattie sapeva che Edgar Richmond lo aveva assunto per ritrovarla? «Come mai pensi che la cosa mi interessi?»
«Perché ho intenzione di assumerti per rintracciarla.»
Tyce le lanciò un'occhiata sorpresa. Gli aveva già chiesto favori in precedenza, ma mai lo aveva pagato per i suoi servizi.
«Questa è la mia grande occasione. Tutti vorranno sapere perché è scappata, dove si nasconde, che cosa sta facendo e con chi. Voglio uno scoop mondiale.»
«E perché vuoi che me ne occupi io?»
«Perché preferirei non dovere affidare ai miei giornalisti la soffiata che mi è arrivata sul volo di Valentina.»
La bomba andò a segno. Gli serviva quell'informazione, e non voleva certo che fosse la stampa a trovare Valentina prima di lui. «Quale volo?»
Hattie sorrise prendendo una sigaretta dal suo pacchetto. Se l'accese con comodo. «Accetti l'incarico?»
Lui capì che l'informazione doveva essere roba scottante. «Ti costerà molto.»
«Non mi importa. Ne vale la pena.» Hattie estrasse dalla borsa un registratore. «La nostra principessa è sempre stata molto legata al cugino, John Peterson, così ho fatto mettere il suo telefono sotto controllo dal giorno del mancato matrimonio. Se avessi ascoltato prima questo nastro, avrei potuto farla seguire fin dall'inizio.»
Tyce scosse il capo. Tipico di Hattie trovare l'informazione chiave poche ore dopo che era stato trovato il biglietto d'addio. «Sentiamo il nastro.»
«Solo se mi prometti che la troverai prima di tutti gli altri. Voglio sapere dove è stata, perché e con chi.»
Le stesse informazioni che voleva lo zio. Lui incontrò