Morire a Marcinelle. Storia di un minatore italiano
()
Info su questo ebook
Leggi altro di Emanuele Corocher
55 Haiku Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Papa, il Vescovo, il Templare, l’Imperatore e il Popolo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniViviamo follemente ogni istante Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Correlato a Morire a Marcinelle. Storia di un minatore italiano
Ebook correlati
Mio padre e la guerra Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'amore occulto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniTradizioni e Speranze: Anime brulicanti vol. 3 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniFerramonti - La salvezza dietro il filo spinato Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniConfini incerti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAndrà tutto bene Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl mio diario segreto dell'Olocausto Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Memorie di un soldato siciliano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniL'ultimo eroe sopravvissuto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCento di questi anni. Preludio Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Ma io in guerra non ci volevo andare: Fiume-Mülhdorf/Dachau e ritorno (1944-1954) Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe luci avare dell'alba Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniHajduk Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa storia di Anne Frank Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniRicordi di guerra: Per non dimenticare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDiario Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa giovinezza di Shlomo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSomma Zero Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniElda: vite di magnifici perdenti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa mia Famiglia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGORA - Appunti di un'infanzia nel dopoguerra Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniFiori misti Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa stanza segreta di Anna Frank Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl conte di La Ghirara Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa mia storia. I miei primi cinquant’anni in Canada Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniBorges e gli oranghi eterni Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Uomini e donne di Fabrizio De André: Conversazioni ai margini Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDiana Mosley la venere del fascismo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Diario di Anne Frank Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniCirenaica: Un sogno perduto Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Arti dello spettacolo per voi
Il Medioevo (secoli XIII-XIV) - Letteratura e teatro (35): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 35 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniManuale Di Dizione Italiana: Regole Ed Esercizi Pratici Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDelos Science Fiction 215 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Maestro tra danza e musica. L’accompagnamento musicale nella lezione di danza classica dell’Ottocento, dal violino al pianoforte Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Quattrocento - Letteratura e teatro (41): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 41 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Seicento - Letteratura e teatro (54): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 55 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGiorgio Gaber. Frammenti di un discorso... Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAcqua di colonia Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPro Tools For Breakfast: Guida introduttiva al software più utilizzato negli studi di registrazione: Stefano Tumiati, #1 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGestire la cadenza dialettale - Per colloqui di lavoro e il personal branding: Acquisire un italiano neutro per colloqui di lavoro e il personal branding Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniAmphitruo - Asinaria - Aulularia - Bacchides Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniDanza e Spazio: La metamorfosi dell'esperienza artistica contemporanea Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniKeep calm e guarda un film Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe commedie Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLeggende degli Indiani d'America Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniGirotondo Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Il Medioevo (secoli XI-XII) - Letteratura e teatro (29): Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 29 Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniI capolavori Valutazione: 4 su 5 stelle4/5Romeo e Giulietta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniPaesi tuoi Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Principe Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniShakespeare è Italiano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniVisto in sala. Storytelling attraverso il cinema.: Lezioni di Storytelling attraverso il cinema Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl diritto di contare Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniIl Giocatore Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniStoria dei fumetti di Alien e Predator: 1988-2018. Un universo raccontato per la prima volta Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniSEGRETI E BUGIE DI FEDERICO FELLINI. Il racconto dal vivo del più grande artista del ‘900 misteri, illusioni e verità inconfessabili Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLa casa in collina Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniLe leggende del castello nero e altri racconti Valutazione: 5 su 5 stelle5/5C'eravamo tanto amati. I capolavori e i protagonisti del cinema italiano Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioni
Recensioni su Morire a Marcinelle. Storia di un minatore italiano
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
Morire a Marcinelle. Storia di un minatore italiano - Emanuele Corocher
G
Dedicato a Giuseppe Corso
Quel mattino il cielo era azzurro. Molti testimoni lo ricordano come una delle più limpide giornate che si fossero mai godute nel distretto minerario di Charleroi, ma verso le otto, la volta celeste cominciò a oscurarsi. Nuvole di fumo salivano dai pozzi del Bois du Cazier. La gente spaventata si precipitò ai cancelli, mentre sotto i loro piedi, nelle viscere della terra si consumava la Tragedia. Non sapevano ancora che le condizioni d’insicurezza e di abbandono di quel posto stavano trasformando un errore umano in una strage.
L’angoscia cresceva minuto dopo minuto.
Dei 274 lavoratori in servizio, nei vari livelli sotterranei, 262 (di cui 136 italiani) non ne sarebbero usciti vivi.
Molte vicende le ho ricostruite io, basandomi sulle fonti che ho controllato al limite del possibile. Ho raccolto le testimonianze della cognata Rita, della nipote Maria Elisa e del pronipote Francesco, alle quali mi sono liberamente ispirato per raccontare, romanzandola, la vita di un giovane uomo pieno d’ideali e speranze, ma che ha conosciuto solo guerra, delusioni, fatiche e desolazioni. Nella sua breve vita ha provato raramente gioie e soddisfazioni, dalle quali trasse comunque forza e speranza. La miseria del dopoguerra e l’amore per la sua Patria, lo spinse ad emigrare, e dopo umiliazioni, patimenti, ferite, incidenti e infelicità, morì nella miniera di Marcinelle con altri 261 uomini come lui. Il più giovane aveva quattordici anni e il più anziano cinquantacinque.
Il romanzo è ispirato dalla vita di Giuseppe Corso, Medaglia d’oro nel 2005 per merito civile.
Emanuele Corocher
Prefazione
Sono Nerina, un’italiana di seconda generazione. Dopo aver frequentato la scuola elementare fra mille difficoltà a causa dell’emarginazione degli emigrati italiani, mi sono laureata ed ho insegnato nelle scuole belghe a migliaia di bambini di tutte le nazionalità. Il mio nome descrive l’ambiente in cui si viveva: tutto era nero. La fuliggine avvolgeva tutto e tutti, neonati compresi. Da molto tempo desideravo mettere ordine nei miei ricordi, scrivendoli in un diario. I miei figli temono che con lo scorrere del tempo la memoria si offuschi e possa scordare cose importanti. Ora ho più tempo, perché ho raggiunto l’età della pensione. Ho deciso di raccontare la storia d’amore, d’amicizia, di sofferenza e sacrificio che secondo noi non deve assolutamente cadere nell’oblio. Mio padre era un minatore che non scese in miniera il giorno della catastrofe perché aveva subito un intervento chirurgico e stava a letto. Non comprendevo che cosa significasse lavorare otto o nove ore in miniera. Vivevamo nelle baracche, ma io allora, bimba di nove anni, pensavo solo a giocare e non mi pesava dormire con la mia sorellina testa e piedi. Non c’era l’acqua corrente in casa e con i bambini del Belgio non ci giocavo mai.
A scuola mi schernivano: «Sales macaronìs!», e io gli gridavo: «Sales pommes de terre! Patates!».
Molte volte disputavo fisicamente. Spesso riuscivo persino a picchiare dei maschi che poi mi giravano alla larga. Nel campo
eravamo tutti italiani, e se una famiglia aveva delle difficoltà o dei problemi, le altre cercavano d’aiutarla. Con il trascorrere degli anni le cose sono migliorate con i belgi ed io ne ho sposato uno. Logicamente il più bello e bravo. I miei figli sono nati qui e parlano minimo tre lingue. Siamo una famiglia, come si usa dire, integrata.
Quando nacque la mia sorellina Irma, nell’anno Santo 1950, i suoi padrini di battesimo furono Franz e Ingrid, due fratelli tedeschi, grandi amici dei miei genitori. Li ho persi di vista per un paio d’anni, ma l’8 agosto 1956 riapparvero e non ci perdemmo di vista mai più. Conobbi in seguito Sonja, innamorata del nostro vicino e amico Giuseppe. Lei abitò con noi per molti giorni e raccontò tutto ciò che mi accingo a scrivere. Sono onorata per aver custodito questi ricordi che riescono a svelare molte facce dell’anima umana.
1. La partenza
Giuseppe si girava e rigirava nella brandina messa a sua disposizione dalle autorità belghe. Si trovava sotto la stazione centrale di Milano, al mattino seguente sarebbe stato sottoposto ad un’ultima visita medica presso la caserma Garibaldi, e poi, se ritenuto sano, sarebbe partito per una miniera in Vallonia.
Era arrivato con un pacco di carte rilasciate dalla questura di Verona per attestare che non era pericoloso né facinoroso. Aveva inoltre una dichiarazione del vescovo, per dimostrare la buona reputazione e i risultati delle visite mediche già sostenute nella sua città. Durante la prima visita del mattino, i sanitari belgi gliele avevano sottratte, dandogli un solo foglietto numerato. Non poteva allontanarsi, ora non possedeva nessun documento per dimostrare che lui era veramente Giuseppe Corso, nato a Montorio Veronese e residente a Chievo. Pensò maliziosamente che qualche brigante avrebbe potuto sostituirsi a lui. Se rubavano quel foglio, sarebbero andati a lavorare al posto suo.
Era molto inquieto. Durante il responso medico del pomeriggio, un contadino trevisano e uno friulano erano stati respinti perché uno aveva una vena varicosa e l’altro tracce di sangue nell’urina. I due uomini piansero e supplicarono per ore i sanitari ma la squadra medica fu inamovibile. Non potevano partire: Inabili
.
La dottoressa belga aveva poi rassicurato Giuseppe, in tedesco, lingua che lui parlava fluidamente. L’indomani la società mineraria gli avrebbe senz’altro dato il contratto per poter lavorare a scelta in uno dei cinque bacini carboniferi belgi: Borinage, Centre, Charleroi, Liège e Campine.
Lo consigliò anche d’imparare la lingua francese. Sembrava proprio gentile.
Non i due disgraziati contadini, che aveva guardato negli occhi e incoraggiato, lo avrebbero derubato. Non sarebbero andati a corrompere i medici, ma forse qualcuno scartato nei giorni precedenti e che ancora si aggirava fra le rotaie, al piano superiore. Sì! Quei due uomini erano umili e onesti. Da loro non poteva arrivare nessuna carognata, ne era certo, ma da gente sconosciuta forse sì.
Era solo e non doveva fidarsi degli sconosciuti. Era stato questo l’ultimo consiglio avuto dal padre Onorio. Pensò alle sue forti braccia. Ricordava l’espressione dei suoi occhi quando due notti prima l’aveva salutato annunciando che partiva in cerca di fortuna.
I genitori trasecolati lo pregarono di restare ma lui aveva preparato le carte già da giorni e a loro insaputa.
Aveva trascorso sette lunghi anni lontano da casa a causa del conflitto bellico, e al rientro in Italia dall’est europeo si sentiva un estraneo. Non c’erano argomenti da condividere.
Suo fratello Bruno, quasi coetaneo, da pochi mesi era tornato dalla prigionia in Germania. Capiva i sentimenti del fratello perché erano anche i suoi. Entrambi disoccupati si sentivano parassiti, benché i genitori mostrassero solo felicità per il loro ritorno. Erano tutti ancora sconvolti da ciò che avevano sofferto e visto durante la guerra. C’era tanta miseria.
I genitori cercavano di sfamare cinque figli maschi e lo facevano senza lamentarsi, ma Giuseppe soffriva. Era nervoso, insofferente. Non si confidava con nessuno.
S’isolava in un mondo triste e si capiva che soffriva. Diceva poche cose solo a Bruno. Era l’unico al quale aveva accennato della sua partenza per il Belgio.
Si girò nuovamente nella brandina, uguale alle altre. Avrebbe potuto essere nella camerata di una colonia estiva per bambini. Sì, sul mar Adriatico di fronte ai luoghi che l’avevano visto in armi, fino l’anno prima.
***
Avvertì il solito vuoto nello stomaco mentre prepotentemente ricordava lo sguardo di Sonja a Fiume il 10 settembre di quasi tre anni prima. Stava godendo una licenza già programmata di ventiquattro ore. Lui era già a letto, mentre lei si spogliava in modo meccanico, con lo sguardo perso nel vuoto.
La camicetta cadde sul tappeto, poi la gonna, e mentre si toglieva la biancheria intima, lo guardò trattenendo il pianto. Era un amore totale, nato senza spiegazioni razionali.
Nella stanza d’albergo, la solita passione li prese fino il mattino dopo. Dalle tende polverose s’insinuava un raggio di sole, attraversava il tappeto e lambiva la biancheria, in un fascio perfetto come una lama sottile. Ora doveva tornare al reggimento e lei era disperata. Lo scongiurò di restare, ma Giuseppe non poteva tradire la fiducia del suo superiore, né abbandonare gli amici. Di traditori italiani se ne potevano contare già molti iniziando dal Re, esponente di una monarchia inetta e fellona. L’aveva dimostrato con la sua fuga a Brindisi tradendo un’intera generazione d’idealisti.
L’ordine arrivato dal Capo del reggimento consigliava di ricongiungersi con gli altri reparti e dirigersi a Trieste per aspettare nuovi ordini. Negli ultimi mesi, mentre era al sicuro nella casa del Chievo, si era silenziosamente rimproverato migliaia di volte. Sentiva la mancanza della sua donna che non era riuscito a convincere con il suo piano d’espatrio. Ricordò come l’aveva conosciuta. Accadde il 20 ottobre 1941 nell’infermeria del campo. Con il suo reparto era impiegato in una colonna d’autocarri che andava a Voinic. Dovevano prendere i rifornimenti alimentari. A circa metà strada nei pressi di Miholijsko, caddero in un’imboscata. L’equipaggio dell’autocarro di coda, sottrattosi all’agguato, riuscì a piazzare una mitragliatrice su una circostante altura e aprì il fuoco sui partigiani titini, che si accingevano a depredare e finire le vittime dell’imboscata. Lui, cavalcando il suo cavallo di nome Nero, riuscì a fuggire e avvisare il Capitano Casaburi a Voinic, che mandò immediatamente i carri armati in rinforzo ai superstiti. Recuperarono le salme dei caduti e portarono in salvo i feriti.
Giuseppe si fece curare una ferita di striscio alla