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Regine (Le Detentrici di Arantha Libro Secondo)
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E-book521 pagine7 ore

Regine (Le Detentrici di Arantha Libro Secondo)

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Info su questo ebook

È in corso una partita a scacchi cosmica, e il pianeta di Elystra è la scacchiera.

La pilota terrestre Maeve e suo figlio Davin si sono uniti alle Ixtrayu, sperando di evitare la distruzione che la loro leader, Kelia, ha previsto nelle sue visioni. Ma i poteri da Detentrice di Maeve basteranno per contrastare le macchinazioni di Elzor e di sua sorella, la Detentrice del fulmine Elzaria, prima che le Ixtrayu vengano distrutte durante la corsa di Elzor al potere assoluto?

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita26 feb 2021
ISBN9781071589939
Regine (Le Detentrici di Arantha Libro Secondo)

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    Anteprima del libro

    Regine (Le Detentrici di Arantha Libro Secondo) - Patrick Hodges

    CAPITOLO UNO

    DICIOTTO GIORNI PRIMA

    Un uomo la cui postura, gli abiti sgualciti e la barba incolta davano l’impressione di essere molto più vecchio dei suoi soli trentotto anni, era seduto alla console di comando. I suoi capelli rossi avevano diverse ciocche bianche e gli occhiali che di solito erano ben composti sul suo volto erano ora appoggiati appena sul suo naso.

    Nonostante tenesse gli occhi aperti sui vari schermi che mostravano il Deserto del Sahara per migliaia e migliaia di chilometri, la sua attenzione era fissa principalmente sullo schermo di fronte a lui. La sua stessa immagine era riflessa e sembrava fissarlo mentre parlava al microfono. Sei la donna più forte che abbia mai conosciuto, Maeve. Qualsiasi cosa ti accadrà, sono certo che la supererai. Vinci questo gioco. Fallo per l’umanità. Poi fermò la registrazione.

    Sentendo la stanchezza ormai incombere, si tolse gli occhiali e li poggiò sulla console. Fuori uno, ne manca un altro, Disse fra sé e sé.

    Sentì dei passi alle sue spalle e si voltò e vide un giovane uomo e dalla carnagione olivastra, vestito con una tuta scura, entrare nell’ufficio della sicurezza. Il suo volto era coperto da una barba corta ma folta e i suoi profondi occhi castani erano visibilmente allerta, nonostante la tarda ora. Ehi, Richard. Ti spiace se mi unisco a te?

    La base del Sahara era stata costruita decenni prima come laboratorio di ricerca e sviluppo, sperimentando su metodi per superare la velocità della luce, uno dei segreti meglio celati della Confederazione Terran. Nonostante fosse stata costruita per ospitare centinaia di persone, ora ne vivevano lì solo una decina.

    Richard gli fece cenno di entrare. Vieni, Mahesh. Ho appena fatto un po’ di caffè; serviti pure.

    Mahesh si sedette sulla sedia opposta a Richard. No grazie, preferisco il tè. Inoltre, abbiamo tolto da mezzo il sintetizzatore proprio ieri, quindi vuol dire che hai fatto il caffè alla vecchia maniera. Senza offesa, Richard, ma il tuo caffè lo userei al massimo per scrostare la vernice dalle astronavi.

    Va’ al diavolo, Disse Richard con un sorriso sardonico. E comunque, ho un qualcosina che lo rende molto più buono.

    Mahesh lo guardò incuriosito. Un depuratore?

    Richard aprì un cassetto che aveva a portata di mano e ne tirò fuori una fiaschetta che agitò davanti all’amico. Uno scotch di diciotto anni fa. Il 2719 è stata un’ottima annata.

    Meglio di no. Se torno nella mia stanza con l’alito puzzolente di alcol, Suri mi ucciderà.

    Come vuoi. Richard tolse il tappo alla fiasca e fece un sorso, espirando soddisfatto quando lo scotch gli bagnò la gola. Siamo pronti?

    Sì. Mahesh si fece avanti con la sedia finché non raggiunse Richard. Non c’è proprio nessun modo in cui possa convincerti a venire con noi?

    Cinque anni prima, la Terra era stata invasa dai Jegg, una razza di insetti antropomorfi di gran lunga superiore tecnologicamente, che aveva abbattuto le difese della Confederazione con facilità. Nove miliardi di persone, più della metà della razza umana, erano state massacrate. Richard, sua moglie, suo figlio e il resto della squadra di ingegneri si erano rifugiati nella base del Sahara. Avevano pensato che se i Jegg sapessero dell’esistenza della base, la loro piccola squadra non sarebbe di certo stata una minaccia e dunque li avrebbero lasciati stare.

    Si sbagliavano.

    Il respiro di Richard tremolò. "Qualcuno deve assicurarsi che la Talon parta senza intoppi, senza parlare dell’autodistruzione della base."

    Non devi essere per forza tu.

    Sì, invece.

    È questo che ti ha detto Banikar?

    Sì, molto semplicemente.

    Mahesh si mise a braccia conserte. Non ci credo.

    Richard si alzò. Scusa?

    Questa missione ci ha portato via due anni di tempo. Ti sei mai fermato a pensare se a noi altri, che non abbiamo mai neanche visto questo essere ultra-dimensionale che ha influenzato ogni tua decisione fin dall’infanzia, va bene seguire le tue istruzioni senza mettere nulla in dubbio?

    Richard fece spallucce. Magari dovreste, dato che i Jegg ce lo hanno messo a quel servizio in ogni modo possibile sin quando sono venuti?

    Be’, certo. Ma c’è molto più di quello.

    Di che stai parlando?

    Mahesh fissava il pavimento. Le persone hanno sempre creduto alle divinità, Richard, per millenni. Alcuni lo chiamavano Jehovah, altri Vishnu, altri Allah o altri ancora Banikar, non ha importanza. Quando le cose vanno male, tutte le persone, presto o tardi, credono in qualcosa. Alzò di nuovo lo sguardo. Negli ultimi due anni, ti ho visto seguire tutti questi ordini, e noi con te, da una fonte che è chiaramente non umana.

    Notando le sopracciglia inarcate di Richard, Mahesh alzò le mani. Credimi, le cose sarebbero andate molto meglio se Banikar si fosse degnato di includere l’intero gruppo nelle sue spiegazioni invece di insistere nell’apparire a te e te soltanto. Le strade del Signore sono infinite, e per qualche ragione, ha scelto te come messaggero. Io sono un uomo di fede, e non lo metto in discussione.

    Richard fece un altro sorso. Ma tu sei uno scienziato. Dovresti mettere in dubbio qualsiasi cosa.

    Che io lo metta in dubbia o no non ha importanza. Mahesh sorrise. Andrò in paradiso in ogni caso.

    Certo, credici. Richard alzò gli occhi al cielo. Assicurati di vegliare su di me una volta che ci arrivi. Se non mi trovi, be’... sai dove sarò finito.

    Lo sguardo profondo di Mahesh si posò su di lui. Lo so che sei il capitano di questa metaforica nave, ma non significa che devi per forza colare a picco con lei.

    Lo so. Gli occhi di Richard si posarono sullo schermo alla sua destra, quello che inquadrava l’hangar, al cui interno c’era la Talon, completamente restaurata e pronta a partire. Ma sono stanco, Mahesh. Sono così stanco. Ho perso tutta la mia famiglia per mano Jegg: i miei genitori, i miei fratelli, la mia sorellina... tutti morti. Strinse i pugni. A partire da domani, non vedrò mai più neanche mia moglie. E probabilmente è meglio così. Quando Maeve sentirà la registrazione, non so cosa la farà infuriare di più: sentire la verità o il fatto che non sarà lei a uccidermi con le sue mani.

    Non puoi saperlo.

    Richard sorrise senza felicità. "Stiamo parlando di Maeve, Mahesh. È irlandese e un veterano. Se c’è una cosa in cui è più brava del pilotare una nave è avercela con qualcuno."

    Il volto di Mahesh era, come al solito, calmo in una maniera fastidiosissima. Richard, vieni con noi. La Resistenza ha ancora bisogno di persone come te.

    La Resistenza? Richard si rigirò la fiaschetta tra le mani. Sembra così nobile, no? Come un esempio per tutta l’umanità, che osa sperare nella vittoria, sconfiggere i nostri oppressori e ridarci la libertà perduta. Ridacchiò. Che stronzata. L’umanità non sa neanche che esistiamo. E vogliamo parlare della vittoria? È proprio questa. Indicò la Talon nello schermo. "Questa è l’ultima, ultimissima speranza dell’umanità. Se non funziona, i prossimi millenni saranno esattamente come gli scorsi cinque anni: guarderemo i Jegg distruggere ogni pianeta della Confederazione, senza poter muovere un dito."

    Mahesh inarcò un sopracciglio. Ma questo non significa che devi essere così stronzo.

    Non sto facendo lo stronzo. Sono solo texano.

    Non capisco come le due cose possano escludersi.

    Be’, questo è vero. Buttò giù un altro sorso. Hai detto agli altri cinque cosa sta per succedere?

    Mahesh reclinò indietro la sedia e sospirò. "Sì, tutto ciò che Banikar ti ha detto. Tra quattro ore, caricherò le casse con le portantine da trasporto sulla Talon, ne ho tenute solo sei per noi. Tra sette ore, Gaspar attiverà sia il nostro quantigrafo Jegg, che il motore supersonico della nave per l’ultima prova e Maeve inizierà tutti i controlli di routine pre-volo. Venti minuti dopo, la base sarà sotto attacco, ed entro quel tempo noi altri dovremo essere già stati trasportati alla base sull’Himalaya. Ti assicurerai che Davin salga a bordo?"

    Non temere. Seguirà Gaspar ovunque.

    Mahesh guardò distrattamente gli schermi e la sua voce divenne un sussurro. Gaspar lo sa cosa gli accadrà?

    Richard scosse la testa. No, lo distrarrebbe solo. Abbiamo bisogno che sia lucido altrimenti non ce la faremo.

    Hai registrato il messaggio?

    Richard si voltò per guardare di nuovo la console di comando alle sue spalle. Ho appena finito quello per Maeve. Tra un minuto preparerò quello per Davin. Sospirò. Ho aspettato per anni questo momento e ora... non ho idea di che cazzo dire.

    Digli ciò che ha bisogno di sentirsi dire, Disse Mahesh, alzandosi. Raggiunse Richard e gli mise una mano sulla spalla. ‘Nothing else matters’.

    È un’altra delle tue perle di saggezza induiste?

    No. Sono i Metallica.

    Tu e quel dannato heavy metal. Richard si mise in piedi e allungò la mano. Grazie. Di tutto.

    Mahesh gli strinse saldamente la mano. È stato un onore lavorare con te.

    Be’, ovvio che sei onorato. Disse Richard con un ghigno.

    Mahesh alzò gli occhi al cielo e raggiunse la porta. "Di sicuro non si escludono a vicenda." Fece un cenno per salutarlo e se andò.

    Richard rimase ad ascoltare i passi dell’amico che si allontanavano. Chiuse la porta dell’Ufficio della Sicurezza e riprese posto davanti alla console. Buttò giù un altro sorso e, prendendo coraggio, raccolse i suoi pensieri e premette il pulsante di ‘Registrare’ sullo schermo. Fece un ultimo, lungo respiro e iniziò a parlare.

    CAPITOLO DUE

    Kelia ricacciò indietro una lacrima quando rimosse le mani dalla Pietra.

    Il cuore le batteva all’impazzata. Non era strano accadesse quando si consultava con Arantha, ma questa volta era stata sopraffatta dall’orrore della sua ultima visione, quella stessa visione che aveva visto più e più volte sin dal suo ritorno dalle Montagne Kaberiane.

    Stava sudando freddo e sentiva lo stomaco attorcigliarsi, decise di uscire dalla caverna impolverata e umida e quasi inciampò sulla soglia. Strinse gli occhi alla luce del sole mattutino e si abituò lentamente data la penombra della grotta.

    Girò a destra e vide il villaggio Ixtrayu che era stata la casa della sua gente per otto secoli. Costruito direttamente sull’altopiano attraversato dal Fiume Ix, era una vista che era abituata a vedere quotidianamente sin da quando era bambina e camminava al fianco di suo madre Onara. A quel tempo quella vista era rassicurante, familiare, ma ad ogni visione che aveva da quando era divenuta la Protettrice, si sentiva sempre più preoccupata per le sue sorelle. Quel giorno il rassicurante suono dello scorrere del fiume non calmò i suoi pensieri turbolenti.

    Invece che attraversare il guado più vicino e arrivare dall’altro lato del fiume, dove casa sua era alla fine di una lunga scalinata di pietra, andò per una strada che costeggiava da sinistra il fiume fino alla Sala della Guarigione. Quando entrò ispezionò la vasta stanza alla ricerca delle due guaritrici della tribù. Vide Sershi vicina al muro, impegnata a rimuovere una teiera dal fuoco e versarne il contenuto dentro delle tazze. La fragranza del tè con la radice di jingal permeò l’aria e Kelia si sentì subito più calma.

    Protettrice, Disse Sershi, sorridendo. Era visibilmente stanca.

    Kelia entrò, prese una tazza di tè dal tavolo e ne annusò il contenuto, chiudendo i suoi occhi affinché si potesse concentrare solo sull’olfatto. Fece un lungo respiro prima di soffiare sul tè bollente e poi fece un piccolo sorso. Sentì il liquido caldo scenderle in gola e ne assaporò il sapore intenso.

    Oh, ne avevo proprio bisogno. Kelia prese un altro piccolo sorso e mise giù la tazza. Come sta tua madre?

    Ancora debole, Disse Sershi. Ci vorrà almeno un altro giorno prima che si rimetta in piedi. Estrarre il veleno di hugar dal corpo della nostra... ospite ha richiesto molte più energie di quanto pensassimo.

    Capisco, Disse Kelia, guardando cautamente le varie persone sdraiate a dormire nei letti di pelle di lyrax dall’altro lato della stanza. Davin era accoccolato contro la madre. Russava lievemente. I suoi capelli rossi gli coprivano il volto. Come stanno?

    La donna sta meglio, Disse Sershi, guardandoli a sua volta. Sembra che riesca a muovere di nuovo gli arti. Credo che siamo riusciti a rimuovere con successo tutto il veleno, ma ora sta al suo corpo rimettersi completamente in forze.

    Non c’è altro che tu possa fare? Kelia guardò la tazza mezza vuota e quasi sperò che i suoi poteri ristorativi avessero lo stesso effetto sulla sua amica.

    Sershi scosse il capo. Come saprete, non abbiamo mai trattato una ferita simile. La teniamo sott’occhio e vi assicuro che stiamo prendendo degli appunti dettagliati nel malaugurato caso accada di nuovo.

    Kelia annuì. E Nyla?

    La guaritrice fece un paio di passi avanti e spostò il suo sguardo sulla figlia tredicenne di Kelia, stesa su un altro letto. Il battito è buono e le bruciature sulle mani sono guarite. Per il resto è nelle mani di Arantha. Mi dispiace se non ho altre notizie da darvi, Protettrice.

    Kelia annuì di nuovo.

    La voce di Sershi si fece più incerta. Cosa ne faremo del ragazzo?

    Kelia rimase in silenzio. Quella sì che era una bella domanda, e una alla quale non aveva una risposta. Davin era il primo maschio ad aver mai messo piede nel villaggio. In quanto tale, non poteva vagare non accompagnato. Avendo trascorso due giorni a conoscerlo meglio, sapeva bene che fosse un ragazzo intelligente e ben educato, curioso ma anche indisponente a volte. Ma era soprattutto un figlio devoto. Doveva convincere le sue sorelle della bontà del ragazzo, altrimenti lo avrebbero ritenuto pericoloso e dunque lui stesso sarebbe stato in pericolo. Per ottocento anni, la sua gente aveva visto gli uomini con disprezzo e sospetto, interagendo con loro solo quando cercavano un compagno per il Sojourn.

    Inoltre, lui veniva dall’Alto, così come sua madre. Poteva solo sperare di convincere le sue sorelle che fossero alleati e che, proprio come le Ixtrayu, stavano percorrendo una via sulla quale Arantha li aveva messi, ed era il momento che quelle vie si incrociassero. Kelia aveva un bisogno disperato del Consiglio per quella faccenda.

    Resterà al fianco della madre. Se dovesse svegliarsi, digli che farò recapitare qui il cibo. Ma non devono lasciare questa stanza finché non glielo dico io. Riesci a tenere lontane le sorelle più curiose o devo assegnare Runa o un’altra cacciatrice di guarda qui?

    Sarebbe la scelta migliore, Protettrice, Disse Sershi. Per lo meno finché mia madre non si sarà ripresa.

    Me ne occuperò subito. Non deve entrare nessuna a parte me, Lyala o qualcuno del Consiglio. Oh, e Sarja. Kelia sorrise, ricordando la recente dichiarazione d’amore della figlia di Runa per Nyla. Le due avevano creato un profondo legame nel momento in cui Nyla aveva messo le mani sulla Pietra per la prima volta, giurando eterna fedeltà l’un l’altra. Ma la prima visione era stata troppo spossante per Nyla, così come lo era stata per Kelia alla sua età. Pregò silenziosamente che sua figlia si risvegliasse presto.

    Guardò un’ultima volta Nyla, Maeve e Davin e poi uscì.

    * * *

    Dalla sua grossa sedia nella Sala del Consiglio, Kelia sedeva rigida a fissare le tre donne anziane guardarla.

    Non vi tratterremo a lungo, Protettrice, Disse Katura, visibilmente preoccupata. Abbiamo sentito parlare dei nostri misteriosi visitatori e le persone vogliono avere da noi delle spiegazioni, capite?

    Vero, Disse Eloni, i suoi capelli corti e scuri erano eleganti come al solito. Se da un lato sono grata del fatto che la donna sia stata salvata, l’arrivo suo e del figlio viene in un momento difficile. Per colpa di Susarra, si è sparsa la voce della dipartita di Vaxi. Dobbiamo dare subito risposte e certezze se vogliamo calmare le acque.

    Kelia sentì un nodo alla gola quando Vaxi fu menzionata. Nonostante i suoi sforzi per far desistere Susarra dall’opprimere Vaxi, aveva fallito. Appena quattro giorni prima, la visione che aveva fatto partire Kelia per le Montagne Kaberiane diede a Susarra la perfetta occasione per mandare Vaxi a fare un Sojourn senza il permesso di Kelia. Ora la ragazza era irraggiungibile, e Kelia poteva solo sperare che stesse bene.

    Consigliere, Kelia si rivolse a tutto il triumvirato, Vi chiedo scusa se vi ho tenute delle cose nascoste. Non vi ho detto del mio legame con Maeve perché non riuscivo a comprendere il motivo per cui Arantha ne avesse creato uno. Quando ho lasciato Maeve non pensavo di rivederla più. Credetemi, la piega che ha preso quella notte è stata una sorpresa per me tanto quanto lo è stata per voi.

    Mettiamo da parte questo, Disse Liana. Nonostante la zia di Kelia fosse nel Consiglio da soli due giorni, una sostituzione necessaria dopo l’insubordinazione di Susarra, era entrata nel ruolo con la stessa facilità con cui indossava quella veste bianca. Piuttosto, concentriamoci sulle circostanze che vi hanno portata a Condividere con quella donna dall’Alto.

    È successo in un momento di debolezza, Confessò Kelia, le sue dita si muovevano distrattamente sul metallo di cui era fatta la collana che indossava. Il ciondolo era semplice e sferico, le era stato dato da sua madre poco prima di morire e Kelia lo aveva trasformato in una collana prendendo quello che Nyla aveva costruito diversi anni prima. Ero molto stanca per via del mio viaggio nel deserto. Il mio primo incontro con Maeve è piombato su di me con una forza inaudita e aver dovuto utilizzare le mie capacità mi aveva risucchiato ogni energia. Ero completamente alla sua mercé. Avrebbe potuto uccidermi facilmente, invece è corsa in mio aiuto. Nonostante non parlasse la nostra lingua, capii subito che non era mia nemica. I suoi occhi non erano malevoli, vi ho visto solo dolore.

    Kelia prese un lungo respiro, fissando il pavimento nel tentativo di raccogliere i pensieri. C’è qualcosa in lei, Consigliere, qualcosa che non saprei spiegare. Prima ancora di viaggiare verso le montagne, Arantha mi ha mostrato visioni di lei. Mi sono sentita... attirata a lei, in qualche modo. Come se il nostro incontro fosse parte del mio destino, voluto da Arantha. Come se fosse la dea divina a guidarmi.

    Katura alzò un dito, battendoselo sulle labbra, pensosa. Nella caverna la donna ha parlato nella nostra lingua. Anche questo c’entra con la Condivisione?

    Senza dubbio. Kelia annuì. "Da quello che ho potuto capire, nonostante lei e suo figlio parlino il loro linguaggio, il cosiddetto ‘inglese’, noi li sentiamo parlare elystrano. E allo stesso modo loro ci possono capire."

    Notevole, Disse Eloni. Grazie ad Arantha per averci dato questo dono.

    C’è anche un’altra cosa importante, di cui devo informare tutte voi. Nel momento della nostra Condivisione, ho scoperto che lei aveva già delle capacità da Detentrice.

    L’intero Consiglio strabuzzò gli occhi. Eloni sobbalzò.

    Arantha Onnipotente, Sussurrò Liana.

    Kelia continuò, Le sue abilità si sono manifestate da sole prima ancora che avessero trovato la Pietra. Quando ho visto Maeve per la prima volta, la sua schiena era tempestata da varie ferite, tutte molto profonde. Ma per via della Pietra, le ferite si chiusero in men che non si dica. Con il mio aiuto, scoprì poi che poteva guarire anche gli altri. Alzò lievemente le maniche mostrando la parte del braccio dove il proiettile si era conficcato. Adesso non c’era più alcuna traccia della ferita.

    Poco dopo abbiamo scoperto che poteva anche comunicare con gli animali. È stata in grado di parlare con il mio chava senza aprire bocca, solo con i gesti. Ricordò il momento in cui la sua enorme cavalcatura, con cui aveva stretto un profondo rapporto dopo anni di duro lavoro, l’aveva completamente ignorata ed era corsa dritta verso Maeve. Mi ha anche detto di aver usato questa sua capacità per parlare ai lyrax alcune notti prima.

    Fece una pausa, ispezionando i volti delle Consigliere. Ma la sorpresa più grande c’è stata quando abbiamo trovato la Pietra. Ho provato ad usare i miei poteri da Detentrice dell’aria e proprio quando sentivo le forze mancarmi, Maeve mi ha... potenziata. In qualche modo è riuscita a donarmi parte della sua forza. Abbiamo volato in aria come se fossimo uccelli. Kelia sorrise al ricordo di quel momento. È stata una delle sensazioni più belle della mia vita.

    Infatti, subito dopo lei e Maeve si erano baciate, ma non c’era nessun motivo per dire questa cosa al Consiglio.

    Semplicemente stupefacente, Disse Liana, Arantha ha dato un potere simile ad una donna che non è del nostro mondo.

    Vero, Disse Kelia. Poi si incupì. Tuttavia, non dobbiamo cadere in trappola e credere di comprendere sempre la volontà della dea. Avrete sentito sicuramente che Maeve deve parlarci di qualcosa di molto importante non appena si sarà ripresa. Nei pochi momenti di lucidità che ha avuto prima di addormentarsi, mi ha detto che c’era molto di più in gioco che il semplice futuro di Elystra. Non ho idea di cosa volesse dire, né cosa il futuro abbia in serbo per noi.

    Era una bugia. Kelia sapeva esattamente cosa stava per accadere. Lo aveva visto in quelle ultime tre visioni. Le stesse identiche, orribili immagini che continuavano a tormentarla.

    La foresta limitrofa in fiamme.

    I raccolti Ixtrayu distrutti.

    I corpi inceneriti delle sue sorelle, sparsi ovunque.

    Se questo è il futuro, rifletté Kelia, perché Arantha desidera tormentarmi in questo modo? Vuole che troviamo un modo per evitarlo? O siamo condannate, indipendentemente dalle nostre scelte?

    CAPITOLO TRE

    Un torrente d’acqua gelida svegliò Rahne di soprassalto. L’ombra del cosiddetto Albero della Giustizia lo aveva protetto dal caldo del sole, ma la stanchezza aveva preso il sopravvento diverse ore prima e si era addormentato profondamente.

    Agitando violentemente la testa per togliersi dal volto diverse ciocche di capelli neri, guardò in alto e vide Sekker in piedi fissarlo con disgusto.

    Sekker era senza dubbio l’uomo più grasso che Rahne avesse mai visto. Era grosso, pomposo e pieno di sé. Il suo vanto era di essere il cugino di Re Morix, un cugino piuttosto lontano a cui era stato dato il ruolo di Alto Magistrato in un insignificante villaggio costiero come Larth, dove l’aria puzzava costantemente di pesce e non accadeva mai nulla.

    Ben svegliato, ladruncolo. Gli comparve un sorriso in volto.

    Rahne sentì ogni singolo muscolo dolorante mentre tentava di rimettersi in piedi contro l’albero alla quale era attaccato dal giorno prima. Tutti a Larth conoscevano quell’albero, il più alto di tutta l’area. Si trovava al centro di un grosso campo ad est della città ed era un luogo usato spesso dal magistrato per legare i colpevoli di qualche crimine, a volte anche senza mangiare per giorni, a pochi metri da vari pozzi dove c’era acqua potabile in abbondanza.

    Con un grande sforzo Rahne riuscì a rimettersi in piedi. Si era risvegliato completamente e fissava il magistrato. Come ti ho già detto ieri, durante quella farsa che hai chiamato processo, non sono un ladro. Quella barca è mia.

    Non più, Replicò Sekker, lanciando il secchio vuoto ai piedi del pozzo più vicino. La tua barca, o dovrei dire la barca di tuo padre, è diventata proprietà della corona nel momento in cui è morto.

    Rahne scattò in avanti ma fu subito bloccato dalla catena che lo assicurava all’albero, e urlò rabbioso. È una bugia! Mio nonno l’aveva costruita con le sue mani! È stata ereditata da mio padre e io sono il suo unico figlio, è mia! Lo dice la legge!

    Sekker ridacchiò, il suo pancione vibrò. Ne abbiamo già parlato ieri. Certo, eri solo in parte sveglio durante il processo, quindi capisco che non ricordi tutto perfettamente.

    Rahne ricordava di essere stato colpito alla testa da uno dei conestabili locali lungo la strada per l’ufficio di Sekker, probabilmente in risposta ad un insulto molto colorito che aveva fatto sulla madre dell’uomo. Di che stai parlando?

    Sekker si fece avanti, parlandogli come se fosse un bambino cattivo. La legge dice chiaramente che la proprietà può essere trasferita ad un parente solo nel caso abbia almeno diciannove anni. Per tua stessa ammissione, ne hai solo diciotto.

    Ne avrò diciannove tra dieci giorni.

    Non importa. Ora ne hai diciotto.

    Bene, Disse Rahne a denti serrati. Lasciami andare e tra dieci giorni mi riprenderò la mia barca.

    Non funziona così, ragazzo, Disse Sekker, dando dei colpi ai piedi di Rahne con lo stivale, non per fargli male, ma solo per infastidirlo. Non so se lo sai, ma tuo padre è morto senza pagare dei debiti. Quei debiti vanno pagati anche se lui si è avventurato per il Grande Velo.

    Quali debiti? Chiese Rahne. Ha pagato le tasse con il pesce che pescava. Erano troppo alte, ma lui le ha pagate comunque. Avevamo a stento cibo per noi.

    Ah, ma tuo padre teneva la sua barca ormeggiata ad un porto pubblico. Proprio di recente ho emanato una legge riguardo le tasse portuali che tutti devono pagare se in possesso di una barca e lui pare abbia evitato di pagarla da quando è entrata in vigore.

    Rahne si sentì sempre più perso. Quanto doveva pagare? Lasciami almeno provare a mettere insieme i soldi!

    Ho paura che sia troppo tardi, ora. La barca di tuo padre era l’unica cosa di valore che possedeva, ed è stata già venduta. Ha coperto solo la metà del suo debito.

    Rahne sentì la bile salirgli. Schifoso braga.

    Sekker sorrise maliziosamente. Prego, vai pure fino a Talcris a lamentarti dal Re. Oh, aspetta, non puoi. Rise.

    Quattordici giorni prima, un capitano barjano di nome Elzor, insieme al suo esercito composto da almeno seicento Elzorath, aveva posto sotto assedio la capitale di Agrus. La notizia aveva impiegato diversi giorni a giungere fino a Larth, la città più a sud della regione. Nelle taverne locali si diceva che la sorella di Elzor, Elzaria, aveva decimato tutto l’esercito agrusiano da sola. Era una Detentrice, la prima donna nella storia di Elystra a ricevere il potere di Arantha.

    Rahne quasi non riusciva a credere alle sue orecchie quando sentì le storie su come Elzaria sparasse fulmini dalle mani, uccidendo o ferendo più di due terzi dei soldati agrusiani e di come gli uomini di Elzor avevano facilmente piegato le difese della capitale. Re Morix, così come l’intera famiglia reale e i nobili, erano stati uccisi. Tutti si aspettavano che presto o tardi Elzor mandasse a Larth un dispaccio per far giurare fedeltà alla città, ma non era ancora successo nulla.

    Essendo Larth una città piccola, quell’idiota che ora si proclama Signore di Agrus non saprà neanche della sua esistenza. Ed essendo io l’unico cittadino di Larth in cui scorra sangue reale, significa che posso modificare la legge come meglio credo. Il che mette te... be’, nella posizione in cui sei ora. Sogghignò. Domani sarai posto sotto la custodia di un pescatore locale che ti assumerà finché tutti i debiti della tua famiglia non saranno stati pagati.

    Parli di Joor?

    Ah, lo conosci?

    L’ho incontrato una volta, Disse Rahne, rabbuiandosi.

    Bene. Non credo avrai molto tempo libero dato quanto c’è da fare al suo negozio. E dimenticati anche del cibo. Inoltre se fossi in te dormirei con un occhio aperto. Sekker inarcò le sopracciglia e il suo sorriso si ampliò sempre più, assaporando la vittoria.

    Un suono tonfo verso nord attirò l’attenzione di Rahne. Sekker non sembrava essersene accorto, era nel mezzo di una risata trionfante.

    Diversi uomini su dei merych sbucarono dagli alberi lì vicino. Li guardò avvicinarsi, da poche decine erano diventati un centinaio, tutti diretti verso di loro. Capì poco dopo che potevano essere guidati solo da Elzor.

    Dopo pochi secondi, Sekker si accorse del baccano degli zoccoli e degli uomini in armatura. Guardò con orrore la scena e iniziò a correre goffamente verso la strada, per raggiungere la sua carovana trainata dai merych.

    Due soldati in armatura si staccarono dal convoglio e caricarono verso Sekker lanciando i merych al galoppo. Il magistrato era appena riuscito a salire sul posto del cocchiere quando si ritrovò a fissare i due grossi uomini che gli puntarono le spade contro.

    Scendi, Tuonò uno di loro. Subito.

    Nonostante fosse lontano, Rahne vide chiaramente che il volto di Sekker era divenuto pallido. La luce del sole faceva brillare il sudore che gli imperlava il viso. Alzò le mani in segno di resa e scese lentamente dalla carovana.

    Per quasi un minuto, nessuno si mosse, erano tutti e tre immobili. Poi, il resto del convoglio sopraggiunse e Rahne poté vedere l’uomo che aveva invaso il suo paese, in cima al suo merych, un destriero grosso e nero con una folta criniera. L’uomo era alto, con capelli e barba scuri. I suoi occhi erano freddi come il ghiaccio ed era attorniato da un’aria autoritaria.

    Alla sua destra c’era una splendida donna dai capelli corvini, cinta in un vestito nero tenuto da una cintura di pelle ai fianchi. Quella doveva essere Elzaria, e se qualcuno poteva pensare che gli occhi di Elzor fossero glaciali, erano splendenti come il sole rispetto a quelli di Elzaria. Aveva visto pesci con occhi più vivi di quelli.

    Rahne si chiese se sarebbe sopravvissuto per vedere l’indomani.

    CAPITOLO QUATTRO

    Con la schiena appoggiataal muro della Sala della Guarigione, Davin butto giù gli ultimi bocconi della sua colazione. Aveva esitato per un po’ dato che era la prima volta che mangiava cibo non sintetizzato ed extraterrestre in tutta la sua vita. Ma fu piacevolmente sorpreso dal sapore di ciò che Sershi aveva chiamato bistecca di kova; il suo forte sapore di selvaggina era gustoso e riuscì quasi a sentire le forze ritornargli.

    Ci credo che le Ixtrayu sono così forti se mangiano questa roba. Non ci starebbe male un po’ di salsa barbecue, però. O forse un po’ di pepe.

    Spinse via il piatto e ispezionò la stanza. Con le mura erette direttamente sull’altopiano, quell’ampia sala era attrezzata come un ospedale terrestre. Sei pile di pellicce animali erano stese sul pavimento, tre da un lato e tre da un altro. Non c’erano finestre; l’unica luce veniva da alcune candele posizionate dentro delle lanterne appese al soffitto, così come la luce del sole che filtrava dall’uscita della stanza. Doveva riconoscerlo: le Ixtrayu mantenevano quel posto calmo e pulito.

    Le mani gli ricaddero sui fianchi, dove sfiorarono un tubo metallico che gli si attorcigliava intorno al corpo a mo’ di cintura. Premette un pulsante su uno dei tubi ma non accadde nulla. Aveva usato quattro delle sue portantine da trasporto in una sola volta per fare un balzo istantaneo dal luogo dell’atterraggio della Talon al villaggio Ixtrayu. Era stato il trasporto più lungo che avesse mai eseguito, ma doveva rischiare.

    E aveva funzionato. Sua madre era viva.

    Le PT, invece? Morte completamente. Con un’altra pietra non lontana da lì, era un vero e proprio miracolo di Dio che fossero riusciti ad arrivare sani e salvi. Qualsiasi fosse l’energia che le Pietre rilasciavano, bloccavano completamente la tecnologia Jegg, di cui le PT erano frutto, nonostante i trasportatori fossero stati fatti da umani.

    Si tolse le PT e le poggiò sul pavimento, di fianco al piatto vuoto, mentre lo sguardo gli cadeva sulle altre due figure addormentate nella stanza. A pochi metri da lui sua madre dormiva beatamente. I trattamenti curativi di Sershi avvenivano due volte al giorno e avevano salvato sua madre dal veleno dell’hugar, riuscendo con successo a farle riprendere mobilità agli arti. Tuttavia non era ancora in grado di stare in piedi da sola e non poteva camminare per più di pochi passi prima di perdere l’equilibrio. Dato che nessuna nella storia della tribù era mai sopravvissuta ad un morso di hugar, neanche loro erano certe sul recupero di Maeve.

    Si alzò, si stiracchiò e camminò attraverso la stanza alla ricerca dell’altra persona che dormiva, fermandosi poco prima. La ragazza, che sapeva essere Nyla, la figlia di Kelia, dormiva anch’essa beatamente, con il volto semi-coperto dai capelli scuri. Dalla conversazione che lui e sua madre avevano avuto con Kelia alle montagne, era venuto a sapere che aveva solo un anno meno di lui e che aveva già capacità da Detentrice simili a quelle di Kelia.

    Chissà come dev’essere. Essere una ragazzina e avere un potere simile.

    Fissò il volto di Nyla, o ciò che poteva vederne, e immaginò i suoi occhi castani sotto le palpebre. Non riusciva a capire quanto fosse alta dato che era ricoperte di pellicce. Ma se la immaginò di fianco a Kelia, a cui assomigliava tantissimo.

    Uhm... salve? Sentì una voce giovane e spensierata venire dall’ingresso.

    Una ragazzina era lì in piedi, a fissarlo.Inclinò lievemente la testa da un lato. Sembrava avere la stessa età di Nyla. Era piuttosto alta, era abbronzata e i suoi occhi e i lunghi capelli erano castani. Indossava una tunica stretta e lunga che metteva in risalto i muscoli ben definiti sia delle braccia che delle gambe.

    Come se non bastasse, era bellissima. Prima dell’invasione, una ragazza con quel volto avrebbe attirato l’attenzione di chiunque nella sua scuola, facendo spalancare la bocca di tutti.

    Lui si mise in piedi e la fissò di rimando.

    Uhm, ciao, Disse infine, facendo un cenno con la mano.

    Davin percepì quanto fosse ironica quella situazione. Si era sempre considerato un ragazzo sciolto. Da bambino, sulla Terra, aveva tanti amici, sia maschi che femmine. Era quel tipo di persona che andava d’accordo con chiunque. Certo, quando ci fu l’invasione Jeggdovette scappare e nascondersi con i genitori e la loro squadra. Aveva dieci anni quando successe. Quando crebbe abbastanza da poter... apprezzare le ragazze, viveva già nella base nascosta nel Deserto del Sahara.Le uniche tre donne che avesse mai visto o incontrato in quei cinque anni erano state Suri Patrel (che era sposata), Kacy Weatherby (molto carina e gentile nonostante fosse costantemente ricoperta di grasso e olio dato il suo lavoro alla manutenzione) e sua madre.

    Quella ragazza era invece la prima adolescente che avesse mai incontrato da quando lui stesso lo era diventato. Una ragazza di un pianeta dall’altro lato della galassia.

    Doveva assolutamente fare buona impressione.

    E... nulla.

    Poi gli venne in mente: quella ragazza, se le storie di Kelia sui Sojourn erano vere, non aveva mai lasciato il villaggio. Ciò significava che lui era il primo ragazzo che lei avesse mai visto.

    E... ancora nulla.

    Stupido cervello.

    Posso entrare? Chiese lei, come se necessitasse del permesso per entrare in una casa del suo villaggio. Per lo meno era cordiale.

    Uhm, certo, Disse, facendole cenno di entrare.

    Fece dei passi avanti, guardandolo negli occhi e poi posando lo sguardo su Nyla.

    Sono Davin, Disse, chiedendosi se lo sapesse già.

    Io sono Sarja, Rispose lei.

    Cercando di mantenere i nervi saldi, le porse la mano. Lei la fissò per dei secondi e poi lo guardò di nuovo negli occhi. Uh, scusa, Disse lui. Nel mio mondo ci salutiamo stringendoci la mano.

    Lei annuì, poi gli prese la mano. Lui la strinse un po’ dubbioso e poi sorrise. Piacere di conoscerti, Sarja, Disse.

    Fa piacere anche a me conoscerti, Davin. Sorrise e lui notò i muscoli della ragazza rilassarsi visibilmente.

    Non credo sia permesso a nessuno venir qui, Disse. Tranne per Kelia e il Consiglio. E Runa.

    Lei strabuzzò gli occhi. Hai parlato con mia madre?

    Runa è tua... Guardò Sarja e in un attimo riconobbe la somiglianza. Runa era stata colei che aveva trasportato il corpo di Maeve dalla caverna dove c’era la Pietra Ixtrayu, dato che lui stesso non ci era riuscito. Be’, non le ho parlato a lungo. Ma era lì quando siamo arrivati. Sorrise. Credo sia la donna più forzuta che abbia mai conosciuto. E anche la più alta.

    Lei inclinò di nuovo la testa. Non avete persone così alte da dove vieni?

    Oh, sì, Disse. Ho sentito di persone del mio mondo che hanno raggiunto anche i quattro metri e mezzo, ma non so se sia vero.

    Interessante... Disse lei.

    Come se non sapesse cos’altro dire, la ragazza si voltò e si sedette sul pavimento di fianco a Nyla, tenendole la mano.

    Lui guardò sua madre, che non si era mossa, prima di sedersi con la schiena contro il muro di fianco al letto di Nyla. Ti spiace se mi siedo qui?

    No, affatto, Disse lei, senza distogliere lo sguardo da Nyla. Sei qui da quando tua madre è in cura?

    Praticamente sì. Kelia ha detto che sarebbe meglio se rimanessi qui per ora. Lanciò un’occhiata furtiva alla madre. Non è che possa andarmene, comunque. Non finché non si sarà ripresa.

    Sarja la guardò. Come sta?

    Molto meglio. Le guaritrici pensano che riuscirà a camminare da sola tra un giorno o due.

    Lei sorrise. Sono contenta. Molte delle mie sorelle non vedono l’ora di incontrarla.

    Ne sono sicuro.

    Ero in questa stanza quando tu... uhm... sei arrivato. Sono venuta qui ogni volta che potevo da quando, Fece un cenno verso Nyla, "è successo questo."

    Cosa le è successo?

    Lei sospirò e incrociò il suo sguardo. Quando la Protettrice è tornata dalle montagne, le cose sono sfuggite al nostro controllo. La Consigliera Susarra ha mandato Vaxi a fare un Sojourn tenendolo nascosto a Kelia, e l’intera tribù si è infuriata perché non è mai più nata una ragazza dai tempi di Nyla.

    Lui annuì. Aveva sentito una cosa del genere da Kelia. Non aveva idea di chi fosse Vaxi.

    Nyla sta facendo pratica con le sue abilità da Detentrice, si allena duramente, Continuò Sarja. Voleva solo aiutare. Ha pensato che toccando la Pietra, Arantha le avrebbe mostrato cose che non erano stato rivelate neanche alla Protettrice. E invece è successo questo. Davin sentì la sua voce tremare.

    Lui strinse gli occhi e vide Sarja fissare di nuovo Nyla, spostandole i capelli dal viso. Mi dispiace, Disse poi.

    Perché? Chiese lei, senza guardarlo.

    La domanda lo prese alla sprovvista. Stava per rispondere quando si rese conto che nonostante sembrasse un’umana, di fatto non lo era.

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