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Fine dei giochi (Le Detentrici di Arantha Libro Terzo)
Fine dei giochi (Le Detentrici di Arantha Libro Terzo)
Fine dei giochi (Le Detentrici di Arantha Libro Terzo)
E-book656 pagine9 ore

Fine dei giochi (Le Detentrici di Arantha Libro Terzo)

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Info su questo ebook

Secoli fa, un gioco per determinare il dominatore della galassia ebbe inizio. Ora, nel lontano mondo di Elystra, quel gioco giunge al termine. 

Due imponenti eserciti si danno battaglia: da un lato, Elzaria la Detentrice del fulmine, forte dell'esercito di suo fratello, è determinata a reclamare per sé la terza Pietra e vincere. Dall'altro, la pilota terrestre Maeve e i suoi alleati cercheranno di impedirglielo.

La posta è in gioco è il destino dell'intera galassia, chi sarà il vincitore?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita21 ott 2020
ISBN9781071568477
Fine dei giochi (Le Detentrici di Arantha Libro Terzo)

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    Anteprima del libro

    Fine dei giochi (Le Detentrici di Arantha Libro Terzo) - Patrick Hodges

    Ringraziamenti

    Wow, da dove iniziare?

    Be’, se state leggendo questa sezione, vorrei iniziare ringraziandovi. È grazie a voi che ho speso innumerevoli ore prendendo storie che creavo nella mia testa e trasformandole in dei libri che vedete sulla mia pagina. È grazie a voi che continuerò a farlo per (spero) molti anni ancora. Perché non penso proprio che finirò le storie da raccontare!

    Grazie come sempre ai miei colleghi al Central Phoenix Writers’ Group, senza i quali questa storia, e questa serie, non sarebbe potuta divenire meravigliosa come lo è ora. Vi rispetto dal primo all’ultimo e non vedo l’ora di stuzzicare la vostra mente con i miei futuri progetti.

    Dal profondo del mio cuore voglio anche fare gli auguri a tutti gli amici e i colleghi della comunità di autori, molti dei quali si sono offerti volontari di rivedere più e più volte le mie prime bozze di questa serie. Molti di questi fanno parte dello Young Adult Author Rendezvous, i migliori tra tutti gli autori per giovani adulti del mondo. Grazie al mio beta-team, il cui feedback è stato indispensabile: Michelle, Kelly, Amy, Bryan, Tom, Bethany, Tania, Linda, Gina, Gen, Tiea, Marni, Beth, Liana, Amalie e ovviamente mia madre.

    I più importanti ringraziamenti vanno a mia moglie Vaneza, per avermi lasciato andare quando entro in modalità autore. Ha la pazienza di una santa e tutto ciò non varrebbe nulla senza il suo supporto.

    CAPITOLO UNO

    Presso i margini più remoti della Via Lattea, un pianeta blu verde fluttuava nello spazio. Per innumerevoli millenni Banikar aveva mantenuto segreta l’esistenza di questo mondo. Assomigliava alla Terra sotto diversi aspetti, ma le differenze tra le sfere di roccia che vorticavano rendevano questo mondo, Elystra, speciale.

    Egli aveva assistito con dolore al momento in cui la Terra, e la razza umana, caddero sotto i Jegg. Metà dell’umanità e la maggior parte della Confederazione Terran, venne spazzata via nel giro di pochi mesi. Il modo in cui, gongolandosi, il suo rivale aveva pensato che fosse tutto finito e che i pezzi della chiave di Banikar fossero stati distrutti. Domandò a Banikar di ammettere la sconfitta. Banikar si rifiutò.

    In questo gioco, il nemico di Banikar, un essere antico quanto il tempo stesso, pensò di poter vincere con la superiorità numerica. Il Contendente Oscuro, così fu chiamato il nemico di Banikar da uno dei pezzi della chiave, chiuse i suoi pugni invisibili sulla Terra, distruggendola. Ma proprio come Banikar aveva sperato, due dei più importanti pezzi del gioco erano gli erano sfuggiti tra le mani, arrivando fino ad Elystra, dove fu infine deciso un vincitore.

    La concentrazione di Banikar si spezzò nel momento in cui percepì i pensieri del suo nemico.

    Hai giocato bene. Ma la vittoria sarà presto mia.

    Sì, ne convenne Banikar, presto sarà tutto finito. Quando lo sarà, lascerai questa regione dello spazio per non farvi più ritorno.

    Banikar percepì uno scatto di rabbia attraversare il suo nemico.

    Hai creato una stella composta di materiale ostile alla tecnologia Jegg. Non pensavo fossi così astuto, Banikar. O dovrei chiamarti Arantha?

    Banikar lasciò percepire il suo orgoglio. Abbiamo giocato molte volte, io e te, a nonostante le mie tante vittorie, la tua strategia è sempre la stessa. Sei prevedibile, sempre attaccato alla convinzione che la forza bruta ti basti. Ti ho dimostrato più volte che ti sbagli, e lo farò ancora.

    Ho distrutto la tua stella.

    Così come avevo previsto. Così come avevo previsto che non avresti prestato più attenzione ad essa dopo la sua distruzione. I rimasugli della mia stella sono riusciti a trovare la strada verso i miei campioni... guidati da me, ovviamente.

    Non tutti, replicò Il Contendente Oscuro.

    Banikar non rispose.

    Il Contendente Oscuro continuò. Il mondo che hai tentato di tenere nascosto con così tanta fatica, quello in un luogo della galassia dove i Jegg non possono andare. Come ho detto, non pensavo fossi così astuto. Ma hai sbagliato i tuoi calcoli. Elystra sarà pure immune all’interferenza dei Jegg, ma non dalla mia. Ho sfondato la tua sfera dell’offuscazione e le pedine che credevi ti avrebbero portato alla vittoria ora sono dalla mia parte.

    So bene cosa hai fatto, replicò Banikar. Ma la fine si avvicina. Saranno i miei giocatori ad ottenere la vittoria, o i tuoi.

    Allora sta a guardare, disse Il Contendente Oscuro. Guarda i tuoi gregari cadere. Guarda mentre io reclamo ciò è mio. Guarda mentre rovescio questa galassia in un eterno caos.

    E detto ciò, la presenza del Contendente Oscuro si offuscò, sparendo lentamente.

    CAPITOLO DUE

    Elzaria ansimava mentre stringeva al petto la Pietra. Elzor sedeva al suo fianco, fissandola dormire con un misto di preoccupazione fraterna, impazienza e disappunto. I suoi occhi si muovevano dalla Pietra nelle sue mani e quella che reggeva lui, quella che gli aveva portato il giorno prima.

    Si accigliò. L’attacco alle Ixtrayu era stato un successo, sebbene ad un costo elevato: quasi un terzo dei suoi fedeli soldati, gli Elzorath, erano periti nell’attacco. Non solo; la squadra di uomini che aveva inviato a recuperare la terza Pietra aveva fallito, come si evinceva dalla nave aliena a forma di volatile che colpì Elzaria pochi momenti dopo la sua vittoria. Costretti alla ritirata, aveva portato con sé il corpo martoriato e privo di conoscenza della leader delle Ixtrayu, la Detentrice Elementale, come merce di scambio.

    Elzor fissò la Pietra che aveva appena acquisito, cercandone di discernere il potere racchiuso nelle sue traslucide profondità. Nelle mani di sua sorella, la Pietra la rendeva due volte più potente. Nelle sue era inutile. Almeno per il momento.

    Sentendo dei passi in avvicinamento, Elzor coprì velocemente la Pietra col suo mantello e la mise al fianco di Elzaria, usando il suo mantello per coprirla ulteriormente. Lei si mosse, ma non si svegliò.

    Elzor uscì dalla tenda ed incontrò il Generale Langon e il Capitano Brynak. Il sole rifletteva sulla testa calva di Langon mentre tirava il fermaglio del mantello, che si era impigliato nella sua lunga barba brizzolata. Mio signore, disse con un inchino a cui ne seguì uno di Brynak.

    Niente da segnalare, Langon? chiese Elzor, celando il suo divertimento per il lieve disagio del suo vecchio amico.

    Blag, mi fa piacere essermi tolto quel ridicolo abito agrusiano, borbottò, riuscendo finalmente a liberare il fermaglio dalla sua barba. La prossima volta, trovami degli abiti che mi stiano meglio.

    "Langon."

    Chiedo scusa, mio signore. Tutte i feriti sono stati curati. Gli Elzorath sono pronti per mettersi in marcia appena lo ordinerai.

    Molti dei sopravvissuti che avevano accompagnato Elzaria presso il confine di Vanda erano feriti, sia che fossero state frecce nemiche, che il fuoco della leader delle Ixtrayu. Elzaria aveva vinto la battaglia usando la stessa tattica che aveva permesso loro di vincere contro l’esercito agrusiano: una pioggia mortale di fulmini che aveva ucciso o messo fuori gioco qualsiasi Ixtrayu che si era messa contro di loro. Ma nel fare questo ella stessa si era notevolmente indebolita e i due giorni di viaggio che seguirono l’avevano quasi uccisa. Fino a poco tempo prima era sicuro che la Pietra avrebbe curato il suo corpo esausto, ridandole i suoi poteri da Detentrice. Ora non ne era più così sicuro.

    Eccellente, Generale, eccellente. Brynak, hai chiarito con le truppe che non ci devono essere litigi o risse con i nostri alleati di vandani?

    Sì, mio signore, rispose il capitano dai capelli neri. Entrambi gli eserciti sembrano starsi alla larga. Fece una smorfia. "Alleati di Vanda. Non avrei mai pensato di pronunciare queste parole."

    Contro ogni previsione, il primo incontro di Elzor con Maxtar era stato un successo, in quanto era stato in grado di andarsene dal suo cospetto con la testa ancora attaccata al collo. Aveva convinto il signore della guerra dei vandani ad unirsi a lui per l’attacco a Darad. Quello che Elzor non aveva calcolato era che Maxtar si alleasse con il principe reale di Darad: Agedor, il secondo figlio di Re Aridor in persona.

    Ti capisco, disse Elzor. Posso immaginare che il tuo diffidare di loro sia almeno quanto quella di Maxtar in me. Eppure, sono grato che abbia acconsentito ai termini della nostra alleanza. Non è l’idiota che credevo.

    I tre andarono verso sud. Maxtar e il Principe Agedor si avvicinarono, impegnati in una conversazione. Non avevano ancora notato Elzor e i suoi uomini.

    Agedor diverrà un problema, bisbigliò Elzor.

    Mio signore?

    Se dovessi tirare ad indovinare, quel braga daradiano ha promesso a Maxtar di dargli appoggio. Non riesco ad immaginare Maxtar accettare meno di un terzo del territorio attuale di Darad. Non riesco a capire come Agedor possa pensare che questa mossa rafforzerà la sua posizione di re. Si alienerà tutti gli alleati di Darad, per non parlare di gran parte del suo esercito. Se per un qualsiasi miracolo dovesse mantenere il trono, non lo terrà a lungo. Elzor sorrise. Non ho simpatie per Aridor, ma un uomo che è disposto a tradire la sua famiglia in questo modo...

    Il giovane principe alzò il capo, sorridendo privo di allegria ad Elzor. Elzor fece lo stesso. Senza guardare al proprio capitano, gli disse Brynak, ordina agli uomini di prepararsi a lasciare in qualsiasi momento.

    Ricevuto, mio signore. Brynak si inchinò e poi si allontanò.

    Elzor! tuonò Maxtar mentre si avvicinava. Posso parlarti?

    Così come la prima volta che si incontrò faccia a faccia con il capo dei vandani, Elzor si sentì piuttosto intimorito dall’imponente altezza dell’uomo che superava abbondantemente i due metri. Nodi intrecciati punteggiavano i capelli che penzolavano dalla nuca e dal mento, mentre gran parte del suo viso era stato dipinto con una tintura. I cerchi nero-bluastri che gli circondavano gli occhi donavano all’uomo un’aria feroce e selvaggia.

    Sì, Signore della Guerra? chiese Elzor senza inchinarsi.

    Voglio sapere quanto pensavi di far stare qui i nostri eserciti senza fare niente. Per ogni ora che passa il nostro nemico potrebbe star fortificando le sue difese. Maxtar fissò Langon con uno sguardo ammirato. Bella barba.

    Langon, scorbutico come al solito, si limitò a grugnire.

    Elzor disse, Comprendo bene il bisogno di fare in fretta, Signore della Guerra, ma...

    Maxtar lo interruppe alzando una mano e uno sguardo torvo. I miei piani di battaglia erano già belli che pronti prima che tu bussassi alla mia porta. Ho accontentato te, tua sorella... posò uno sguardo glaciale verso la tenda di Elzaria, ...e il tuo esercito contro ogni mio buonsenso. Le mie virtù sono tante, Elzor, ma fra queste non c’è la pazienza.

    Capisco, sospirò Elzor, ma sarebbe poco saggio pianificare la nostra prossima mossa senza di lei. Lei è l’unica tra noi dotata di abilità divinatorie, senza contare che è anche l’unica che ha un potere che potrebbe distruggere le forze dei nostri nemici. Attaccare Darad senza che lei sia al pieno delle sue capacità equivarrebbe ad un suicidio. Elzor guardò con fermezza Agedor. Con esattezza, qual è il vostro piano, Principe? Siete stato tempestoso con il vostro supporto. Vorrei sapere come intendete portare più di duemila uomini attraverso il confine daradiano senza far scattare neanche un allarme tra la provincia di Ghaldyn e Castel Randar.

    Oh, ne ero sicuro. Agedor fece un cenno col capo a Maxtar. Ma il Signore della Guerra e io abbiamo pianificato ciò per un’intera stagione. Durante questo periodo, mi sono assicurato che i soldati sotto il mio comando e che mi sono fedeli superassero in numero coloro che non lo sono. Quando giungerà il momento di attraversare il confine, non troveremo alcuna resistenza. Posso assicurartelo.

    E quanti uomini porterai con te per questa battaglia? chiese Elzor, la sua voce grondava disprezzo. Anche loro saranno disposti a tradire il loro re come avete fatto voi?

    Agedor si zittì, la sua mano raggiunse l’elsa della spada, un movimento che non passò inosservato agli occhi di Maxtar. Il gigantesco vandano scosse il capo guardando il principe, e Agedor subito desistette.

    Più di cinquecento uomini, rispose Agedor digrignando i denti. E sì, mi seguiranno fino alla morte.

    E ciò porta il nostro numero totale a oltre tremila uomini, disse Maxtar. Se, come tua sorella ha predetto, il grosso dell’esercito di Aridor è ancora accampato presso Punta del Promontorio, in quel caso è necessario per noi avviarci il prima possibile. Ci metterebbero almeno due giorni per cavalcare verso Dar, che è comunque un giorno in meno di quanto impiegheremmo noi per arrivarci.

    Elzor si voltò verso Langon. Generale?

    Re Aridor non è così stupido da allontanare tutto il suo esercito dalla capitale, disse Langon Avrà certamente lasciato una guarnigione sostanziosa alle sue spalle. È probabile che dovremo ingaggiarli in battaglia prima di poter anche solo mettere le mani su Castel Randar.

    "E tua sorella sarà in grado di unirsi a noi per la battaglia finale?" disse Agedor senza nascondere il suo sarcasmo.

    Non me la perderei per nulla al mondo, disse una voce alle spalle di Elzor.

    Avvolta nel suo vestito nero tenuto alla vita da una cintura di cuoio, Elzaria uscì dalla tenda e si unì a loro. I suoi occhi si spalancarono appena alla vista di Maxtar, ma la sua meraviglia non durò che un momento. Non aveva neanche guardato nella direzione di Agedor.

    Nei venti anni da cui aveva trovato la Pietra, Elzor vide il potere di sua sorella crescere. Il suo controllo sui fulmini era preciso e letale, una precisione che sia l’esercito agrusiano che le Ixtrayu avevano visto a loro spese.

    Era solo di recente che Elzaria aveva iniziato ad avere visione entrando a contatto con la Pietra. Se da un lato queste visioni l’avevano indubbiamente aiutata nella sua missione, dall’altro avevano anche avuto degli effetti deleteri sulla sua salute. I capelli di Elzaria, una volta neri come la volta notturna, avevano ora diverse ciocche grigie. Il suo volto, un tempo trasudante forza e bellezza, appariva ora esausto e smunto. Era come se la Pietra stesse facendo invecchiare il suo corpo, traendo forza dalla sua anima ogni volta aveva una visione.

    Sorella, disse Elzor con un sorriso caloroso. Mi fa piacere rivederti di nuovo in piedi.

    Grazie, mio signore, rispose lei. Il riposo mi ha fatto bene. Ispezionò l’accampamento con lo sguardo, come se stesse cercando qualcosa. Dov’è Kelia?

    Chi? chiese Agedor aggrottando la fronte.

    La donna che hanno catturato, rispose Maxtar. Non preoccuparti di lei. Ce ne siamo occupati.

    Che cosa vuol dire? chiese Elzaria. Non l’avrete mica uccisa? Ci potrebbe essere utile come merce da scambio per...

    ...per forzare i nostri nemici a cooperare, disse Elzor mettendosi dinanzi a lei. Dando le spalle a Maxtar e Agedor, la fissò, sperando di convincerla a tacere. Se c’era una cosa che i suoi alleati non avrebbero mai dovuto scoprire, era l’esistenza delle Pietre. Se Maxtar o quel piccoletto daradiano avessero anche solo intuito il loro obiettivo ultimo, avrebbe portato la loro breve alleanza ad una fine disastrosa.

    Elzaria fece un inchino contrito con il capo.

    Tenerla in vita è una perdita di tempo, se vuoi sapere la mia opinione, sbuffò Agedor.

    Non ricordo di averla chiesta, subentrò Elzor. Signore della Guerra, mi rendo conto che è una richiesta insolita, ma mia sorella ha ragione. Abbiamo un potente nemico che non può essere sottovalutato.

    Esseri dall’Alto? Fai sul serio? Agedor proruppe in una fragorosa risata. Vorresti farci credere che degli alieni sono discesi dal cielo e che sono pronti ad opporsi a noi?

    Sì, rispose Elzaria. La loro nave non assomiglia a nulla che abbiate mai visto. Alta quanto il più alto degli alberi di reesa e coperta di metallo da poppa a prua. L’ho visto solo per un attimo, ma è stato abbastanza. Se non mi credi, chiedi ad uno qualunque delle centinaia di soldati di mio fratello che anche l’hanno vista.

    Maxtar alzò nuovamente la mano. Non preoccuparti, non ho ucciso la donna... per ora. Stamattina è stata mandata al mio campo principale al Monte Vaska. I miei uomini hanno ricevuto ordini stringenti di tenerla sotto attenta sorveglianza. Se opporrà una qualsiasi resistenza, le faranno perdere i sensi.

    Elzor fece qualche calcolo mentale. Monte Vaska era a più di un giorno di merych, alla direzione opposta rispetto al confine daradiano. Se si fossero davvero messi in marcia il giorno seguente, la capacità da Detentrice di Kelia sarebbe svanita per via della distanza tra lei e la Pietra. Tutto ciò che i vandani dovevano fare era mantenere Kelia docile finché non si sarebbero spostati fuori dal raggio d’azione, rendendola impotente. Anche se fosse stata in grado di liberarsi da sola, avrebbero avuto comunque due giorni di vantaggio su di lei. Da sola sarebbe stato in grado di fare ben poco.

    Elzaria, disse Elzor, vorresti scusarci un attimo?

    Guardò prima Elzor e poi i suoi due inquieti alleati, poi annuì.

    Sì, aggiunse Agedor sogghignando, "torna pure alla tua tenda. Lascia che siano gli uomini a pianificare."

    Elzor guardò con disprezzo il giovane principe, ma nulla di paragonabile all’occhiata di puro odio di Elzaria. Alzò la sua mano destra e gli occhi di Agedor si spalancarono mentre delle scintille danzarono e scoppiettarono sulla punta delle sue dita. Nervosamente, fece due passi indietro, suscitando il sorriso glaciale di Elzaria. Le scintille sparirono e facendo volteggiare il suo mantello, scomparve nella sua tenda.

    Langon sghignazzò, cercando di trattenere una risata più profonda portandosi la mano coperta dal guanto alla bocca. L’espressione di Maxtar era un misto di ammirazione e preoccupazione.

    Assicurati di tenere la tua bestia al guinzaglio, disse Agedor allarmato, voltandosi e andandosene da dove era venuto. 

    Che braga. disse Elzor a bassa voce, ma abbastanza perché Maxtar lo sentisse.

    Già, ne convenne Il Signore della Guerra. Quell’uomo avrà pure un fascino pari a zero, ma abbiamo bisogno di lui. Arriverà il momento in cui non sarà più così.

    Elzor inarcò un sopracciglio.

    Tua sorella, disse Maxtar in un tentativo goffo di apparire delicato, è... stabile?

    Oh, sì, disse Elzor guardando verso la tenda di Elzaria. È solo che non le piace essere trattata con inferiorità.

    Lo vedo bene. Non preoccuparti, non la farò innervosire.

    Elzor sorrise. "Dopotutto sei più furbo di quanto credessi."

    E ora che sembra essersi ripresa, immagino tu non abbia alcuna obiezione col metterci in marcia subito, no? puntò il pollice in direzione del banco di nubi in arrivo da meridione. Credo che il tempo cambierà entro la fine della giornata.

    Nessuna obiezione, Signore della Guerra, disse Elzor. I miei uomini saranno pronti a partire entro un’ora.

    Maxtar annuì con il suo enorme capo e se ne andò.

    Elzaria riemerse di nuovo dalla sua tenda. Sembrava agitata, ma determinata.

    Sorella... iniziò a dire.

    Ho sentito. Andiamo verso Darad, espirò, aggrottando la fronte.

    Elzor le mise le mani sulle spalle. Ce la fai a cavalcare con noi?

    Credo di sì, disse lei con meno convinzione di quanto lui volesse sentire. Ma devi fare una scelta, fratello. Consultare la Pietra, nonostante ci aiuti ad anticipare le mosse dei nostri nemici, mi prende via sempre più potere. Se vuoi che partecipi alla prossima battaglia, allora non potrò più utilizzare quest’abilità.

    Elzor annuì, mettendo in fila le opzioni. Aveva assoluta fiducia nelle capacità di sua sorella, così come in quelle dei suoi uomini. Al pieno delle sue forze, avevano buone probabilità di avere la meglio sull’esercito daradiano.

    L’unica cosa che avrebbe potuto distruggere i suoi attenti piani era quella misteriosa donna aliena. Elzor non aveva idea della vera estensione dei suoi poteri, o di quelli della sua enorme nave. Per quel che ne sapeva, avrebbe potuto distruggere lui e i suoi alleati con un solo gesto.

    Ma se gli alieni avevano il potere di fare ciò, perché non farlo e basta? Se erano così avanzati da creare una nave in grado di viaggiare tra i mondi, di sicuro i loro armamenti erano altrettanto avanzati. Avrebbero potuto far fuoco sul suo esercito mentre lasciavano l’Altopiano Ixtrayu, eppure non lo fecero.

    Forse non sono potenti quanto sembrano, pensò.

    Nonostante questo, doveva andare avanti col suo piano. L’unica alternativa era arrendersi ed era arrivato troppo lontano e patito troppo per farlo. Sarebbero andati avanti, sperando che il potere che aveva dato a Elzaria le sue visioni li avrebbe guidati alla vittoria.

    Dove sono le Pietre? chiese.

    Al sicuro con me.

    "Assicurati che lo siano, sorella. Questi alleati che mi hai detto di cercare non apprezzerebbero i nostri piani dopo la caduta di Darad. Vorrei solo ci fosse un altro modo per ottenere la terza Pietra."

    Elzaria si avvicinò e sorrise. Considera il tuo desiderio esaudito.

    CAPITOLO TRE

    Maeve si strofinò gli occhi stanchi con il pollice e l’indice, trattenendo l’istinto di urlare.

    Aveva scelto una direzione a caso e si era allontanata dalla grossa tenda rossa e bianca da cui era appena uscita, ignorando gli sguardi incuriositi dei soldati di Aridor. Si era abituata a sguardi del genere in poco tempo avendo a che fare con la gente di Elystra; nonostante la sua fisionomia era pressoché identica alla loro, era un’aliena per questo mondo. Per tutta la loro vita, quegli uomini non avevano mai neanche preso in considerazione la possibilità che una donna potesse essere una Detentrice, e ora erano accampati fuori un villaggio dove risiedevano almeno una dozzina di Detentori.

    Che guardino. Funzionano così le cose ora. Se non riescono ad accettare che una donna sia più potente e capace di loro, che vadano al diavolo.

    Prese il suo palmare dalla cintura e lo attivò. Stando al cronometro, che da tempo aveva calibrato sulle 25 ore giornaliere di Elystra, era stata in quella tenda per due ore. Due lunghe, improduttive ore. Le abilità di Re Aridor nel guidare le truppe e nelle tattiche di guerra erano notevoli, ma poco lungimiranti. Non era colpa sua, data la sua educazione medievale, ma non aveva mai dovuto affrontare un nemico come Elzaria fino a quel momento. Aridor aveva più volte affermato che non avrebbe sottovalutato le capacità della Detentrice del fulmine, ma finché non avrebbero elaborato un piano valido per sconfiggerla, le loro uniche possibilità di vittoria risiedevano in lei e Nyla.

    Maeve alzò gli occhi al cielo coperto di nuvole, si chiese se ci fosse un’altra pioggia in arrivo. Era la stagione delle tempeste e un acquazzone come quello che si era abbattuto sull’Altopiano Ixtrayu nel giorno dell’attacco avrebbe intralciato con i loro tentativi di salvare Kelia dai vandani.

    Kelia.

    La mente di Maeve si offuscò. L’ultima visione di Nyla, condivisa dall’Alto Mago Mizar, mostrava Kelia prigioniera ad un accampamento vandano alla base di Monte Vaska. Gettata in uno sporco buco nel terreno, le venivano dati da mangiare resti di animali selvatici ed era ferita, probabilmente per impedirle di usare i suoi poteri elementali per scappare.

    Solo alcuni giorni prima, Maeve si era svegliata tra le braccia di Kelia, felice e contenta per la prima volta dopo anni. L’opprimente senso di colpa che pesava su di lei fin dall’attracco della Talon su Elystra era andato via, scacciato dalla compassione e rassicurazione della sua amata. Quando si separarono, Maeve giurò che sarebbe tornata al fianco di Kelia il prima possibile.

    Ma Elzor, e la sua psicopatica sorella, avevano fatto prima di lei.

    Maeve strinse i pugni, espirando attraverso i denti serrati. Ti salverò, amore mio, disse guardando il terreno ai suoi piedi. E Dio salvi chiunque si metterà sul mio cammino.

    Protettrice? disse una voce alle sue spalle.

    Maeve si voltò e vide Nyla avvicinarsi, il suo viso tondo celava uno sguardo torvo simile al suo.

    Non c’è bisogno che mi chiami così, Nyla, disse Maeve. Sto solo prendendo il posto di tua madre finché non la salveremo.

    La ragazza rispose con un cenno cupo.

    Era come se gli avvenimenti della settimana appena trascorsa avevano fatto invecchiare la figlia tredicenne di Kelia in maniera considerevole. Non c’era da stupirsi, dopo ciò che aveva dovuto affrontare. Durante la battaglia aveva usato il suo potere da Detentrice per uccidere molti soldati di Elzor. Proprio quando sembrava che la battaglia si era capovolta a favore delle Ixtrayu, Elzaria aveva ricoperto l’Altopiano con un’onda di energia che mise fuori gioco Nyla... ma non prima che potesse vedere Sarja, la sua amata, morire.

    Senza dire un’altra parola, Nyla si fece avanti e abbracciò Maeve. Cosa faremo? chiese spaventata, la disperazione che trapelava dalla sua voce. Ogni giorno che passiamo qui senza far nulla...

    Non è nulla, Nyla, disse Maeve, abbracciandola a sua volta. "Ma c’è molto di più che la vita di tua madre in gioco qui. Centinaia, forse migliaia tra le forze di Re Aridor verranno massacrate se non interveniamo. L’unico modo per farlo è usando la Talon. Espirò profondamente, fissando Nyla nei suoi grandi occhi castani. Nonostante le sue tante capacità, usarla per trasportare migliaia di uomini, i loro merych, armi e vettovaglie non è pratico. Come ti ho detto anche in passato, le nostre armi sono limitate. Ho tre granate e una pistola con circa sessanta colpi. Non sono abbastanza per fermare un esercito come quello di Elzor."

    Nyla sibilò, si voltò e tese il palmo della mano sinistra verso il cielo. Dopo pochi attimi, un torrente di fiamme venne sparato dalla punta delle sue dita, salendo fino a più di una dozzina di metri prima di disperdersi. Maeve fece due passi indietro, evitando il calore bruciante. Notò gli sguardi a bocca aperta di diversi uomini di Aridor davanti allo spettacolo pirotecnico, ma non fecero nulla per interromperlo. Lei condivideva la frustrazione di Nyla, gran parte di essa era data dal suo senso di colpa del non aver fatto in tempo per evitare il rapimento di Kelia.

    Il fuoco sparì e Nyla si voltò verso Maeve con determinazione. Esclusa mia madre, sono una delle Detentrici più potenti di Elystra. Forse la più potente! Apriva e chiudeva i pugni tradendo una chiara esasperazione. Eppure, il potente Re Aridor mi tratta come una bambina! Blag, vorrei tanto togliergli quel sorrisetto accondiscendente dalla faccia. Si mosse per tornare verso la tenda, dove Aridor attendeva il loro ritorno.

    Maeve si parò dinanzi a Nyla, le mise le mani sulle spalle. Ehi, ehi, ragazza, calmati. Una delle responsabilità di un capo è di mantenere le proprie emozioni sotto controllo.

    Nyla inarcò un sopracciglio. Parli proprio tu. Eri arrabbiata tanto quanto me quando sei uscita da quella tenda.

    Maeve si sentì terribilmente in imbarazzo. Nyla aveva ragione. "Be’, questo è un nuovo territorio anche per me, sai? Sono un soldato. Un pilota. Ho combattuto battaglie. Non le ho pianificate.

    Ma sei stata un comandante.

    Di una piccola unità di sole dodici persone. Se uno qualsiasi della mia squadra faceva qualcosa di fuori posto, mi limitavo a dargli una strigliata. Re e generali devono creare strategie su una scala ben superiore e io dubito che il mio... approccio diretto verrebbe preso bene da Sua Altezza.

    No, in effetti, disse Mizar, che le osservava da una certa distanza. Era vestito con la sua solita tunica, mantello e papalina nera, Maeve doveva ammettere che Mizar era una figura piuttosto imponente nonostante fosse sulla cinquantina. Sembrava molto più aperto mentalmente nell’includere anche le Detentrici Ixtrayu e Maeve nella loro strategia di guerra. Essendo nato da madre Ixtrayu, rifletté Maeve, doveva essere probabilmente dovuto a quello.

    Alto Mago, disse Maeve con un cortese inchino con il capo.

    Zio Mizar, disse Nyla.

    Mizar sorrise a sua nipote e chinò il capo a sua volta. Dovete perdonare Sua Altezza. Nonostante i tanti anni di addestramento, la sua esperienza sul campo di battaglia è piuttosto limitata. Lungo tutto il nostro viaggio per arrivare qui, si era preparato ad incontrare Kelia. Per poi invece trovarsi dinanzi a... Scostò lo sguardo.

    Alieni dall’Alto? suggerì Maeve. Avanti, potete dirlo.

    Ehm... sì. Mizar passò il peso da un piede all’altro. Re Aridor sta disperatamente cercando di salvare tutto ciò che ha giurato di proteggere. Nell’arco di pochi giorni, tutto ciò che credeva di sapere è stato messo in discussione. Detentrici donne, Pietre mistiche... sogghignò. Alieni dall’Alto...

    Che piaccia o meno, disse Maeve, le cose stanno così ora. Aridor non è più al centro dell’attenzione ora. Deve accettarlo o non andremo mai da nessuna parte.

    Mizar inarcò un sopracciglio. Al centro dell’attenzione?

    Scusa. È un modo di dire della Terra, disse Maeve, soffocando una risatina.

    Mi piace, disse Mizar, e il suo viso tornò rigido. Lo so che talvolta può essere piuttosto brusco, ma credetemi, non è nulla in confronto al padre. Se ci fosse stato Armak al posto di Aridor nella tenda, sarebbe stato inamovibile quanto il Monte Calabur. È grazie a Belena se Aridor è così accondiscendente.

    Belena? chiese Nyla.

    Sua moglie, la Regina di Darad. Ha promosso un’attitudine più liberale nei confronti delle nostre cittadine donne da quando è sposata con Aridor. Il fatto che lui stesso sia venuto fin qui è la prova della sua influenza.

    Maeve sorrise. Già mi piace.

    State tranquille, continuerò a fargli da consigliere mentre il volto del nostro mondo cambia. Si abituerà. Fece un gesto verso la tenda. Vogliamo tornare?

    Nyla digrignò i denti. Se mi chiama ragazzina ancora una volta, darò fuoco a quella tenda.

    Mizar fece sprofondare le mani nelle maniche del suo mantello e si inchinò. Consideralo già avvertito.

    * * *

    Aridor arrotolò la mappa che stavano fissando da almeno due ore e la diede ad Harg, il capitano della sua guardia personale. Allora siamo d’accordo?

    Certo, disse Maeve, voltandosi verso Eloni e Liana. Consiglieri?

    Sì, ne convenne Liana. Vi ringraziamo per la vostra protezione, Vostra Altezza.

    Dopo una mattinata stressante, Maeve sentì un sincero sorriso comparirle in volto. Anche Nyla sorrise. Non importava ciò che sarebbe accaduto da quel momento, le Ixtrayu sarebbero stati al sicuro.    

    Re Aridor fece un cortese cenno col capo. Avete la mia parola, Consiglieri. I miei uomini non varcheranno i confini dei vostri villaggi senza il vostro esplicito permesso.

    Eloni si alzò in tutta la sua statura, appena più bassa di Aridor, Io credo che se Kelia fosse qui, lei stessa troverebbe questo accordo soddisfacente. Si voltò verso Nyla. E se Arantha vuole, presto sarà di nuovo qui con noi.

    Proprio così, disse Maeve. Mi spiace solo che non possiamo ospitare i vostri uomini al villaggio, sire, ma dopo l’attacco non ci resta più molto cibo.

    Capisco, disse Aridor. Non appena tornerà a Darad, farò sì che il cibo venga consegnato qui. Non permetterò né che le Ixtrayu, né che i miei uomini muoiano di fame.

    Liana ed Eloni, chiaramente soddisfatte, si inchinarono e lasciarono la tenda.

    Maeve, disse Mizar, di quanto tempo credi abbiamo bisogno prima di poter partire?

    Maeve prese il palmare e controllò di nuovo l’orario. "Non molto. Ho informato le cacciatrici che si sono unite a noi a prepararsi a partire in qualsiasi momento. Lo stesso vale per Yarji e Zarina, le cui capacità da Detentrici sono inestimabili. Al di là dell’organizzare la nostra partenza, avrò bisogno di riscaldare i motori della Talon e impostare una rotta. Diverse rotte, in realtà. Se tutto va come spero, dovremmo essere in grado di partire nel giro di poche ore."

    Eccellente, disse Aridor. Devo ammettere che non vedo l’ora di vedere l’interno del tuo vascello.

    Lo sguardo di gioia infantile sul volto di Aridor suscitò una risata in Maeve. Sembrava un bambino che stava per fare il suo primo viaggio in curvatura.

    Aveva distrattamente messo la sua mano destra nelle tasche del pantalone e le sue dita toccarono qualcuno di piccolo ma duro. Lo prese e lo tirò fuori dandolo a Nyla. Tieni, disse Maeve. Credo che sia il momento che tu lo indossi.

    Gli occhi di Nyla si spalancarono. Il ciondolo di mia madre?

    Maeve annuì. Ho aggiustato il gancio. Sono certa che vorrebbe tu lo indossassi.

    Nyla prese il ciondolo con un singhiozzo soffocato, appoggiandolo dolcemente sul palmo della sua mano.

    Una volta Kelia disse a Maeve che Nyla le diede quel ciondolo come regalo quando Nyla aveva solo sei anni. Era semplice, un sottile filo di cuoio con sei perle, tre su ogni lato di un piccolo pezzo di metallo giallo scuro al centro. Kelia lo indossava durante l’attacco al villaggio, ma il gancio era stato distrutto da uno dei fulmini di Elzaria.

    Grazie, Maeve, disse Nyla. Potresti...? Lo porse a Maeve.

    Ma certo. Mentre Aridor e Mizar osservavano, Maeve prese il ciondolo e lo avvolse intorno al collo di Nyla, chiudendo poi il gancio con un click soddisfacente. Nyla si voltò, centrando il pezzo di metallo che era sospeso sul suo petto. Allora? chiese, cercando la sua approvazione.

    Perfetto, disse Maeve sorridente.

    Il volto di Aridor si chiuse in una smorfia perplessa. Fece un passo in avanti, i suoi occhi fissi sul pezzo di metallo che penzolava dal collo di Nyla.

    Nyla si irrigidì dinanzi sotto lo sguardo inquisitorio dell’alto re, ma non indietreggiò. Era immobile mentre Aridor si sporse per guardare meglio.

    Incrociò lo sguardo di Nyla mentre si toglieva il guanto dalla mano destra. Posso? chiese indicando il pezzo di metallo.

    Immagino... di sì, disse Nyla, non riuscendo a nascondere il suo timore reverenziale.

    Aridor si chinò ulteriormente, prendendo il metallo tra il suo pollice e il suo indice. Dopo alcuni istanti, tornò eretto. Dove lo hai preso? chiese con un tono che Maeve ricollegò ad un sincero fascino.

    Il metallo? Fu un regalo di mia nonna Onara a mia madre. Fu l’ultima cosa che diede a mia madre prima di morire. Credo venga dal Lago Barix.

    Lago Barix? ripeté Aridor. Non l’ho mai sentito.

    È un ampio lago chiuso tra le Montagne Kaberiane, a circa due ore di cavalcata di merych a sud di qui, disse Nyla. Non ci sono mai stata, ma i collettori della tribù vanno spesso lì. Dicono ci siano molti cunicoli e caverne in quelle montagne, e i muri sono ricoperti di questo, ed indicò il pezzo di metallo che aveva al collo."

    Molti cunicoli? ripeté di nuovo Aridor, i suoi occhi si spalancarono. Ricoperti di questo?

    Sire? chiese Mizar, poggiando una mano sul braccio del Re. Va tutto bene? 

    Un sogghigno apparve sul volto di Aridor, sogghigno che si allargò presto. Oh sì, sto benissimo, Mizar. Questo, ed indicò il ciondolo di Nyla, "cambia tutto."

    Mizar, incredulo, si avvicinò a Nyla e fece come Aridor. Ispezionò il pezzo di metallo che aveva catturato l’attenzione del Re. Arantha Onnipotente, bisbigliò, le sue sopracciglia che sparivano nell’attaccatura dei capelli.

    Cosa? gridò Nyla. Qualcuno vorrebbe cortesemente dirmi cosa sta succedendo?

    Perdonami, ragaz... Nyla, disse Aridor, aggiustando il tiro. Ricordi cosa ti dissi dopo il nostro primo incontro riguardo i problemi di Darad con il Viceré Callis?

    Non proprio, ammise Nyla.

    Io sì, disse Maeve. Avevate detto che Barju era la principale fonte di minerale di machinite, da cui Darad crea la maggior parte delle sue armi e armature.

    "Non solo la principale fonte, l’unica fonte, la corresse Aridor. E ora che il Viceré Callis ha sciolto il trattato tra i nostri due paesi, i carichi di machinite sono cessati, e questo significa che i nostri armaioli e fabbri sarebbero costretti a lavorare con materiali di qualità notevolmente inferiore. Non ho dubbi che il Viceré si aspetta che io torni da lui strisciando, pronto a pagare ogni prezzo. Rise. Pare che sarò io l’ultimo a ridere invece."

    State... state dicendo che questa è machinite? chiese Maeve.

    Sì, confermò Mizar. Ed è quasi totalmente pura. Si voltò verso il re. In quelle montagne potrebbero esserci abbastanza giacimenti da rifornire Darad per secoli.

    Esatto, disse Aridor. Mise una mano sulla spalla di Nyla. Nyla, mi scuso per il mio comportamento di prima. Non c’è più alcun dubbio nella mia mente che questa è opera di Arantha in persona. Magari non avrò le capacità di predizione del mio Alto Mago, ma mi azzarderei a dire che ciò che è successo qui, oggi, è solo l’inizio di una lunga relazione tra Darad e le Ixtrayu.

    Andiamo con ordine, disse Maeve, cercando di trasmettere un po’ di urgenza nella conversazione. Potremo parlare di scavi e miniere più tardi. Per adesso abbiamo una guerra da vincere, mettiamoci in marcia.

    In quell’istante, un trambusto proveniente da fuori la tenda attirò la loro attenzione. Si sentivano urla scandite da una voce familiare.

    Davin.

    Maeve corse fuori e trovò suo figlio per terra, il suo braccio attorcigliatogli dietro la schiena da una grossa guardia. Correndo, caricò la guardia facendola cadere. Questo è mio figlio! Tienigli le mani lontane!

    L’uomo raggiunse la spada con la mano, ma Maeve fu più veloce. Prese una delle sue spade corte dalla cintura e la puntò verso la guardia per terra. Non pensarci nemmeno.

    Va tutto bene, Bigon, disse Aridor, intromettendosi.

    La guardia chinò immediatamente il capo e si rimise in piedi. Sì, Signore, disse, poi tornò al suo posto verso l’entrata della tenda.

    Anche Davin si era alzato, pulendosi i pantaloni sporchi di erba. Che diavolo combini, Dav? chiese Maeve, posando la spada. Non puoi entrare qui senza neanche venire annunciato! Stai cercando di farti uccidere?

    Davin si sistemò i rossi capelli ricci dietro le orecchie e respirò profondamente prima di rispondere. Scusami, mamma. Guardò Nyla, che era uscita a sua volta dalla tenda. È solo che...

    Solo che? chiese Maeve. Cos’è successo?

    Ho ricevuto un messaggio, ansimò Davin, da papà.

    Maeve sentì una stretta allo stomaco. Che cosa ha detto?

    Davin, ancora tentando di riprendere fiato, sorrise. I suoi occhi ancora fissi su Nyla. Mi ha detto come vincere il gioco.

    CAPITOLO QUATTRO

    Sen si svegliò di soprassalto, scostò la pelliccia di Ivrax che gli faceva da lenzuolo. Il sudore gli scorreva in volto mentre si guardava intorno, cercando qualcosa che potesse essere familiare. Un bacino d’acqua. Un pomello d’argilla sul muro da cui pendeva la sua grossa tunica beige. I resti consumati di diverse candele.

    Si mise seduto, tirando un sospiro di sollievo tenendosi il volto tra le mani. Era solo un sogno.

    Due anni prima, dopo essere divenuto l’apprendista di Mizar, aveva sperato che gli anni di insulti, tormenti e di sminuimento che avevano segnato la sua infanzia sarebbero svaniti, dando via a dei nuovi e bei ricordi. Ma a quanto pare la sua mente era determinata, inconsciamente, a mostrargli i volti accigliati di suo padre e dei suoi tre fratellastri quasi ogni notte.

    "Senkoot! Senkoot! Piccolo schifoso verme!" I loro continui insulti risuonavano nella sua mente, rifiutandosi di svanire.

    Sen chiuse i pugni, stringendo gli occhi per cercare di ricacciare indietro le lacrime.

    No. Potrei pure aver ereditato il nome di un parassita, ma non è ciò che sono. Non più. Sono un guaritore. Un Detentore. Ho trovato uno scopo. Ho trovato una ragazza che amo. Ho trovato la mia...

    Sen? disse una voce. Lyala lo fissava dalla porta, preoccupata.

    Il suo respiro tornò un po’ regolare quando la vide. I suoi lunghi capelli castani, i suoi occhi blu come il mare, i suoi alti zigomi; tutte caratteristiche che aveva ereditato da lei, insieme alla sua capacità curativa. Per tutta la sua vita sua madre era sempre stata solo un fantasma, una fantasia che possedeva la concretezza di un’ombra. E ora, sia fatta la volontà di Arantha, erano di nuovo riuniti.

    Sto... bene, madre, replicò, riprendendo fiato. Ho solo fatto un brutto sogno.

    Lei provò a fare due passi verso di lui, sul volto le si leggevano migliaia di domande.

    Il giorno prima, quando si erano rincontrare ed erano scoppiati in lacrime, aveva sentito una così pura felicità che non era in grado di descriverla a parole. La vasta distanza che lo separava dalla madre, che pensava di aver perduto per sempre, era svanita, e non solo Lyala e sua sorella Sershi lo avevano accolto come in una famiglia, ma lo avevano anche invitato nella loro umile dimora. Avevano parlato a lungo durante tutta la notte prima che la stanchezza lo facesse infine crollare.

    I suoi occhi tentarono di incrociare i suoi mentre si rialzava. Il suo primo istinto fu quello di andare da lei, di abbracciarla e di non lasciarla più andare. Alleviare il senso di colpa che la aveva consumata sin da quando era stata costretta, secondo tradizione Ixtrayu, a darlo via e sbarazzarsi di quella rabbia così viscerale che ancora provava per lei in una parte oscura della sua anima.

    Come il suo maestro gli aveva spesso detto, Il tempo guarisce ogni ferita. Sen sperava che fosse vero.

    C’è... c’è qualcosa di cui hai bisogno? Chiese Lyala. Notò i suoi pugni aprirsi e chiudersi. Potrei farti un tè.

    Mantenendo la calma, si avvicinò alla madre, fermandosi ad un solo passo da lei. In quel momento, la domanda che per tanto tempo aveva trattenuto dal momento della loro riconciliazione emerse. Perché, madre? 

    Delle leggere rughe le solcarono il volto, facendola apparire più vecchia di dieci anni. Perché cosa?

    "Perché lui? Tra tutti gli uomini che avresti potuto scegliere di accoppiarti..." Smorzò la frase, incapace di completarla. Si sentiva cedere, ma i suoi occhi non si smossero da lei.

    Oh mio pover figlio. Si avvicinò, accarezzandogli la guancia. Hai dovuto affrontare così tanto. È tutta colpa mia. Evitando il suo sguardo, lei si voltò a guardare fuori dall’unica finestra della stanza; in un punto poco distante, il Fiume Ix serpeggiava attraverso l’Altopiano. Arantha mi ha benedetto con una figlia femmina al mio primo Sojourn, come sai. Quando Onara decretò che ero destinata ad averne una seconda, io non mi opposi. Quando incrociai il mio cammino con tuo padre a Thel, ero certa che Arantha ci aveva fatti incontrare.

    Sen prese la tunica dal muro e iniziò a vestirsi. Sua madre guardava fissa fuori dalla finestra.

    Devi capire, siamo Ixtrayu, non diamo peso agli uomini per il loro temperamento o quanto siano ben disposti. Piuttosto cerchiamo uomini di grande forza e vitalità, così che il loro seme possa produrre dei forti figli Ixtrayu.

    Ma non tutti i bambini Ixtrayu sono forti, non è vero? Chiese Sen in modo sprezzante, mentre fissava la propria fragile figura.

    Lyala si fece avanti, appoggiandosi al davanzale. No. Non lo sono.

    Sen osservò le sue spalle esili e la rabbia che stava montando si placò. Nonostante suo padre fosse stato duro con lui, sua madre lo era stata con sé stessa. Madre... disse avvicinandosi sempre più.

    Lei alzò una mano. So bene che questo non significa niente per te, figlio mio, ma non è passato neanche un giorno negli ultimi diciotto anni senza che io ti abbia pensato. Ho pregato affinché tu vivessi una vita felice senza di me. Un debole sorrise le inarcò le labbra. Sapevo dell’editto di Re Sardor, sai? Ho sperato fino all’ultimo che tu potessi un giorno renderti conto del dono che ti avevo fatto. E ora, eccoti; un guaritore alla corte di Re Aridor, apprendista dell’Alto Mago in persona. Non avrei potuto pensare ad un destino migliore per te.

    Il sorriso sparì così come era comparso. Posso soltanto chiederti perdono per i tormenti che hai dovuto sopportare, Sen. Ti assicuro che non avevo idea che Garmin potesse essere un uomo così odioso e spregevole. Al contrario, invece.

    Come vi incontraste? Chiese Sen. Da bambino, chiedevo spesso a papà di te, ma da quando avevo circa sei anni mi proibì addirittura di nominarti. Non mi volle neanche dire il tuo nome.

    Lyala annuì. Il viaggio verso Thel mi drenò più energie del mio primo Sojourn ad Agrus. Dovetti legare il mio chava ad un albero ad almeno un’ora di camminata da Thel, non volevo attirare l’attenzione delle persone. Stavo cercando un posto sicuro in cui trascorrere la notte quando incontrai letteralmente per caso Garmin. Barcollò fuori da una taverna e cadde su di me.

    È proprio da lui, Borbottò Sen.

    Ovviamente si scusò, come un gentiluomo. Dopo avermi aiutato a rimettermi in piedi si offrì di pagarmi la cena. Mi disse di una moglie che aveva da poco perduto e di tre figli che ora era costretto a crescere da solo. Sospirò. Sicuramente potrai immaginare da solo il resto della storia.

    I loro sguardi si incrociarono. Non riesco ad immaginarmi papà essere qualcos’altro al di fuori dello zoticone che era. Non ho mai visto un altro lato di lui.

    Finché non seppi di essere rimasta incinta la sua natura oscura non emerse. Gli dissi che la mia permanenza a Darad era temporanea e che la mia famiglia attendeva il mio ritorno, ma lui non volle sentire ragioni. Insistette che stessi con lui per sempre, di crescere non solo i suoi figli ma anche il figlio che ora cresceva nel mio grembo. Si fece avanti, cingendo Sen tra le sue braccia e appoggiando il capo sulla sua spalla. Ho fatto così tanti errori, figlio mio. Anche se ci vorrà tutta la mia vita, mi farò perdonare... se me lo lascerai fare.

    Sen non rispose per diversi secondi. Si limitò a stringerla. Accetto la tua offerta, disse.

    Più che vederlo, percepì sua madre sorridere, e rimasero avvolti nel loro abbraccio.

    * * *

    Sen osservava Sershi servirgli una seconda tazza di tè di radice di jingal. Prese la tazza e annusò il suo aroma terroso ma dolce prima di assaporarlo. Così come con la prima tazza, il liquido lo riscaldò fino in fondo al suo stomaco. Questo tè è la cosa più buona che abbia mai assaggiato in vita mia, disse, un sorriso che gli si allargava in volto. Grazie, sorella.

    Non c’è di che... fratello, disse, ricambiandogli il sorriso. È così strano dirlo ad alta voce, ma mi piace come suona.

    In effetti credo mi piaccia sentirtelo dire. Bevve un altro sorso. Sershi versò una seconda tazza per Lyala che era in piedi ad ascoltarli.

    A parte loro tre non c’era nessuno nella Sala della Guarigione. Sen osservò, dall’altro lato del fiume, molte Ixtrayu andare avanti e indietro. Anche diverse cacciatrici ben equipaggiate passavano di lì, procedendo verso l’entrata settentrionale. Poteva solo supporre che il momento di partire fosse ancora lontano.

    Sen sospirò. Appena un giorno fa aveva incontrato la sua famiglia per la prima volta e ora avrebbe dovuto separarsi da loro ancora una volta. Sperava solo che la madre potesse accettare le sue ragioni.

    Prima che potesse darle questa notizia, un uomo con una ciocca di capelli scuri entrò correndo. Il suo volto era contratto in una smorfia di dolore, la sua mano destra era avvolta in un batuffolo di stracci insanguinati.

    Rahne? Chiese Sen. Cos’è successo?

    Mi sono tagliato, disse il giovane agrusiano trafelato, nella sala da pranzo.

    Fammi vedere, disse Lyala facendosi avanti e prendendo la mano ferita. Rimosse lentamente gli stracci inzuppati di sangue e si chinò per guardare meglio. Gli mosse il polso e lui piagnucolò addolorato.

    Piano! Disse. È profonda.

    Eh già. Confermò Lyala. Cerca di non muoverti.

    Sen vide sua madre chiudere gli occhi e mettere le mani sotto quella di Rahne. Il suo respiro divenne lento e

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