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La Domestica: I Padroni della Linwood Academy, #1
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E-book281 pagine3 ore

La Domestica: I Padroni della Linwood Academy, #1

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Info su questo ebook

I ragazzi ricchi non socializzano con la domestica.
Non torturano la domestica.
Non bramano la domestica.

 

Per quanto possa ricordare, io e mia madre vivevamo sull'orlo della rovina. Per questo, quando lei ha finalmente ricevuto un'offerta di lavoro decente, ci siamo trasferite dall'altra parte del Paese per accettarla.

 

Chi se ne frega, se ciò significa lavorare come governante fissa per un uomo più ricco di Creso? La paga è buona, e in più, abbiamo un tetto sopra la testa.

È addirittura riuscita ad iscrivermi alla costosa accademia preparatoria frequentata dal figlio... di quelle che, come distributori automatici, partoriscono i futuri amministratori delegati e politici.

 

Ma in questa nuova città, ci sono alcune cose che mancavano nella precedente…

 

Per esempio, dei segreti per cui una persona potrebbe finire uccisa, e quattro dei ragazzi più sexy e cattivi che abbia mai conosciuto.

 

Starò anche vivendo nel loro mondo adesso, ma non ne faccio parte, e loro compieranno ogni sforzo per ricordarmelo.

 

Andiamo a scuola insieme, viviamo insieme e condividiamo un pericoloso segreto, ma per Lincoln, River, Dax e Chase…

 

Io sono soltanto la domestica.

LinguaItaliano
Data di uscita13 gen 2022
ISBN9781643663005
La Domestica: I Padroni della Linwood Academy, #1

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    Anteprima del libro

    La Domestica - Callie Rose

    1

    La nostra tozza casa con due camere da letto sembra ancora più brutta, ora che è vuota.

    Quando c'erano le mie scarpe vicino alla porta, e le squallide stampe artistiche di mia mamma decoravano le pareti, e la nostra roba era sparsa dappertutto in questo spazio dal basso soffitto, era più facile fingere che non fosse una topaia.

    Adesso?

    Nulla nasconde la vernice scrostata e le crepe nell'intonaco, i pavimenti deformati o il lieve odore di muffa che, suppongo, esista da sempre qui dentro. Elettrodomestici obsoleti sembrano un omaggio agli anni Ottanta nella tetra e usurata cucina. E stranamente, la casa appare più piccola senza tutta la nostra roba, quasi ristretta in maniera claustrofobica. Grazie a Dio, abbiamo finito di riempire il furgone di scatole, perché non ho proprio intenzione di rimettere piede in questo posto.

    La mamma mi cinge una spalla con un braccio, mentre scrutiamo lo spazio vuoto dalla piccola veranda frontale.

    Beh, ecco qua, giovanotta. La fine di un'era.

    La sua voce sembra già malinconica e nostalgica, e so che nella sua testa sta già cancellando con attenzione tutte le brutte cose accadute durante la nostra vita qui, migliorando soltanto i ricordi felici, e mettendoli in prima linea. Quando saremo arrivate in Connecticut, questa vecchia casa in Arizona sarà diventata quasi una leggenda nella sua testa: solo bei ricordi, quelli cattivi sepolti, come se non fossero mai esistiti.

    Non mi preoccupo di sottolineare che gli ultimi dieci anni sono un'era a cui dovremmo dire addio entrambe con gioia. Lo sa.

    Solo che non le piace soffermarsi su questi pensieri.

    E sapendo che la pianificazione e l'organizzazione del trasloco sono state abbastanza stressanti per lei, mi limito ad abbracciarla, e ad appoggiarle la testa sulla spalla. È di pochi centimetri più alta di me, e adesso che ho diciassette anni, ho rinunciato quasi completamente alla speranza di raggiungerla prima o poi.

    Già. La fine di un'era.

    Sei sicura che ti vada bene, Harlow? Mi lancia un'occhiata, con la preoccupazione che brilla nei suoi occhi color caramella mou. So che è stato improvviso. E detesto portarti via da tutti gli amici che hai qui...

    Mamma, è okay. Sto bene dichiaro fermamente, interrompendola prima che lasci ingigantire il proprio senso di colpa. Non dovrebbe affatto sentirsi in colpa per questo. Anzi, sono stata io a rovinarle la vita. Questa è un'offerta di lavoro straordinaria. Devi accettarla.

    Mi cinge più forte, e la sento fare spallucce. Beh, non è poi così incredibile. Si tratta solo di gestire una casa...

    Sì, ma una famiglia così schifosamente ricca, può permettersi di pagarti quasi uno stipendio a sei cifre all'anno, per diventare la governante esecutiva, o quello che è.

    Mi dà un colpetto sul fianco con la mano libera, mentre ride. "Per te, è Signora governante esecutiva."

    Mi libero dalla sua stretta, poi mi giro per guardarla in faccia, rivolgendole la mia occhiata più seria. Avendomi avuta a diciannove anni, la gente la scambia spesso per mia sorella maggiore. Le assomiglio molto: stesso naso dritto, viso a forma di cuore e capelli color cioccolato fondente. Ma devo aver preso gli occhi verdi da mio papà.

    Mamma, è una cosa positiva. Vale la pena trasferirsi. Bayard mi mancherà, ma sono sicura che questo posto a Fox Hill sarà altrettanto figo.

    In realtà, ci avevo dato un'occhiata online, e 'figo' non è esattamente la parola giusta per descriverlo. 'Tremendamente ricco' o 'estremamente pomposo' sono probabilmente descrizioni migliori. Sembra una città sul mare della costa orientale per giovani professionisti di successo, e non so bene come cazzo possa integrarmi lì. Bayard sarà anche una topaia, come casa nostra, ma almeno è familiare. So qual è il mio posto qua, e non devo darmi delle arie, o cercare di compiacere qualcuno all'infuori di me stessa.

    Ma preferirei conficcarmi degli aghi roventi sotto le unghie, piuttosto che dirlo a mia mamma. È già abbastanza tormentata per questa decisione.

    Penso che sarà così. Mi guarda, raggiante, e il suo ottimismo riemerge in superficie come sempre. Vuoi la Nissan o il furgone per traslochi?

    Bleah. La Nissan, per favore. Il furgone non è così grande, ma fremo comunque all'idea di farmi largo nel traffico dentro quel coso.

    Affare fatto. Pesca le chiavi nella tasca, chiude la porta d'entrata della casa, poi mi porge il portachiavi. Sai dove ci fermeremo, vero? Nel caso in cui dovessimo separarci.

    Roteo gli occhi. Sì, lo so, mamma. E ho il GPS sul telefono. Andrà tutto bene.

    Mentre percorriamo il viale verso la malandata Nissan Versa e il furgone per traslochi parcheggiato vicino al marciapiede, la porta della casa dall'altra parte della strada si apre. Prima che possa pronunciare una sola parola, una minuta figura bionda attraversa la strada di corsa, per gettarsi su di me. Barcollo all'indietro per l'impatto, cingendo Hunter con le braccia in una risata sardonica.

    Non avevamo detto niente più addii?

    Sì, è vero. Mi lascia andare con la stessa rapidità con cui mi ha afferrata. Hunter si muove sempre come se avesse superato il limite legale della caffeina presente nel flusso sanguigno. Ma ho mentito, quindi ecco qua.

    Chissà perché non mi stupisce? Rido di nuovo, sbuffando, mentre vedo la mamma salutare brevemente con la mano e saltare sul furgone. Sa che le starò dietro, e penso che voglia lasciarmi dire addio alla mia migliore amica in privato.

    Sarò anche più bassa di mia mamma, ma in confronto ad Hunter, sono un dannato gigante. In apparenza, noi due non dovremmo neanche essere amiche. Lei è un metro e quarantacinque di energia frizzante, parlantina e carattere estroverso. Io... no. Ma d'altra parte, forse è per questo che siamo amiche. Quando la sua famiglia si era trasferita qui cinque anni fa, aveva marciato a casa nostra per presentarsi, e da quel momento, abbiamo creato un rapporto stretto.

    È l'unica vera ragione per cui sono triste all'idea di lasciare Bayard. Tutto il resto, tanto vale prendere o lasciare.

    Osserviamo mia mamma partire con il furgone e proseguire lungo la strada, e attorciglio il portachiavi intorno a un dito. Appena il grande U-Haul scompare dietro l'angolo, Hunter si gira per guardarmi.

    Allora, quando cominci nella tua nuova scuola da ricconi?

    Mi stringo nelle spalle. Non lo so. Tra una settimana, penso?

    Non posso credere che ti abbia iscritta ad una scuola privata come parte del suo contratto. Queste persone devono essere più ricche di Creso, cazzo.

    Sì, credo sia così. Arriccio il naso. Ma dovrò anche guadagnarmela. Sostanzialmente, sarò l'assistente di mia madre. Non lavorerò full time a causa delle lezioni, ma nemmeno passerò il tempo a gironzolare e mangiare caramelle, o altro.

    A questo punto, stiamo solo affrontando una goffa conversazione per rimandare l'inevitabile. Ho scoperto di dovermi trasferire appena due settimane fa, e da allora è successo tutto così velocemente, da provocarmi quasi un colpo di frusta. Io e Hunter ci siamo dette addio tra le lacrime all'inizio, il giorno in cui le ho detto che sarei partita. Ogni giorno da allora, ha cominciato a sembrarmi un po' più reale, e adesso ci sentiamo entrambe rassegnate e basta.

    Oh, ehi! Alza la testa di colpo, frugando nella tasca posteriore. Quasi me ne dimenticavo. Questa è per te. Mi prende la mano, e preme sul palmo una logora fiche da poker, piegandomi poi le dita su di essa. Come portafortuna.

    Cazzo. Pensavo di aver finito di piangere, ma le lacrime pungono agli angoli degli occhi, mentre serro il pugno sulla fiche. Non fa che rammentarmi quanto Hunter mi conosca bene, e ciò mi ricorda quanto sentirò la sua mancanza.

    Non commento, limitandomi ad abbracciarla di nuovo, sempre stringendo in mano la fiche da poker. Contraccambia l'abbraccio, e da qualche parte vicino all'ascella, sento la sua voce sussurrare: Mi mancherai da morire, Low.

    Anche tu, Dummy.

    Finalmente si ritrae, mettendo il broncio e sbattendo forte le palpebre. Poi, mi dà un lieve pugno sulla spalla. Non innamorarti di un ragazzo ricco. Sono fonte di guai.

    Un sogghigno mi curva le labbra, ed è decisamente meglio del pianto. Sì, non credo che sia un problema.

    Non si sa mai. Sono meschini.

    Rido. Lo terrò a mente.

    Se non mi sbrigo, la mamma farà probabilmente il giro dell'isolato per accertarsi di non avermi persa, perciò mi dirigo verso la macchina. Hunter rimane sul marciapiede, con le mani sui fianchi e gli occhi socchiusi sotto il sole dell'Arizona.

    E non accettare passaggi dagli sconosciuti!

    "Grazie, mamma."

    Guarda da entrambi i sensi, prima di attraversare la strada!

    Monto in macchina, e abbasso il finestrino sul lato passeggeri, chinando la testa per darle una sbirciata. Spara pure, finché puoi.

    Mi sorride, e il suo viso da folletto s'illumina. Non mangiare la neve gialla!

    Rido, nell'allontanarmi con la Nissan rosso ruggine dal marciapiede, e Hunter continua a gridarmi lezioni di vita, mentre proseguo lungo la strada. È veramente una sciocca.

    Dio, sento già la sua mancanza.

    Sono trentotto ore di viaggio da Bayard, in Arizona, a Fox Hill, in Connecticut. Lo spezziamo in quattro lunghissimi e noiosissimi giorni. Ho ascoltato ogni canzone della mia playlist varie decine di volte, quando finalmente oltrepassiamo un cartello che ci dà il benvenuto nel Connecticut, ma il nervosismo non si fa realmente sentire, finché non raggiungiamo i confini della città di Fox Hill. È una città piuttosto piccola (con una popolazione di 140.000 abitanti, dice un cartello che superiamo) ma abbastanza grande, da possedere un vero centro, ed essersi un po' sviluppata tutt'intorno.

    Le case variano da grandi a imponenti, e per poco non tampono due volte il furgone per traslochi con la parte posteriore dell'auto, mentre allungo il collo, per osservare gli edifici a cui passiamo davanti. Molti di essi sono di mattoni e ricoperti di edera rampicante.

    Porca puttana mormoro, sebbene non mi senta nessuno. Questa roba è da pazzi, ma ho la sensazione che le case più grandi ed eleganti rimangano nascoste lontano dalla strada, e ancora non le ho viste.

    Il mio sospetto risulta essere corretto. Dopo pochi chilometri, la mamma sterza a destra, verso un ampio viale con un cancello. Attendiamo per poco tempo, poi il cancello si apre, e la seguo dentro. Alti alberi e un prato perfettamente curato si estendono su entrambi i lati, e il lungo viale curva leggermente, prima di descrivere uno stretto cerchio di fronte ad una grande casa a due piani.

    C'è un enorme garage attaccato al lato ovest della casa, ma noi ci fermiamo nel viale. Dobbiamo togliere le scatole dal furgone, e non ho idea di quale sia il protocollo per le governanti che devono parcheggiare l'auto.

    La mamma salta giù dal furgone davanti a me, e si stiracchia la schiena. Anch'io sollevo il corpo rigido da dietro il volante, e quando mi avvicino a lei, mi stringe la mano con occhi spalancati.

    Porca miseria! sussurra.

    Questo posto è reale, dannazione? Nonostante ci sia il furgone tra noi e la grande casa, la vedo ancora incombere dall'altra parte.

    Lo so! Come posso pulire, se ho paura di toccare qualunque cosa?

    Beh, mi auguro di non arrivare a quel punto dice una voce monotona e profonda, facendoci trasalire entrambe.

    Un uomo gira intorno alla parte anteriore dell'U-Haul. Indossa un completo che costa probabilmente più della Nissan, e i suoi capelli scuri, quasi neri, sono tagliati corti e accuratamente pettinati. Ha piccoli fili d'argento sulle tempie, uno degli unici segni dell'età. Deve avere quasi cinquant'anni, o li ha da poco superati, ma è snello e muscoloso, con ampie spalle e la vita stretta.

    Tende la mano, e la mamma si ricompone rapidamente per stringergliela, lisciandosi la gonna stropicciata con l'altra mano. Non è proprio giusto dover incontrare un nuovo datore di lavoro dopo dieci ore in un furgone per traslochi, ma lei ha un aspetto strepitoso.

    Lei dev'essere Samuel dice la mamma. Penelope Thomas. E questa è mia figlia, Harlow.

    Lui le stringe la mano su e giù con vigore, prima di rivolgere l'attenzione a me. Non penso di essere sopravvissuta al viaggio senza neanche una piega, come mia mamma: sento i capelli flosci e indecenti, e avendo preferito la comodità allo stile, indosso soltanto una sottile T-shirt bianca e un paio di jeans con i buchi nelle ginocchia. Ma Samuel Black non sembra farci caso. Avanza verso di me, e mi prende la mano tra le sue, con un largo sorriso a curvargli le labbra.

    Piacere di conoscerti, Harlow. Benvenuta in Connecticut.

    Grazie.

    Non mi stringe la mano con forza, ma la sua stretta dà comunque un'idea di costrizione. La ritiro non appena la lascia andare, sperando che il movimento non sia stato troppo ovvio. Posando una mano sulla spalla della mamma, la guida intorno al camion e verso la casa, mentre io li seguo.

    Vi lasceremo un po' di tempo per sistemarvi e disfare i bagagli, ma permettetemi di mostrarvi il posto e di fare velocemente le presentazioni.

    Continua a parlare, mentre ci conduce fino ai gradini della porta d'entrata, chiedendo alla mamma del viaggio, del tempo in Arizona, e se finora le sia piaciuta la costa orientale. Smetto di ascoltare la conversazione, mentre entriamo in casa, restando sbalordita di fronte all'imponente atrio dall'alto soffitto. Porte ad arco su tutti i lati conducono ad altre zone della casa, e una scala curva, sul lato destro della stanza, fa da collegamento con il piano di sopra. Un balcone si affaccia sull'ingresso dal primo piano, ed è mentre ho gli occhi puntati verso l'alto, che un corpo si scontra contro di me.

    Strillo, con il cuore che accelera di botto nel petto. Forti braccia mi cingono da dietro, impedendo a entrambi di ribaltarci, e un caldo profumo speziato mi viene alle narici, mentre il tizio libera un lieve grugnito di sorpresa.

    Cazzo mormora.

    Il linguaggio, Lincoln. Samuel e mia mamma si voltano entrambi a causa del trambusto, e l'uomo più vecchio inarca un sopracciglio in segno di disapprovazione. Le grosse braccia che mi bloccano cadono ai lati, mentre il tizio indietreggia, e mi ricompongo goffamente, lisciando i capelli nel girarmi, per vedere chi mi abbia investita.

    Oh, maledizione.

    Questo è il figlio di Samuel Black, ne sono sicura.

    Ha gli stessi capelli quasi neri di suo padre, anche se più lunghi e un po' più selvaggi. I suoi occhi sono color miele ambrato, in netto contrasto con i capelli scuri, e ha un naso lungo e dritto, zigomi alti e lineamenti spigolosi. Sono incredibilmente simmetrici, tanto che quasi non sembra umano. Un po' come se fosse saltato fuori da uno stampino per 'ricchi ragazzi sexy' o qualcosa del genere.

    Suo padre ha l'aria di essere stato incredibilmente bello da giovane, e sta invecchiando bene. Ma questo ragazzo? Probabilmente, non ha ancora raggiunto l'apice della sua bellezza.

    E capisco come mai mi abbia incrociata. Mi ero fermata, a bocca aperta, proprio davanti ad una porta che immette in una specie di studiolo, o qualcosa di simile.

    Lincoln, questa è la nostra nuova governante esecutiva, Penelope Thomas, e lei è sua figlia, Harlow. Verrà a scuola con te.

    Samuel è raggiante nel fare le presentazioni, spingendo mia mamma in avanti con una mano in fondo alla sua schiena. Sorridendo, lei va a stringere la mano di Lincoln, ma nei due secondi che passano per raggiungerlo, noto un cambiamento negli occhi di lui. Se prima il suo sguardo era stato curioso e vagamente neutrale nel guardarmi, adesso le sue sopracciglia sono leggermente ravvicinate, e la calda ambra nei suoi occhi si è indurita come vetro. Anche la sua mascella si contrae, come se stesse digrignando i denti, e quando stringe la mano di mia mamma, il movimento è rigido.

    Suo padre si gira verso di me, pieno di aspettativa.

    Cazzo.

    L'ultima cosa che voglio fare è stringere la mano di questo ragazzo. Innanzitutto, considerando l'improvviso cambiamento del suo atteggiamento, temo che potrebbe strappare la mia a morsi. E poi, ho ancora addosso il suo profumo speziato al coriandolo di prima, quando ci siamo scontrati, e non penso di poterne sopportare ancora così presto.

    Non perché non mi piaccia, ma perché lo adoro davvero.

    Lui, però, è il figlio del nuovo datore di lavoro di mia madre, e sia quest'ultima, sia Samuel mi stanno fissando in questo momento. Non posso incrociare le braccia e rifiutarmi.

    Perciò deglutisco con forza, e avanzo con la mano protesa. La prende in una delle sue, e a differenza della stretta del padre, la sua è forte, quasi violenta.

    Come se stesse cercando di vedere se mi potrei rompere.

    Stringo a mia volta un po' più forte, stampandomi un sorriso forzato in faccia. Piacere di conoscerti, Lincoln.

    Annuisce, con gli occhi che si socchiudono leggermente, mentre mantiene la presa sulla mia mano. Tu sei la nuova domestica?

    Samuel emette un sommesso suono di disapprovazione dietro di me, ma suo figlio lo ignora.

    Governante esecutiva lo correggo, irritata da quel termine.

    Inclina la testa con un sogghigno beffardo. "Sei tu la governante esecutiva?"

    No, è mia madre. Io sono la sua... assistente.

    Maledizione, vorrei sapere a che gioco stiamo giocando, per rendermi conto se stia vincendo o perdendo.

    Il suo sorriso svanisce, e il suo sguardo guizza da me a mia mamma, poi verso il padre. Quando si posa di nuovo su di me, non c'è più alcuna traccia di umorismo sul suo volto.

    Ho capito. Buono a sapersi.

    Libera di colpo la mia mano, e dopo un cordiale cenno del capo agli adulti, sale le scale fino al primo piano.

    'Buono a sapersi?' E questo che cazzo significa?

    In superficie, quelle parole non hanno molto significato, ma è stato il modo in cui le ha pronunciate a scocciarmi. Come se avessi confessato un terribile peccato, o se mi fossi accusata, confessando di essere una delle nuove governanti.

    Gesù. Il povero ragazzo ricco ce l'ha con papà, per essere stato costretto a stringere la mano alla domestica?

    Senza neanche pensarci, mi strofino la mano sui pantaloni, mentre mi giro per seguire il Signor Black e la mamma all'interno della casa, desiderando di poter energicamente eliminare il profumo di Lincoln dalle narici. Quell'odore dolce, speziato, che dà assuefazione, è diventato in qualche modo amaro.

    Appena prima di oltrepassare la porta ad arco sul retro della stanza, la quale immette in una piccola galleria, lancio un'occhiata da sopra la spalla.

    Lincoln è in piedi sul balcone del primo piano, con le mani aggrappate alla ringhiera, e lo sguardo fisso su di me.

    Soltanto allora, mi rendo conto che la sua maleducazione di prima copriva il fatto che si stesse trattenendo... indossando una maschera di civiltà. Si stava frenando, teneva sotto controllo le emozioni davanti a suo padre e a mia madre.

    Perché l'espressione dipinta sul suo volto adesso?

    Non è altro che puro ribrezzo.

    2

    Mia mamma, che Dio la benedica, non sembra aver notato la maledetta energia negativa sprigionata da Lincoln verso di me... e forse anche verso di lei, non ne sono del tutto sicura. Ma visto che lui sembra proprio odiarmi, non riesco ad immaginarlo come un grande fan della donna che mi ha partorita.

    Raggiungo lei e Samuel, il quale ci guida in un atrio sul retro, che dà su una grande terrazza ed un ampio giardino. Da lì, fa il giro per mostrarci la sala grande, la serra, la sala da ballo, la biblioteca e lo studiolo. Non so nemmeno che cavolo sia una 'sala grande', tuttavia è enorme, e ci sono divani, poltrone e tavolini magistralmente disposti ovunque.

    L'altra ala del pianterreno include la cucina e diverse stanze per gli ospiti, con un gigantesco cortile per le auto e due garage in fondo. Ci sono un seminterrato con il bagno turco e la sauna, diverse stanze ricreative, un piccolo campo da pallacanestro, una cantina e un vero e proprio cinema in miniatura.

    Ad un certo punto durante il giro, i miei occhi smettono di strabuzzare dalle orbite. Ho visto troppo, ormai, per rimanere sorpresa: il livello di lusso e ricchezza di questo posto è sbalorditivo.

    Mentre risaliamo lungo una scala diversa, diretti al primo piano, una donna flessuosa comincia a scendere i gradini verso di noi. Indossa un top largo dall'aria costosa e pantaloni morbidi. I suoi capelli castani sono screziati da sottili colpi di sole, e

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