L'Isola di Joshua – Nuova Edizione: La serie della James Madison – Libro 1
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Info su questo ebook
Joshua è mingherlino per la sua età. Da anni è vittima di bullismo e tutti gli amici che aveva si sono allontanati da lui. Eve è una bella ragazza ed è appena entrata nel gruppo dei più popolari. Non potrebbero essere più diversi. Tuttavia, all'inizio dell'ultimo anno delle medie, le loro vite si intrecciano indissolubilmente quando sono costretti a stare in coppia come compagni di laboratorio.
Inizialmente riluttante anche solo a stargli vicino, Eve si rende presto conto che non solo Joshua non è affatto come le avevano fatto credere, ma anche che la loro scuola nasconde un segreto terribile. L'improbabile duo instaurerà una relazione pericolosa che insegnerà a entrambi il vero significato dell'amicizia, della lealtà e, soprattutto, dell'amore... Una relazione che cambierà per sempre le esistenze di entrambi e il futuro dell'intera scuola.
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Anteprima del libro
L'Isola di Joshua – Nuova Edizione - Patrick Hodges
L'Isola di Joshua – Nuova Edizione
Patrick Hodges
––––––––
Traduzione di Cristina Maria Leoni
L'Isola di Joshua – Nuova Edizione
Autore Patrick Hodges
Copyright © 2023 Patrick Hodges
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Babelcube, Inc.
www.babelcube.com
Traduzione di Cristina Maria Leoni
Progetto di copertina © 2023 Glenda Ruth Rankin
Babelcube Books
e Babelcube
sono marchi registrati Babelcube Inc.
Indice
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Epilogo
Nota sull’autore
Riconoscimenti
Capitolo 1
GIORNO 1
JOSHUA
Solo un altro anno di questa merda, pensai guardando fuori dal finestrino. Ancora un altro anno e andrò al liceo. Un altro anno e potrò finalmente buttarmi tutto questo alle spalle.
Era il martedì dopo il Labor Day, nonché il mio primo giorno di terza media. Avevo compiuto tredici anni il mese prima e la crescita quantica per cui avevo pregato tutta l’estate non si era ancora decisa a farsi viva. Mia madre, mio padre e mia sorella Alyson erano tutti alti; poi c’ero io, finalmente adolescente, che riuscivo a malapena a superare il metro e mezzo.
Quest’anno sull’autobus c’erano molti ragazzini di quinta. Facevano gli idioti, perciò decisi semplicemente di ignorarli. Era alquanto seccante dover frequentare la stessa scuola di quelli di dieci anni, ma funzionava così nella mia zona. Era un sollievo che quelli di quinta e prima media avessero le loro aule e il loro cortile sul lato opposto dell’edificio... Non credo sarei riuscito a sopportare un tale livello d’idiozia ogni santo giorno. Cristo, persino alcuni di loro sono già più alti di me. Se si tratta di un qualche scherzo cosmico non fa per niente ridere.
La mia scuola non era grandissima, ma neanche tanto piccola. Era situata in una delle zone più rispettabili. C’erano certamente scuole molto meno ambite che avrei potuto frequentare, ma avevo imparato a mie spese che anche i posti migliori avevano i loro problemi. Nel mio caso si trattava dei bulli: quattro ragazzi che da tre anni stavano rendendo la mia vita un inferno.
Scesi dall’autobus con in mano i libri e l’orario delle lezioni, e individuai l’armadietto che mi era stato assegnato. Accennai un saluto ad alcuni dei miei compagni, sperando che durante l’estate avessero dimenticato che mi evitavano tutti. No, non direi proprio.
Incrociai lo sguardo di Brent tra la seconda e la terza ora, e lui sfoderò quel suo sorrisetto terrificante. Senza dubbio aveva escogitato tutta una serie di nuove torture che lui e i suoi amici avrebbero potuto infliggermi. E non vedeva l’ora di poterle mettere in pratica. Forse dovrei starmene direttamente fuori dall’infermeria. Così non dovrò strisciare tanto lontano quando avranno finito con me.
In quinta, i bulli non erano tanto più alti di me; ora quasi tutti mi sovrastavano. Durante le vacanze, Brent – così come i suoi amici, Derek e Phil – aveva messo su un sacco di muscoli, mentre io ero ancora uno smilzo di quarantacinque chili. Persino Randy, il più basso di loro, mi aveva superato di un paio di centimetri. Quello stronzetto.
Sigh. L’anno scolastico era cominciato da meno di un giorno e già lo sconforto iniziava a farsi sentire. La morsa allo stomaco. Odiavo quella sensazione più di ogni altra cosa. Ci fu un periodo, anni fa, in cui ero felice di venire a scuola. Quando avevo degli amici. Quando ero uguale a tutti gli altri. Poi il bullismo e le dicerie mi avevano portato via tutto.
Gli insegnanti dei miei corsi erano tutti piuttosto tranquilli, con una sola eccezione: il professor Taylor di Scienze alla quinta ora. Evviva.
Alyson mi aveva avvertito che era sempre di pessimo umore. Quel che è certo è che quando entrò in classe non ci fu alcun ‘ciao a tutti’, o ‘bentornati’, né il benché minimo accenno di cortesia. Prese solo la sua tabella con i posti e disse, Tutti in piedi in fondo alla classe... le ragazze a sinistra, i ragazzi a destra. ORA.
Obbedimmo in silenzio.
Comincerò a chiamarvi,
ci disse. Un ragazzo e una ragazza per banco. Sarete compagni di laboratorio per tutto il semestre.
Metà della classe brontolò in segno di protesta.
Uno degli aspetti su cui verrete valutati è il lavoro di squadra. Non mi interessa se vi conoscete o meno. Dovrete trovare un modo per collaborare. In caso contrario, il vostro voto ne pagherà le conseguenze.
Un altro mugugno collettivo.
Alyson aveva avuto Taylor in terza media, quindi ero preparato a questo. Per la verità, era piuttosto confortante sapere che sarebbe stato imbarazzante per i miei compagni quanto lo sarebbe stato per me. Mi ero chiesto per tutta l’estate con quale ragazza sarei finito.
A parte un po’ di risentimento per il vantaggio in termini di statura, non avevo nulla contro quelle della mia classe, sebbene loro sembrassero avere qualcosa contro di me. Ancora lì in piedi, scrutai velocemente le facce degli altri e non ce n’era una sola da cui potessi aspettarmi un po’ di solidarietà. Quando le ragazze mi guardavano, quelle rare volte in cui succedeva, erano occhiate di disprezzo. Potevo solo sperare che la mia compagna di laboratorio fosse un minimo gentile e di mentalità aperta.
Due alla volta, il professor Taylor abbinò gli altri, finché infine arrivò al mio nome. La mia compagna sarebbe stata Eve Devereaux.
Conoscevo Eve dalla prima elementare. Avevamo persino preso lo stesso autobus. In tutto quel tempo, però, non ci eravamo mai scambiati più di qualche parola. Tutto quello che sapevo di lei era che, dopo anni passati a stare quasi tutto il tempo con le sue amiche storiche, Emily e Susan, alla fine della seconda media aveva iniziato a frequentare Rhonda, la più popolare della scuola. Che poteva essere successo?
Eve aveva i capelli neri, morbidi come la seta e lunghi fino alle spalle, dei profondi occhi marroni e un viso rotondo bellissimo. Se avessi dovuto stilare una classifica di tutte le studentesse di terza basandomi solo sulla bellezza, lei sarebbe stata decisamente fra le prime. Avrei giurato di non averla mai vista vestita in modo così mozzafiato come oggi. L’influenza di Rhonda non avrebbe potuto essere più ovvia neanche se l’avessero detto all’altoparlante. Si era persino truccata e questo la rendeva ancora più splendida. In un universo parallelo forse avrei avuto una possibilità con lei. Quanto vorrei vivere lì e non qui.
In passato, forse non si sarebbe opposta ad essere la mia compagna di laboratorio, nonostante la mia impopolarità. Prima dava l’idea di essere un tipo allegro e amichevole, ma da quando la Strega Malefica aveva messo le grinfie su di lei sembrava cambiata. "Posso avere un altro compagno? Per favore, uno qualunque? Chiunque tranne lui!" Lo disse davanti a tutti.
Che gentile.
Ma il professor Taylor, da vecchio e burbero qual era, non batté ciglio, così Eve e io prendemmo posto l’uno accanto all’altra nel banco in fondo. Lei spostò tempestivamente la sedia il più lontano possibile da me, quasi come se fossi contagioso. Io avrei voluto dire qualcosa, ma lei ormai era entrata a far parte della cerchia dei più popolari, e le regole non scritte della popolarità stabilivano che non mi era permesso rivolgerle la parola, o guardarla, o respirare la sua stessa aria. Comunque, dovevamo essere valutati in base al lavoro di squadra e non eravamo esattamente partiti alla grande.
* * *
Quando tornai a casa trovai Alyson in salotto, circondata dai libri. Eravamo abbastanza uniti, credo, essendo gli unici due figli dei nostri genitori, ma ora che lei aveva la patente, un ragazzo e un mucchio di corsi di preparazione all’università da seguire, non ci rimaneva più molto tempo da passare insieme.
Cavolo, Aly,
dissi. E io che pensavo di avere molto da fare.
Ehi, mezzasega,
disse lei, sorridendo. Com’è andato il primo giorno?
Scrollai le spalle. Mah, sempre le solite cose, niente di nuovo. Come ci si sente ad aver quasi finito il liceo?
Osserva bene,
disse lei, con un gesto plateale in direzione della tonnellata di libri che la assediava. Questo sarà quello che ti aspetterà fra quattro anni.
Non farmici pensare,
risposi dirigendomi verso il corridoio. Chiamami quando è pronta la cena.
Amavo la mia stanza. Ci trascorrevo la maggior parte del tempo libero. Aveva tutto ciò di cui avevo bisogno: un letto, un televisore, uno stereo, un computer, una scrivania, e scaffali su scaffali strapieni di libri. Quello che avevo fatto negli ultimi tre anni era sostanzialmente una cosa: leggere.
Avevo letto tipo un triliardo di libri, alcuni dei quali più di una volta. Amavo le storie di eroi che combattevano il male contro le più incredibili avversità. Fantasy, azione, avventura, fantascienza, fumetti: qualsiasi cosa con cui potessi perdermi nei miei pensieri. Avevo passato centinaia di notti sdraiato sul letto, immaginando di essere un eroe audace o un guerriero impavido che accorreva per sconfiggere i cattivi e salvare il mondo. Era il mio metodo preferito di evasione dalla realtà.
Ultimamente mi ero persino appassionato a racconti un po’ più romantici, più o meno da quando avevo iniziato ad avere interesse per le ragazze. I ragazzi in quelle storie sapevano sempre dire la cosa giusta. Chissà come erano loro a tredici anni. Guerrieri ed eroi coraggiosi dovevano pur iniziare da qualche parte, no?
Sospirando, andai alla scrivania e mi misi a fare i compiti. Di nuovo alla vecchia routine.
Un giorno è andato, ne mancano altri duecentosettanta, poi potrò finalmente andare avanti con la mia vita.
Capitolo 2
GIORNO 1
EVE
È ciò che è meglio per me, mi dissi.
Prima di incamminarmi per i tre isolati che portavano alla mia fermata, accompagnai Kirsten e Sophie alla loro; c’erano già un mucchio di altri bambini che aspettavano l’autobus. Le mie sorelline erano così felici che ricominciasse la scuola. Ero stata così felice anch’io a quell’età? Sinceramente non me lo ricordavo. Godetevela finché dura, ragazze. Tra qualche anno le cose cominceranno a complicarsi.
Ripercorsi mentalmente tutti gli eventi degli ultimi quattro mesi. Ripensai a quanto ero stata fortunata ad imbattermi in Rhonda a maggio, come se fosse stata opera del destino o roba simile.
Ero al Westridge Mall per provare a rendere più decente il mio guardaroba. Ero in piedi davanti a uno specchio con in mano degli abiti fin troppo costosi per i gusti di mia madre, quando arrivò Rhonda. Non mi sorprese di trovarla lì; quello era esattamente il tipo di negozio in cui la immaginavo fare shopping.
Era la più popolare della scuola, e non si ottiene quel titolo se non si hanno tutte le carte in regola. Il suo viso, i suoi capelli, i suoi vestiti erano sempre impeccabili. Era stata davvero carina con me, trattandomi come se fossi la sua migliore amica anche se in realtà non ci eravamo mai parlate prima di allora. Si era persino offerta di aiutarmi a scegliere dei vestiti nuovi che secondo lei mi sarebbero stati a pennello. Era stato davvero forte.
Mamma mi aveva permesso di passare il resto del pomeriggio a chiacchierare con lei. Ero riuscita a dire solo quanto la ammirassi. Dovevo esserle sembrata proprio una sfigata, ma aveva semplicemente sorriso. Probabilmente era abituata a quel tipo di lusinghe.
Ero rimasta meravigliata quando aveva iniziato a farmi un sacco di domande su di me, alle quali, ovviamente, io ero stata più che felice di rispondere. Le raccontai dei miei genitori, delle mie sorelle minori e delle mie migliori amiche, Emily e Susan. E fu ancor di più una sorpresa quando mi aveva chiesto se avessi già iniziato a frequentare qualcuno, cosa che non avevo fatto. Non conoscevo molti ragazzi. E quei pochi che conoscevo pensavano ancora che le battute sulle scorregge fossero divertenti e il sapone fosse un optional.
Rhonda si era messa a ridere. Poi, aveva detto, Beh, questo perché non sono quelli giusti, Eve. Io ne conosco diversi che vorrebbero uscire con te.
Io restai a bocca aperta. Davvero?
Aveva annuito. Darò una piccola festa a casa mia, quando la scuola sarà finita. Niente di che, una cosa tipo ‘seconda media, finalmente ti sei tolta dalle scatole’. Ci saranno dei ragazzi carini; se vieni, posso presentarteli. Sarai la mia ospite speciale.
Emily e Susan non ci crederanno mai, mi ricordo di aver pensato. Ero letteralmente in estasi.
Ma è ovvio che dovrai accettare ufficialmente il mio invito.
Quale invito?
avevo chiesto incredula.
Di uscire con me tutti i giorni,
aveva detto ammiccando. Che ne dici?
Stentavo a crederci. Era un sogno che diventava realtà. Scherzi? Certo che sì!
Ottimo,
aveva detto lei. Sfrutteremo le vacanze per prepararti come si deve. C’è molto da fare, ma quando inizieremo la terza sarai una persona completamente nuova. Ci penserò io.
Avrei voluto abbracciarla. Non so cosa dire, Rhonda... Grazie davvero!
Chiaramente non era abbastanza, ma non riuscii a dire altro. Ci eravamo scambiate i numeri, poi lei mi aveva salutata e se ne era andata.
Quando avevo detto a Emily e Susan che avrei passato più tempo con Rhonda, anziché con loro, erano sembrate davvero dispiaciute, però non si erano opposte all’opportunità che mi aveva concesso. Emily disse che lei e Susan avrebbero probabilmente preso la stessa decisione, viste tutte le volte in cui Rhonda era stata al centro dei nostri discorsi.
La festa era andata bene. Avevo messo il vestito più carino che avevo e Rhonda era stata tutta sorridente mentre mi presentava a dei suoi amici, tutti ragazzi popolari. Erano curiosi di sapere perché fossi lì anch’io; io ero rimasta sempre vicina a Rhonda. Avevo conosciuto alcuni dei più carini della scuola e un paio di loro mi avevano anche promesso di chiedermi di uscire.
Negli ultimi tre mesi, Rhonda mi aveva sistemata a dovere per questo giorno. Durante le vacanze ero andata in bici fino a casa sua moltissime volte, ma non riuscivo mai a capacitarmi di quanto fosse grande quel posto. Casa mia non era certo piccola, ma la sua era megagalattica. Soltanto l’armadio era metà della mia stanza, ed era ricolmo di vestiti firmati. Per non parlare del contenuto del portagioie. Deve essere bello, pensavo spesso.
Mi ricordai che all’inizio dell’estate avevo cercato di convincerla ad aiutare anche a Emily e Susan. Lei aveva scosso la testa in segno di disapprovazione.
Perché no?
avevo chiesto. Sono davvero straordinarie. Ed entrambe ti ammirano quanto me.
Ne sono certa, Eve. Ma Emily è una cervellona, non fa altro che studiare. E Susan, beh... è la più musona che abbia mai visto e si veste come se avesse otto anni.
Ma...
feci io per obiettare in tono supplichevole.
Niente ‘ma’, Eve,
aveva detto lei. Ho dato questa opportunità esclusivamente a te.
E questo è quanto.
È ciò che è meglio per me, continuavo a ripetermi.
Con il passare dell’estate vidi Emily e Susan sempre meno. Le loro telefonate e i messaggi continuavano ad arrivare, e sempre con più insistenza. Stava diventando molto difficile tenere un piede nella mia vecchia vita e l’altro in quella nuova. Eravamo migliori amiche da quando avevamo sei anni e più mi allontanavo da loro, più mi sentivo a disagio.
A solo un mese dall’inizio della scuola, Rhonda aveva percepito la mia crescente esitazione. Mi aveva abbracciata e aveva detto, Capisco perfettamente, Eve. È un enorme cambiamento per te. Stai mostrando a un centinaio di persone che ti conoscono da anni che sei riuscita a migliorarti. Ma ti dico subito che ne vale la pena.
La sua fermezza eliminò ogni dubbio residuo dalla mia mente.
Avevo anche avuto un appuntamento. Mi aveva invitata Matt, uno dei più belli della classe. Le ragazze farebbero letteralmente a botte per uscire con lui. L’appuntamento era andato bene fino a quando non mi aveva messo una mano sul sedere e aveva cercato di infilarmi la lingua in gola. Forse avrei dovuto arrabbiarmi, ma non sapevo se fosse il caso. Non era esattamente come avevo immaginato il mio primo appuntamento. Potevo solo sperare che il prossimo sarebbe andato meglio.
Ad appena un paio di settimane dall’inizio dell’anno, Rhonda sembrava soddisfatta che avessi trasformato la mia personalità e la mia immagine quanto bastava, affinché potessi permettermi di essere vista con lei in pubblico, tutti i giorni. Poi però sganciò la bomba: mi disse che non avrei più potuto frequentare Emily e Susan.
Non puoi avere entrambe le cose, Eve,
aveva detto accigliata. So che erano tue amiche quando eravate bambine, ma tu non sei più una bambina... vero?
Scossi la testa.
Mi ci era voluta una settimana per riuscire a trovare il coraggio di telefonare a Emily per dirglielo. Era stata la cosa più difficile che avessi mai fatto. Ricordavo ancora ogni parola della conversazione.
Ehi, Evie, come va?
aveva risposto lei.
Tutto ok...
Dillo in fretta, Eve, togliti il pensiero. Ascolta, Em, devo dirti una cosa importante...
Di che si tratta?
Io non... non posso più uscire con te e Susan.
Dio, davvero lo sto dicendo?
Perché no?
aveva chiesto lei, con tono non poco irritato.
D’ora in poi uscirò solo con Rhonda. Mi dispiace.
I secondi passavano e non arrivava nessuna risposta. Alla fine, avevo sentito Emily fare un respiro profondo e dire, Mi auguro che voi due siate molto felici insieme.
E aveva riattaccato.
Beh, più o meno come avevo previsto. Non avevo avuto il coraggio di fare una telefonata simile anche a Susan, suscettibile come era.
È ciò che è meglio per me. Ormai mi ero quasi convinta che fosse così.
Scesi dall’autobus sentendomi uno schianto. Indossavo un vestito nero al ginocchio nuovo di zecca e delle scarpe con un tacchetto, degli orecchini nuovi a