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Un Dio da raccontare
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E-book107 pagine1 ora

Un Dio da raccontare

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Info su questo ebook

Un Dio da raccontare
Jean  Louis  Ska - Flavio  Dalla Vecchia - Ermenegildo Manicardi
presentazione di: Alberto Bigarelli
 
l volume fornisce – attraverso un lavoro di esegesi scientifico e approfondito, e tuttavia ben comprensibile per ogni tipo di lettore – un quadro di come sia affrontato il problema e delle problematiche del racconto biblico.
Per l’Antico Testamento l’analisi ha affrontato la storia di Giuseppe (Gen 37-50), il quale deve vivere tante situazioni anche molto dolorose. Alla fine Giuseppe loda Dio (che mai interviene direttamente nel racconto), perché grazie a tutto ciò che gli è accaduto egli può salvare la sua famiglia. Il libro di Giuditta inscena lo scontro tra due divinità: il Dio di Israele e il re Nabucodonosor, la cui adorazione è incompatibile con Dio. Alla fine, Israele ottiene la vittoria per mano di una donna, Giuditta, la quale – sola – si mostra saggia e timorata di Dio.
Per il Nuovo Testamento si è visto che, all’inizio, viene proclamata la fede nella risurrezione del Cristo. I racconti nascono in seguito, per mostrare meglio il grande dono di fatto da Dio, con la evidenza che ogni evangelista sottolinea aspetti diversi, a seconda della propria visione teologica.
 
Il libro UN DIO DA RACCONTARE raccoglie tre conferenze tra Antico
e Nuovo Testamento:

DAL POZZO AL TRONO.
Il ciclo di Giuseppe (Gen 37-50)
di JEAN LOUIS SKA,
Professore emerito di Antico Testamento presso il “Pontificio istituto Biblico” di Roma;

UNA TESTA NELLA BISACCIA.
Il libro di Giuditta
di FLAVIO DALLA VECCHIA, Professore di Antico Testamento presso la “Università Cattolica del Sacro Cuore” di Brescia;

RACCONTI SULLA RISURREZIONE DI GESÙ.
Diversità e conflitti
di ERMENEGILDO MANICARDI, biblista, Vicario generale della diocesi di Carpi – Modena.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2020
ISBN9791220232586
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    Anteprima del libro

    Un Dio da raccontare - Ermenegildo Manicardi

    Sussidi Biblici

    Jean Louis Ska

    Flavio Dalla Vecchia

    Ermenegildo Manicardi

    Un Dio da raccontare

    presentazione di

    Alberto Bigarelli

    Edizioni San Lorenzo

    © Edizioni San Lorenzo

    Proprietà letteraria riservata

    Edizioni San Lorenzo

    ®

    via Gandhi, 18a/b

    42123 Reggio Emilia - C.P. 181

    tel. e fax: 0522.323.140

    www.edizionisanlorenzo.it

    mail: edizionisanlorenzo@gmail.com

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    instagram: @edizionisanlorenzo

    twitter: #edizionisanlorenzo

    youtube: edizioni san lorenzo

    Prima Edizione ottobre 2020

    Stampato per conto di Edizioni San Lorenzo

    su carte e con inchiostri ecologici

    da Centro Stampa SLE - Reggio Emilia

    progetto grafico: StudioForte - Reggio Emilia

    SUSSIDI BIBLICI

    Periodico Trimestrale delle Edizioni San Lorenzo

    Direttore Responsabile:

    Alberto Bigarelli

    Autorizzazione Tribunale di Reggio Emilia n°565 del 12 marzo 1984

    Abbonamento annuo: 35,00 euro

    c/c postale n°: 13186424 intestato a Edizioni San Lorenzo sas

    via Gandhi, 18a/b, 42100 Reggio Emilia

    PRESENTAZIONE

    Le conferenze del Centro Informazione Biblica (CIB) per il 2019 hanno avuto come filo conduttore l’efficacia del racconto per parlare di Dio. Potremmo dire: Un Dio da raccontare, senza temere di essere irriguardosi. Si può raccontare Dio? La Bibbia lo fa ovunque; è questa raccolta di libri che noi abbiamo interpellata nelle conferenze che abbiamo proposte, sentendoci epigoni di una modalità consolidata, del tutto appropriata per entrare in un argomento così ricco. Sbirciando l’introduzione del volume di L. Zappella, Manuale di analisi narrativa biblica (Torino 2014), si trova che più del sessanta per cento della Bibbia è costituito da narrazioni. E che cos’è la Bibbia se non la grande narrazione di un’esperienza che diventa anche esperienza di una narrazione?

    L’approccio narratologico applicato alla Bibbia non è più una novità. Soprattutto, non vuole essere il metodo, ma un metodo di analisi. In quanto tale, non può avanzare né diritti di esclusività, né pretese di esaustività. Si tratta di un approccio finalizzato essenzialmente a far risaltare l’inestricabile intreccio tra discorso narrativo e discorso teologico. Un approccio, cioè, che intende analizzare i testi biblici nella loro qualità estetica, mentre il metodo storico-critico li indaga nella loro evoluzione genetica. In passato, i due metodi sono stati contrapposti, ma il metodo storico-critico e l’analisi narrativa non possono percepirsi l’uno contro l’altro armati, ma l’uno con l’altro alleati. Narrando un’esperienza, si sperimenta la narrazione. Tale esperienza è anche straordinariamente l’incontro con Dio che crea una alterità: il mondo e l’essere umano. Si può allora affermare che la Bibbia è la narrazione di Dio nella storia mediante delle storie. Se narrare significa trasmettere un’esperienza che si gioca nella storia, l’esperienza di Dio non può che dirsi in termini storici e narrativi.

    E. Wiesel ha pubblicato nel 1964 Le porte della foresta (tradotto in italiano nel 1989 da Longanesi di Milano e riproposto nel 2017 da Giuntina di Firenze) in cui racconta di Dio che creò l’uomo perché gli piacciono le storie e che, in fin dei conti, è sempre una storia a salvarci come esseri umani. Mi sembra significativo ricordare allora una nota storia chassidica che vale più di tante parole: «Quando il gran rabbi Israel Baal Shem-Tov avvertiva l’incombere di una qualche sciagura sul popolo ebreo, aveva l’abitudine di andare a riflettere in un punto della foresta; là, accendeva il fuoco, recitava una certa preghiera e il miracolo si compiva: la sciagura si allontanava. Più tardi, quando il suo discepolo, il famoso Magid di Mezeritsch doveva intercedere presso il cielo per le stesse ragioni, si recava nello stesso punto della foresta e diceva: Signore dell’universo, porgi l’orecchio. Non so come accendere il fuoco, ma sono ancora capace di recitare la preghiera. E il miracolo si compiva. Successivamente, anche il Rabbi Moshe-Leib di Sassov, per salvare il suo popolo, andava nella foresta e diceva: Non so come accendere il fuoco, non conosco la preghiera, ma posso ancora rintracciare il luogo e questo dovrebbe bastare. Infatti bastava. Anche in quel caso, il miracolo si compiva. Poi, toccò al Rabbi Israel di Ritzsin allontanare la minaccia. Seduto nella sua poltrona, si prendeva la testa fra le mani e diceva a Dio: Non sono capace di accendere il fuoco, non conosco la preghiera, non sono neppure in grado di ritrovare il posto nella foresta. Tutto quello che so fare è raccontare questa storia. Dovrebbe bastare. E bastava» (E. Wiesel, ib.). È sempre una storia che salva.

    Viene in mente quel passo della Mishnàh Avòt che recita: «Volgila e rivolgila, – diceva rabbi Big Bag Bag – che tutto è in essa; medita su di essa, invecchia e consumati su di essa e non te ne allontanare, perché non c’è per te niente di meglio» (V,21). E per giungere ad oggi potremmo dire, col compianto Paolo De Benedetti, che l’intero ebraismo si rispecchia nel racconto: «Non solo le opere divine della Bibbia, ma anche le lezioni dei maestri e persino l’esecuzione dei precetti della Toràh sono presenti in quanto raccontati. Anche in questo modo si mantiene viva la catena della ricezione, alla stregua della haggadàh di Pasqua e del memoriale eucaristico cristiano» (Prefazione a P. Stefani, Tradimento fedele, Bologna 1983, 10).

    Dal pozzo al trono è il titolo della prima conferenza affidata al padre gesuita J. L. Ska, titolo che racchiude la vicenda di Giuseppe, figlio di Giacobbe (Gen 37-50). Questo titolo può racchiudere tutta la parabola di questo grande protagonista. Invidiato dai fratelli, è venduto schiavo ad alcuni mercanti che lo cedono ad un ricco egiziano. Accusato falsamente dalla moglie del suo padrone viene incarcerato. In prigione interpreta i sogni di due ufficiali del faraone imprigionati con lui; così, quando il faraone fa un sogno che lo turba, Giuseppe viene chiamato a spiegarglielo. Egli lo fa tanto bene che il faraone lo nomina gran visir. Giuseppe opera con grande abilità e salva l’Egitto da una pesante carestia. Anche i suoi fratelli vanno in Egitto ad acquistare grano. Giuseppe li sottopone a varie prove prima di farsi riconoscere da loro. Giacobbe e i suoi figli vengono allora a stabilirsi in Egitto. Questo romanzo è un racconto eccellente, una piccola opera d’arte percorrendo la quale si possono raccogliere tanti elementi per raccontare lo stile dell’opera di Dio.

    La testa nella bisaccia è il titolo della seconda conferenza svolta da Flavio della Vecchia, docente di Sacra Scrittura a Brescia e Milano. Il titolo allude alla testa di Oloferne, generale dell’esercito di Nabucodonosor, mozzata da Giuditta e portata nottetempo nella città di Betulia come segno dell’opera compiuta, attraverso di lei, da Dio. Il libro che porta il suo nome esalta le gesta di una giovane vedova, nota per la sua pietà e bellezza che affronta con determinazione un’avventura che riempie la sua fragilità di una grande forza vittoriosa. Nonostante le note incongruenze storiche e geografiche, l’autore ha presente il ricordo della coscienza giudaica delle molte liberazioni di cui il popolo aveva beneficato nel corso della sua storia. Basandosi su questo passato, egli costruisce un racconto che ripete al popolo della sua epoca come Dio sia ancora e sempre capace di liberare. La narrazione è ricca di insegnamenti. Dio può salvare il suo popolo attraverso intermediari che si affidano a lui, per la mediazione di gente che resta fedele alla legge: questo affermano i discorsi di Achior e Giuditta, anzi lo stesso modo di vivere della donna lo mostra. Il Dio degli umili, il difensore dei deboli, il protettore dei derelitti rimane tale fino alla fine, tanto più attraverso le mani di una donna toccata dalla vedovanza.

    Racconti sulla risurrezione di Gesù: diversità e conflitti è il titolo del terzo incontro che tenuto da mons. Ermenegildo Manicardi, già rettore dell’Almo Collegio Capranica e docente di Nuovo Testamento presso l’Università Gregoriana di Roma. Il titolo allude al conflitto delle narrazioni della risurrezione di Gesù riferite dalle discepole e dai soldati posti a guardia del sepolcro. È vero: i testi più antichi che parlano della risurrezione sono quelli di san Paolo, che ha beneficiato di una speciale rivelazione personale, in cui Dio gli ha rivelato il Figlio e lo ha introdotto nel possesso dei beni escatologici, cioè la conoscenza di Gesù risuscitato dai morti. Ma il nostro interesse si è concentrato sui racconti evangelici. Sono cinque i racconti delle apparizioni ufficiali che riguardano i discepoli riuniti insieme e tre i racconti di apparizioni private o riferite a singoli. Il confronto fra queste narrazioni fa nascere alcune domande: perché i racconti della risurrezione sono diversi? Perché alcune prime apparizioni avvengono in Galilea e altre a Gerusalemme? Perché l’iniziativa del Risorto si diversifica? Perché ci sono reazioni di paura e di gioia? Perché non tutti parlano di un pasto conviviale? Che presenza è quella del Risorto? Sarà interessante

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