I giorni dell’Ombra e della Luce 1944 – 1945. Tra Barga e Nozzano
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La Seconda guerra mondiale vista attraverso gli occhi di una bambina, tra i rastrellamenti, i bombardamenti, le privazioni, la paura. Da Barga e Nozzano una famiglia cerca di sfuggire alle devastazioni, non solo materiali, ma intime, personali.
E così il vagare e l’attendere, il fuggire, il partire, diventano gesti che l’immaginario infantile osserva e declina, in un personale abbecedario che è la vita.
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Anteprima del libro
I giorni dell’Ombra e della Luce 1944 – 1945. Tra Barga e Nozzano - Maria Pia Pieri
edizioni
Copyright
© Copyright Argot edizioni
© Copyright Andrea Giannasi editore
Lucca, agosto 2020
1° edizione
Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633).
ISBN 9788832281521
I lettori che desiderano informazioni possono visitare il sito internet: www.tralerighelibri.com
dedica
A Paolo, con tanto affetto.
Prologo. Ricordare
Il primo ricordo le è chiaro, vivido, come in un quadro pieno di luce. Rivede le donne del quartiere, fatto di case vecchie e vie strette, che nei giorni di sole si riunivano dopo mangiato nella piazzetta con i platani su un lato e aperta verso le montagne dall’altro. Sedute sulle seggioline, tiravano fuori i loro lavori, chi rammendava, chi faceva la calza, chi ricamava. Le ricamatrici erano le più silenziose, tutte attente a fili e punti, come se cucissero la loro stessa pelle; le altre invece chiacchieravano a non finire, osservando il lento incedere del lavoro delle compagne. Intanto i figlioli, dai più piccoli quasi trotterellanti ai più grandicelli, giocavano. A coppie le bimbe, a gruppetti i maschi. Qualsiasi cosa serviva: una palla o una pistola finta, una macchinina, una bambola, ma anche sassetti e foglie, e poi c’erano il nascondino
e il mondo
. Le madri ogni tanto alzavano il capo dal lavoro, non c’erano pericoli ma non se ne poteva fare a meno, veniva naturale come passare una mano fra i capelli. Rivede tutto, e risente anche gli strilli e talvolta le grida e i pianti, superati solo dalle urla e dai rimbrotti delle madri. Poi la calma che tornava, ma in realtà non se ne era mai andata. C’era una guerra lontana ma sembrava non aver a che fare con la loro vita di tutti i giorni. Tuttalpiù si diceva che sarebbe stato per poco, che presto sarebbe finita vittoriosamente, con enormi vantaggi per tutti. Passavano i mesi e mentre il fascismo dominava, accolto dalla maggioranza con soddisfazione e da una minoranza con angoscia, e i figli crescevano e diventavano Piccole Italiane e Balilla, la guerra diveniva reale, vicina, con le sue sconfitte impreviste.
Qui i suoi ricordi si fanno confusi. Non è che non ricordi i luoghi e le persone ma sono i tempi, la sequenza degli avvenimenti che non riesce a decifrare, come se gli episodi invece di sistemarsi su un asse lineare si affastellassero l’un l’altro, fossero divenuti parte di una ragnatela senza un prima e un dopo. Una ragnatela grigia, triste, che la fa stare male. Solo molto più tardi arriva a collegare alcuni fatti con le loro date ma non è uno sforzo indolore.
Era in terza elementare quando gli alleati sbarcarono in Sicilia, di questo è sicura, perché doveva fare l’esame alla scuola pubblica, lei che per un caso fortuito studiava dalle suore e c’era entrata a cinque anni. Aveva l’impressione che la maestra ne fosse contenta, sorrideva mentre lo diceva. Si ricorda anche dell’8 settembre perché aveva provato un forte sentimento di odio in quell’occasione. Si trovava per una specie di vacanza lontana dal paese, a casa del nonno materno, un uomo alto e serio che sembrava non sorridere mai. Non aveva un particolare affetto per lui, ma gli piaceva il posto, il giardino, l’orto, la vigna e la pineta, che la facevano sentire libera di correre e di fantasticare. Giunse, lei non saprebbe dire come, la notizia dell’armistizio e forse non capì neppure cosa voleva dire. Notò, però, più di una volta l’astio con cui il nonno si riferiva a suo padre che non veniva a riprendersela, che tardava senza una vera ragione. Da allora non si sentì più a suo agio e fu perfino felice quando seppe che il nonno era morto.
Ma l’episodio dello sputo su un manifesto fascista firmato dal locale podestà o da qualche funzionario repubblichino, quando era avvenuto? Rivede il gruppetto di ragazzotti che le avevano suggerito di farlo, forse aspettandosi che si rifiutasse e ricorda di come era poi scappata di corsa a rifugiarsi in casa, piena di paura dopo il gesto eroico
. Ricorda anche il pomeriggio del rastrellamento, con le pattuglie di militari tedeschi che portavano via gli uomini e la paura per il padre e il fratello maggiore, pronti in casa con un piccolo fagotto preparato in fretta, un po’ di pane e formaggio, un maglione e i calzettoni di lana pesante. Con la gioia che si fece quasi stupore quando i militari si allontanarono con il loro carico umano senza averli presi. L’unica casa a non essere rastrellata era stata la sua, forse perché due pattuglie si erano posizionate su due lati e ognuno aveva pensato che l’altro avesse svolto il proprio compito.
Com’è che la vita ti sceglie o ti scarta, come si scampa a una fine e se ne fa un’altra? Questo non lo sa. Però ricorda le donne che si affacciavano piangenti, che uscivano di casa a capannelli facendosi forza l’una con l’altra e il mesto sorriso della madre che continuava ad abbracciare il figlio e non osava farsi vedere. Poi arrivarono le cannonate, la prima