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N. Machiavelli - Il Principe - Riscrittura di Sebastiano Cutrupi
N. Machiavelli - Il Principe - Riscrittura di Sebastiano Cutrupi
N. Machiavelli - Il Principe - Riscrittura di Sebastiano Cutrupi
E-book159 pagine2 ore

N. Machiavelli - Il Principe - Riscrittura di Sebastiano Cutrupi

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Info su questo ebook

Fedele riscrittura in linguaggio contemporaneo de "Il Principe" di Niccolò Machiavelli. L'opera originale non necessita di descrizioni essendo umanamente riconosciuta come il più celebre nonché, probabilmente, primo trattato di real-politik mai scritto: in esso l'autore espone ed esplora le principali caratteristiche dei Principati e dei loro governanti - i Principi, appunto. Nonostante sia stato scritto nel XVI secolo, il libro si rivela estremamente attuale riuscendo ad inquadrare con profonda sensibilità e acume i metodi storicamente validi per conquistare, coltivare e mantenere il potere. In questa versione, riscritta in italiano moderno seppur totalmente fedele al testo originale, il lettore potrà cimentarsi nella lettura con la possibilità di cogliere ogni aspetto o sfumatura - attualizzata - del testo originale, supportato dalle diverse note a margine che permettono di approfondire la vita e le imprese dei diversi personaggi citati e di contestualizzare adeguatamente ogni riferimento storico-politico del Machiavelli.
LinguaItaliano
Data di uscita4 feb 2019
ISBN9788831600125
N. Machiavelli - Il Principe - Riscrittura di Sebastiano Cutrupi

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    Anteprima del libro

    N. Machiavelli - Il Principe - Riscrittura di Sebastiano Cutrupi - Sebastiano Cutrupi

    I. Di che tipologia sono i principati e in che modo si conquistano

    Tutti gli Stati, tutti e’ dominii

    che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini,

    sono stati e sono o Republiche o principati.

    «Tutti gli Stati, tutti e’ dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono o Republiche o principati».

    I principati, a loro volta, possono essere definiti ereditari, quando la stirpe del governante è da tempo al potere di quel territorio, oppure nuovi se nascono da precedenti istituzioni di governo diverse dal principato appena creato.

    Per quanto riguarda i principati nuovi, o sono appena sorti, come fu ad esempio il caso di Milano per Francesco Sforza¹, o sono uniti a un dominio già esistente, come il Regno di Napoli con il Re di Spagna².

    In quest’ultimo caso, infine, il territorio conquistato può essere abituati al governo di un Principe o al contrario può aver avuto un governo libero e quindi dovrà esser conquistato «o con l’arme d’altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù».

    ___________________

    ¹ Francesco Sforza (1401-1466) fu duca di Milano dal 1450 fino alla sua morte – Vedi Appendice.

    ² Machiavelli fa riferimento al vicereame spagnolo instaurato nel 1503 nel Regno di Napoli sotto il controllo di Ferdinando II d’Aragona.

    II. I principati ereditari

    Sempre una mutazione lascia lo addentellato

    per la edificazione dell’altra.

    In questo libro non parlerò delle repubbliche poiché «altra volta ne ragionai a lungo»³, ma ci concentreremo invece sui principati.

    Facendo riferimento alle tipologie di governo viste nel primo capitolo, iniziamo con l’esaminare i principati ereditari.

    Negli Stati ereditari, ovvero abituati alla presenza di una stirpe regnante, non sarà difficile governare perché basterà mantenere le scelte di govenro in linea con quanto fatto dei predecessori o adeguandosi ai naturali mutamenti del tempo.

    In tal modo un Principe potrà mantenere a lungo il potere e, anche qualora sopraggiungesse una forza esterna a spodestarlo, nel tempo egli sarà in grado di riacquisire il trono.

    In Italia, ad esempio, pensiamo a quanto avvenne con i Duchi Ercole I d’Este o Alfonso I, che non ressero agli assalti dei veneziani nel 1484⁴ né a quelli di Papa Giulio II⁵ nel 1510⁶. Ciò però accadde per motivi ben diversi dal loro essere al potere da tempo. Pertanto, poiché il Principe ereditario ha fondamentalmente meno ragioni o necessità per essere aggressivo con il popolo, risulterà sempre più amato di possibili conquistatori e «se estraordinari vizi non lo fanno odiare, è ragionevole che naturalmente sia benvoluto da’ sua».

    Nei casi in cui il potere è trasmesso per via ereditaria, inoltre, col tempo il ricordo di cause e avvenimenti che portarono al cambiamento di governo scomparirà perché «sempre una mutazione lascia lo addentellato per la edificazione dell’altra».

    ___________________

    ³ Machiavelli si riferisce ai temi affrontati ne I Discorsi.

    ⁴ Guerra di Ferrara (1482-1484) – Vedi Appendice.

    ⁵ Papa Giulio II (1443-1513) fu Papa della Chiesa Cattolica dal 1503 fino alla sua morte – Vedi Appendice.

    ⁶ Guerra della Lega di Cambrai (1509-1516) – Vedi Appendice.

    III. I principati misti

    Ancora che uno sia fortissimo in su li eserciti,

    ha bisogno del favore de’ provinciali

    per entrare in una provincia.

    A differenza dei principati in cui il governo perdura su base ereditaria, quando esso è appena creato sono presenti innegabili difficoltà legate al mantenimento del potere.

    La prima di queste, nel caso in cui il principato coesista all’interno di un altro Stato e possa quindi chiamarsi misto, è che «li uomini mutano volentieri signore» e quindi sono sempre pronti a ribellarsi al governo in carica.

    Questo, però, spesso è un errore. L’esperienza infatti ci insegna che molte volte il cambiamento non migliora le condizioni ma anzi conduce al peggio a causa di un’altra inevitabile necessità «naturale e ordinaria»: il Principe appena insediato tenderà ad «offendere» con armi e ingiurie il popolo di cui è divenuto sovrano creandosi «per nimici tutti quegli che hai offesi in occupare quello principato, e non ti puoi mantenere amici quelli che vi ti hanno messo» non riuscendo a soddisfarne le aspettative e non potendo combatterli in quanto debitore del loro appoggio. Quindi, «ancora che uno sia fortissimo in su li eserciti, ha bisogno del favore de’ provinciali per entrare in una provincia».

    È per questo che Luigi XII⁷ perse Milano dopo averla appena conquistata⁸: bastò infatti l’intervento dell’esercito di Ludovico Sforza⁹ affinché il popolo, che prima aveva aperto le porte al Re francese, di fronte all’inganno delle opinioni e delle speranze subito smettesse di appoggiare il nuovo governante.

    È altrettanto vero, però, che i territori un tempo ribellatisi se verranno riconquistati si perderanno molto più difficilmente: imparando da quanto accaduto il Principe in carica, scottato dalle precedenti rivolte, sarà molto meno riguardoso quando dovrà punire colpevoli, chiarire eventuali sospetti o schierarsi dalla parte dei deboli, e avrà molta più attenzione verso i bisogni del popolo. Così, ad esempio, se per strappare Milano alla Francia a duca Ludovico la prima volta bastò rumoreggiare ai confini, in seguito invece fu necessario che tutto il mondo si coalizzasse per mettere in fuga gli eserciti d’Oltralpe dall’Italia¹⁰. In ogni caso, comunque, sia la prima sia la seconda volta i francesi persero Milano.

    Detto questo, analizziamo adesso la seconda ragione di difficoltà nella gestione del potere e i rimedi applicabili.

    Prendiamo quindi una situazione in cui i principati conquistati sono della stessa regione, legislazione o lingua dello Stato che li incorpora. In tal caso è facile governarli e mantenerli sotto la propria egida, soprattutto se non sono avvezzi al vivere in libertà: per dominarli basterà troncare i legami col precedente sovrano mantenendo, per il resto, i vecchi costumi e le vecchie condizioni di vita. Ciò si è visto nel caso della Borgogna, della Bretagna, della Guascogna e della Normandia che, nonostante le differenze linguistiche, sono state per tanto tempo sotto il dominio francese grazie a simili costumi tollerati vicendevolmente. Di conseguenza chi le conquisterà, per tenerle in pugno e accorparle al suo regno dovrà spegnere il ricordo del vecchio Principe senza alterarne leggi e dazi vigenti.

    Qualora, invece, un principato appena conquistato abbia diversa lingua, leggi o costumi, bisogna avere «gran fortuna e grande industria» per mantenere il potere. Uno dei rimedi più efficaci per rendere sicuro e duraturo il governo è che il nuovo regnante si trasferisca nella provincia acquisita, così come fecero i Turchi con Costantinopoli che altrimenti sarebbe stata persa se, dopo tutte le fatiche fatte per conquistarla, non avessero trasferito lì la capitale¹¹. Stando in un luogo, infatti, «si veggono nascere e’ disordini e presto vi puoi rimediare», mentre non abitandoci questi verranno intercettati solo quando saranno ormai troppo grandi per porvi rimedio. Inoltre, presidiando una provincia essa non verrà derubata dai propri funzionari, i sudditi saranno soddisfatti dal potersi rivolgere di continuo al Principe e gli eserciti saranno meno persuasi ad assaltare quel territorio. Se ci abiterà, quindi, sarà più difficile che il sovrano perda uno Stato.

    Un altro rimedio efficace per il mantenimento del potere è la fondazione di colonie che agiscano come propagazione dello Stato centrale. Per il mantenimento della pace e del controllo infatti «è necessario o fare questo o tenervi assai gente d’arme e fanti».

    La spesa per il mantenimento di una colonia è da considerarsi minima e causa scontento solo in chi viene espropriato di case e terreni da dare ai nuovi abitanti. In ogni caso la popolazione offesa, rimanendo povera e isolata, non costituirà mai un problema per il Sovrano. Tutti gli altri, invece, non avranno percepito il torto oppure risulteranno timorosi di ritorsioni, impauriti che il regnante intervenga nei loro confronti così come hanno visto fare verso chi è stato spogliato dei suoi averi.

    Concludo questo mio ragionamento sottolineando che le «colonie non costono, sono più fedeli, offendono meno e li offesi non possono nuocere sendo poveri e dispersi».

    A questo punto si noterà che in ogni caso è necessario blandire o annientare gli uomini perché se subiscono semplici offese «leggere» cercheranno incessantemente la rivincita mentre da azioni dure e mirate non potranno ottenere rivalsa, per cui bisogna sempre fare in modo che l’aggressione sia tale da non temere vendetta.

    Se però al posto di una colonia si stanziasse un esercito, le spese sarebbero maggiori e la permanenza delle truppe nuocerebbe allo Stato stesso in quanto fautrice di malcontento negli occupati. Pertanto, da qualsiasi punto di vista la si osservi, la presenza dell’esercito è inutile e dannosa se confrontata con quella di una colonia.

    In tal caso, infatti, chi volesse conquistare una provincia dovrebbe farsi amico e difensore dei meno potenti indebolendo perciò chi ha l’autorità in quel territorio.

    Sarà sempre così, ad esempio è quello che fecero i romani contro gli etoli o in ogni altra provincia in cui entrarono: l’ordine delle cose infatti è che, immediatamente dopo l’ingresso di un conquistatore in una provincia, tutti quelli che sono ai margini lo appoggeranno mossi dall’odio di chi li ha dominati fino ad allora; lo straniero li arruolerà facilmente ma nel tempo dovrà controllare che non acquisiscano forza e autorità eccessive.

    Dunque chi non gestirà bene questi aspetti perderà presto il territorio, peraltro dopo averlo già governato con enormi difficoltà.

    I romani osservarono fruttuosamente queste regole nelle provincie da loro conquistate: insediarono colonie, curarono le relazioni con i meno potenti ma senza accrescerne la forza, assoggettarono invece i dominanti e non lasciarono che eventuali eserciti stranieri superassero i confini.

    A titolo esemplificativo basti citare quanto fatto nella provincia greca dove gestirono la presenza degli etoli e degli Achei, assoggettarono il regno dei Macedoni e scacciarono Antioco III¹²: non permisero mai ad etoli e Achei di svilupparsi, non abbassarono la guardia di fronte alla grande diplomazia di Filippo il Macedone¹³ ed evitarono che Antioco mantenesse uno Stato in quella provincia. I romani fecero quello che tutti i Principi savi devono fare, cioè valutare e porre attenzione con ogni mezzo non solo ai disordini del presente ma anche a quelli che sarebbero potuti scoppiare in futuro, perché è solo prevedendo che si rimedia facilmente ai problemi mentre destinando la medicina altrove la malattia diverrà incurabile. Intervenendo al principio, infatti, il malessere risulta facile da curare ma difficile da conoscere mentre con il progredire del tempo, non avendolo riconosciuto né medicato, sarà facile da studiare ma difficile da curare.

    Così è anche per gli affari di Stato, dove ai mali si può porre rimedio se questi si riconoscono, «il che non è dato se non a uno prudente», mentre quando, non avendoli riconosciuti per tempo, i mali si lasciano crescere tanto che ognuno poi possa vederli, ad essi non ci sarà più rimedio.

    I romani rimediarono sempre per tempo agli inconvenienti prevenendoli e non lasciandoli attecchire pur di evitare lo scoppio di guerre consapevoli anche che, se è una guerra è rinviata, non vuol dire che sia evitata ma semplicemente che è stata rimandata a vantaggio di altri: vollero far guerra con Filippo e Antioco in Grecia per non doverla fare in Italia,

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