Ricordi di guerra: Per non dimenticare
Di Silver lady
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Ricordi di guerra - Silver lady
RICORDI DI GUERRA
Per non dimenticare
SILVER LADY
CONTENUTI
CONTENUTI
RICORDI DI GUERRA
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1
Genova, Ottobre 1943
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
APPENDICE
Quello strano Natale del 1943
BREVI CENNI SULL’AUTRICE E BIBLIOGRAFIA
A Rosy, sorella, amica.
A Eliana, insegnante preziosa, persona speciale.
INTRODUZIONE
Lo sterminio di massa degli Ebrei d’Europa avvenne nel contesto della Seconda Guerra Mondiale. Durante l’invasione e la successiva occupazione di diversi territori in Europa, Unione Sovietica, e Africa settentrionale le politiche razziali e antisemite del regime nazista diventarono sempre più radicali, passando dalla persecuzione al genocidio.
La Seconda Guerra Mondiale cominciò in Europa con l’invasione della Polonia da parte della Germania, il 1° settembre 1939. Durante i due anni successivi, le forze tedesche conquistarono o posero sotto il loro controllo gran parte dell’Europa Continentale.
Al suo apice, la dominazione tedesca si estendeva dalla costa atlantica francese fino alla città sovietica di Stalingrado, sulle rive del Volga, e dalle regioni artiche della Norvegia ai deserti del Nord Africa. Alla fine del 1942, tuttavia, le forze alleate erano ovunque all’offensiva e avrebbero infine respinto l’avanzata tedesca. La resa incondizionata della Germania, nel maggio 1945, pose fine alla guerra in Europa.
Giusti sono semplicemente delle persone normali che posti di fronte all’ingiustizia reagiscono sapendo opporsi anche a rischio della propria vita. Sono i non ebrei che durante la Shoah salvarono la vita di almeno un ebreo senza trarne alcun vantaggio personale.
La loro esistenza stessa dimostra che anche nelle situazioni peggiori, in cui l’assassinio era diventato legge di stato e il genocidio parte di un progetto politico, è comunque sempre possibile per tutti gli esseri umani fare delle scelte alternative.
Grazie a queste persone alcuni ebbero le possibilità di vivere una storia diversa.
Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.
LILIANA SEGRE
CAPITOLO 1
Rapallo, Genova, agosto 2018
I miei pronipoti sono a Genova per le vacanze e in queste sere calde in cui lentamente si allungano le ombre e i grilli riempiono i pigri silenzi estivi, si accoccolano spesso sul dondolo in terrazza, le energie ormai esauste dopo una lunga giornata di giochi in spiaggia.
Le mie membra sono stanche già da decenni, mi beo semplicemente dei loro sorrisi e della loro vivacità.
«Nonna, nonna Rachele, ci racconti la storia della guerra e dei bombardamenti e di quando tu e zia Tamara siete scappate?» Chiedono con l'entusiasmo tipico della loro età.
Sanno che, nonostante sia parecchio anziana, ho la mente piena di ricordi e una certa predisposizione a raccontare.
Sono bambini che non conoscono l'orrore della guerra, sono cresciuti protetti e abbondantemente accuditi, sono curiosi e ritengo che sia giusto che sappiano, perché credo nella memoria tramandata.
Nessuno dovrebbe ignorare ciò che è successo durante la Seconda Guerra Mondiale. Ho raccontate le stesse cose a mia figlia e successivamente alla sua.
Genova, ottobre 1943
Quando cominciò la guerra mia sorella Tamara aveva più o meno l'età di Rachel. Io ero più grande, ma di poco, quel tanto che mi permetteva di capire qualcosa di più.
Ricordo molto bene quella data:
10 giugno 1940.
Faceva caldo, indossavo uno scamiciato turchese di cotonina leggera e la mia unica preoccupazione quella mattina era stata convincere mamma a portarci in spiaggia a Boccadasse.
Nel tardo pomeriggio la voce metallica e impostata di Mussolini, in collegamento radiofonico dal balcone di Piazza Venezia a Roma, dichiarò l'entrata in guerra dell'Italia, suscitando un gran boato nelle piazze pubbliche e lo sconforto in molte case private, tra cui la nostra.
Il Duce, abbandonata la non belligeranza, era sicuro che l'Italia sarebbe diventata in poco tempo una grande potenza a fianco della Germania.
Il suo motto era: Vincere e Vinceremo!
Molti sapevano che non era così.
Papà diceva che l'entrata in guerra dell'Italia era un azzardo destinato alla rovina, un'illusione di gloria riflessa, un salto nel vuoto sottovalutato.
E in effetti cominciarono subito i bombardamenti degli Alleati inglesi e francesi, dal cielo e dal mare.
Anche i più ottimisti capirono ben presto quanto poco fosse preparato l'esercito italiano.
Colonne di fumo nero e incendi si alzavano nel buio della notte, le città venivano sventrate e gli attacchi dell'esercito italiano erano respinti da tutti i fronti.
Genova era presa di mira per il porto e le sue industrie. Fu colpita e massacrata per cinque anni, mentre le difese erano pressoché ridicole.
Non esistevano neanche rifugi sicuri per noi civili. Usavamo le gallerie e all'inizio ci era stato detto di rifugiarci nei piani bassi e negli scantinati.
Non c'era niente di affascinante nei bombardamenti, solo paura, fumo denso da respirare, case che crollavano, persone che perdevano tutto o ancor peggio la vita.
Nei pressi di Porta Soprana c'era l'ingresso di una galleria ferroviaria in disuso: la Galleria delle Grazie. L’imbocco della galleria era una scalinata molto ripida e scivolosa, in parte all’aperto. I cancelli venivano aperti dai soldati quando scattava la sirena che annunciava l’approssimarsi degli aerei.
Una sera, però, i soldati non arrivarono e i cancelli non si aprirono, qualcuno nella ressa cadde trascinando con sé altre persone, calpestate poi, da chi ignaro giungeva di corsa.
Fu un massacro, non prodotto dalle bombe questa volta, ma dal panico dei genovesi imbottigliati e schiacciati gli uni contro gli altri. Tutto per un allarme che risultò poi infondato.
Il giorno dopo i corpi delle vittime vennero allineati nei pressi della Banca d’Italia.
Rimasi scioccata, c'erano bambini della vostra età, donne e anziani rannicchiati nei loro poveri stracci. In quel momento ebbi veramente paura