Matrimonio in camice bianco: Harmony Bianca
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Il dottor Kiefer Bradford non riesce a credere che la ragazza misteriosa che ha baciato al ballo in maschera sia il suo nuovo capo. Ashley Marsh è una donna forte e indipendente che dirige un ambulatorio in una delle zone più problematiche della città. Poco importa se questo dà fastidio a una banda di criminali del posto, lei va avanti per la sua strada, convinta che il recupero del quartiere passi anche attraverso il suo ambulatorio. L'indole coraggiosa di Ashley scatena in Kiefer un istinto protettivo che a lei però sta stretto. Nonostante l'attrazione che li lega, il loro passato ostacola un amore che sembra destinato a non sbocciare. A meno che non trovino il modo di trasformare un non posso in un lo voglio.
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Matrimonio in camice bianco - Susan Carlisle
successivo.
1
Ashley Marsh si fece largo nell'affollata sala da ballo tra gli invitati che, vestiti in maschera, si divertivano a sfoggiare il proprio travestimento. Come consigliera del Comune di Savannah, faceva parte del suo lavoro partecipare a quel tipo di eventi. E poi l'invito a una serata di beneficenza a casa di Maggie Bradford non si poteva rifiutare. Le erano sempre piaciute le feste, ma quelle in costume non erano le sue preferite. Probabilmente non sarebbe riuscita a capire con chi stava parlando e la rendeva nervosa sapere che quando le persone si celavano dietro una maschera tendevano a fare cose che altrimenti non avrebbero fatto. E comunque sapeva di non essere mai stata brava a giudicare le persone.
Aveva deciso di indossare un abito da damina con una maschera d'oro luccicante che le conferiva un'aria allegra e divertente. Forse quella sera sarebbe riuscita a sorridere. Più di una volta si era sentita dire che doveva essere più spensierata e rilassata. Ma in pochi in quella sala sarebbero riusciti a riconoscerla.
«Signora Marsh.»
Forse si sbagliava.
Conosceva quella voce. Era il consigliere Henderson, per lo più una spina nel fianco.
«Ralph, come va? Ti diverti?» Sapeva già che non si stava affatto divertendo.
Lui scrollò il capo. «Immagino di sì. Mia moglie va pazza per queste cose. Volevo avvisarti che l'ospedale ha accettato di collaborare per la realizzazione della tua proposta. Ho appena parlato con l'amministratore e ti sosterremo per un periodo di prova di sei mesi. Attenta, però. Se dovesse sorgere anche un solo problema ti toglierò il mio appoggio» le annunciò con tono secco.
Ashley sapeva che non avrebbe cambiato idea se qualcosa fosse andato storto. Era eccitata. Era da quando era stata eletta che aspettava questa opportunità. «Grazie, Ralph. Non te ne pentirai.»
«Vedremo.»
Lui tornò tra la folla e ad Ashley non dispiacque. Aveva voglia di festeggiare e, guardandosi attorno, scorse un uomo alto, con i capelli castani, che se ne stava tutto solo. Era vicino a una porta finestra, come se fosse pronto a battere in ritirata da un momento all'altro. Indossava un abito scuro, elegante, e sugli occhi una maschera color oro. Un po' poco come travestimento. Forse era l'uomo giusto per concedersi qualche ballo.
Ashley si avvicinò e si rivolse a lui senza esitazioni. «Mi concede questo ballo?»
Per un lungo istante l'uomo rimase a fissarla con i profondi occhi verdi, poi annuì e, dopo aver appoggiato su un tavolo il bicchiere che aveva in mano, la seguì sulla pista da ballo. Era un ottimo ballerino e oltre al primo, ballarono altri due pezzi. Quando però l'orchestra propose un lento, lei lo fermò e lo congedò con un grazie.
Lui accennò un breve inchino col capo. «Figurati.»
Ashley non avrebbe dimenticato in fretta il timbro sensuale e profondo di quella voce. Si allontanò, al contempo sorpresa e sollevata che non le avesse chiesto di restare per il lento. Se fosse stata meno prudente forse le sarebbe piaciuto ritrovarsi tra le braccia di quell'estraneo, ma sapeva cosa poteva accadere se non si stava attenti...
Il dottor Kiefer Bradford rimase a osservare la graziosa damina che, dopo averlo lasciato sulla pista da ballo, attraversava la sala e si fermava a parlare con altri invitati. Avrebbe potuto seguirla, ma sua madre non avrebbe apprezzato che proprio alla sua festa si trovasse una ragazza per divertirsi un po' per una sera. Perché lui non voleva una relazione seria. Dopo quello che gli aveva fatto la sua ex moglie non aveva più alcuna intenzione di impegnarsi. Grazie a lei non si sarebbe mai più fidato delle donne.
L'unico motivo per cui era a quella festa organizzata da sua madre era che si trovava in città per un colloquio di lavoro. Quando il suo ex amico, ora marito della sua ex moglie, era stato nominato primario del Pronto Soccorso dell'ospedale di Atlanta dove lavoravano, Kiefer aveva deciso che era il momento di andarsene.
Era stanco di evitare Josh, i pettegolezzi in ospedale, le espressioni compassionevoli degli amici. La cosa peggiore era la collera che non lo lasciava mai. Lì invece era a casa sua. E aveva tutte le intenzioni di lasciarsi quella bruttezza alle spalle.
Kiefer rivide di tanto in tanto la bella damina con cui aveva ballato e in un paio di occasioni si erano quasi sfiorati. Avrebbe potuto parlarle se si fosse fermata, ma era svicolata. Comunque lui il suo dovere l'aveva fatto e poteva andare via. Si era divertito abbastanza per quel giorno. Avrebbe continuato a seguire la festa dal balcone del suo appartamento.
Stava attraversando la hall quando vide arrivare la damina da una porta sulla destra. E proprio mentre stava per superarla, vide anche la sua ex moglie, Brittney, e Josh, che andavano verso di lui insieme a un gruppo di persone. Anche loro erano mascherati, ma li riconobbe subito.
Un senso di ansia e di collera lo attanagliò. Anche lì lo tormentavano, ma in effetti Brittney era di Savannah. E la festa di sua madre era un vero evento per la città, per cui era ovvio che non avesse voluto mancare.
Kiefer non aveva voglia di parlare con loro e neanche che lo vedessero andare via solo. Così, senza riflettere, bloccò la damina.
La sua piccola esclamazione di sorpresa lo indusse ad avere un attimo di esitazione prima di posare la bocca sulla sua, spingendola contro la parete. Le sue labbra erano morbide e dolci. Lei subito gli mise le mani sul petto per allontanarlo, ma poi si lasciò andare e addirittura gli cinse la vita, mentre lui le accarezzava la guancia con la mano.
Attraverso la nebbia del desiderio, Kiefer sentì il gruppo passare oltre. Si staccò subito da lei, anche se il desiderio di continuare a baciarla era forte. Ma aveva già esagerato.
«Cosa ti è saltato in mente?» gli bisbigliò lei, bloccata contro la parete, con la sua mano ancora sulla guancia.
«Volevo ringraziarti per avermi fatto ballare.»
«E lo fai abbordandomi in questo modo?»
Lui scrollò le spalle e, togliendo la mano, il bottone della manica della giacca s'impigliò nella catenina che portava al collo.
«Attento! Così me la rompi!» gridò lei, agitatissima.
Perché reagiva così per una semplice collanina con uno strano ciondolo?
Lui tenne il braccio immobile mentre lei cercava di liberare la catena e non gli sfuggì il suo profumo di biscotti.
«Ecco, ho fatto» annunciò, sollevando lo sguardo.
La damina aveva gli occhi da cerbiatto più incantevoli che Kiefer avesse mai visto, ma quando lui si sporse di nuovo in avanti, lei gli premette le mani sul petto facendolo barcollare all'indietro e corse via, scomparendo tra la folla.
Quella damina aveva senza dubbio reso memorabile l'annuale festa da ballo di sua madre.
Tre mesi dopo
Kiefer era tornato a Savannah e stava guidando nel quartiere di Southriver. Aveva avuto parecchi dubbi riguardo al fatto di recarsi in quella parte della città a quell'ora. Durante gli anni del liceo, Southriver era il quartiere dove si andava per cercare divertimento facile o a pagamento. Ed evidentemente le cose non erano cambiate.
Quando il direttore sanitario del Savannah Medical Center gli aveva chiesto durante il colloquio se sarebbe stato disposto a lavorare a Southriver, Kiefer aveva pensato che si trattasse solo di una domanda a livello informativo, non di una proposta. Gli piacevano la tensione e l'adrenalina dei grandi Pronto Soccorso, ma non ce l'aveva fatta a restare ad Atlanta. Vedere Josh tutti i giorni dopo quello che lui e Brittney gli avevano fatto non era possibile.
Lavorare in un ambulatorio medico non era la sua più grande aspirazione, ma se non altro avrebbe messo a frutto le sue capacità manageriali e competenze organizzative. Tre o sei mesi in ambulatorio, e poi lo avrebbero trasferito in Pronto Soccorso o magari inserito in un reparto in ospedale.
Mentre procedeva lungo la via vedeva sempre più persone sedute sui gradini davanti alle abitazioni. Faceva già molto caldo benché fossero solo all'inizio dell'estate e anche quella sera era particolarmente afoso. La gente faceva il possibile per cercare un poco di fresco. Davanti ad alcune case c'erano dei bambini che giocavano. Forse il progetto di rivitalizzazione del quartiere cominciava a funzionare.
L'aspetto del quartiere migliorava a mano a mano che procedeva. Gli isolati che si era lasciato alle spalle avevano numerosi edifici completamente vuoti e abbandonati, mentre avvicinandosi all'indirizzo che gli avevano dato le case e i negozi erano più in ordine. Numerose erano state ridipinte, alcune insegne delle attività commerciali erano nuove e ai lampioni erano appesi vasi di fiori. Poi però, l'isolato successivo era di nuovo trascurato come i precedenti.
Cosa accidenti...?
Non lontano scorse un gruppo di uomini con i pantaloni a vita bassa e le bandane intorno ai bicipiti che accerchiavano con espressione minacciosa una donna davanti a un edificio in mattoni di tre piani. La donna era Ashley Marsh. Kiefer la riconobbe subito, avendola vista in televisione per un paio d'interviste.
Da quanto aveva capito, si occupava del sociale ed era una vera attivista. Lui ne aveva abbastanza di quel genere di crociate, considerato che sua madre da sempre aveva a cuore le cause di tutte quelle battaglie e che spesso ci aveva rimesso del proprio.
Tuttavia, ascoltando le interviste di Ashley, benché l'avesse trovata eloquente e intelligente, anche se un po' insofferente per i suoi gusti, non ne era stato particolarmente impressionato. Era convinto fosse giusto aiutare le persone, e per questo era diventato medico, ma pensava anche che prima di tutto bisognasse imparare ad aiutare se stessi. Non era possibile salvare tutti. Qualche volta non ne valeva la pena.
Da quel poco che sapeva, Ashley Marsh gli ricordava troppo sua madre. Quella visione della vita per cui tutti andavano aiutati perché alla fine siamo tutti buoni rendeva Kiefer alquanto sospettoso nei riguardi di Ashley. Spesso i difensori dei più deboli vedevano la vita attraverso lenti colorate di rosa. E secondo lui la signora Marsh era quel tipo di persona. Se mai avesse di nuovo provato dell'interesse per una donna, sarebbe stato per qualcuno più equilibrato.
Avvicinandosi, notò che Ashley parlava con quei ragazzi gesticolando ampiamente. Poi uno di loro le si avvicinò con aria molto minacciosa, ma lei non arretrò.
Kiefer strinse le mani sul volante. Tutti i ricordi di un brutto giorno di tanto tempo prima quando sua madre era stata aggredita, riaffiorarono. L'uomo incontrato per strada, sua madre che lo supplicava di non ucciderla, sua madre che cadeva per terra, l'uomo che le frugava nella borsa e Kiefer che assisteva alla scena impotente nascosto dietro una porta. Ed era stato allora che aveva giurato a se stesso che non sarebbe mai più rimasto a guardare senza far nulla mentre qualcuno veniva minacciato.
Le gomme stridettero quando frenò nel parcheggio davanti all'edificio. Il gruppo si voltò verso di lui. Se non altro la loro attenzione per un attimo fu distolta dalla consigliera Marsh. Saltò giù dal fuoristrada e si mise tra lei e il gruppo.
«E tu chi sei?» grufolò l'uomo che secondo Kiefer era il capo. Aveva i capelli lunghi e neri tirati indietro con una fascia, e portava un cerchio all'orecchio.
«Sono il dottor Kiefer Bradford. Il nuovo medico dell'ambulatorio.»
«Non vogliamo altri estranei qui.»
Ashley si allontanò da Kiefer e lui allungò il braccio per fermarla, senza comunque distogliere lo sguardo dagli uomini che aveva davanti. Ma lei lo aggirò e lui lasciò ricadere il braccio.
«So cavarmela da sola» annunciò lei con tono fermo, fissando il ragazzo davanti a Kiefer. «Senti, Marko, l'ambulatorio darà una mano alle persone del quartiere. Non vogliamo spiarvi o tenervi sotto