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Passione fatale: Harmony Collezione
Passione fatale: Harmony Collezione
Passione fatale: Harmony Collezione
E-book167 pagine3 ore

Passione fatale: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Un bellissimo, travolgente, irresistibile colpo di fulmine. Il miliardario rampante Luke McRae è disposto a tutto pur di conquistare il cuore di Katrin Sigurdson, la cameriera bionda e dagli occhi azzurri che ha conosciuto per caso durante una convention di lavoro. Non è facile farle credere che lei non è l'ultimo trofeo della sua collezione, ma alla fine ci riesce. Luke pensa già ai fiori d'arancio quando, un giorno, mostra la foto di Karin a un amico e si sente dire: "Ehi, questa è..."
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2016
ISBN9788858948637
Passione fatale: Harmony Collezione
Autore

Sandra Field

Prolifica autrice inglese, cura con particolare amore la sua piccola collezione di bonsai.

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    Anteprima del libro

    Passione fatale - Sandra Field

    successivo.

    1

    «Luke! Che bello vederti, sei arrivato ora?»

    «Ciao, John» salutò Luke McRae, stringendo la mano al vecchio amico. «Sono arrivato un'ora fa. Con tutti gli effetti del fuso orario, come sempre. Che mi dici di te?»

    «Brutto argomento... Piuttosto, c'è qualcuno qui che vorrei presentarti, ha delle proprietà in Malesia che forse ti potrebbero interessare.»

    «Nell'entroterra?» chiese Luke.

    Lui e John erano delegati di una conferenza internazionale nel campo minerario, organizzata in una cittadina su uno dei grandi laghi della provincia canadese di Manitoba.

    «Dovrai chiedergli tu l'esatta locazione.» John fece segno alla cameriera più vicina. «Che prendi, Luke?»

    «Scotch con ghiaccio» rispose Luke, chiedendosi distrattamente come mai la cameriera portasse degli occhiali così brutti. Senza, sarebbe stata piuttosto attraente.

    Era già immerso in conversazione con il malese, quando una voce squisitamente modulata alla sua sinistra gli comunicò: «Il suo drink, signore».

    La voce non si accordava minimamente con gli occhiali dalla montatura scura o i capelli biondi tirati indietro sotto una cuffietta bianca.

    Femminilità rigida e mortalmente noiosa anche, fu il pensiero di Luke. Nonostante la voce fosse senza dubbio intrigante.

    «Grazie» si limitò a rispondere, dimenticandola subito dopo.

    Tre quarti d'ora più tardi si diressero tutti in sala da pranzo; il suo tavolo aveva la migliore vista sul lago, e i suoi commensali erano le vere autorità di quella conferenza. Dopo aver preso posto, Luke sollevò il menù rilegato in pelle e scelse; poi con lo sguardo passò in rassegna gli altri occupanti del tavolo.

    L'unica sorpresa sedeva direttamente di fronte a lui: Guy Wharton. Denaro ereditato senza il cervello necessario per gestirlo: Luke lo aveva pensato fin dal primo incontro e il tempo non lo aveva portato a cambiare idea. Sfortunatamente, la ricchezza di Guy si accompagnava a una tendenza a spadroneggiare.

    Il barista prese le loro ordinazioni, poi la cameriera iniziò il giro dall'altra parte del tavolo. Guy si era portato il drink che aveva preso prima, e ne stava ordinando uno doppio, oltre a un'ottima bottiglia di vino. Guy alle prese con l'alcol era mille volte peggio di Guy sobrio. Luke rivolse la propria attenzione al suo vicino, un inglese con un naso infallibile per il mercato dei prodotti; poi sentì nuovamente quella voce vellutata da contralto. «Signore? Cosa desidera ordinare?»

    «Prenderò salmone affumicato e costoletta d'agnello, al sangue» rispose Luke.

    Lei annuì educata, poi si rivolse al suo vicino. Non stava prendendo appunti; gli occhi, dietro quelle lenti troppo grandi, erano di un azzurro chiaro e intelligente. Certo non noioso. In qualche modo, Luke era sicuro che lei avrebbe ricordato correttamente tutte le ordinazioni.

    In quel momento l'inglese si lanciò in una valutazione tecnica della situazione dell'argento, alla quale Luke dovette dedicare tutta la sua attenzione. Gli versarono del vino nel bicchiere; lui lo centellinò, notando che il viso di Guy era già arrossato e la voce troppo alta. Il salmone affumicato era eccellente, la costoletta d'agnello tenera e le verdure fresche.

    Poi Luke scorse Guy far cenno alla cameriera. Lei si avvicinò subito, la formale uniforme nera con il grembiule bianco celava bene la sua figura, ma non poteva nascondere un certo portamento orgoglioso, di una persona che sapeva chi era e che si piaceva. L'aveva etichettata come mortalmente noiosa... si era forse sbagliato, per una volta?

    «La bistecca» osservò Guy a voce alta. «L'ho chiesta poco cotta. Invece me l'hai portata al sangue.»

    «Sono davvero desolata, signore» rispose lei. «La riporterò in cucina e gliene servirò una di suo gradimento.»

    Ma mentre si allungava verso il piatto, Guy le afferrò il polso. «Come hai potuto sbagliare? Sei pagata per portarmi quello che chiedo.»

    «Sì, signore» rispose lei. «Se mi lascia andare, mi assicurerò che la sua bistecca arrivi subito.»

    La bocca della giovane, notò Luke, era stretta, rigido l'intero corpo. Ma Guy non lasciava la presa. Al contrario, le torse il polso, guardandola con occhi bramosi. «Dovresti toglierti quegli stupidi occhiali. Altrimenti nessun uomo sano di mente ti guarderà.»

    «La prego di lasciarmi il polso.»

    Questa volta non aveva aggiunto la parola signore. Senza smettere di pensare, Luke si alzò a metà dalla sedia: «Guy, hai sentito la signora. Lasciala andare. Ora». Con la coda dell'occhio scorse il direttore d'albergo dirigersi verso il loro tavolo.

    «Stavo solo scherzando» rispose Guy, liberando il polso della donna con deliberata lentezza.

    La cameriera non gettò neanche un'occhiata verso Luke mentre toglieva in fretta il piatto di Guy dalla tavola.

    «Io non l'ho trovato divertente» replicò Luke gelido. «Né, sono sicuro, lo ha fatto qualcun altro. Compresa lei.»

    «Per amor del cielo, è solo una cameriera. E tutti noi sappiamo che cosa cercano.»

    Pochi minuti dopo il direttore d'albergo portò a Guy un altro piatto. «La prego di riferirmi se non è di suo gusto, signore» disse con educazione.

    «La ragazza ha avuto paura, vero?» sogghignò Guy.

    «Prego, signore?»

    «Hai sentito benissimo» ribatté Guy. «Sì, questa va bene.» Poi, brandendo il coltello, iniziò a raccontare una storia oscena al suo vicino.

    Dopo il secondo, fu la cameriera a togliere i piatti. Il nome sulla targhetta era Katrin. Luke aveva letto che l'albergo era vicino a un villaggio fondato più di cent'anni prima da immigrati islandesi; con i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri, senza dubbio lei rispecchiava lo stereotipo. Poi notò sul suo polso il segno rosso lasciatole da Guy, e avvertì un moto di rabbia.

    Non disse niente, però; la donna era stata anche troppo chiara nel mostrare di non aver gradito il suo intervento.

    «Ti unisci a me per un brandy?» mormorò John.

    «No, grazie» rispose Luke. «Il fuso orario si sta facendo sentire, tra poco mi ritiro.»

    Inoltre, Luke non era mai stato un patito degli eccessi alcolici; suo padre aveva bevuto a sufficienza per cinque uomini: un'altra ragione per cui il comportamento di Guy lo infastidiva moltissimo. Lui e John parlarono brevemente della pessima situazione del mercato del rame e del nichel; poi Luke vide Katrin avvicinarsi al loro tavolo con un carrello carico di dolci. Era straordinariamente efficiente. Cos'altro gli era sfuggito nella sua prima valutazione?

    Guy aveva ordinato un doppio brandy. Mentre lei stava per appoggiarlo sul tavolo, lui strusciò intenzionalmente il braccio contro il seno di lei. «Piacevole...» sogghignò. «Nascondi qualcos'altro sotto quell'uniforme?»

    Luke vide un lampo di fuoco azzurro dietro quei ridicoli occhiali. Poi il bicchierino di brandy si inclinò come se lo stelo le fosse scivolato tra le dita. Il contenuto bagnò la manica di Guy per poi colare sulla sua camicia azzurra.

    «Oh, signore» esclamò lei, «che sbadata! Lasci che le porti un tovagliolo.»

    Mentre Guy balzava in piedi, il volto in preda all'ira, anche Luke si alzò. Lo aveva fatto di proposito, pensò, reprimendo un moto di puro divertimento. «Guy» mormorò con gentilezza, «causa altri problemi a questo tavolo, e farò in modo che l'affare che stai trattando con la Amco Steel venga accantonato. Per sempre. Mi hai sentito?»

    Ci fu un breve, pesante silenzio.

    Guy voleva quell'affare, tutti al tavolo lo sapevano. Lo voleva disperatamente. Furibondo, ringhiò: «Sei un bastardo, McRae».

    Tecnicamente, stava dicendo solo la verità: il padre di Luke non si era mai scomodato a sposare sua madre. Ma Luke da lungo tempo non si faceva più toccare da questo particolare del passato. «Fermerò l'accordo prima ancora che arrivi sul tavolo» ripeté deciso. «Ora siediti e comportati bene.»

    Katrin aveva preso un tovagliolo dal ripiano inferiore del carrello. Mentre si rialzava, rivolse a Luke uno sguardo fulminante che chiarì più delle parole il fatto che lei non aveva bisogno del suo aiuto, né lo apprezzava. Poi passò il tovagliolo a Guy.

    «Naturalmente la direzione si occuperà del suo vestito, signore» comunicò, e con molta calma fece girare i drink rimasti e i dolci, come se niente fosse accaduto.

    Luke vuotò la sua tazza di caffè, poi con voce neutra si congedò: «Buonanotte e a tutti. Dalle mie parti sono le due del mattino, quindi vado a letto. Ci vediamo domani».

    Uscendo, si fermò a parlare brevemente con il direttore. «Confido che non ci saranno ripercussioni per la cameriera del nostro tavolo» dichiarò. «Se lavorasse nel mio ufficio, il signor Wharton sarebbe stato schiaffeggiato e accusato di molestie sessuali. E io mi assicurerei di sistemare la situazione.»

    Il direttore, che aveva almeno cinque anni meno di Luke, che ne aveva trentatré, rispose con un vago: «Grazie, signore».

    «Se verrà licenziata o penalizzata in qualche modo, presenterò reclamo alla direzione.»

    «Non sarà necessario, signore.»

    Perché stava perdendo tempo per una donna che si era manifestamente risentita per il suo aiuto? Meglio andare a letto, decise, dirigendosi all'ascensore.

    2

    Luke dormì sodo, andò a correre la mattina presto, poi tornò in camera per fare una doccia e vestirsi. Alla fine si guardò velocemente allo specchio, incrociando i propri occhi marrone scuro e ritrovando il suo aspetto abituale: curato, deciso e del tutto controllato.

    Niente male per un ragazzo di Teal Lake.

    Fece una smorfia, stizzito. Non voleva pensare a Teal Lake. Né ora né mai. Quindi, perché rimaneva lì in piedi ad ammirarsi quando sarebbe dovuto essere già al lavoro? C'erano alcuni importanti contatti che avrebbe potuto consolidare nei giorni successivi.

    Prese l'ascensore fino al piano terra. La sala da pranzo aveva finestre alte, drappeggiate di velluto, e un magnifico caminetto in pietra, affiancato da straordinari dipinti a olio di campi di grano e praterie. Era metà luglio, il lago era liscio come lo specchio della sua stanza, il cielo di un azzurro limpido.

    Gli sarebbe piaciuto trovarsi là fuori, pensò Luke. A catturare la serenità del cielo con la sua macchina fotografica digitale. Ma prima c'erano cose più importanti da fare.

    Mentre si dirigeva al proprio tavolo, la cameriera uscì dalla cucina. Indossava una gonna da contadina.

    «Buongiorno, Katrin» la salutò lui, con cordialità.

    Il passo di lei non esitò minimamente. «Buongiorno, signore.»

    Con tre parole era riuscita a far capire che, anche se essere educata con lui faceva parte del suo lavoro, non per questo lo faceva rientrare nelle sue preferenze personali. Era stato insultato molte volte nella sua vita, ma di rado con tale raffinatezza. Non una parola di troppo.

    Era arrivato al tavolo. Guy si faceva notare per la propria assenza. Luke si sedette con le spalle al lago. Non voleva guardare l'acqua. Aveva del lavoro da fare.

    E così fece per tutto il giorno.

    Prima di cena, si recò nella palestra ben attrezzata dell'albergo per liberarsi delle pressioni della giornata. Nel complesso, era contento di come stavano andando le cose. Aveva agganciato la Malesia, e sentiva di dover diffidare di una miniera a cielo aperto in Nuova Guinea. Da molto tempo aveva imparato a fidarsi del proprio istinto, che ora gli stava dicendo a gran voce di fare attenzione.

    Un'ora più tardi, sentendosi rilassato e in forze, attraversò l'atrio diretto alla sala da pranzo. Una donna elegantemente vestita proveniente dalla direzione opposta lo scrutò, sorridendogli con intenzione.

    Luke vi era abituato, eppure si chiese lo stesso il motivo di quell'interesse nei suoi confronti. L'abito e la camicia erano su misura, le scarpe italiane: due segni visibili di ricchezza. Ma molti altri uomini erano vestiti così, quindi non era solo il suo denaro. Era consapevole della propria altezza, del fisico atletico e dei tratti regolari, ed era questa la risposta che si era dato. Ciò che ignorava però era la propria aura di risolutezza, di pura energia maschile e sensualità; come non sapeva neppure di possedere uno straordinario sorriso, che addolciva gli occhi enigmatici e la mascolinità della mascella pronunciata.

    Fu l'ultimo ad arrivare al tavolo. Katrin indossava di nuovo

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