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La città di sangue
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E-book686 pagine9 ore

La città di sangue

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Un autore da 25 milioni di copie

La nuova saga epica

Una nuova sfida attende la formidabile Nicci e i suoi compagni di viaggio: Nathan, che ha recentemente perso i suoi poteri, e il giovane bannon. Dopo aver condotto gli schiavisti Norukai fuori dalla baia di Renda, il loro prossimo obiettivo è far riacquistare a Nathan la sua magia e, ovviamente, salvare il mondo. Sotto la guida della misteriosa profezia della strega Red, il trio si dirige a sud di Kol Adair verso una meravigliosa città che sembra fuori dal tempo, Ildakar. Durante il loro cammino assisteranno a presagi inquietanti: teste di Norukai mozzate e impalate, un terribile mostro geneticamente modificato che sembra invincibile e un esercito pietrificato. È chiaro che si profila all’orizzonte qualcosa di molto oscuro. Quello che non sanno è che si tratta solo di un assaggio degli inimmaginabili orrori che li attendono…

Il re del fantasy è tornato
Un autore da 25 milioni di copie
Tradotto in oltre 20 paesi

«Meravigliosamente creativo, fluido e avvincente.»
Kirkus Reviews

«Terry Goodkind ha un impatto indelebile.»
Publishers Weekly

«Straordinario.»
Booklist
Terry Goodkind
è un celebre scrittore statunitense conosciuto nel mondo principalmente per il ciclo La spada della verità. Nato nel 1948, è cresciuto a Omaha, in Nebraska, dove ha anche seguito corsi d’arte. A causa della dislessia, da giovane ha abbandonato il college per lavorare come carpentiere, liutaio, artista e restauratore. Dal 1983 si dedica alla scrittura, e ha pubblicato oltre trenta libri con uno straordinario successo internazionale. Dopo La signora della morte, La città di sangue è il secondo capitolo della serie incentrata su Nicci, l’incantatrice già apparsa in molti dei suoi romanzi.
LinguaItaliano
Data di uscita17 dic 2018
ISBN9788822728982
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    Anteprima del libro

    La città di sangue - Terry Goodkind

    Capitolo 1

    Resti di carne umana luccicavano al sole, tumidi e violacei per la putrefazione. Negli occhi scavati i bulbi oculari erano diventati gelatina. Le mascelle pendevano molli, spalancate in modo innaturale per le orribili cicatrici che squarciavano le guance fino all’attaccatura delle mandibole.

    Sulle prime, Nicci non riconobbe l’odore della decomposizione nell’aria montana, fresca e rarefatta. Con indosso il suo perfetto abito nero da viaggio, fece un passo indietro e si mise a contemplare le quattro teste tagliate poggiate su alti pali di legno, due su ciascun lato della strada rocciosa.

    «L’incantesimo di conservazione sta svanendo», constatò con distacco, senza paura. La vista della morte non l’aveva mai impressionata. «Non so da quanto tempo queste teste siano qui a fare da monito, ma ben presto cadranno a pezzi. Arriveranno altri uccelli e altre mosche».

    Il vento gelido le scompigliò i capelli biondi mentre si girava verso i suoi compagni.

    Accanto a lei, Nathan Rahl poggiò una mano sul pomo ornato della sua spada avvicinandosi alla raccapricciante parata di teste. Nathan, che in passato era stato un profeta e un mago, aveva perso tutti i suoi poteri dopo lo spostamento delle stelle, quando Richard aveva sigillato il mondo sotterraneo. Quel cambiamento epocale nell’universo aveva eliminato la profezia e azzerato le leggi della magia, con conseguenze ancora ignote.

    «Pensavo che i Norukai fossero già abbastanza brutti da vivi», disse accarezzandosi il mento appena sbarbato con il pollice e l’indice. «La morte non li ha resi più belli».

    Nicci tornò con la mente a quando quegli spietati invasori sfregiati avevano attaccato il villaggio di pescatori della Baia di Renda. I brutali schiavisti avevano ucciso tanti abitanti, bruciato parte della città e preso prigionieri. Le loro navi, con gli spaventosi serpenti marini intagliati sulla prua, erano agili e potenti, con le vele blu notte guidate dalla magia.

    Per assomigliare ancora di più a dei serpenti, i Norukai si squarciavano volontariamente la bocca per allargarla, si cucivano le guance tagliate e si tatuavano le squame sulla pelle. Con un uso selvaggio e smodato della magia, Nicci aveva cacciato gli atroci assalitori dalla Baia di Renda, mentre Nathan e il loro giovane compagno Bannon avevano lottato con la spada. Sconfitti, i Norukai si erano ritirati in mare.

    Ora, mentre Nicci e i suoi compagni percorrevano il sentiero indefinito che scendeva dalla zona montana, davanti ai loro occhi si profilava un interrogativo. Cosa ci facevano qui quelle teste mozzate, nell’entroterra più profondo, sul versante più lontano delle montagne? Nicci non riusciva a capire il nesso.

    «Odio i Norukai», borbottò Bannon fissando le teste. La sua voce bassa ricordava molto il ringhio di Mrra, l’inquieta pantera di sabbia che si aggirava intorno alle teste putrescenti. «Li odio per quello che hanno fatto alla povera gente della Baia di Renda, ma li odio ancora di più per aver saccheggiato l’isola di Chiriya ed essersi portati via il mio amico Ian», aggiunse con voce rotta. «E hanno provato a portarsi via anche me…». Si asciugò il sudore dalla fronte lentigginosa e si spostò all’indietro i lunghi capelli rossi.

    Con un calcio rabbioso, Bannon buttò giù il palo più vicino, che sradicandosi cadde lentamente: la testa mozzata ruzzolò a terra e andò a sbattere contro una roccia vicino al sentiero con un suono sordo. La mandibola si staccò e cadde. Con la fine dell’incantesimo di conservazione, la decomposizione, a lungo rimandata, stava recuperando repentinamente il tempo perso.

    Nicci osservò la pelle disgustosa liquefarsi e staccarsi dal teschio come sego. I bulbi oculari si fusero scintillando, poi furono assorbiti nel terreno lasciando solo un alone di putrefazione.

    Dopo aver abbattuto la testa, sulle prime Bannon sembrò nauseato, ma poi gli si disegnò sul volto un’espressione di soddisfazione. Si girò verso gli altri pali, pronto a fare lo stesso, ma Nicci alzò una mano.

    «Ascolta, ragazzo mio, forse è il momento di riflettere. Chiunque abbia piazzato questo avvertimento, deve aver avuto le sue buone ragioni. E, come ben sai, gli schiavisti non sono nostri amici». Bannon contrasse le narici, anche se non sembrava affatto disturbato da quella vista terrificante o dal tanfo ributtante. «Ci dice che chiunque abbia ficcato queste teste sui pali potrebbe essere un nostro alleato… o perlomeno un nemico dei nostri nemici. Non vorremo certo scatenarne l’ira».

    Bannon posò nervosamente la mano sull’elsa di Gagliarda, la sua spada senza fronzoli. «O dolce Madre del Mare, non ci avevo pensato».

    «Non pensarci… ah, la rovina di tanti avventurieri», disse Nathan con un sorriso di conforto. «E chissà quante avventure ci aspettano».

    Nicci intervenne con tono più duro: «I miei compagni dovrebbero sempre pensare prima di agire. Alla lunga, serve a risparmiarci molte seccature».

    Al suo fianco, la pantera di sabbia si avvicinò ai resti della testa ormai disintegrata, arricciò i baffi sniffando disgustata e ringhiò ancora. Agitava la lunga coda da un lato e dall’altro. I simboli marchiati sulla pelle scura di Mrra avevano una strana somiglianza con le lettere esotiche scarabocchiate sui cartelli di avvertimento situati ai piedi degli altri pali.

    Senza aggiungere altro, Nicci spostò lo sguardo sulla tortuosa strada di montagna, un sentiero un tempo molto battuto ma ormai ricoperto di vegetazione. La strada girava intorno a rocce sporgenti e serpeggiava sul crinale accanto, scendendo verso la loro destinazione: una città magnifica quanto inaspettata che avevano intravisto dall’alto del passo di Kol Adair… un posto fantastico che sembrava svanire e ricomparire come un miraggio.

    L’odore della putrefazione le aveva dato il voltastomaco. «Invece di fermarci per un pasto di mezzogiorno, suggerisco di mangiare mentre camminiamo. Abbiamo miglia e miglia da percorrere prima che scenda la notte».

    «Non vedo l’ora di trovare la città», disse Nathan. «Anche se ancora non sappiamo cosa dovremo fare, una volta giunti lì».

    «Ma dobbiamo provarci», rispose Bannon. «Se serve a recuperare i tuoi poteri, potremo festeggiare».

    Nathan si tolse di spalla la sacca per prendere un po’ della carne secca che avevano portato da Muro di Rupe. «Non dimenticare, ragazzo mio, che trovare la città potrebbe essere importante anche per la missione di Nicci di salvare il mondo».

    L’incantatrice emise un verso sgarbato, fulminandolo con i penetranti occhi azzurri prima di allontanarsi a grandi passi dalle tre teste restanti. «Non ho mai dato troppo credito agli ordini ricevuti da una strega. Previsioni e pronunciamenti possono anche avverarsi, ma mai come ci si aspetta». Si rivolse al non più mago dai capelli bianchi. «Tu avevi supposto che, una volta raggiunta Kol Adair, avresti ritrovato il dono della magia, ma quello si è rivelato essere solo il primo passo».

    «Ah, ma ora sappiamo che l’affermazione della strega Red è vera», disse Nathan. «Abbiamo fatto delle supposizioni… e supporre non ha mai giovato a nessuno. Le sue parole nel mio libro della vita promettevano che a Kol Adair avrei visto ciò che mi serve per tornare a essere me stesso. Semplicemente non ho prestato abbastanza attenzione. Ora il vero significato di ciò che ha scritto è chiaro».

    «O almeno lo è il prossimo passo di ciò che intendeva», disse Nicci. Al pensiero della strega misteriosa sentì montare il disgusto dentro di sé.

    Prima che Nicci e Nathan partissero dalle Terre Oscure per la loro lunga missione, la strega Red aveva scritto nell’enigmatico libro che aveva dato al vecchio mago:

    Il Futuro e il Destino dipendono dal viaggio e dalla meta.

    Kol Adair si trova nell’estremo sud del Vecchio Mondo. Da lì, il Mago vedrà ciò che gli serve per tornare a essere se stesso. E l’Incantatrice deve salvare il mondo.

    «La parte che riguarda te sembra abbastanza chiara», commentò Bannon raggiungendo Nicci. «La tua missione è salvare il mondo. Cosa può esserci di più importante? Dobbiamo seguire le istruzioni».

    Mentre Mrra vagava tra le colline, cacciando solitaria, Nicci si fermò e, rivolta al giovane, disse: «Una persona proba non ha bisogno che un’oscura profezia le dica di salvare il mondo. Una persona proba lo fa perché è la cosa giusta da fare. Lo fa per Lord Rahl…». Raddrizzò le spalle, tolse la polvere dalle sue gonne nere e fluttuanti e aggiunse: «E io sono una persona proba».

    Potente incantatrice e un tempo Sorella dell’Oscurità, Nicci ora aveva votato la sua vita e le sue abilità alla causa di Richard Rahl. Lo amava come nessun altro al mondo, e non avrebbe mai amato nessuno così, ma si era rassegnata al fatto che lui aveva un solo vero amore: Kahlan. Ed era un amore con cui nessuna donna poteva competere, neppure Nicci.

    Quello che però lei poteva ancora dare a Richard era una fedeltà incrollabile.

    Richard e Kahlan, a D’Hara, si erano preoccupati quando Nathan aveva proclamato di voler aiutare i popoli delle Terre Oscure devastati dalla guerra. Considerato troppo pericoloso per poter essere lasciato libero, il vecchio mago era stato imprigionato nel Palazzo dei Profeti per mille anni. Dopo essere scappato, però, aveva lottato duramente per D’Hara. Aveva chiesto di partire all’avventura con la scusa di essersi dichiarato ambasciatore itinerante di D’Hara.

    Il mago, alto e di bell’aspetto, non era un pazzo, ma per certi versi era come un bambino in cerca di divertimento. Sapendo che era destinato a mettersi nei guai, Richard aveva chiesto a Nicci di accompagnarlo e di fargli da guardia del corpo, proteggendolo. E Nicci avrebbe fatto qualsiasi cosa per Richard, anche a costo della sua stessa vita. Aveva capito che il modo migliore per servire l’uomo che amava, e per salvarsi, era andare via – lontano – ed essere indipendente. Avrebbe aiutato a ricostruire il mondo, a mettere al sicuro e consolidare gli angoli più remoti dell’Impero D’Hariano. Così avrebbe aiutato Richard. Così avrebbe potuto amarlo.

    Col tempo l’esercito di pace D’Hariano si sarebbe spinto verso sud per insediare teste di sbarco e avamposti. Nel frattempo, Nicci andava come in ricognizione: un’avanguardia composta da una sola donna così forte e sicura di sé da occuparsi dei problemi di quei territori periferici. Se avesse svolto bene il suo compito – come intendeva fare –, non ci sarebbe stato bisogno dell’intervento di Lord Rahl e del suo esercito…

    I pini si diradarono quando le colline si aprirono e il terreno iniziò a ricoprirsi di macchia, ondeggianti pendii erbosi disseminati di terribili cardi alti quasi quanto alberi; gli enormi fiori di cardo viola attiravano grossi bombi. Chiazze di querce basse dalle foglie scure riempivano le piccole valli risalendo su alcuni pendii.

    Con uno scatto, un gruppetto di cavallette balzò via mentre i viandanti arrancavano tra i ciuffi d’erba. Un serpente scivolò via nel sottobosco, avvolgendosi su se stesso e serpeggiando mentre scompariva in una boscaglia.

    Preceduti da Mrra, i tre viaggiatori impiegarono gran parte della giornata a scendere lungo il crinale principale. Si accamparono per la notte in una valle riparata nei pressi di un ruscello che scorreva veloce. Bannon riuscì a pescare cinque piccole trote e, sebbene bastasse a malapena per preparare un pasto per loro tre, il giovane lanciò i due pesci più piccoli a Mrra. La pantera di sabbia lo guardò con cauta gratitudine, poi si gettò sulle squame argentate.

    Nathan si rannicchiò vicino al fuoco scoppiettante che Nicci aveva acceso con la sua magia. «Quanti giorni pensi ci vorranno per raggiungere quella città, Incantatrice?»

    «Stai dando per scontato che la città esista», replicò Nicci. Da Kol Adair avevano visto l’intricato profilo della città, le alte torri, i tetti geometrici… ma poi l’immagine era svanita. «Potrebbe essere solo un’illusione o la proiezione di un altro luogo».

    Nathan scosse la testa affondando il mento nella mano. «Dobbiamo credere che sia vera! È ciò che ho visto da Kol Adair, come dicevano le parole di Red. Deve esistere per forza. Così ha detto la strega. Continueremo a camminare e arriveremo fin dove serve», disse distogliendo gli occhi azzurri, come vergognandosi. «Devo recuperare i miei poteri, e al momento questo è il nostro unico indizio».

    Bannon stese a terra il suo mantello e si accoccolò sulle foglie morbide vicino al torrente. «Certo che raggiungeremo la città, ma ora riposiamoci», disse sbadigliando. «Faccio il secondo turno di guardia?».

    Nicci si preparò un giaciglio. «Non serve», disse, mentre Mrra chiudeva gli occhi felini insieme ai suoi. Nicci e la pantera di sabbia erano legate da un incantesimo, connesse in modi che nessuno poteva capire. «Ci proteggerà Mrra, così noi potremo riposare bene. Niente potrà disturbare questo accampamento. Mrra ci avvertirà di ogni pericolo».

    * * *

    La mattina dopo percorsero il pendio alberato fino al crinale successivo, riguadagnando l’altitudine conquistata col sudore che il giorno prima avevano perso scendendo nella valle. Si fecero strada su per il sentiero che si inerpicava fino alla cima. Nicci era sicura che la misteriosa città si trovava appena oltre quell’ultimo crinale, sulla vasta pianura che si estendeva al di là delle colline.

    A mezzogiorno, dopo essersi fatti largo tra querce e radi abeti rossi su terreni impervi, raggiunsero il punto più alto. Quando gli alberi si diradarono abbastanza da lasciare libera la visuale, puntarono gli occhi sul panorama che si apriva davanti a loro.

    «Per tutti gli spiriti!», sussurrò Nathan. Bannon fissò lo sguardo davanti a sé, si stropicciò gli occhi e continuò a fissare.

    Ciò che vedevano al di là delle colline era una pianura aperta che si interrompeva bruscamente con una ripida discesa verso un grande fiume, come se la terra fosse stata squarciata e staccata verticalmente.

    Ma non si vedeva nessuna città. Neanche l’ombra di una città. La grande, fantastica metropoli che avevano visto da Kol Adair non c’era.

    La pianura non era vuota, però. Ciò che vedevano era un esercito: un imponente esercito che occupava le colline e la spianata, figure umane indistinte in numero tale da poter competere con gli schieramenti più grandi che Nicci avesse visto quando serviva l’Imperatore Jagang. Sapeva benissimo quanta distruzione potesse causare un simile esercito.

    Strinse gli occhi osservando quella vista allarmante, in lontananza. «Saranno mezzo milione di combattenti».

    Bannon toccò l’elsa della sua spada, come chiedendosi quanti ne avrebbe potuti affrontare da solo. «Allora sono davvero contento che ci sia tu qui a salvare il mondo, Incantatrice».

    Capitolo 2

    Ritta sul crinale, lontana dal sorprendente esercito, Nicci si prese il suo tempo per valutare la situazione e riflettere sul da farsi. «Questo potrebbe essere un problema».

    Con ottimismo irrazionale, sistemandosi la spada ornata sul fianco, Nathan disse: «O forse no. Un conflitto prevede due fazioni e, per quanto ne so, noi non stiamo né con una né con l’altra. Non abbiamo nemici qui, in queste zone remote del Vecchio Mondo. Siamo solo viaggiatori che arrivano da lontano e non rappresentiamo alcuna minaccia».

    In piedi vicino a una quercia bassa e curva, Nicci scosse la testa. «Se fossi il loro comandante, non rischierei. Per me tutti i viandanti potrebbero essere spie».

    «Ma non lo siamo», disse Bannon. «Siamo innocui».

    Certe volte Nicci trovava simpatica l’ingenuità del giovane, altre fastidiosa. «Perché preoccuparsi della morte di qualche innocente quando devi salvaguardare una campagna militare?».

    Quando l’esercito di Jagang era in azione e si imbatteva in viaggiatori innocenti che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, Nicci si occupava personalmente della questione… e non era mai finita bene per i malcapitati viaggiatori.

    Nathan si morse il labbro inferiore. «Ma non lo sappiamo, Incantatrice. Gli uomini di questo esercito potrebbero essere gli stessi che hanno ficcato sui pali le teste di quei Norukai, e in tal caso sono nemici di quegli schiavisti. Se è così, sarei felice di chiamarli alleati».

    Nicci afferrò uno dei nodosi rami di quercia coperto da chiazze di licheni e ne sentì la ruvidezza contro il palmo della mano. «Non voglio correre rischi. Dobbiamo essere cauti finché non scopriremo altro».

    Con lo sguardo fisso davanti a sé, Nathan si portò distrattamente la mano al centro del petto, come se cercasse di trovare dentro di sé il dono perso. Aveva riposto una grandissima speranza nelle oscure parole del suo libro della vita, nella necessità di trovare la misteriosa città che non si sa come era svanita. «Ma se c’è una possibilità, dobbiamo andare lì e scoprire cosa ne è stato della città. Forse uno di quei soldati lo sa. Così potremo sapere perché ho perso il mio dono».

    Nicci rivolse lo sguardo su Nathan. «Ti ho mai detto qual era il modo più sicuro per privare un mago del suo potere secondo le Sorelle dell’Oscurità? Spellarlo vivo in modo che, sanguinando, la magia potesse sgorgare fuori goccia dopo goccia», disse riprendendo il cammino. «Lo hanno fatto a molti giovani dotati del dono nel Palazzo dei Profeti».

    Nathan arrancò dietro di lei, con un’espressione indignata più che nauseata. «Posso assicurarti che non è così che ho smarrito il mio dono».

    Dopo essersi inoltrata nei campi di erba alta, Mrra tornò indietro. Il grosso felino non sembrava infastidito dalle centinaia di migliaia di soldati, troppo lontani per rappresentare un pericolo immediato.

    Nicci osservò a lungo la moltitudine di militari, ascoltando il fruscio delle foglie di quercia verde scuro. Strinse gli occhi azzurri. «Qualcosa non torna», disse indicando le file di innumerevoli soldati disseminati più giù. «Vedete? Con tutta quella gente dovrebbe esserci un continuo via vai, pattuglie o gruppi di ricognizione che vanno e vengono con i loro resoconti, soldati di fanteria impegnati in esercitazioni. Non si vede fumo dalle cucine da campo. E, ascoltate bene… non si sente nessun rumore».

    Si spostò dalle querce in mezzo alle quali si era mimetizzata senza più temere di essere vista. «Guardate… Dove sono le tende, i pennoni? Spostandosi, un esercito di migliaia di soldati lascerebbe molte tracce sul terreno. Lo distruggerebbe». Si guardò alle spalle. «Se fossero venuti dalle montagne, avremmo visto i segni lasciati dal loro passaggio, le colline e le distese d’erba calpestate e ridotte in poltiglia da migliaia di piedi».

    «Forse sono arrivati da un’altra direzione», ipotizzò Nathan. «Da nord o da sud».

    «E come mai non ci sono fuochi?», ripeté Nicci. «Dovrebbero esserci tende, pali per legare i cavalli, carri di viveri, scorte di materiali».

    Gli altri non sapevano cosa risponderle.

    «C’è solo un modo per scoprirlo», suggerì Bannon. «Procedendo con cautela, possiamo attraversare le colline, nasconderci tra gli alberi e non farci vedere. Con tutti quei soldati a coprire la pianura e le colline, sicuramente ci imbatteremo in gruppi periferici, magari ricognitori accampati nei boschi, messaggeri, pattuglie perimetrali. Se trovassimo qualcuno da solo, potremmo fargli delle domande». Sorrise incerto, ma lasciò che la mano si spostasse sull’elsa della sua spada, ricoperta di cuoio.

    Nicci annuì lentamente. «È una buona idea, Bannon il Contadino. Ci avvicineremo attraversando gli alberi: tenete gli occhi aperti. Mrra potrà precederci e metterci in guardia. Non appena ci imbatteremo in un soldato solitario, lo cattureremo e gli faremo delle domande». Si concesse un sorriso abbozzato. «Con la forza, se serve».

    «Se serve, appunto», disse Nathan inarcando le sopracciglia. «Ma preferirei non iniziare una guerra contro mezzo milione di soldati… Almeno non fino a quando non riavrò indietro il mio dono».

    «Pensavo che ci saremmo limitati a parlare con chiunque ci capiti di incontrare», borbottò Bannon.

    Avendo viaggiato insieme per così tanto tempo, riuscirono facilmente a farsi strada tra le colline ricoperte di macchia, tra il sibilo dell’erba scura e gli alti cardi ondeggianti. Dove possibile, si tenevano al riparo tra le chiazze irregolari di querce nane. Una valanga di cavallette saltò via dal loro cammino. Gli uccelli cinguettavano in lontananza.

    Ma dall’enorme esercito lontano non arrivava il benché minimo rumore.

    Nicci scorse una chiazza scura lasciata dall’erba bruciata che, prima di spegnersi, aveva annerito una zona delle colline assai arida. Non aveva difficoltà a immaginare come, in quei mesi secchi di fine estate, la macchia di vegetazione potesse diventare un inferno di fiamme. La sua più grande preoccupazione, tuttavia, era che l’area bruciata non offriva copertura.

    Nathan si fermò accanto a un arbusto spinoso e si fece ombra sugli occhi per studiare il grande esercito, stranamente immobile. «Credo che tu abbia ragione. Ho sempre avuto una vista eccezionale… sarà per tutto il tempo che ho passato a fissare il resto del mondo dall’alto delle torri… Mi sono soffermato su gruppi specifici di soldati e non ho notato nessun movimento. Niente di niente. Riesco a distinguere qualche dettaglio delle uniformi, sono di tipo antico, ma i colori sono solo… grigio». Si succhiò una gocciolina di sangue che gli era sgorgata sul palmo per essersi punto con la spina di un cardo. «La loro armatura mi ricorda…». Aggrottò la fronte. «Vi ricordate quando ci siamo spostati verso l’entroterra dalla Baia di Renda? Ricorderete che io ho fatto una deviazione fino a un’antica torre di guardia. Attraverso il vetro di sangue della torre, ho visto eserciti enormi. Penso che fossero gli eserciti dell’Imperatore Kurgan… Zanna di Ferro. Il generale Utros conquistò gran parte del mondo in suo nome, attraversando tutto il continente. Da quella torre di guardia, ho visto gli antichi guerrieri attraverso il tempo e la magia», disse annuendo lentamente. «Per tutti gli spiriti, quei soldati laggiù mi ricordano molto quei guerrieri».

    «Ma quelli che hai visto erano di migliaia di anni fa», disse Bannon.

    «È quello che ho pensato. E non posso dire niente di certo su questo esercito… finché non ci avvicineremo».

    Mentre procedevano verso macchie boscose dove potersi nascondere, gli interrogativi nella testa di Nicci la rendevano sempre più inquieta. Non riusciva a dare un senso a ciò che aveva davanti agli occhi.

    Ricordava vividamente gli eserciti di Jagang, il tanfo, il tumulto e la confusione, come un miasma. Con l’acustica delle colline e della pianura aperta, sarebbe dovuta riuscire a sentire il lontano mormorio delle grida, il clangore dell’acciaio di chi si esercitava con la spada o i colpi degli armaioli che martellavano il metallo, le grida delle donne prigioniere trascinate nelle tende dei soldati, le squadre di operai che, armati di vanghe, scavavano latrine o fosse in cui seppellire i prigionieri giustiziati. Ci sarebbe stato l’odore delle pire funerarie, il fumo dei fuochi delle cucine, il ritmo della musica o di canzonacce oscene, gli ordini urlati dagli ufficiali o i brontolii di chi si lamentava per aver perso a un gioco d’azzardo.

    Ma Nicci non sentiva altro che il silenzio del vento, l’erba sferzante, i balzi e il ronzio degli insetti… neanche l’ombra del frastuono e del trambusto generato da un esercito enorme.

    Mrra fece ritorno dalle sue esplorazioni buttandosi nel sottobosco, senza movimenti furtivi. Nicci si rilassò.

    Più avanti, in una fenditura nelle colline, diversi ruscelli scorrevano convergendo in una valle fitta di alte querce e pini sparsi. Bannon indicò la boscaglia, i rami sporgenti. «Guardate, vedo dei soldati lì… non molti. Forse possiamo parlare con loro?»

    «Li vedo anch’io», disse Nathan. «Solo quattro o cinque uomini». In quel suo sussurro c’era una vena di speranza.

    Nicci sentì un brivido correrle sulla pelle alla vista di diverse sagome rannicchiate all’ombra del reticolo di rami. Erano tutti accucciati, probabilmente in un accampamento, forse a guardia dell’esercito. Lei non li aveva notati, e neanche Mrra li aveva percepiti, ma forse quei guerrieri nascosti avevano visto i tre avvicinarsi.

    «Potrebbe essere già troppo tardi». Nicci non notò alcun movimento. «Investigheremo, ma facciamo attenzione». Toccò i pugnali che teneva su ogni fianco, anche se la sua arma più potente era la sua magia.

    Bannon e Nathan estrassero le spade e si spostarono insieme attraverso l’erba fino alla chiazza di boscaglia. Bannon si accovacciò sotto un ramo basso, spingendo via le foglie. «Sembra un buon posto in cui accamparsi», sussurrò, troppo rumorosamente per i gusti di Nicci. «Forse è per questo che sono qui».

    Nicci lo zittì, ma concordava con quella valutazione. In quella valle piena di alberi avrebbe potuto rifugiarsi una folta schiera di soldati. Ma dov’era il fumo di un fuoco di bivacco?

    Cinque antichi guerrieri li aspettavano sotto le querce, raccolti intorno a un punto centrale. Mrra avanzò annusando l’aria, ma non mostrò alcuna paura, nessuna preoccupazione. Nicci si fermò fissando le sagome degli uomini. I corpulenti guerrieri indossavano armature a placche, spessi spallacci, gambali e stivali corazzati; in testa avevano elmi a punta con una fenditura. Erano armati con spade corte. Un uomo era accovacciato a metà strada, poggiato a un oggetto che non si riusciva a vedere.

    Erano tutti e cinque pietrificati, il loro colore virava verso il grigio biancastro.

    «Sono… statue», riuscì a dire a stento Bannon con un tremito nella voce. «Come l’incantesimo che usava il Giudice».

    Cauto, Nathan si avvicinò. Il guerriero di pietra aveva lo sguardo vacuo rivolto verso un punto sgombro nel terreno della foresta. «Scommetto che lì doveva esserci un fuoco, molto tempo fa. Vedete, il tempo l’ha cancellato, ma è rimasta ancora qualche pietra disposta in cerchio».

    Lo sguardo dei guerrieri-statue era inespressivo, i loro pensieri si erano bloccati quando l’incantesimo di pietrificazione si era impossessato di loro. Nicci si avventurò più vicino: si sentiva piovere addosso risposte incerte come freddi chicchi di grandine in un temporale estivo. Niente fuoco, nessun movimento proveniente da quell’enorme esercito, silenzio assoluto. «Mi chiedo se l’intero esercito che occupa la pianura sia stato trasformato in pietra».

    Nathan era tanto affascinato quanto turbato. «La magia richiesta per eseguire un tale incantesimo va oltre tutto ciò di cui sono a conoscenza… se non tornando a tremila anni fa, alle grandi guerre dei maghi». Parlava con vaga ammirazione. «Ah, quelli erano tempi di magia titanica, sfrenata».

    Bannon batté la lama della spada contro la spalla di un guerriero pietrificato. L’acciaio di Gagliarda risuonò intensamente nel silenzio. «Mille anni… tremila anni, e sono ancora intatti? Si sveglieranno mai?». Guardò Nicci mentre sul volto gli tornava d’un tratto il dolore risvegliato. «Quando Nathan ha sconfitto il Giudice abbiamo riportato in vita gli abitanti pietrificati di Lockridge. Tutte quelle statue intrappolate con le loro colpe».

    «Quello era un fenomeno molto più limitato, ragazzo mio. Il Giudice aveva usato la sua magia corrotta solo su coloro che aveva giudicato colpevoli, uno per volta», rispose Nathan scuotendo di nuovo la testa. «La portata di questo prodigio è… incredibile. Tutte queste migliaia di uomini!».

    Mrra annusò gli stivali di pietra, ma non trovò nulla di interessante in quelle sagome di marmo. Irrequieta, scivolò nella vasta foresta di querce facendosi strada tra i rami cadenti e lo spesso tappeto di foglie marroni.

    Mentre la curiosità prendeva il posto della tensione, Nathan girò intorno alla scena di soldati pietrificati, ispezionandoli come un mecenate che esamina un nuovo giardino di statue nel cortile di un re. «Ho studiato antiche cronache di guerra al Palazzo dei Profeti. L’armatura mi è familiare. Questo distintivo, qui, vedete la fiamma stilizzata?», disse toccando la corazza di una delle guardie. «Un simbolo simile appare nei racconti di Zanna di Ferro». Indietreggiando si mise le mani sui fianchi. «Se solo questi uomini potessero parlare, pensate alle storie che avrebbero da raccontarci».

    «Preferisco che restino in silenzio», disse Nicci. «Perché se loro potessero parlare, allora potrebbe farlo l’intero esercito. E dubito che la loro priorità sarebbe parlare».

    Bannon era perplesso. «Ma se sono venuti per conquistare quella grande città, non c’è ragione di tenerli qui. La città non c’è più».

    «A parte il fatto che potrebbero essere tutte statue, ragazzo mio», fece notare Nathan. «Non stanno andando da nessuna parte».

    «Giusta osservazione».

    La voce di Nathan divenne più erudita. «Il lato positivo è che se quegli innumerevoli soldati sono di pietra, vuol dire che quel vasto esercito non è una minaccia né per noi né per nessun altro. Dovremmo essere in grado di camminare in mezzo a loro e trovare indizi su che fine abbia fatto la città, senza bisogno di procedere furtivamente. Mi sembra fattibile».

    Nel momento stesso in cui pronunciò quel commento sconsiderato, un suono si infranse squarciando gli alberi sul lato opposto della valle. I rami si spezzarono e apparve un’enorme creatura pelosa che sradicava le esili querce nane e le gettava via.

    Nicci si girò accovacciandosi e chiuse le mani a coppa per attingere ai suoi poteri e chiamare a sé la magia. Nathan sollevò la sua spada ornata, con Bannon spalla a spalla con lui. Mrra sbucò tra gli alberi dal lato opposto della valle, correndo verso i suoi compagni.

    Il mostro si fermò ad annusare, in cerca degli intrusi. La bestia era grande quanto un orco, ma aveva le sembianze di un inquietante orso deforme. Emise un muggito profondo e, allargando le fauci, lasciò cadere sul terreno lunghe bave di saliva. Si sollevò sulle zampe posteriori e allungò quelle anteriori, piene di artigli uncinati simili ai denti di un rastrello.

    La creatura partì alla carica verso di loro, come una terribile tempesta.

    Capitolo 3

    La bestia era troppo grande per essere ostacolata dalla boscaglia di querce nane. Usava la zampa per squarciare i rami come con un ariete, afferrando quelli che più la disturbavano con i lunghi artigli uncinati. Con un sospiro profondo e con un ruggito ancora più forte, trinciò il legno, riducendolo in strisce di quercia scheggiate, come un nastro sfilacciato da una sarta in un fiocco decorativo. Con uno strattone sradicò gli esili alberelli e li scagliò via. La creatura si stava precipitando verso di loro, grugnendo e sbuffando come i soffietti nella bottega di un fabbro.

    Bannon si chinò tra le statue dei guerrieri, come se potessero proteggerlo. «Cos’è quella cosa?»

    «Ne scopriamo ogni giorno una nuova», disse Nathan piantando a terra gli stivali, a gambe larghe, preparandosi. Impugnò l’elsa della sua spada con entrambe le mani per avere una presa più salda. «Ma suppongo che l’affronteremo come al solito».

    Nicci si posizionò davanti ai due uomini e arricciò le dita, sentendo la pelle formicolare mentre risvegliava il dono dentro di sé. «State indietro».

    Il mostro le ricordava un enorme orso rabbioso; forse un tempo era stato proprio un orso. Aveva il corpo coperto da una pelliccia opaca color cannella con grumi di pus e sangue rappreso che usciva da piaghe sanguinanti. Nel cranio squadrato gli occhi fiammeggianti erano spalancati. Un lato della faccia sembrava fuso, come la cera di una candela lasciata troppo vicina a una fiamma. L’occhio ciondolava nell’orbita scivolandogli sulla faccia. La guancia si era staccata rivelando spaventose zanne nel muso allungato. La saliva densa gocciolava, mista al sangue delle gengive spaccate.

    In alcuni punti il corpo peloso era corazzato con placche lisce e ricurve, come i gusci delle aragoste che talvolta i pescatori consegnavano al Porto di Grafan. Le placche dure erano innestate sul corpo dell’orso mostruoso e in molti punti la pelle era marchiata da simboli e segni magici geometrici, molto simili ai caratteri misteriosi con cui era stata sfregiata Mrra.

    La creatura si avvicinò furiosamente, intenzionata ad attaccarli, a ferirli, a ucciderli. Nicci si accorse che la bestia non era solo un predatore famelico in cerca di cibo: versava in uno stato di agonia indescrivibile. A giudicare dalle mutilazioni sul suo corpo, e in particolare dai segni marchiati sulla pelle piagata, si poteva dedurre che doveva essere stato un uomo – un malvagio – a plasmare quella creatura.

    Non c’era da stupirsi che la bestia volesse uccidere chiunque incontrasse sulla sua strada.

    Sebbene comprendesse quel desiderio istintivo di attaccare, Nicci non intendeva permettere al mostro di fare del male ai suoi compagni. Con la forza del pensiero richiamò in ciascuna mano una sfera di fuoco magico sfrigolante e tumultuosa. La sostanza fusa avrebbe inghiottito l’orso mostruoso, riducendo in cenere purificata quel corpo ripugnante.

    Nicci scagliò le palle di fuoco, una dopo l’altra, mentre il mostro si avvicinava sbarazzandosi degli alberi coperti di licheni. La prima sfera infuocata colpì la bestia, ma si limitò ad avvolgere il corpo peloso come nebbia calda prima di riversarsi sugli alberi frantumati ai lati. Il fuoco magico incendiò la fitta boscaglia senza scalfire la creatura.

    La seconda palla di fuoco sbatté contro il mostro solo per rotolare via come acqua sulla pelle oliata. La bestia continuava ad avanzare.

    «È immune al fuoco magico», gridò Nathan.

    Nicci non esitò. Aveva un arsenale di altri incantesimi. Attinse al potere di fermare il cuore dell’orso, il quale si sarebbe di colpo schiantato a terra. Spesso, in circostanze estreme, aveva avvolto un cuore vivo nella sua magia e lo aveva stretto per arrestarne il battito… ma anche stavolta il suo potere scivolò via. Non riusciva a raggiungere il cuore, non riusciva a entrare dentro il mostro.

    La bestia si precipitò più vicino, imperterrita. Proprio mentre incombeva su di lei, Nicci spinse entrambe le mani in avanti con i palmi rivolti verso l’esterno e, chiamando a sé l’aria, addensò il vento per creare un ariete invisibile che si schiantò sul mostro che sopraggiungeva. Quello barcollò, si fermò solo per un attimo e poi riprese ad avanzare pesantemente. Gli oscuri caratteri marchiati sulla sua pelle brillavano appena.

    Nicci sapeva cosa stava accadendo. Anche Mrra era insensibile alla magia grazie ai segni impressi sulla sua pelle fulva. Quest’orso era stato marchiato con gli stessi caratteri protettivi.

    Ed eccolo incombere su di lei abbattendole addosso una zampa enorme. Mentre cercava di abbassarsi di lato, il colpo le tagliò la spalla e l’impatto violento la paralizzò mentre rotolava a terra.

    Nathan si lanciò nella zuffa. «Lascia fare a noi, Incantatrice. Dài, ragazzo mio, non usi la spada da giorni».

    Urlando, Bannon si avvicinò alla bestia, mentre Nathan si precipitava con un balzo e, sferrando un colpo con la spada, apriva un taglio lungo e profondo nell’avambraccio della creatura. L’orso fece schioccare le fauci deformi e colpì il vecchio mago con la zampa non ferita, ma Nathan si allontanò di scatto. Girando su se stesso su un piede solo con una grazia inaspettata, lo colpì di nuovo, ma la spada non faceva altro che provocare la creatura.

    Bannon attaccò dall’altra parte disegnando con Gagliarda un arco orizzontale che colpì la punta della massiccia zampa dell’orso, tagliando quattro degli artigli affilati come coltelli.

    Nathan affondò la spada con forza. L’acciaio colpì uno dei gusci dell’armatura, rimbalzando. Accadde tutto nel giro di pochi secondi.

    Nicci si rimise in piedi con un balzo e si accorse che l’incendio acceso dal suo fuoco magico crepitava nel sottobosco, propagandosi tra i rami morti e sul tappeto di foglie secche. Le fiamme si sarebbero diffuse e, se avessero raggiunto le colline coperte di erba secca, si sarebbe scatenato un inferno inarrestabile.

    Ma prima di combattere contro il fuoco, dovevano fermare il mostro che li stava attaccando.

    Poiché con la magia non poteva danneggiare direttamente l’orso, Nicci usò il suo potere per strappare una delle rachitiche querce in fiamme dal terreno e lanciare il proiettile sradicato verso l’orso. In un’esplosione di scintille e fumo, l’albero colpì il mostro, spruzzando il fuoco sulla sua pelliccia. Bannon e Nathan si allontanarono mentre il mostro distruggeva l’albero in fiamme e tornava verso di loro.

    Nicci rinunciò ai poteri ed estrasse invece i due pugnali che teneva sui fianchi. Per fare del male con le lame corte, si sarebbe dovuta avvicinare molto di più al mostro. Non intendeva restare schiacciata dal suo abbraccio furioso, con le costole spezzate come ramoscelli, ma aspettò il momento giusto.

    Nathan sferrò un altro fendente con la spada, ma il mostro lo colpì con un manrovescio. Il vecchio mago fece un volo di cinque metri e il suo corpo inerte si schiantò tra il folto di querce nane, dove rimase steso e stordito.

    Sfrecciando con la sua sagoma fulva, Mrra si lanciò contro il mostro. Sebbene la pantera fosse molto più piccola dell’enorme orso, era una macchina di morte, addestrata in qualche lontana arena di combattimento.

    Nicci si gettò nella mischia con i due coltelli pronti a trafiggere. Una lama sbatté con fragore contro l’armatura innestata, ma l’altro coltello trafisse la pelliccia resistente. Continuò ad affondare colpi come inviperita prima di balzare via.

    Mrra attaccò con gli artigli e le zanne a scimitarra, lacerando lo squarcio che la spada di Bannon aveva aperto nella pancia della creatura. La pantera allargò la ferita fino a quando le interiora non si rovesciarono fuori. Ruggendo, il mostro spruzzava bave di saliva. Con la zampa intatta rastrellò la pelle di Mrra disegnando una fila di graffi, ma il grosso felino non si fermò.

    Bannon infilzò la sua semplice spada nella pancia della creatura, spingendo la lama in profondità, fino alla spina dorsale. Usando entrambe le zampe insanguinate, l’orso ghermì la lama, poi colpì Bannon. Mentre il giovane barcollava via, la sua spada scivolò fuori dalla ferita, ora cosparsa di sangue.

    Mentre Mrra continuava ad azzannare, Nicci si avvicinò alla testa del mostro abbastanza da poterne sentire l’alito fetido. Gli affondò un coltello nell’occhio sinistro e spinse la punta della lama nell’orbita spaccando lo spesso osso fino a penetrare nel cervello. Dando dei colpi sul pomo con il palmo della mano, spinse il coltello sempre più a fondo.

    Neanche questo bastò a uccidere l’orso, così Nicci usò l’altro pugnale per tagliargli la gola, trapassando il grasso e attraversando i tendini fino a trovare la giugulare. Il bordo affilato della lama recise la vena e il sangue zampillante la inzuppò.

    Mrra si ritrasse trascinandosi dietro lunghe corde di budella dalla pancia lacerata della creatura: sembrava che il grosso felino avesse trovato un nuovo giocattolo.

    Gli occhi di Bannon erano attraversati dal lampo di furore della lotta, una trance di battaglia che a volte lo coglieva. Con un urlo indefinito, brandì la spada e la affondò di punta nel petto dell’orso, rompendogli lo sterno e perforandone il cuore.

    La creatura torturata rabbrividì, gorgogliò e alla fine morì.

    Le spalle di Bannon sussultarono mentre si curvava sulla bestia, stringendo l’elsa rivestita di cuoio. Alla vista di quello scempio e di tutto quel sangue, iniziò a piangere, non solo per il sollievo e il terrore, ma per sincera simpatia verso la povera bestia. «Avrei preferito un’uccisione più pulita».

    Nathan, ancora stordito, emerse dal folto degli alberi, divincolandosi e togliendosi foglie e rami dai capelli e dai vestiti. Si teneva una mano sulla testa pulsante. «Mi spiace di non poter essere più di aiuto. Sono stato mandato in panchina come un giocatore infortunato a Ja’La».

    Mentre il corpo dell’orso morto continuava a contorcersi, l’attenzione di Nicci fu catturata dalle fiamme crepitanti dell’incendio che si stava propagando. Le querce nane bruciavano rapidamente e, nella foresta, le foglie secche ammassate sul terreno non facevano che alimentare le fiamme, che si diffondevano tra i rami sottili. Il fuoco aveva già oltrepassato le cinque statue, annerendo i lineamenti pietrificati dei guerrieri.

    Nicci inspirò a fondo, più volte, calmandosi per concentrarsi sul suo Han. Poteva benissimo domare l’incendio di un bosco, era un problema che i suoi poteri potevano risolvere. Scatenò di nuovo il vento e fece roteare una cortina d’aria intorno alle fiamme che si stavano alzando, accerchiando il fuoco. Un ciclone di foglie secche soffiò intorno a loro.

    Alzando le mani con un movimento circolare, fece girare il vento sempre più veloce risucchiando l’aria dalle fiamme. Lo incanalò, lo soffocò, plasmò il fuoco per formare una colonna vorticosa che strinse in un fiotto più sottile, sparando verso il cielo un getto di fiamme.

    Bannon e Nathan si chinarono per schivare la tempesta che si stava alzando, lasciando che l’incantatrice facesse il suo incantesimo. Mrra abbassò le orecchie. Tutt’intorno, i rami si spezzavano e sbattevano, quelli più esili volavano in tutte le direzioni.

    Alla fine, ciò che restava dell’incendio si spense lasciando solo riccioli di fumo, che si dissiparono mentre Nicci lasciava estinguersi la magia. La tempesta svanì e i rami delle querce sussultarono come tirando un sospiro di sollievo. Le foglie carbonizzate scivolarono a terra.

    Spazzolandosi i capelli bianchi con le dita, Nathan sorrise alla vista dell’opera di Nicci, accogliendola con poco più che un’alzata di spalle. «Grazie, Incantatrice. Poteva tramutarsi in una brutta situazione. Se avessi avuto il mio dono, l’avrei fatto io stesso».

    «Presto lo ritroverai, Nathan. Troveremo la città». Bannon restava ostinatamente ottimista. I suoi occhi color nocciola scintillarono mentre guardava Nicci. «Comunque è stato davvero impressionante».

    Nicci non era prodiga di complimenti, ma era onesta. «Anche il tuo lavoro di spada è stato molto utile». In effetti, era imbarazzata per aver fallito con i suoi poteri, infastidita dal fatto di essersi sentita impotente. Riusciva a immedesimarsi nella situazione di Nathan. «Vedendo quei simboli marchiati, avrei dovuto capire prima che la mia magia non avrebbe funzionato con quel mostro».

    Sangue ramato e una fetida puzza di selvaggina circondavano la carcassa morta davanti a loro, sovrastando persino l’odore del fumo. Mrra si aggirava nel sottobosco, tenendosi a distanza dalla creatura e sorvegliando altri eventuali attacchi.

    Con curiosità impertinente, Nathan si inginocchiò accanto all’orso morto e picchiò con le nocche sugli strani gusci innestati sulla pelle a mo’ di armatura. «Per tutti gli spiriti, chi può aver mai creato un essere così terrificante? E perché mai?». Alzò gli occhi sbattendo le palpebre. «Se esiste un mago con un potere tale da manipolare la carne, perché dovrebbe usarlo per uno scopo così terribile?».

    Con lo sguardo ancora fisso sulla bestia abbattuta, Bannon si asciugò le lacrime dal viso spalmandosi un po’ di sangue sulla pelle. «Conoscevo dei ragazzi a Chiriya che si divertivano a staccare le ali alle mosche e ad arrostire gli scarabei facendoli cadere in una fiamma. A volte facevano cose terribili a poveri cuccioli e gatti», disse scuotendo la testa. «Non si può spiegare perché la gente faccia cose terribili».

    Nathan si alzò in piedi, si spazzò via le foglie dai pantaloni neri e si sistemò il mantello marrone. Guardò Nicci, che aveva il viso, i capelli e il vestito nero ricoperti di sangue. «Hai un aspetto orribile, Incantatrice».

    «Non ne dubito», ribatté lei inarcando un sopracciglio. Girandosi lentamente, Nicci osservò gli alberi anneriti, i tronchi fumanti, l’ultima macchia di fumo che si diffondeva nell’aria. «Il fuoco potrebbe essere stato visto a diverse miglia di distanza e il nostro combattimento con la creatura potrebbe aver attirato l’attenzione. Altro che i nostri tentativi di discrezione. Si direbbe che abbiamo annunciato il nostro arrivo».

    Bannon e Nathan si guardarono intorno con circospezione.

    Più lontano, nella foresta di querce basse e di sparuti alberi più alti, sentirono dei rami che si rompevano, un mormorio di voci. Mrra si accovacciò, ringhiando, le orecchie ritte all’indietro. Annusò l’aria come se sentisse l’odore della morte. Quando le voci si avvicinarono, la pantera di sabbia scappò, scomparendo nel sottobosco.

    Bannon fissò il felino che si allontanava. «Mrra non ha battuto ciglio quando quel mostro ci ha attaccato. Cos’è che la spaventa ora?».

    Nathan iniziò a muovere la spada, pronto a continuare a combattere. «Forse dovremmo essere spaventati anche noi, ragazzo mio».

    «Non spaventati», disse Nicci sollevando i suoi due pugnali. «Preparati». Mantenendo la sua posizione, aspettava l’arrivo dei minacciosi sconosciuti.

    Capitolo 4

    Mentre si avvicinavano gli sconosciuti non fecero nulla per cercare di nascondersi. Invece, attraversavano il bosco parlando a voce alta e chiassosa; uno di loro scoppiò in una risata sguaiata. Facendo frusciare le foglie, scostarono i rami e si diressero verso i fuligginosi resti dell’incendio. Nicci capì che dovevano aver visto il ciclone di fiamme che aveva tuonato nel cielo prima di spegnersi.

    Tre sagome vestite in colori vivaci avanzarono nella boscaglia: erano giovani snelli e dall’aria riservata che sembravano poco avvezzi alla natura selvaggia.

    Nathan si mise a ridere quando li vide. «Sono solo dei ragazzi!».

    Gli sconosciuti dimostravano all’incirca vent’anni e non erano più grandi di Bannon. Come in un’uscita improvvisata, passeggiavano nel sottobosco vestiti con abiti esotici e antiquati: camicie fluttuanti con i lacci aperti sul davanti, a mostrare il petto; ampi pantaloni di seta tinti di verde scuro, legati in vita con larghe fusciacche in colori a contrasto, rosso, blu o viola. Sulle spalle portavano delle mezze cappe corte bordate di una esotica pelliccia maculata. Una tenuta decisamente scomoda per un guerriero, o per viaggi difficoltosi, pensò Nicci. Ognuno dei nuovi arrivati ​​aveva un lungo randello di legno con una palla di ferro sulla punta: potevano essere armi efficaci, ma i giovani li portavano a mo’ di frustini.

    Nicci, Nathan e Bannon li fronteggiarono nella radura vicino alla cenere che bruciava lenta e alla carcassa insanguinata dell’orso mostruoso. I giovani si fermarono, sorpresi alla vista di quei viaggiatori inzaccherati e incrostati di sangue.

    Il primo, evidentemente il capo, arricciò il naso. «Per l’anima del Custode, e voi chi siete?», disse venendo avanti e raddrizzandosi timidamente la cappa bordata di pelliccia. Aveva i capelli nero blu, la pelle scura e gli occhi marrone scuro. Le labbra generose erano curvate in un’espressione confusa. «Non ci aspettavamo di trovare nessun altro qui fuori». Indossava una camicia rossa larga con un’ampia fascia viola. Con naturalezza, posò a terra la punta di ferro del suo randello.

    «Eppure eccoci qui», disse Nicci, cercando ancora di valutare se quegli sconosciuti dall’aria sperduta potessero essere una minaccia. Il giovane parlava con uno strano accento arcaico, ma le sue parole erano comunque comprensibili.

    Nathan gli si rivolse con tono più conciliante. «Siamo viaggiatori venuti da lontano. Siamo arrivati a Kol Adair dopo aver attraversato la desolazione, le montagne, le valli e persino il mare». Si fermò un attimo, prolungando l’attesa. «Veniamo dal Nuovo Mondo».

    «È molto lontano», disse il secondo giovanotto, che aveva i capelli rossastri e una macchia di colore anch’essa rossastra sulle guance, dove i ciuffi di baffi sottili simulavano un timido tentativo di barba. «Pensavo veniste da una delle città di montagna, a nord».

    Il terzo giovanotto aveva la faccia squadrata e i capelli scuri rasati. Non mostrò più interesse degli altri due. «Dove siete diretti? Come vi chiamate?».

    Nicci lo interruppe prima che qualcuno dei suoi compagni potesse rispondere: non voleva rivelare troppo. «La nostra destinazione è ovunque ci portino i nostri viaggi. Stiamo esplorando il Vecchio Mondo. Il mio nome è Nicci. I miei compagni si chiamano Nathan e Bannon».

    Il primo giovane picchiettava a terra il suo frustino rigirando i detriti della foresta. «Io sono Amos». Si mostrò poco caloroso o cordiale, ma non sospettoso, come avrebbe potuto aspettarsi Nicci, semplicemente distaccato, come se loro non avessero alcuna importanza per lui. Fece segno ai suoi due amici e disse: «Questi sono Jed e Brock. L’ultima volta che il velo si è alzato, abbiamo deciso di passare un po’ di tempo fuori, e ora ci tocca aspettare ancora».

     Brock, il giovanotto dai capelli scuri tagliati corti, guardava con curiosità i resti dilaniati della carcassa dell’orso, l’occhio cavato, le budella luccicanti che penzolavano sull’addome. «Un altro orso da combattimento che si è liberato».

    Amos sbuffò. «Il capo addestratore Ivan è un idiota. Mia madre e mio padre lo dicono sempre… ed è una delle poche cose su cui ci troviamo d’accordo».

    Jed si grattò i ciuffetti di peli rossi sulle guance. «L’abbiamo sentito mentre cacciava sulle colline la notte scorsa, così ci siamo tenuti alla larga». Guardò i viaggiatori schizzati di sangue. «Ci avete pensato voi alla bestia al posto nostro».

    «Un bel casino», aggiunse Brock.

    «Per tutti gli spiriti, sapete cos’è questa creatura?», chiese Nathan. «Avevate già visto una simile mostruosità prima d’ora? Sapete da dove viene?».

    Amos si accigliò. «Ovvio. Non hai sentito cosa ha detto Brock? È un orso da combattimento».

    Nicci si sforzò di non far trapelare il nervosismo nella sua voce. «Noi non abbiamo mai visto un orso da combattimento».

    «Certo che no», rispose il giovane con impertinenza. «E i nostri animanti hanno creato esseri di gran lunga peggiori di questo».

    Jed sfregò la punta di un dito sul tronco incrinato di uno degli alberi anneriti dalla fuliggine. «Abbiamo visto le fiamme diffondersi e temevamo che ci fosse un rogo sulle colline. Avremmo potuto rimanere intrappolati qui fuori, ma poi abbiamo visto il ciclone che lo ha spento».

    «Qualcuno qui ha un’eccellente padronanza della magia», disse Amos, osservando attentamente i tre. «Chi è il responsabile?»

    «È opera di Nicci», ribatté Bannon, cercando evidentemente di impressionare gli sconosciuti. «È un’incantatrice, e anche Nathan è un mago… o almeno, normalmente lo è».

    Ora Amos guardò i viaggiatori con una disposizione diversa: la sua indifferenza stava svanendo. «Siete dotati di poteri, quindi?». Poi, rivolto a Bannon: «E tu?».

    Bannon sollevò la spada incrostata di sangue. «Io sono uno spadaccino e un avventuriero».

    «Buono a sapersi», disse Brock con un filo di sarcasmo.

    Annoiato dalla conversazione, Amos si diresse verso le cinque statue dei guerrieri, che ora erano macchiate della fuliggine del fuoco che li aveva investiti. «Jed pensava che potesse esserci un accampamento qui tra gli alberi. Perlustratori e spie».

    Dopo aver preso la distanza dalla statua annerita dal fuoco più vicina, Amos indietreggiò e con una smorfia maligna fece oscillare il suo randello dalla punta di ferro. Con tutte le sue forze, infranse l’estremità metallica sulla faccia della statua coperta dall’elmo. Il sonoro schianto risuonò forte nella foresta. Una parte dell’elmo di pietra e il naso cesellato si staccarono lasciando una nuova cicatrice nel marmo brillante.

    Nicci fu sorpresa da quella violenza inaspettata e si preparò a un ipotetico attacco a lei e ai suoi compagni. Bannon strillò per lo stupore.

    Ma Jed e Brock ridacchiarono insieme al loro amico, alzarono i randelli e colpirono le facce dei cinque guerrieri di pietra. Gli elmi ornati si frantumarono spezzandosi; nasi aquilini, sopracciglia folte e labbra strette si trasformarono in spruzzi di polvere di roccia.

    Nathan sussultò confuso, chiedendosi se non dovesse fermarli. «Per tutti gli spiriti!». I giovani non smisero finché non ebbero devastato le facce di tutte e cinque le statue. Ridevano e si congratulavano a vicenda per la loro spavalderia priva di rischi.

    Nicci sentiva che il sangue dell’orso le si stava seccando sulle guance e nel punto in cui le aveva inzuppato il vestito da viaggio nero. «Perché lo fate?», chiese con voce fredda.

    «Per l’anima del Custode, perché se lo meritano!», disse Amos. «Li odiamo. È l’esercito del generale Utros. Sono qui da millecinquecento anni, quando l’Imperatore Kurgan voleva conquistare il mondo, portare tutti sotto il suo controllo. La conosciamo tutti la storia. Così, quando il nostro velo protettivo si è alzato, io e i miei amici siamo usciti per divertirci… per fare la nostra parte».

    Brock aggiunse: «Abbiamo vagato per giorni facendo del nostro meglio contro l’esercito di pietra… non si sa mai».

    Nathan lanciò un’occhiata di chiara disapprovazione. Nicci aggiunse con tono aspro: «Potete anche vandalizzare i soldati di pietra, ma questo non significa che siate dei grandi combattenti».

    Amos arricciò il

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