Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Legati dalla Vendetta
Legati dalla Vendetta
Legati dalla Vendetta
E-book301 pagine4 ore

Legati dalla Vendetta

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Growl
Non aveva mai avuto niente per sé e non aveva mai osato sognare di possedere qualcosa che valesse così tanto. Da figlio bastardo indesiderato si era sempre dovuto accontentare degli avanzi altrui. Poi, gli avevano dato in dono colei che, solo poche settimane prima, era stata del tutto fuori dalla sua portata, uno dei loro beni più preziosi, un qualcosa che fino a quel momento non aveva avuto il diritto di ammirare neppure da lontano. Gettata ai suoi piedi per ciò che lui incarnava, perché erano sicuri che l’avrebbe spezzata. Growl sarebbe stato la sua punizione, un destino peggiore della morte.

Cara
Era sempre stata una brava ragazza, ma nulla del suo passato l’avrebbe più protetta. Non conosceva il suo vero nome: la gente lo chiamava Growl, in faccia, o il Bastardo, alle sue spalle. Erano entrambi dei nomi che lui non si sarebbe mai scelto da solo. I suoi occhi erano vuoti, uno specchio che le rimandava indietro la sua stessa paura. Growl era la mano brutale della Camorra di Las Vegas. E lei sarebbe stata alla sua completa mercé.
LinguaItaliano
Data di uscita21 gen 2021
ISBN9788855312318
Legati dalla Vendetta

Leggi altro di Cora Reilly

Autori correlati

Correlato a Legati dalla Vendetta

Titoli di questa serie (6)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Legati dalla Vendetta

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Legati dalla Vendetta - Cora Reilly

    Capitolo 1

    Cara

    La prima volta che lo incontrai, si era travestito; indossava un elegante completo nero fatto apposta per farlo sembrare uno di noi. Ma se gli strati di raffinato tessuto gli coprivano i numerosi tatuaggi, non potevano nascondere la sua vera natura, che traspariva agghiacciante e pericolosa. All’epoca non pensai che sarei arrivata a conoscere lui, e il mostro che lo abitava, meglio di quanto conoscessi chiunque altro… e che ciò avrebbe completamente rivoluzionato la mia vita. Che mi avrebbe cambiata nel profondo.

    «Non riesco a credere che ti abbiano permesso di andare con loro» borbottò Talia. Distolsi gli occhi dallo specchio per guardarla. Sedeva a gambe incrociate sulla sedia della mia scrivania, con indosso un paio di logori pantaloni della tuta, i lunghi capelli castani raccolti in uno chignon spettinato. La maglietta, di un grigio sbiadito, costellata di macchie e buchi, avrebbe provocato una crisi di nervi a nostra madre. Seguendo il mio sguardo, Talia mi sorrise tristemente. «Non è che debba mettermi in ghingheri per qualcuno, sai.»

    «C’è differenza tra non mettersi in ghingheri e quello che stai facendo tu» replicai con una punta di disapprovazione. Non ero veramente seccata con mia sorella per il fatto che indossasse i suoi abiti più trasandati, ma intuivo che lo scopo fosse quello di infastidire nostra madre, scenario plausibile data la propensione di mamma al perfezionismo e alle reazioni eccessive. Proprio non volevo che s’inacidisse quando mancava così poco al ballo. Sarebbe toccato a me sopportarla, visto che era del tutto impensabile che papà diventasse l’obiettivo dell’isteria di nostra madre. Quest’ultima aveva la tendenza a farne una questione personale nel caso Talia o io non ci mostrassimo perfette.

    «Il mio è un modo per ribadire un concetto» dichiarò Talia stringendosi nelle spalle.

    Sospirai. «No, ti stai solo comportando in modo meschino e infantile.»

    «Ma io sono una bambina, troppo giovane per partecipare a un evento sociale nella residenza dei Falcone» declamò, nella sua migliore imitazione del tono di rimprovero di mamma.

    «È un evento per adulti. La maggior parte delle persone avrà molto più di diciotto anni. Mamma ha ragione. Non avresti nessuno con cui parlare e qualcuno dovrebbe tenerti d’occhio per tutta la sera.»

    «Ho quindici anni, non sei. E tu hai solo quattro anni più di me, perciò non crederti tanto adulta» ribatté indignata, alzandosi dalla sedia e caracollando verso di me. Mi fissò senza battere ciglio, con un inequivocabile sguardo di sfida. «Con tutta probabilità hai detto a mamma di non portarmi con voi, per non dover badare a me. Eri preoccupata che ti mettessi in imbarazzo davanti alle tue amiche perfettine.»

    Le lanciai un’occhiataccia. «Sei ridicola.» Ma alle parole di Talia mi sentii pervadere da un piccolo senso di colpa. Non avevo convinto mamma a far restare Talia a casa, però non avevo nemmeno insistito troppo perché venisse con noi. Mia sorella aveva ragione. Avevo temuto che mi restasse appiccicata addosso tutta la sera. Le mie amiche la sopportavano quando ci incontravamo a casa, ma essere viste con una ragazza di quattro anni più piccola a un ricevimento ufficiale non sarebbe andato loro a genio. Un party dai Falcone presupponeva sempre ottime possibilità di incontrare un buon partito e fare da babysitter alla sorella di un’amica non aiutava di certo. Volevo che la serata fosse speciale.

    L’espressione del mio viso doveva aver rivelato qualcosa del filo seguito dai miei pensieri, perché Talia sbuffò. «Lo sapevo.» Girò sui tacchi e uscì dalla stanza, sbattendo la porta così forte che non potei fare a meno di sussultare.

    Espirai lentamente, poi tornai a girarmi verso lo specchio, per controllare un’ultima volta il trucco e l’acconciatura. Avevo guardato un numero infinito di tutorial di beauty blogger per assicurarmi di realizzare il giusto trucco smokey eyes. Tutto doveva essere perfetto. Mamma era una critica severa, ma Trish e Anastasia erano anche peggio. Se ne sarebbero accorte se avessi abbinato al vestito la sfumatura sbagliata di ombretto o se mi fosse tremata la mano mentre mi mettevo l’eyeliner; dover superare il loro esame minuzioso aveva reso i miei preparativi meticolosi. Erano loro la ragione per cui non mi trascuravo. A quello servivano le amiche.

    Il mio abito era verde scuro, e l’ombretto che avevo scelto era di qualche tono più chiaro. Ottimo. Mi controllai di nuovo le unghie alla ricerca di qualche imperfezione, ma erano anch’esse immacolate, di un discreto verde scuro. Mi lisciai il vestito diverse volte finché non fui soddisfatta del modo in cui l’orlo mi sfiorava le ginocchia; poi, per sicurezza, feci lo stesso con i capelli, voltandomi per vedere se le forcine fossero ancora al loro posto e mi tenessero fermo lo chignon.

    «Cara, sei pronta? Dobbiamo andare» mi chiamò mamma dal pianoterra.

    Un ultimo sguardo nello specchio, mi lisciai nuovamente il vestito, mi esaminai le calze, poi finalmente mi obbligai ad affrettarmi fuori dalla stanza, prima che mamma perdesse la pazienza. Se ne avessi avuto il tempo, avrei potuto trascorrere ore a controllarmi la mise alla ricerca di possibili difetti.

    Quando scesi, mamma mi aspettava in piedi sulla porta d’ingresso già aperta, che lasciava entrare in casa la fresca aria autunnale. Stava fissando l’orologio d’oro ma, non appena mi scorse, afferrò il suo cappotto preferito, una cosina splendida che era costata la vita a diversi ermellini, e lo indossò sul lungo vestito. Sebbene le temperature fossero insolitamente fredde per Las Vegas, in novembre, la pelliccia era del tutto fuori luogo; ma mamma l'aveva comprata diversi anni prima in Russia, l’amava alla follia e sfruttava ogni occasione per metterla, poco importava che fosse inappropriata.

    Mi avviai verso di lei, ignorando Talia china sul corrimano della scala, con espressione immusonita. Mi dispiaceva per lei, ma non volevo che niente e nessuno mi rovinasse quella serata. Papà e mamma mi permettevano raramente di partecipare ai ricevimenti e quella serata era l’evento più importante dell’anno nei nostri circoli sociali. Tutti coloro che aspiravano a essere qualcuno a Las Vegas avevano cercato di ottenere un invito alla Festa del Ringraziamento dei Falcone. Per me sarebbe stata la prima volta. Trish e Anastasia erano state abbastanza fortunate da parteciparvi l’anno precedente e, se papà non mi avesse proibito di andarci, ci sarei stata anch’io. Mi ero sentita piccola ed esclusa tutte le volte che Trish e Anastasia avevano parlato della festa, nelle settimane prima e dopo, e lo avevano fatto in continuazione, forse perché dava loro la possibilità di gongolare.

    «Salutami tanto Trish e Anastasia e dà a Cosimo un bacio da parte mia» disse Talia con finta dolcezza.

    Avvampai. Cosimo. Ci sarebbe stato anche lui. In precedenza, lo avevo incontrato solo due volte e le nostre interazioni erano state più che impacciate.

    «Talia, butta via quegli orribili stracci. Non voglio rivederli in casa quando saremo di ritorno» ordinò mamma senza degnare di uno sguardo mia sorella.

    Talia sporse il mento in fuori, testarda, ma anche dall’altra parte della stanza mi accorsi che le luccicavano gli occhi di lacrime. Mi sentii nuovamente invadere dal senso di colpa, ma rimasi concentrata sul raggiungere la porta di casa.

    Mamma esitò, avendo forse percepito quanto Talia ci fosse rimasta male. «Magari l’anno prossimo avrai il permesso di venire.» Lo fece sembrare come se non fosse stata lei a decidere di escludere Talia dal ricevimento. Sebbene, a essere sincera, non avrei saputo dire se i Falcone sarebbero stati felici se gli invitati avessero cominciato a portarsi dietro i figli più piccoli, tenuto conto che Falcone non era famoso per la sua pazienza o il senso della famiglia. Persino i suoi stessi figli erano stati mandati in un collegio in Inghilterra, in modo da non dargli sui nervi, se si doveva dar retta ai pettegolezzi. I figli di Falcone erano, come dire, un argomento vietato.

    «Mettiti la giacca» m’invitò mamma. Ne afferrai una che non fosse di pelliccia, cosa non facile nel guardaroba di nostra madre, e la seguii fuori. Non mi voltai indietro verso Talia quando chiusi la porta. Papà ci stava già aspettando, seduto al volante della Mercedes nera, nel nostro viale. Dietro, era parcheggiata un’altra auto con le nostre guardie del corpo. Mi chiesi come vivessero le persone che non erano sempre sotto sorveglianza.

    Mamma si allentò un po’ la pelliccia. Avrei voluto ricordarle che quella era Las Vegas, non la Russia. Ma se preferiva morire di caldo, pur di andarsene in giro con la sua pelliccia, il problema era solo suo. Ciò che non ti uccide, ti fortifica. Anni di lezioni di danza classica me lo avevano insegnato.

    Mamma si lasciò cadere sul sedile del passeggero mentre io m’infilavo dietro. Controllai di nuovo velocemente che i collant non si fossero smagliati, ed erano perfetti.

    Sempre perfetti.

    Mi venne da pensare che le aziende produttrici avrebbero dovuto mettere un avviso sulle confezioni, tipo "Solo per restare in piedi, nessun movimento consentito", considerando quanto fosse facile ritrovarsi con una smagliatura anche soltanto camminando. Ecco perché avevo ficcato in borsa due collant di ricambio, per ogni eventualità.

    «Allacciati la cintura» disse papà. Mamma si chinò su di lui, per passargli un fazzoletto di carta sulla testa calva, e asciugare le gocce di sudore che vi si erano formate. Non ricordavo di avere mai visto mio padre con i capelli.

    «Cara» insistette papà, in tono leggermente irritato.

    Mi allacciai in fretta la cintura di sicurezza, mentre papà usciva dal viale.

    «Cosimo e io abbiamo fatto una piccola chiacchierata questo pomeriggio» m’informò in modo pratico.

    «Ah sì?» replicai. Avvertii un tuffo allo stomaco. E se Cosimo aveva cambiato idea? E se non l’aveva fatto? Non ero sicura di quale opzione mi facesse sentire più nervosa. Mi sforzai di mostrare un’espressione neutrale quando mi accorsi dell’occhiata lanciatami da mamma.

    «Che cosa ha detto?» chiesi.

    «Ha suggerito che vi sposiate l’estate prossima.»

    Deglutii. «Così presto?»

    Papà aggrottò lievemente la fronte, però fu mamma a parlare per prima. «Hai diciannove anni, Cara. La prossima estate ne compirai venti. È una buona età per diventare moglie e madre.»

    Mi girava la testa. Se, da una parte, avrei potuto abituarmi all’idea di diventare la moglie di qualcuno, mi sentivo troppo giovane per essere madre. Quando avrei avuto la possibilità di essere me stessa? Di scoprire chi ero veramente e chi volevo diventare?

    «Cosimo è un uomo rispettabile e non è una cosa facile da trovare» intervenne papà. «È responsabile, ed è il consulente finanziario di Falcone da quasi cinque anni. È molto intelligente.»

    «Lo so» ribattei piano. Cosimo non era una cattiva scelta, sotto nessun punto di vista. Ed era anche di bell’aspetto. Solo non mi suscitava quel fremito che avevo sperato di provare, incontrando l’uomo che sarebbe diventato mio marito. Magari quella sera. Una festa non era forse il posto perfetto per perdere la testa per qualcuno? Dovevo solo rimanere aperta alla possibilità.

    Un quarto d’ora più tardi, entrammo nella proprietà dei Falcone e, per altri due minuti, risalimmo il viale fino alla casa, simile a un maestoso palazzo, e all’enorme fontana situata davanti a essa. Dalle statue romane che l’adornavano, l’acqua scaturiva con sfumature verdi, bianche e rosse. Apparentemente, era stato uno scultore italiano a realizzarla per Falcone, e doveva essere costata più dell’auto di papà. Era solo uno dei molteplici motivi per cui non mi piaceva Falcone. Da quello che papà mi aveva raccontato su di lui, quell’uomo era un sadico smargiasso. Ero lieta che io e la mia famiglia fossimo nelle sue grazie, nessuno voleva avere Falcone come nemico. Ovunque si guardasse c’erano auto di lusso. Considerata la gran quantità, mi chiesi come facessero tutti quegli ospiti a stare in quella casa senza pestarsi i piedi. Non appena ci fermammo, un gran numero di fattorini si precipitò verso l’auto per aprirci le portiere. Un tappeto rosso partiva dalla base della scalinata fino alla porta d’ingresso. Scossi la testa, ma mi bloccai subito vedendo l’occhiata di mamma. Lei e papà mi fecero camminare in mezzo a loro mentre ci dirigevamo verso l’entrata. Lì, un altro domestico ci stava aspettando con un sorriso professionale sul viso. Ad accoglierci non c’erano né Falcone, né sua moglie. Ma perché ne ero sorpresa?

    L’atrio era più grande di qualsiasi cosa avessi mai visto. Una miriade di statuine di cristallo di tutte le dimensioni era appoggiata alle pareti e posata sui mobili, e i muri erano ricoperti da diversi enormi ritratti di Falcone e consorte.

    «Sii educata» mi bisbigliò mamma, mentre ci avviavamo verso la porta a due ante che si apriva sul salone da ballo, con i candelieri di cristallo e gli alti tavolini ai margini della pista. A una parete era addossato un lungo tavolo da buffet con tartine, pile di scampi e aragoste; ciotole piene di ghiaccio sminuzzato erano state riempite con le ostriche più grosse che mi fosse capitato di vedere; non mancavano vaschette di caviale Ossetra e ogni genere di cibo di lusso che potessi immaginare. Il cameriere si scusò non appena raggiungemmo la soglia del salone e corse ad accogliere gli invitati successivi.

    Una volta dentro, lasciai vagare lo sguardo sugli ospiti alla ricerca delle mie amiche. Ero ansiosa di raggiungerle e di lasciare che i miei genitori cercassero la compagnia che preferivano, tuttavia mamma non mi diede la possibilità di guardarmi intorno a lungo. Mi sfiorò l’avambraccio, sussurrandomi all’orecchio: «Comportati bene. Per prima cosa, dobbiamo ringraziare il signor Falcone dell’invito.»

    Lanciai un’occhiata alle sue spalle, dove papà stava già conversando con un uomo alto dai capelli neri. Papà teneva le spalle curve, come se stesse cercando di fare un inchino al suo capo senza inchinarsi davvero. Quella vista mi procurò un sapore amaro in bocca. Con il palmo di mamma appoggiato nell’incavo della schiena, avanzai lentamente verso mio padre e il suo principale. Ci fermammo un paio di passi dietro di loro, aspettando che si voltassero verso di noi. Gli occhi scuri di Falcone mi individuarono prima che papà si accorgesse della nostra presenza. La freddezza che vi lessi mi procurò un brivido giù per la schiena. La camicia bianchissima e il papillon nero lo facevano sembrare persino più minaccioso, risultato non semplice da ottenere, considerando che di solito trovavo divertente chi indossava un farfallino.

    Dopo uno scambio di convenevoli privi di senso, fui finalmente congedata e mi precipitai verso un cameriere che teneva in equilibrio sul palmo della mano un vassoio di calici di champagne. Indossava uno smoking bianco scintillante e lucidissime scarpe bianche. Se non altro, il completo lo rendeva facile da individuare.

    Una delle nostre guardie del corpo mi seguì a pochi passi di distanza mentre mi allontanavo dai miei genitori, mentre l’altra si posizionava ai margini del gruppo di ospiti e teneva d’occhio mamma e papà. Mi chiesi perché dovessimo avere le nostre guardie del corpo a una festa di cosiddetti amici. Misi da parte il pensiero, desiderando godermi la serata e, con un veloce ringraziamento, presi un bicchiere di champagne, quindi mandai giù un lungo sorso del liquido spumeggiante, con una smorfia per il sapore aspro.

    «Come puoi fare una faccia del genere mentre bevi Dom Pérignon? È la miglior bevanda al mondo» esordì Trish, apparendo al mio fianco dal nulla e agguantando un bicchiere di champagne per sé.

    «È l’acqua dei re» intonò Anastasia, e trovai irritante non capire se stesse scherzando o parlasse sul serio.

    «Sto cercando di abituarmici» ammisi, abbassando il bicchiere. L’alcol stava iniziando a compiere la sua magia e ne ero grata, dopo il breve scambio di battute con Falcone. Entrambe le mie amiche erano agghindate alla perfezione. Anastasia indossava un sogno color argento lungo fino al pavimento e Trish un abito da cocktail verde chiaro che le sfiorava le ginocchia. Non che mi fossi aspettata di meno da loro. Mi avevano raccontato nel dettaglio della loro spedizione di shopping per acquistare gli abiti per l’occasione. Ovviamente, io non avevo avuto il permesso di accompagnarle, malgrado i miei migliori sforzi per convincere i miei genitori. Al contrario, mia madre mi aveva fatto indossare un vestito che avevo comprato per il Natale precedente. La mia unica consolazione era che nessuno, tranne la mia famiglia, me l’aveva mai visto addosso, perciò non mi sarei sentita in imbarazzo davanti alle mie amiche.

    «Ho sentito dire che è un gusto che si acquisisce» aggiunse Trish pensierosa. Bevve un piccolo sorso dal proprio bicchiere, con espressione deliziata. «Suppongo di aver sempre avuto un sesto senso per il Dom Pérignon e, nell’ultimo anno, ho avuto molte opportunità per affinarlo. Ma intendo berne ancora di più in futuro.» Lei e Anastasia si misero a ridere, mentre io maledissi di nuovo i miei genitori per il modo in cui mi proteggevano. Se Trish e Anastasia erano in grado di affrontare i presunti pericoli del nostro mondo, allora potevo farlo anch’io.

    Trish mi rivolse un sorrisino dispettoso, poi mi strinse a sé con un unico braccio, attenta a non rovinare le acconciature e il trucco di entrambe. Anastasia si limitò a un sorriso. Il suo corpetto era un capolavoro di perle e ricami. «Ho paura di tirare un filo se ci abbracciamo» spiegò, scusandosi ma non troppo.

    «È comprensibile» replicai, prendendo un altro sorso del mio drink e obbligandomi a mostrare un’espressione di piacere e non di repulsione. Sapevo che per la maggior parte delle persone lo champagne era il top nella loro lista dei drink da sogno, ma a me non piaceva. Avrei dovuto impegnarmi con maggior convinzione se non volevo rivedere l’espressione di compatimento di Anastasia.

    «Ti sta cadendo una forcina» mi avvisò.

    La mia mano libera schizzò verso il punto che Anastasia stava fissando, alla ricerca della forcina colpevole, prima che potesse rovinarmi la pettinatura. E, comunque, svariati ospiti stavano lanciando occhiate nella mia direzione, dato che si trattava del mio party di debutto. Non potevo rischiare di apparire meno che perfetta.

    «Faccio io» si offrì Trish, spingendo semplicemente indietro la forcina di qualche centimetro. «Ecco fatto» disse, con un sorriso gentile.

    Tutto qui? Dalla reazione di Anastasia si sarebbe potuto pensare che stessi arrecando un’imperdonabile offesa alla moda.

    «C’è una bella scelta stasera» osservò Anastasia, indugiando con lo sguardo su un gruppo di uomini dall’altra parte della sala. Quindi, non stava parlando del buffet.

    Gli uomini che avevano catturato la sua attenzione avevano almeno una decina d’anni più di noi e, mentre passavo in rassegna il resto del salone, mi resi conto che noi tre eravamo tra gli ospiti più giovani. La maggior parte degli invitati lavorava per Falcone. Era una festa per i suoi sudditi: dubitavo che quell’uomo avesse degli amici. Uomini come lui non potevano permettersi un lusso simile.

    «Naturalmente, ora che sei fidanzata con Cosimo, non avrai più occhi per gli altri» proseguì Anastasia, riportandomi alla realtà.

    Non sapevo che cosa ribattere. Aveva parlato con una voce strana. Era gelosa? Era probabile che suo padre le stesse già cercando un partito adatto, perciò presto si sarebbe fidanzata anche lei.

    «Nel giro di poco saremo tutte sposate» replicai in tono tranquillizzante.

    «Be’, di sicuro hai messo le mani su uno degli scapoli più ambiti» commentò con un sorriso a denti stretti. Poi si abbandonò a una risata e fece tintinnare il calice contro il mio. «Sto scherzando, non fare quella faccia sconvolta.»

    Risi sollevata. Non volevo proprio litigare con Anastasia per Cosimo. Avremmo fatto tutte degli ottimi matrimoni.

    La musica riprese e io bevvi un altro sorso di champagne. Grazie all’alcol che aveva iniziato a scorrermi nelle vene, avevo cominciato a rilassarmi e non badavo quasi più alle occhiate curiose degli ospiti. Alla prossima festa, sarei già diventata una di loro e al centro dell’attenzione ci sarebbe stato qualcun altro. Trish si mise a battere un piede al ritmo della musica di sottofondo sul pavimento in parquet, canticchiando qualche parola della canzone prima che Anastasia la guardasse storto. Dovetti soffocare una risata. Qualche volta le dinamiche tra loro due erano ridicole.

    Con mia sorpresa, mi avvidi che la mia guardia del corpo era scomparsa dalla mia visuale per lasciarmi un po’ di privacy con le amiche. La serata stava lentamente migliorando.

    Sapevo che, al mio ritorno, Talia mi avrebbe tenuto il muso, ma i nostri genitori avevano avuto ragione sul fatto che lei era troppo giovane per un evento sociale a casa di Falcone. Ovviamente, non lo avrei ammesso con lei. Sarebbe già stato abbastanza difficile così farmi perdonare, anche se qualche succoso pettegolezzo l’avrebbe con tutta probabilità placata. Non che io fossi un’esperta in materia di mondanità, avrei dovuto affidarmi a Trish e Anastasia per quello.

    Sentii crescere dentro un senso di irritazione verso mio padre. Forse finora si era rifiutato di portarmi a un evento sociale perché pensava che lo avrei messo in imbarazzo davanti al suo capo. In diverse occasioni, lo avevo sentito dire di sfuggita a mamma quanto brutale e terrificante fosse Falcone, perciò non era inverosimile che papà pensasse che mi sarei fatta piccola per la paura davanti a quell’uomo, il che era ridicolo. Era pur sempre umano, non il mostro che papà lo faceva sembrare e, anche se lo fosse stato, dubitavo molto che avrebbe odiato vedermi indietreggiare dalla paura. Magari, la cosa lo avrebbe eccitato, se era l’uomo che papà diceva.

    «Sono un po’ troppo vecchi per i miei gusti» osservò Trish, tornando all’argomento precedente. Quindi, bevve un altro sorso di champagne.

    «Non m’importa. Io voglio essere trattata come una principessa da mio marito ed è probabile che un uomo più vecchio mi sappia apprezzare più di uno giovane» dichiarò Anastasia, rivolgendomi un sorrisetto d’intesa. Per un qualche motivo, lo trovai finto. «Da quello che ho sentito, è stato ormai raggiunto un accordo tra Cosimo e la tua famiglia, perciò presto ci sarà la tua festa di fidanzamento.»

    Mi accigliai sentendo usare la parola accordo riguardo al matrimonio tra me e Cosimo. Ma, in tutta onestà, era probabile che fosse il termine migliore per descrivere l’intera faccenda. Mi strinsi appena nelle spalle, cercando di sembrare disinvolta. Quella sera non volevo parlare di lui, soprattutto perché l’argomento pareva infastidire Anastasia.

    «Ommioddiooo… Falcone ha invitato il suo mostro» bisbigliò Trish, afferrandomi il braccio e facendomi quasi rovesciare lo champagne. Seguii la direzione dei

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1