Forme e contenuti del dramma attico
Di Antonio Aste
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Forme e contenuti del dramma attico - Antonio Aste
Aste
ALLESTIMENTO
STRUTTURA DEI TEATRI
Agli albori della drammaturgia greca la collocazione spaziale degli spettacoli era rappresentata da ciò che costituiva il fulcro della vita cittadina ossia l'agorà; sul selciato in terra battuta veniva tracciato uno spazio circolare, denominato orchéstra, e su di esso si svolgeva l'azione ballata, cantata e mimica del coro avente come oggetto verosimilmente il ricco patrimonio mitico legato al culto dionisiaco. A fare da contrappunto, su di un palchetto limitrofo all'orchéstra, figurava l'hypokrités cioè l'attore che interagiva col coro, in particolare la sua guida il corifeo, sia in forma cantata che dialogata oppure, secondo una diversa ipotesi etimologica, era impegnato a svolgere una funzione diegetica nei riguardi del pubblico. La tradizione è solita individuare in Tespi¹ la figura leggendaria del fondatore del genere tragico, allo stesso tempo attore e autore dei drammi messi in scena in un contesto assai improvvisato
. Gli astanti, dal canto loro, erano destinati a prendere posto su delle tribune lignee dislocate tutt'attorno; la precarietà di queste strutture causò frequenti crolli che indussero l'autorità a dotare la città di un edificio stabile destinato agli spettacoli e che si integrasse pienamente nel tessuto civico della polis.
Archetipo dell'architettura teatrale classica, complesso e funzionale nella sua eleganza, era l'edificio dedicato a Dioniso Eleuthérios in Atene che solo all'epoca di Licurgo (330 a.C. circa) assunse la sua forma definitiva in cui il materiale litico sostituì definitivamente il legno. Ubicato sulle pendici meridionali dell'acropoli, nell'area consacrata al dio (thémenos) dopo le restaurazioni e modifiche apportate dall'oratore, aveva una capienza oscillante tra i quattordici diciasettemila spettatori.
Alla struttura canonica
dell'impianto teatrale si giunse pertanto attraverso un processo graduale; originariamente, infatti, allorché le feste dionisiache consistevano solo in danze e canti, era sufficiente per la celebrazione uno spazio circolare ossia l'orchestra (orchéomai, danzo
); poi si aggiunse una tenda (skené), dietro cui l'attore si cambiava i costumi ma con funzione anche di deposito degli attrezzi e delle maschere, e si impiantarono delle tribune lignee nell'emiciclo destinato al pubblico.
Una volta ultimato l'edificio ateniese, si edificarono gli altri teatri greci quali quelli splendidamente conservati a Siracusa, Taormina, Segesta ed Epidauro; in essi è possibile ricostruire in modo più articolato la struttura architettonica di queste costruzioni.
Di forma semicircolare, il teatro (théatron, cfr. thedomai osservo
) era appoggiato al declivio naturale o artificiale di un colle e le sue principali articolazioni erano le seguenti:
1. kollon (lat. cdvea), articolato in spicchi a cuneo detti kerkides, era il complesso riservato al pubblico; esso comprendeva i diaz6mata (cinture
) che si sviluppavano in un percorso da un'estremità all'altra dell'emiciclo e ne definivano le zànai (piani
); questi ultimi erano a loro volta sezionati perpendicolarmente da una serie di klimakes, scalinate che permettevano di salire dalle file più in basso sino a quelle poste in alto con la funzione di separare orizzontalmente i settori secondo il prestigio di chi li occupava.
2. orchéstra, l'area occupata dal coro, in terra battuta; luogo destinato alle danze come detto sopra oltre che al canto e all'interazione con l'attore attraverso la mediazione del corifeo, di forma variamente circolare o, secondo una variante non comunemente accolta dagli studiosi, trapezoidale o rettangolare, il cui diametro era di circa 20 25 metri. Era situata di solito in una zona pianeggiante, affiancata ad un pendio, delimitata all'intorno da un canale ricoperto di lastre, ampio poco meno di un metro, detto éuripos, che convogliava le acque defluenti dalla collina. Al centro dell'orchestra era posta la thyméle, l'ara circolare con la statua di Dioniso; essa serviva sia per le oblazioni sia come punto di riferimento per i movimenti dei coreuti.
3. logheion, una sorta di piattaforma di circa 3 metri di larghezza, rialzata rispetto all'orchestra e sulla quale in epoca post classica si muovevano gli attori.
4. skené, da semplice tenda per il cambio degli abiti di scena o deposito delle attrezzature, come detto precedentemente, col tempo divenne parte integrante della struttura teatrale. Formata da pannelli² lignei amovibili e che riproducevano il prospetto di un edificio civile o religioso; era dotata di porte sul cui numero non vi è unanimità di vedute tra gli studiosi. Al di sopra della skené, mediante una scala celata alla vista degli astanti, si accedeva al theologeion; da questa sommità recitavano gli attori impersonificanti sentinelle ma soprattutto divinità. Forse nel secolo IV si provvide a munire la skené di due avancorpi laterali ossia i paraskénia in legno.
5. pérodosleisodos, indicante ciascuno dei due ingressi laterali, la cui larghezza era di circa 5 metri, attraverso i quali il coro, a ritmo di marcia anapestico, si disponeva all'interno dell'orchestra. Esso spesso era un poco inclinato, abbellito da statue e dediche votive, frubile anche dagli attori e dagli spettatori, chiuso da porte dette pylOnes solo in età più tarda. Da quello di destra, per convenzione, entravano i personaggi provenienti dalla città, dall'altro di sinistra quelli che giungevano dalla campagna o comunque da un contesto extra urbano.
Agli originari sedili in legno (ikria) si sostituirono seggi di pietra o di marmo pentelico dotati di schienali oppure di braccioli di diversa tipologia a seconda dei personaggi cui erano destinati; in particolare il posto centrale della prima fila era riservato al sacerdote di Dioniso; nei settori mediani prendevano posto i consiglieri e gli efebi atti alla leva militare. Il resto della cévea era destinato alle donne e agli stranieri, nella zona più elevata, mentre, a seconda della tribù di riferimento, si disponevano gli altri spettatori; l'ingresso era lecito anche agli schiavi purchè accompagnati dai loro padroni.
Nel teatro greco si faceva ricorso anche ad apparecchiature come l'ekkyklema e la mechané. La prima era una specie di piattaforma che, producendo un movimento circolare o rettilineo, girevole, permetteva al pubblico di vedere quanto avveniva dentro la skené (in particolare i fatti di sangue che non venivano rappresentati davanti agli occhi dello spettatore) e a consentire così il passaggio da un esterno a un interno. La seconda era una macchina per volare, una specie di gru che, con un complesso sistema di cavi e carrucole, serviva a tenere sollevato un personaggio e spesso anche a calare dall'alto una divinità (deus/a ex machina)³. Nella serie di strumenti teatrali, veri e propri effetti speciali
, rientravano anche il bronieion, vaso bronzeo colmo di sassolini di mare, con cui si simulava il rimbombo dei tuoni, e il keraunoskopeion, un prisma di metallo che rifletteva, debitamente mosso, la luce solare per riprodurre il bagliore dei lampi. Per le apparizioni dei fantasmi o delle ombre dei morti si ricorreva ad una botola, posta nell'orchestra, cui si accedeva tramite un passaggio sotterraneo detto scale di Caronte
.
___________________
¹ Marm. Par. A ep. 43: ἀφʹ οὗ Θέσπις ὁ ποιητὴς ὑπεκρίνατο πρῶτος, ὃς ἐδίδαξε δρᾶμα ἐν ἄστει, καὶ ἆθλον ἐτέθη ὁ τράγος; Hor., ars vv. 275-277: ignotum tragicae genus invenisse Camenae / dicitur et plaustris vexisse poemata Thespis / quae canerent agerentque peruncti faecibus ora; Plut., Sol. 29, 4-5: ἀρχομένων δὲ τῶν περὶ Θέσπιν ἤδη τὴν τραγῳδίαν κινεῖν, καὶ διὰ τὴν καινότητα τοὺς πολλοὺς ἄγοντος τοῦ πράγματος, οὔπω δʹ εἰς ἅμιλλαν ἐναγώνιον ἐξηγμένου, φύσει φιλήκοος ὢν καὶ φιλομαθὴς ὁ Σόλων, ἔτι μᾶλλον ἐν γήρᾳ σχολῇ καὶ παιδιᾷ καὶ νὴ Δία πότοις καὶ μουσικῇ παραπέμπων ἑαυτόν, ἐθεάσατο τὸν Θέσπιν αὐτὸν ὑποκρινόμενον, ὥσπερ ἔθος ἦν τοῖς παλαιοῖς. μετὰ δὲ τὴν θέαν προσαγορεύσας αὐτὸν ἠρώτησεν εἰ τοσούτων ἐναντίον οὐκ αἰσχύνεται τηλικαῦτα ψευδόμενος. φήσαντος δὲ τοῦ Θέσπιδος μὴ δεινὸν εἶναι τὸ μετὰ παιδιᾶς λέγειν τὰ τοιαῦτα καὶ πράσσειν, σ φόδρα τῇ βακτηρίᾳ τὴν γῆν ὁ Σόλων πατάξας· ταχὺ μέντοι τὴν παιδιάν,
ἔφη, "ταύτην ἐπαινοῦντες οὕτω καὶ τιμῶντες εὑρήσομεν ἐν τοῖς συμβολαίοις.
² La natura della scenografia del teatro greco costituisce motivo di divisione fra gli studiosi a partire dalla stessa paternità non univoca stando alle fonti a nostra disposizione cfr. Arist., Poet. 1449a: καὶ τὰ τοῦ χοροῦ ἠλάττωσε καὶ τὸν λόγον πρωταγωνιστεῖν παρεσκεύασεν· τρεῖς δὲ καὶ σκηνογραφίαν Σοφοκλῆς; Vitr., Praef. 7, 11: namque primum Agatharchus Athenis Aeschylo docente tragoediam ad scaenam fecit, et de ea commentarium reliquit. Fondali paesaggistici o tele dipinte e srotolate all'occorrenza o uno sfondo fisso raffigurante il prospetto di un edificio? Queste