E mi guardi
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Info su questo ebook
Sara Tarantini è nata a Brescia il 20 dicembre 1990. Vive a Milano dove ha studiato giurisprudenza e lavora come avvocato penalista. Ha sempre amato scrivere, e questa è la sua prima raccolta di poesie che viene pubblicata.
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E mi guardi - Sara Tarantini
Ringraziamenti
PREFAZIONE
«Si sa che la propria vita è simile a quella di mille altre vite, ma che per un caso
essa ha avuto uno sbocco che le altre molte non potevano avere e non ebbero di fatto. Raccontando si crea questa possibilità, si suggerisce il processo, si indica lo sbocco. L’autobiografia sostituisce quindi il saggio politico
o filosofico
: si descrive in atto ciò che altrimenti si deduce logicamente. È certo che l’autobiografia ha un grande valore storico, in quanto mostra la vita in atto e non solo come dovrebbe essere secondo le leggi scritti o i principii morali dominanti» [1] .
L’importanza del parlare di sé, con incursioni nell’immaginazione più o meno frequenti, è stata espressa da molti intellettuali, in maniera acuta. Un concetto dinamico che non vede di buon occhio un poema anteriore al poeta, un poeta che esista solo poeticamente, un’opera poetica impersonale.
L’impegno del proprio cuore nel mondo viene, in questa raccolta fatta fin dal titolo di sguardi, di un io e di un tu ben delineati, nuovamente riproposto, come da tempo immemore accade nella storia dell’umanità.
Il cuore. «Certo, il cuore, chi gli dà retta, ha sempre qualcosa da dire su quello che sarà. Ma che sa il cuore? Appena un poco di quello che è già accaduto». Questo il commento di Manzoni, che troviamo nel capitolo VIII dei Promessi Sposi. La scena in questione è la fuga di Renzo, Lucia e Agnese dal loro paese in seguito al tentativo di irrompere in casa di Don Abbondio e di sposarsi senza il suo consenso, e al tentativo di rapimento da parte dei bravi di Don Rodrigo. Fra Cristoforo saluta i viaggiatori dicendo: «Il cuore mi dice che ci rivedremo presto» [2] .
Che cosa, dunque, ha da dire il cuore? E che cosa ha da dire, quando ci parla in poesia, quando ci racconta – si racconta – quello che è già accaduto o quello che vorrebbe accadesse? La celebre sentenza morale, soffusa ma anche sfumata di profonda speranza, di Manzoni, può essere adatta a prolungarsi fin su un giudizio insieme umano e stilistico su questa raccolta poetica.
Determinismo-modernismo, romanticismo ideologico-romanticismo formale, l’essere terrestre del nido e la pesantezza dell’ala. Grandi temi che si inseguono da sempre, lievemente si combattono, e riescono a raccontare la loro tregua solo sulla pagina scritta, in quel ritrovato benessere che è la letteratura di tutti e per tutti. All’insegna di un radicato e concreto determinismo romantico, piuttosto che in sintonia con il consueto, aggiornato modernismo espressivo che ci assedia, troviamo in queste poesie di Sara Tarantini una semplicità di fondo che testimonia una ricerca mai sconosciuta e sempre presente nel racconto continuo che l’uomo fa dell’amore, e che per questo ci parla con forza e saldezza, anche quando racconta debolezze e problemi:
E pensare che fino al giorno prima c’erano solo gli
esami, qualche moroso e le sigarette (quando andava
bene).
Quelli erano i problemi, fino al giorno prima.
A volte mi mancano, quei problemi dico.
Questo è grande, troppo grande, non ce la si fa.
Eppure non puoi essere nato per nient’altro.
Che ti chiedi come hai fatto prima.
Forse perché non mi avevi ancora guardato.
O forse che non mi ero mai accorta.
Forse sì, non mi ero mai accorta.
Non ce la si fa no, a guardare.
Non ce la si fa no, a voler bene.
Non ce la si fa no, ad amare.
Eppure non desideri altro.
E ti svegli perché non desideri altro.
Simone Bocchetta
[1] A. Gramsci, Giustificazione delle autobiografie, in Id., Passato e presente, Editori Riuniti-Istituto Gramsci, Roma 1971, pp. 228-229.
[2] Cfr. A. Manzoni, I promessi sposi, a cura di Ferruccio Ulivi, Newton Compton, Roma 1989, pp. 117-131.
E mi guardi
E mi guardi come se fossi l’unica cosa che esiste.
Come quando si focalizza.
Ecco, sì. Proprio così.
Tu lo fai, senza nessuna strana macchina però.
Come se fosse l’ultima volta che mi vedi,
come se dovessi morire il giorno dopo.
Cosa dico, come se dovessi morire l’istante dopo.
E mi guardi come se fosse la prima volta che mi vedi.
Anzi no, la prima volta che vedi.
Sì, la prima volta che vedi.
Possibile?
La prima volta che vedi.
Eppure c’eri, oggi, ieri, l’altro ieri, l’altro ieri ancora, il giorno prima dell’altro ieri ancora.
L’anno scorso, l’anno prima, l’anno prima dell’anno prima.
E così via, sempre più indietro.
C’eri da sempre e ci sei ora.
Sempre più ora, ci sei.
Non so perché ma mi guardi così.
Ora, e da sempre.
Da sempre, come se non ci fosse un’ora.
Ora, come se ci fossi da sempre.
Che non so neanche più cosa sono l’ora e il sempre,
tanto sono vicini,
tanto mi guardi.
E non so neanche come lo so.
Ma lo so, e non lo so.
Mi guardi troppo per saperlo.
Cosa ne so io che neanche so guardarmi i piedi.
Che neanche so cosa vuol dire guardare.
Eppure so che mi guardi.
Sì, questo lo so.
Che mi guardi punto.
Il perché, boh.
Che mi guardi punto.
Forse perché non aspettavo altro.
E non lo sapevo neanche.
Non lo sapevo neanche di non aspettare altro.
Quante cose non sapevo e non so.
Ma non aspettavo altro.
Sì, non aspettavo altro.
Sì, non aspetterò più altro.
Tutto brucia
È una mancanza o una pienezza?
Tutto brucia.
Brucia, brucia, brucia...
Che non riesci ad andare a metterti il pigiama e ad andare