Dio è un ragazzino che si diverte a giocare con le bolle di sapone
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Info su questo ebook
Lo fa ingenuamente attraverso i suoi pensieri, i postulati nazional-popolari, le frasi intense e lapidarie con le quali cerca disperatamente di mettere un ordine al caos che lo circonda e nel quale non riesce a trovare un’esatta collocazione.
Ne nasce un resoconto dettagliato delle sue vicissitudini, delle impressioni ricevute dal suo infruttuoso peregrinare, caratterizzato da un linguaggio il più delle volte scarno, essenziale, anche se, a volte, preso dagli effetti dell’alcol e dai propri ricordi, si abbandona inconsapevolmente a intensi ed eccessivi lirismi, a certi sentimentalismi fin troppo ovvi, carichi di ridondante e ispirata retorica.
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Anteprima del libro
Dio è un ragazzino che si diverte a giocare con le bolle di sapone - Gualtiero Lelli
Gualtiero Lelli
DIO È UN RAGAZZINO CHE SI DIVERTE
A GIOCARE CON LE BOLLE DI SAPONE
AbelBooks
ISBN 9788867522446
Prima edizione febbraio 2021
Copyright © AbelBooks
Piergiorgio Leaci editore
Via Milano 44 – Novoli
www.abelbooks.net
Disegno di copertina di Rosa Attollino.
Indice
Qualcosa che ci tenga aggrappati al mondo
C’è sempre qualcuno che vuole salvarti
Ci vuole molta fortuna anche per morire
Credo che tu sia terrorizzato dalla noia
Dio è un ragazzino che si diverte a giocare con le bolle di sapone
Il tizio che non mi ricordavo chi fosse
L’uomo che aveva tentato di uccidersi con un martello da carpentiere
Non lo so se mi va più di stare con te
Non se ne trovano più tante come Ada
Provateci voi a stare tutto il giorno con uno che legge i tuoi pensieri
Sono una persona noiosa
Una pagina ben scritta
Una sera sono rientrato a casa e niente era più come prima
Si sono presi la nostra parte migliore
Si ripercuotono nella mia testa le parole del giorno
Quella che vedi è solo la mia ombra
Ma a noi pareva di guardare il mondo dalla luna
L’altro
La strega del supermarket
Forse non è proprio tutto da buttare alle ortiche
La porta dell’inferno
Fortuna che ci siamo fatti togliere il malocchio
Il vecchio Conrad
A un ragazzo promettente
Sono io che vedo che le cose in modo sbagliato
E in strada mi sembrava che fossero passati cento anni
Discorsi sui massimi sistemi del mondo
Ho sognato tre ragazze bellissime che pattinavano nude davanti allo Sheraton.
Shu
Un desiderio
La casa del morto
Non si discute con uno che non ha più niente da perdere
Il ragazzo dai piedi marci
L’eternità e un giorno
Il meglio che può succedere è che tutto resti così com’è
Io non scrivo poesie
La fortuna a volte arride anche ai disperati
La pazza di Via Caffaro
Ogni tanto qualche addetto alla sicurezza o un infermiere
La città mi sta addosso
La scelta sbagliata
La verità corre sulle linee del trasporto municipalizzato
Niente è più rassicurante di un giorno qualunque
Sarebbe un peccato finirla qui questa sera
Se un giorno scoprissi che il mio lavoro non è stato vano
Ultimo canto del corvo
Qualcosa che ci tenga aggrappati al mondo
Mi avevano messo a lavorare in un ufficio giù al piano seminterrato. La stanza era stretta e lunga e non c’erano finestre. Alle pareti stavano poggiati gli scaffali di ferro, in fondo alla stanza c’ero io, su una sedia scomoda davanti a un piccolo tavolo traballante.
Il lavoro non era poi tanto male, il meno peggio che avessi mai fatto. La paga era buona e almeno si stava all’asciutto. Ogni tanto arrivava un tizio con la posta, dovevo leggere le lettere e rispondere a tutti quei coglioni. Questo era il mio lavoro, il migliore che avessi mai fatto.
La sera ritornavo a casa in tram. Mi restava molto tempo libero, se consideriamo la notte. Ecco, pensavo, è fatta, se le cose vanno per il verso giusto tra due anni al massimo salirò ai piani alti, magari mi daranno un posto da passacarte. Due mesi dopo vado dal capo per dare le dimissioni.
«Perché ti vuoi licenziare, non ti piace il lavoro?» fa lui, sinceramente dispiaciuto.
«No, il lavoro mi piace, eccome» gli dico io.
«E allora perché vuoi lasciarlo?»
«Ho conosciuto una donna. Dice che se vogliamo mettere su famiglia mi devo trovare un impiego migliore di questo.»
Ho rassegnato le mie dimissioni, poi ho lasciato la ragazza che voleva che mi trovassi un lavoro migliore. Una volta ho conosciuto un tipo strano che diceva di avere inventato una macchina per estrarre l’oro dal mare.
«Non hai l’aria di uno che ne abbia trovato molto» gli dissi. «Non fa niente» mi rispose quello. «L’importante è che la macchina funzioni.» Sembrava veramente molto soddisfatto della sua invenzione.
Non siamo tanto diversi, il cercatore d’oro e io, pensai. Anch’io scrivo cose che non leggerà mai nessuno. Abbiamo tutti bisogno di qualcosa che ci tenga aggrappati al mondo.
C’è sempre qualcuno che vuole salvarti
Ieri sono venuti a cercarmi quelli del sindacato.
«La vostra situazione (la nostra?) è molto grave» hanno spiegato. «Vogliamo salvare il vostro lavoro» e mi hanno sbattuto davanti il modello prestampato in triplice copia per l’iscrizione. Sono stato a sentirli, perché è educato stare a sentire le persone, e poi gli ho detto che dovevo pensarci prima un po’ sopra.
C’è sempre qualcuno che vuole salvarti dalle fiamme dell’inferno. Ogni tanto bussano alla porta i testimoni di Geova e qualche volta gli apro. Nessuno apre mai a quegli invasati, ma ho voluto sentire anche le loro ragioni. Mi hanno spiegato che i posti disponibili sull’arca erano quasi finiti e mi hanno proposto un biglietto last-minute per la fine del mondo. Gli ho risposto cordialmente che dovevo prima pensarci un po’ sopra.
Una volta sono venuti pure una coppia di mormoni in abito scuro, li ho fatti entrare solo perché la ragazza era carina. Non lo so, aveva qualcosa che mi mandava ai matti. Sarà stato perché aveva un gran culo e due occhi azzurri come il mare, perfettamente intonati alla divisa. O forse per via del suo accento esotico. Il ragazzo parlava fitto, ma i miei occhi erano soltanto per lei, saltavano dalle sue labbra alle tette sode che prorompevano dalla camicetta allacciata fino al collo. Poi se ne sono andati e mi hanno lasciato in dono una copia rilegata in finta pelle del Libro di Mormon, dicendomi che ci saremmo rivisti la settimana successiva.
Io ho aspettato con ansia tutta la settimana il momento di rivedere Janet, così si chiamava la ragazza. Poi lei finalmente ha nuovamente bussato alla porta, con una sua collega questa stavolta, una che non capiva una parola d’italiano e ci siamo messi a parlare, o meglio, a dirla tutta, era più che altro lei che parlava, con quel suo modo di fare che mi mandava ai matti. Diceva che era seriamente preoccupata per me, che aveva visto tutte quelle bottiglie di vino vuote sul tavolo, i mozziconi di marijuana che debordavano dal posacenere. Mi ha spiegato che non sta bene abbandonarsi a certi vizi. Voleva sinceramente salvarmi, voleva propormi una seria e sicura via d’uscita. Ma della possibilità di farmi un pompino, beh, di quello non se ne sarebbe nemmeno lontanamente parlato. Così ha detto, con quel suo modo di fare che mi mandava decisamente ai matti.
Ci vuole molta fortuna anche per morire
Ci vuole molta fortuna anche per morire, se non si ha il coraggio per chiudere da soli la faccenda. Questa mattina hanno portato via il mio vicino, il signor Merlonghi, o perlomeno quello che restava di lui. Era diventato un mucchio d’ossa, ormai, e puzzava di cadavere già da vivo. Se la sua poteva ancora considerarsi vita, certo.
Da più di sette anni, da quando un ictus gli aveva fregato il cervello, se ne stava seduto su una sedia a rotelle a guardare i piccioni che si posavano sul davanzale. Una grassona di Capo Verde si prendeva cura di lui, lo portava in giro e gli puliva il culo, gli faceva da mangiare e gli parlava di sua figlia tutto il tempo. Gli raccontava di come si stava nella sua isola, ma lui non capiva niente di quello che diceva, il suo sguardo era perso nel nulla, fissava i piccioni che si posavano sul davanzale.
Ma ogni tanto affiorava nei suoi occhi di vetro un barlume di consapevolezza, come un guizzo di luce intensa, e in quegli occhi imploranti leggevi tutta la tragicità del suo stato.
Il mondo ti racconta una sua verità, amici, vuole inquadrarti nelle sue regole. Anche la poesia ha le sue regole. Non è che abbia mai fatto un granché per cambiare le cose, lo ammetto. Mi sono trovato un lavoro, una casa, una donna, tutte scuse per tirare avanti, per ingannare il tempo e crescere nell’illusione, un giorno, di non dover morire da solo.
Non sono di quelli che si prefigurano una morte desiderabile, che ambiscono di spegnersi mentre fanno qualcosa di utile a se stessi, né di quelli che ancora in vita si organizzano il proprio funerale, che danno disposizione agli altri su dove spargere le proprie ceneri e stronzate del genere. Non me ne frega niente. Voglio solo non starmene lì ad aspettare la morte, mentre guardo i piccioni che si posano sul davanzale.
Credo che tu sia terrorizzato dalla noia
«Credo che tu sia terrorizzato dalla noia, questo penso.
Non te ne importa nemmeno poi tanto di far leggere la tua roba a qualcuno. Sei come un ragazzino scemo in un cortile, un ragazzino solo e scemo che trascorre l’estate a far rimbalzare una pallina contro il muro sotto casa.
Mi chiedo quale sia il tuo scopo, che senso abbia il tuo noiosissimo gioco. Quando ti ho conosciuto mi avevi detto che lavoravi per una ditta di traslochi, e invece sei soltanto un ragazzino solo in un cortile che lancia una pallina contro un muro e nessuno sa quello che gli passi per la testa.
A guardarti ti dai un gran da fare, ti impegni sul serio, ma è solo un modo come un altro per ammazzare il tempo, per sfuggire alla noia. Tu sei terrorizzato dalla noia, vivi nel terrore di non sapere più che fare della tua vita e ti illudi di trovargli a tutti i costi un senso facendo rimbalzare una pallina contro un muro.»
«Te la cavi bene con le metafore. È vero sono terrorizzato dalla noia, come quasi tutti del resto. C’è gente che si impicca con un asciugamano nelle camere d’albergo, lo sai, perché non sa più che farsene della propria vita, perché non ce la fa più e cerca mille modi per occupare questo tempo.
Gente che si sballa con le anfetamine, col vino, che si inventa una vita, si costruisce un inferno su misura mascherandosi da avvocato, da dottore, da impiegato di banca,