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Ritrovare La Strada
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E-book119 pagine1 ora

Ritrovare La Strada

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Info su questo ebook

Questo Racconto è la storia di una vita complessa. Il suo incipit corrisponde al periodo dell’infanzia in un picco- lo centro dell’Abruzzo sulle pendici dell’amata Maiella Madre, che sem- bra essere rimasto in una stagione quasi mitica ed arcaica, quasi che il tempo si fosse fermato.Questa condizione di povertà e di semplicità era però destinata ad in- terrompersi bruscamente e, per al- cuni versi, brutalmente. Arriva poi il tempo di un viaggio inaspettato e radicale che cambia completamente l’esistenza della giovane protagoni- sta. Di fronte al suo sguardo attonito si spalancano gli orizzonti sterminati e complicati di un Paese: l’Australia. Nessuno le aveva detto che sarebbe stato il luogo di un riscatto a lungo agognato. Un luogo nel quale avreb- be scoperto, negli anfratti del suo in- conscio e tra ripetute sofferenze, la strada della comunicazione interiore, profonda, luminosa e sorprendente.

LinguaItaliano
Data di uscita14 mag 2021
ISBN9781005398958
Ritrovare La Strada
Autore

Rosa Ucci

Rosa Ucci, nata a Lanciano (CH) nel 1946, si è laureata in Scienze Politiche a Bologna e in Psicologia Applicata a “La Sapienza” di Roma. Dopo un’esperienza ventennale di insegnamento, si è dedicata alla libera professione di psicologa e psicoterapeuta, porgendo particolare attenzione ai problemi dello sviluppo della personalità femminile nella sua espressione individuale e sociale. Il suo spiccato senso di libertà e il desiderio incessante di conoscere la natura umana in tutte le sue sfumature l’hanno condotta in Australia, in America, in Inghilterra, dove ha approfondito le più recenti tecniche di analisi dei comportamenti consci e inconsci e svolto attività di ricerca e di divulgazione su tematiche sociali. L’incontro con il tango, durante un viaggio in Argentina nel 1992, segna l’inizio di un interesse che condurrà alla originale intuizione sul significato profondo del tango, espresso in tutte le sue sottili e intime sfumature nel testo Nostalgia, tradimento, amore. Viaggio all’interno del Tango, nato nei locali di una Buenos Aires non turistica, dove il ballo è vissuto ancora nel suo originario significato di trasformazione del dolore in sentimento vitale.

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    Anteprima del libro

    Ritrovare La Strada - Rosa Ucci

    Narrativa

    © Copyright 2017

    Enrico Massetti Publishing

    Washington DC USA

    Proprietà letteraria riservata

    Elaborazione grafica della copertina di Paola Di Fabio e Marco Colantuono.

    Rosa Ucci

    RITROVARE LA STRADA

    Edizioni Massetti Publishing

    Washington DC USA

    INDICE

    Narrativa

    Rosa Ucci

    RITROVARE LA STRADA

    PREFAZIONE

    PROLOGO

    LettOPaLena 1943

    CaPitOLO 1

    CaPitOLO 2

    CaPitOLO 3

    CaPitOLO 4

    CaPitOLO 5

    CaPitOLO 6

    CaPitOLO 7

    CaPitOLO 8

    CaPitOLO 9

    CaPitOLO 10

    CaPitOLO 11

    CaPitOLO 12

    CaPitOLO 13

    CaPitOLO 14

    CaPitOLO 15

    CaPitOLO 16

    CaPitOLO 17

    CaPitOLO 18

    A Pina

    PREFAZIONE

    Questo Racconto è la storia di una vita complessa. Il suo incipit corrisponde al periodo dell'infanzia in un piccolo centro dell’Abruzzo sulle pendici dell'amata Maiella Madre, che sembra essere rimasto in una stagione quasi mitica ed arcaica, quasi che il tempo si fosse fermato.

    Questa condizione di povertà e di semplicità era però destinata ad interrompersi bruscamente e, per alcuni versi, brutalmente. Arriva poi il tempo di un viaggio inaspettato e radicale che cambia completamente l’esistenza della giovane protagonista. Di fronte al suo sguardo attonito si spalancano gli orizzonti sterminati e complicati di un Paese: l’Australia. Nessuno le aveva detto che sarebbe stato il luogo di un riscatto a lungo agognato. Un luogo nel quale avrebbe scoperto, negli anfratti del suo inconscio e tra ripetute sofferenze, la strada della comunicazione interiore, profonda, luminosa e sorprendente. In una situazione completamente nuova ha inizio la seconda fase della sua vita iniziata tanti anni prima in un piccolo centro dell’Appennino montano in una Italia che dopo sembrava lontanissima.

    La potremmo definire una lunga strada per l’emancipazione. Un rivelamento che passa attraverso una prima esperienza lavorativa in una Australia dove gli emigrati conservano le loro abitudini in uno strano miscuglio che rivela il contatto tra culture.

    L’inevitabile e non evitato destino del matrimonio che si sarebbe rivelato una fonte di contraddizioni anche se l’avrebbe resa madre, ma non completamente soddisfatta. Lungo la strada verso la completa emancipazione la vita le avrebbe riservato ben altre sorprese rendendola veramente libera.

    Vincenzo Centorame

    PROLOGO

    LettOPaLena 1943

    Lettopalena era entrata in guerra. L’Italia lo era da tempo. La maggior parte dei lettesi erano impegnati al fronte. I rimbombi delle cannonate si erano sentiti sempre più vicini, però nessuno avrebbe mai immaginato che, all’improvviso, il paese si sarebbe trovato al centro del conflitto, né che quel giorno era l’inizio di un drammatico periodo in cui i connotati urbanistici del paese sarebbero stati modificati e sconvolta la vita della sua gente.

    Il profilo naturale di quest’area, questa catena di montagne, acquisì un valore strategico per gli eserciti in guerra. La zona di Lettopalena si trovò ad essere attraversata dalla Linea Gustav. I tedeschi trasformarono rapidamente gli ostacoli naturali in potenti apprestamenti difensivi, che gli Alleati avrebbero dovuto superare a uno ad uno.

    L’esercito tedesco dominava la vallata tenendo a tiro di mitragliatrice e di cannone ogni movimento sospetto. I pochi rimasti della popolazione di Lettopalena, gente straordinariamente pacifica, si ritrovava improvvisamente sul fronte di guerra più esposto e più rischioso della zona.

    Nei giorni precedenti, quei poveri contadini avevano assistito in silenzio alle razzie degli animali. I tedeschi dapprima puntarono al bestiame razziandolo e poi portandolo via. I lettesi avevano escogitato diversi stratagemmi. Chi stipò in un baule tutte le ricchezze possibili, che sotterrava in giardino o in cantina. Chi raccoglieva i propri beni in una stanza e murava la parete. Chi trasportava le proprie cose in una delle tante grotte vicine.

    Qualcuno trasportò le proprie cose in un luogo al quale i tedeschi non avrebbero mai pensato: l’ossario del cimitero. In previsione del peggio ognuno si arrangiò come poté. A scappare non furono in molti, intanto perché la maggior parte degli uomini erano lontani, sparsi sui fronti di guerra o in campi di concentramento, e poi perché si era convinti che prima o poi il pericolo sarebbe passato. Ma non fu così. Il 30 ottobre un manifesto richiamò tutti ad una incredibile realtà. Per ordine del comando delle forze armate, la firma era del generale Kasserling, dovevano essere evacuati i paesi di: Palombaro, Civitella Messer Raimondo, Fara San Martino, Lama dei Peligni, Taranta Peligni e Lettopalena.

    Quest’ultimo recitava testualmente l’ordinanza: per esigenze di guerra, deve essere completamente distrutto. La popolazione è invitata a lasciare il paese entro le ore 12 del giorno 2 Novembre. La popolazione potrà portare solo qualche indumento indispensabile e dovrà recarsi verso Sulmona. Sarà messo a disposizione di essa un camion per il trasferimento a Sulmona .

    La mattina del 18 novembre un camion, scortato da un sidecar, che si era solito vedere in precedenti perlustrazioni, dopo aver attraversato mezzo paese, si fermò. In pochi istanti vomitò, dalla parte posteriore, una quarantina di soldati: armati, sicuri, aggressivi, determinati. No. Questi non erano venuti per la rituale perlustrazione.

    Raus, raus, raus, gridavano. Non c’era affatto bisogno di traduzione: il suono, i gesti che li accompagnavano, risultava chiaro anche ai bambini. Bisognava uscire dalle case, andare fuori, fuori, fuori. Ed occorreva farlo subito, per non prendersi un calcio di fucile in testa. Erano pochi questi soldati, ma sembravano tanti. Setacciavano le case una per una, con rapidità e cura.

    Con precisione teutonica seguivano un piano preparato in ogni minimo dettaglio. Strillavano forte, tanto forte per incutere paura, a una popolazione pacifica e disarmata, composta per lo più di bambini, vecchi e donne, alimentando confusione ed angoscia.

    Un indifeso, mite gruppo di persone lasciarono le case dove vivevano da sempre. Non pensavano nemmeno che fosse l’ultima volta che le vedevano e che non vi avrebbero fatto più ritorno. Essi, mentre andavano via senza convinzione, si chiedevano come potevano interessare quelle piccole stanze di contadini e di montanari a quel grande esercito germanico che dominava l’Europa e voleva soggiogare il mondo.

    I tedeschi potevano dirsi soddisfatti. In poche ore il paese era stato evacuato. Essi misero a disposizione il loro camion per trasferirli, ma nessuno accolse l’invito. Mestamente, tra lacrime e lamenti, i lettesi erano arrivati alla località Brecciara, chiamata da tutti il Calvario, dall’altra parte dell’Aventino, dove si trovavano i pagliai, le masserie, gli ovili.

    La maggior parte delle persone cominciò a pensare come trasformare quei locali in luoghi abitativi: intanto in quel momento rappresentavano un tetto. Quella notte non tutti i tedeschi tornarono a Palena, dove alloggiavano. Si sistemarono in un palazzo di fronte alla Chiesa, postazione provvisoria, fino a quando non sarebbero andati a piazzarsi dall’altra parte del fiume. La loro presenza doveva sconsigliare qualsiasi tentativo di ritorno degli abitanti alle case.

    Alle prime luci dell’alba i lettesi videro i loro camerati che si affannavano in preparativi che percepivano essere nulla di buono. Essi stavano preparando lo spettacolo più brutto della vita di questa gente.

    Il 19 novembre alle ore 19,30 il primo boato. Avvolti nella polvere e nel fumo i lettesi vedevano cadere, uno alla volta, case ed edifici al di là del fiume. Urla di paura e disperazione si levavano nel cielo. Alla seconda esplosione comincia un pianto contagioso di donne, un lamento impastato di dolore e di incredulità.

    I bambini, ignari, assistevano incuriositi, forse divertiti. I botti furono interminabili. Le divise ed i volti delle SS sempre più spettrali, insieme alle vesti delle donne più vecchie. Verso le ore 16 i soldati effettuarono l’ultima esplosione.

    Del paese era rimasto un cumulo di macerie, pietre su pietre, un ammasso informe di cose e storie, qualche inizio d’incendio. Si sentiva di tanto intanto: la casa mia, la casa mia , ma le parole non avevano più la forza per la stanchezza ed il senso di inutilità. Le lacrime tutte consumate. Lettopalena non c’era più.

    Del ridente paese era rimasto in piedi la Chiesa con il campanile e un paio di case, dove i tedeschi avevano piazzato la loro postazione. Altre volte il paese era stato distrutto, soprattutto dai terremoti, ma la natura non era mai riuscita a compiere un lavoro così meticoloso, accurato, pignolo. Un lavoro di guerra, dove tutto è spiegato, giustificato e, comunque, resta, allora e sempre, orribile ed intollerabile nelle sue manifestazioni e nelle sue conseguenze.

    I lettesi erano agghiacciati, non capivano, non trovavano giustificazioni. Tutto era accaduto così in fretta, forse era un sogno, un brutto sogno. Poi si svegliarono.

    L’inverno era alle porte. I pensieri che più li assillavano erano ridotti a due: un tetto per ripararsi ed il cibo

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