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Il fondo dell'aria era rosso Carlos Marighella vita passioni morte
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E-book751 pagine9 ore

Il fondo dell'aria era rosso Carlos Marighella vita passioni morte

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Info su questo ebook

La vita e l'azione politica di Carlos Marighella, mulatto baiano, figlio di un italiano emigrato. Militante comunista, arrestato e torturato durante lo Estado Novo di Vargas, era condannato e imprigionato. Liberato alla fine del Secondo conflitto mondiale, era eletto deputato nella Costituente del 1946. La messa fuorilegge del PCB due anni dopo, lo sprofondava nella clandestinità. Uomo "di e del" Partito nel 1953, con la destalinizzazione, subiva la prima importante "frattura" ideologica. La crescita del movimento anticoloniale, la vittoria castrista a Cuba, le guerre indocinesi, acceleravano la radicalizzazione dello scontro all'interno dell'organizzazione. La presidenza di Goulart e la sua politica riformistica gonfiavano la risposta conservatrice e reazionaria. Il 1° aprile del 1964 il golpe militare, sostenuto da settori cruciali della società civile e la copertura finanziarie e militare degli Stati Uniti d'America, prendeva il potere. Iniziavano ventuno anni di regime formalmente terminato nel 1985. Nel maggio del 1964, senza mandato di cattura, era intercettato, ferito, preso. L'insipienza imbelle del Partito spingeva verso lo strappo. Rimesso in libertà pubblicava nel 1965 un libro, "Perché ho resistito alla prigione", che segnava di fatto lo rottura definitiva. La partecipazione nel 1967 a La Habana della Prima conferenza della OLAS offriva l'occasione di espellerlo dal PCB. Nel 1968 costituiva con altri ex militanti l'la Ação Libertadora Nacional (A.L.N.). Sceglieva la via della lotta armata. Dichiarato "nemico pubblico n°1", autore del "Mini nanual do guerrilheiro urbano", cadeva in una imboscata il 4 novembre del 1969. Jorge Amado, suo compagno e amico, scriveva una toccante e vigorosa orazione funebre.
LinguaItaliano
Data di uscita5 mar 2021
ISBN9791220313803
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    Anteprima del libro

    Il fondo dell'aria era rosso Carlos Marighella vita passioni morte - Gianluca Spadoni

    revolución".

    Dediche.

    A mio nonno Giovan Santi Saccenti che mi ha iniziato alla pratica del libro marcando la devianza del mio esistere.

    Ad Aureliano che avrebbe apprezzato - ¿Quién sabe? - una siffatta attuazione e dedizione, in fine responsabile.

    A coloro che per insensibilità, ignoranza, indigenza hanno intralciato, nolenti o volenti, l’impresa: incomprensibile, irragionevole, inattuale.

    Il cognome

    Marighèlla. Della stessa origine di Mariga, con il suffisso –ella; si trova a Ferrara e provincia, Bologna e disperso nel Nord.

    Mariga, Marigo. Deriva dalla voce veneta mariga, marigo, che indica ‘messo comunale’ o ‘capo del comune o della villa’; […].

    I cognomi d’Italia. Dizionario storico etimologico.

    Pagina 1066 volume II Torino Utet 2008

    C’è una terribile differenza tra una idea e un esempio, tra una idea e una vita.

    Benjamin Fondane

    Rimbaud la canaglia

    Non sapevo che scrivere una biografia significasse arrivare così vicino alla pelle altrui. Non sapevo della follia che ti prende nello stare per due anni ossessivamente chiuso con il tuo personaggio in una stanza vuota, che lentamente si riempie di dettagli mentre la storia si va costruendo.

    Paco Ignacio Taibo II

    A proposito della biografia su Che Guevara

    Tutte le storie cominciano in modo molto semplice, e si crede di intravederne la conclusione, ma poi le cose vanno altrimenti. Una storia ne genera una seconda da cui nasce una terza, e così via, come le frazioni periodiche che risultano da certe divisioni e possono prolungarsi all’infinito… si arriva a un groviglio inestricabile.

    Jan Potocki

    Manoscritto trovato a Saragozza

    Ho immaginato più di quanto ho scritto.

    Glauber Rocha

    Nota per il lettore.

    Le caratteristiche dei reperti documentali riguardanti il personaggio, la difficoltà di ricostruire una cronologia rigorosa, la carenza di attestati diretti (epistolari, carteggi, diari, memorie, ecc.) hanno determinato lo stile della scrittura, baudelairianamente relitti e razzi, schegge e frammenti di una vita dominata dalla clandestinità. Istantanee e fotogrammi concepiti dentro un montaggio filmico, nelle aspettative, incalzante e senza tregua, con il rischio di possibili salti temporali. Analogamente si muove la narrazione del quadro storico e politico - brasiliano e internazionale; anche per evitare una foliazione esagerata.

    Tessitura.

    La costruzione del testo punta e tenta il rigore della cronologia; dimostra anche l’artificio di simulare una compattezza e una coesione narrativa senza ricorrere, come collanti, a generi diversi dalla esposizione storica. L’uso, controllato e ponderato, delle (copiose) fonti orali nello specifico risulta indispendabile.

    I Capitoli sono preceduti da versi di Carlos Marighella sino al 1964, anno del golpe. Agli anni successivi sono preposti estratti da documenti, passi di scrittori, frammenti di testi del personaggio biografato.

    Le Postille sostituiscono le note, senza nessi numerici, con la funzione di precisare, ampliare, allestire una rete di ragguagli e rimandi.

    Le Pagine strappate e ritrovate, inserite per attinenza temporale nel testo, sono estratte da opere di scrittori in qualche modo associati al soggetto della ricerca.

    Le Botole, poste al centro del volume, emergono come integrazioni e illuminazioni di argomenti rilevanti ma discrezionali rispetto alla continuità della ricerca.

    Addenda Bibliografie & Annessi raccolgono gli apparati documentali.

    Si conserva in lingua originale (portoghese) la denominazione di giornali, organizzazioni, ecc.; l’articolo italiano è concordato con il genere della eventuale traduzione (creando talora delle cacofonie).

    I documenti dei servizi o polizie mantengono gli errori/orrori (tradotti e non!) di scrittura-battitura-conoscenza, nonché lo stile ricercato tipico di tali elaborati (spesso preallestiti e adattati).

    Canto para Atabaque

    […] Ei Brasil-africano!

    Minha avó era nega haussá,

    ela veio foi da África,

    num navio negreiro.

    Meu pai veio foi da Itália,

    operário imigrante.

    O Brasil é mestiço,

    mistura de índio, de negro, de branco. […]

    Quem fez o Brasil

    foi trabalho de negro,

    de escravo, de escrava,

    com banzo, sem banzo,

    mas lá na senzala,

    o filão do Brasil

    veio de lá foi da África.[…]

    Canto per Atabaque. / […] Ehi Brasile-africano! / Mia nonna era nera haussá / lei arrivò dall’Africa / in una nave negriera. / Mio padre arrivò dall’Italia, / operaio emigrante. / Il Brasile è meticcio / mistura di indio, di negro, di bianco. / […] Chi fece il Brasile / fu il lavoro di negro, / di schiavo, di schiava, / con banzo, senza banzo, /ma là nella senzala / l’origine del Brasile / arrivò di là dall’Africa. […]

    I. 1911-1928.

    Mio padre venne dall’Italia, operaio emigrante.

    …In America. Terre in Brasile per gli italiani titolava un volantino promozionale. La frase risaltava, entro un cartiglio ricurvo, sopra il disegno di una nave con i fumaioli fumanti. Garantiva con un lessico carente:

    Navi in partenenza tutte le settimane dal porto di Genova.

    Venite a construire i vostri sogni con la famiglia.

    Un paese di opportunità. Clima tropicale vito in abbondanza.

    Ricchezze minerali. In Brasile potete havere il vostro castello.

    Il Governo dà terre ed utensili a tutti.

    Il 4 novembre 1907 il battello tedesco Santos della compagnia Hamburg Süd proveniente da Rio de Janeiro sbarcava nel porto di Salvador dieci italiani. Erano muratori, carpentieri, imbianchini, barbieri in cerca di lavoro. Tra loro c’era un meccanico, il ventitreenne Augusto Marighella. Emigrato da Ferrara alla morte del padre, aveva trascorso un periodo a São Paulo con la madre Edvige finchè non si era risposata. Si avventurava, fisico da atleta ed espressione intensa, nello stato di Bahia.

    Gli emigranti italiani avevano fama di piantagrane, recalcitranti nell’accettare lavori degradanti, indocili e insubordinati. Per chi traversava l’oceano e cercava fortuna nel Nuovo Mondo, c’era una guida di diciassette pagine. Nelle Avvertenze per l’emigrante italiano si raccomandava fra l’altro: Mantenga la sua dignità di lavoratore e di italiano: non accetti occupazioni mortificanti o un salario inferiore a quello del lavoratore locale. Elencava le rappresentanze diplomatiche dove rivolgersi in caso di necessità; tra queste il consolato di Salvador. Gli italiani non erano sconosciuti. Amerigo Vespucci, in una lettera, il 1° novembre 1501, giorno di Ognissanti o di Tutti i Santi, scriveva d’aver avvistato una baia bella e comoda, Bahia de todos os Santos. L’emigrazione italiana, iniziata attorno al 1830, era modesta; dal censimento del 1920 appena 1.448 individui; una piccola comunità, disorganizzata, anche politicamente, a differenza di quella di São Paulo. La situazione economica e occupazionale baiana del periodo non era florida. A diciotto anni dalla fondazione della Repubblica, Salvador, prima capitale e terza città per popolazione, soffriva i contraccolpi della forte crisi produttiva del caffè e dello zucchero, non bilanciata dalla crescita consistente del cacao, specie nel sud statuale. L’integrazione per gli italiani era agevole; in una lettera un console, tra delusione e biasimo, scriveva:

    [I connazionali] smettono di parlare la lingua natia, finiscono per dimenticarla, adottano tutti gli usi di queste terre, anche i più strani […]. Sono, nella maggior parte dei casi, poco meno che assimilati ai nativi, anche in virtù di non rare unioni che […] contraggono con donne del luogo, di pelle più o meno scura.

    Il ferrarese Augusto Marighella, operaio metalmeccanico specializzato, provava a inserirsi nella fragile struttura industriale. Era a suo agio tra i motori. Infine conseguiva un posto come conducente e riparatore di camion della spazzatura. Manteneva legami saldi con il paese di origine: venerava la musica di Paganini, cantava le canzoni apprese nella giovinezza. Usava espressioni colorite e bestemmiava, anche vicino alle chiese, che a Salvador non mancavano. Le sue velleità canore, arie romantiche e serenate, confluivano e accrescevano l’arsenale galante messo in campo nel corteggiare Maria Rita dos Santos. Ventenne dall’incedere elegante, quasi un metro e settantadue di altezza, nera di origine haussá. Era nata a Santo Amaro nel Recôncavo il 22 maggio del 1888, nove giorni dopo l’emanazione della Lei Áurea o Lei Imperial n.º 3.353 del 13 maggio del 1888, atto legale che estingueva formalmente la schiavitù in Brasile. Si sposavano e andavano a vivere vicino al dique de Tororó, rua Fonte das Pedras, una salita ove si trovava una delle venti fontane pubbliche di acqua potabile censite nel 1829.

    Martedì 5 dicembre 1911 alle tre di mattina, assistita da una levatrice, partoriva il suo primo figlio, il mulatto Carlos Marighella. Iniziava a sillabare quando nacque la secondogenita Anita. Si erano frattanto trasferiti in rua Barão do Desterro n° 9. Augusto aveva allestito una piccola officina meccanica nella stessa via, al n° 8. La famiglia cresceva: nel gennaio del 1929 i figli erano otto. A Carlos, dal nome del nonno, e Anita seguivano Agostinho, Humberto, Julieta, Edwiges (o Edwirges), Tereza; infine Caetano. Il padre, papà Buick - dal marchio automobilstico statunitense allora molto popolare - era paziente e disponibile con i figli. Intraprendente e attento alle innovazioni introduceva l’uso del martello di gomma per riparare le carrozzerie. Si occupava anche di motori marini; durante la guerra, si specializzava nel trasformare quelli a benzina, mancante, a gas. Progettava un ingegnoso sistema per riempire il serbatoio dell’acqua, stimolando i bambini a giocare con una ruota il cui movimento attivava una pompa e riempiva la cisterna. Molti emigranti italiani partecipavano attivamente al forte movimento operaio, a prevalenza anarchica, tra il 1917 e il 1919. Accorto titolare di una piccola impresa, Augusto si manteneva lontano dalla politica; simpatizzava per gli ideali libertari trasmessigli dal padre sindacalista. Un cartoncino descriveva e reclamizzava la sua Officina meccanica:

    Ci occupiamo di tutti i lavori riguardanti l’arte metallurgica, quali che siano: montaggi e riparazioni di macchine in generale e artefatti in ferro. Si salda qualsiasi metallo e si accetta qualsiasi lavoro dentro e fuori della Capitale. Unico, non teme concorrenza; essendo il personale abilitato a questo scopo e grande stock di ossigeno e suoi derivati.

    Nei momenti liberi si dedicava al canottaggio. Uomo del suo tempo non intendeva l’insistenza delle figlie per lo studio; affermava: La vostra scuola è in casa. Tereza diventava professoressa frequentando di nascosto un corso. Talvolta gli piaceva provocare: Perché il povero lavora tutta la vita e non ha mai niente?. Le sue idee anarcoidi includevano l’anticlericalismo. La famiglia si recava la domenica alla prima messa nella chiesa di São Francisco - poco francescana nella magnificenza barocca della navata centrale ricoperta di scaglie d’oro – e lui restava in officina. Il cambio di casa li aveva avvicinati alla chiesa prediletta da Maria Rita. Secondo la leggenda a Salvador vi era una chiesa per ogni giorno dell’anno. Si occupava con zelo di formare la prole, anche Carlos, seguendo il catechismo. Il suo altare domestico era consacrato a Santa Rita, giorno natale, a Santo Antônio, ai santi Cosme e Damião, protettori dei bambini; in loro nome si chiedevano donazioni e oboli per celebrare le messe. Seguiva i sermoni contro l’ateismo: dovevano preservare e proteggere dal comunismo e dal candomblé. Nei territori baiani si erano installati e diffusi culti e riti arrivati con gli schiavi dall’Africa, almeno diciassette differenti gruppi etnici. Il 27 settembre quando gli organi nelle chiese vibravano per Cosma e Damiano, i tamburi martellavano nei terreiros per i Bêjis, orixás fratelli sincretizzati nei gemelli cattolici. Il caruru, ricetta africana a base di quiabo e azeite de dendê (gombo e olio di palma), era il piatto della festività. Maria Rita non mancava, in gennaio, alla celebrazione del Senhor do Bonfim, sincretizzato in Oxalá dio della creazione, orixá creatore dell’uomo, simbolo di pace, pazienza e saggezza. Era una cuoca eccellente nel preparare i piatti tipici: vatapá, xinxim de galinha, sarapatel, moquequas de siri-mole, frigideira de camarão. E gli acarajé, di cui Carlos era ghiotto e che consumava sovente in strada.

    Il passato di Maria Rita restava oscuro; non ne parlava. Raccontava che sua madre Maria Especiosa dos Santos era stata schiava; taceva del padre Jesuino dos Santos. Non si conoscevano altri parenti. Era stata impiegata domestica, in cambio di vitto e alloggio, talora di un modesto salario, presso una famiglia francese fino al matrimonio. Vi aveva appreso le buone maniere ma non a leggere, pur parlando correttamente. Maria Rita non era una eccezione: nel 1929 vi erano almeno due analfabeti per ogni brasiliano alfabetizzato sopra i quindici anni. Preparava ricette internazionali e specialità baiane; non mancavano paste italiane suggerite dal marito.

    Carlos o Carlinhos, rivendicava in prosa e versi, la sua condizione di nipote di schiavi. Da bambino era attratto dalle sfilate militari; talvolta sfuggiva al controllo per marciare dietro ai soldati. Una volta per questo si perdeva; il padre lo rimproverava rilevando: Un militare è uguale a una scimmia: sa soltanto imitare gli altri. Aveva una propensione alla fuga: imboccava la porta aperta e guadagnava la strada. Accadeva che la madre lo legasse con un cordone alla gamba del tavolo. Una vicina ammoniva: Donna Rita non lo faccia! Bambino legato finisce arrestato. Credenze popolari, superstizioni. Forse la madre avrà rammentato quell’ammonimento. La conoscente ignorava certo che per chi voleva trasformare la società brasiliana, comunista o no, c’era la repressione brutale a difesa degli interessi consolidati delle caste al potere, civili e militari; o civili-militari. Il sistema prevedeva la prigione e la tortura, in alcune fasi storiche, con una propria autonomia. Le reclusioni scandivano la traiettoria di Marighella.

    Figlio di un meccanico, guidatore di camion e orgoglioso proprietario di una Buick, Carlos non guiderà mai una automobile. I fratelli, Agostinho e Humberto, seguivano le orme paterne; mostrando gli arnesi dichiarava: Guardate ecco i miei libri!. Carlos li divorava. Augusto li acquistava a rate, volumi nazionali e importati, soprattutto francesi. Riformava l’officina per ricavarne uno studiolo ove il figlio talvolta si addormentava sulle pagine per risvegliarsi con il canto dei galli o il suono delle campane. Aiutava con lezioni gratuite i ragazzi del vicinato; con altri giocava a scacchi.I colleghi ridevano del suo modo di scrivere, il lapis incassato tra indice e medio della mano destra. Tereza ironizzava insinuando che imparasse a memoria il dizionario. Augusto riponeva grandi speranze in Carlinhos, come soltanto lui lo chiamava, o Carrinho, con la pronuncia deformata da bambino. Non lo spingeva all’uso di martelli e chiavi inglesi, anzi talora gli lasciava sul letto un giornale. L’invidia non sfiorava la famiglia, i fratelli lo adoravano. Sorprendeva i genitori per l’alfabetizzazione precoce, a quattro anni. Un giorno passando con la madre davanti al teatro dove parlava il giurista soteropolitano Ruy Barbosa, sillabava: Po-li-te-a-ma. A differenza di altri bambini cresciuti nella Baixa dos Sapateiros, zona povera ma non miserabile, avrebbe avuto delle possibilità. Augusto ricordava per questo le sue origini di operaio, più coltivato forse, ma che doveva alimentare una famiglia. A Carlos, che chiedeva scarpe per la scuola e scarpini per il calcio, rispondeva che poteva averne un solo paio. Dopo due giorni di riflessione, optava per le scarpe; se c’era qualche improvvisata partita le trasformava in scarpini, nell’officina, conficcando dei chiodi nella suola. Era un calciatore tranquillo al contrario di Caetano, il minore e più corpulento dei fratelli; rivaleggiava in simpatia con Carlos, suo padrino di battesimo, e animatore della casa; parodiava canzoni e poesie, inventava e assegnavasoprannomi.

    Le residenze dei notabili, frequentatori del Clube Bahiano de Tênis - ove i neri non erano ammessi - si trovavano nella avenida Sete de Setembro. La rigida gerarchia sociale baiana appariva chiara a Marighella nella Baixa dos Sapateiros, nome derivato dai negozi degli artigiani della pelle, dove rari erano i venditori neri e mulatti. I ricchi si accalcavano alle proiezioni nei cinema Olímpia e Jandaia, soltanto in seguito aperte a platee più ampie. Rua Chile era la passerella per le sfilate di abiti bianchi, cappelli, mani guantate.

    Bambini-lavoratori si arrampicavano sui tram in movimento, talvolta si ferivano, per vendere giornali. Nel 1917, tre mesi prima della rivoluzione sovietica, durante la protesta per l’aumento del pane, manifestanti avevano distrutto i lampioni. Nel 1919 la vendita di carne putrefatta faceva esplodere la rivolta. Il quartiere era un calderone ribollente. Le chiacchiere del vicinato stimavano il colore della pelle: Augusto bianchetto, Maria Rita negra, i figli mulatti; per le comari lei aveva il ventre sporco. Carlos era censito da uno scrivano come bianco nella tardiva registrazione di nascita del 1928; compariva come mulatto nel certificato del vaccino contro il vaiolo del 1931.

    Neri e meticci costituivano la maggioranza della popolazione di Salvador; il 64% secondo il censimento del 1940. Le vestigia della schiavitù non erano confinate nei registri; il preconcetto razziale contaminava rapporti di lavoro e relazioni amorose. Opportunità impari, maggiori probabilità di persistere nella povertà. Il sociologo americano Donald Pierson nel 1936 rilevava che nell’insegnamento medio il 73% degli alunni erano bianchi, il 6,4% neri, il 18,9% mulatti. Nei corsi superiori – diritto, ingegneria, medicina – gli studenti, sedicenti bianchi, erano l’ottanta per cento.

    Marighella nel 1925, terminate le primarie, era iscritto al primo anno in una scuola privata, ladeira da Soledade, zona Lapinha. Il Ginásio Carneiro Ribeiro, intitolato al linguista e polemista nativo dell’isola di Itaparica, era diretto da mulatti baiani. Conversatore gradevole e spiritoso ben presto diveniva conosciuto. Malgrado i buoni voti, non era il primo della classe; la sua originalità però richiamava l’attenzione di colleghi e professori. Le pettinature, i capelli rasati da un lato o la tonsura ecclesiale; i sandali, vietati a scuola, ottenuti tagliando la punta delle scarpe. Replicava ai rimproveri: Se Gesù Cristo andava con i sandali perché proibirmelo?. La poesia, assieme alla geografia e alla storia, lo affascinava. Due autori baiani lo emozionavano: Grégorio de Matos Guerra, libertino del secolo XVII, e Antônio de Castro Alves, romantico e antischiavista del XIX. Quando poteva, girovagava per la città; agli angoli delle strade gli capitava di vedere mutilati mendicare; erano i reduci della guerra di Canudos. Nel terreiro de Jesus apprendeva le mosse e i colpi della capoeira stile angola.

    All’inizio del 1928, superata la selezione, veniva ammesso al Ginásio da Bahia. Accanto al convento da Lapa e alla rua Chile, strada di hotel e caffè, dove con gli amici, si appostavano per ammirare il passeggio femminile. Quattro gradini di una scala in marmo, tre porte di un palazzo neoclassico di due piani, per entrare in un’istituzione dalla lunga e agitata storia. Si trovava nella stessa classe con Maurício Grabois, per i documenti baiano, ma originario di São Paulo. Di un anno minore, era figlio di Augustin, venditore ambulante ebreo, scampato ai feroci pogrom di inizio Novecento in Bessarabia. L’incontro oltrepassava la colleganza.

    Postille

    * Canto para atabaque: banzo, m. nostalgia dei negri africani. Agg. bras. Triste, abbattuto Idem per le poesie (o frammenti): Marighella Carlos Os lírios já não crescem… op.cit.

    * Angelo Trento Dall’altro lato dell’Atlantico… op. cit. Nel 1907 a São Paolo si pubblicavano cinque quotidiani in lingua italiana: Fanfulla, La Tribuna Italiana, Il Secolo, Avanti, Corriere d’Italia e una decina di settimanali. Oltre un milione e mezzo di italiani emigrava in Brasile fra il 1880 e il 1950; più della metà dall’Italia settentrionale; il 30% dal Veneto, il resto da Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte. Dal 1884 al 1959 erano 4.734.494 gli emigrati in Brasile: gli italiani i più numerosi con 1.507.695; i portoghesi, ex colonizzatori, 1.391.898. Nel periodo 1903-1920, i corregionali di Augusto erano circa il 3%: 9.103 su 306.652. Censimento del 1920: 1.448 italiani a Bahia, Luis Alberto de Boni A presença italiana no Brasil. Abitanti a Salvador e São Paulo nel 1910: IBGE Estatísticas do século XX. La economia baiana a inizio novecento: Oliveira Francisco de O elo perdido: classe e identidade de classe na Bahia São Paulo Fundação Perseu Abramo 2003; Luís Henrique Dias Tavares História da Bahia op.cit.; Avvertenze per l’emigrante italiano, Syrléa Marques Pereira in Mário Magalhães Marighella o guerrilheiro que incendiou o mundo São Paulo Companhia das Letras 2012. Presenza politica caratterizzante degli anarchici da fine Ottocento; dalla Colonia Cecilia allo sciopero generale del 1917 a São Paulo. La Lei Adolfo Gordo (1907), proposta dell’omonimo senatore paulista, puntava a reprimere il movimento operaio a São Paulo, specie le componenti anarcosindacaliste; contemplava la espulsione degli stranieri implicati in scioperi e agitazioni sociali.

    * Augusto Marighella: Comissariado da Polícia do Porto, livro 10, folha 160, registro Entrada de passageiros. Dati anagrafici: nascita 18 dicembre 1884, carteira de identidade para estrangeiros, Secretaria de Segurança Pública Bahia, 26 dicembre 1941. Antonio Risério Uma história da Cidade… op.cit.; Dorival Caymmi Trezentas e sessenta e cinco Igrejas 1946; Jorge Amado Bahia de todos… op.cit.; Dias Gomes Apenas um subversivo Bertrand 1998; Arcidiocesi Salvador: 18 novembre 2005 in Magalhães Mário Marighella… op. cit.; a inizio XXI secolo erano stimate 371 chiese e cappelle. Il contrasto della Chiesa al candomblé: Bartolomeu de Jesus Mendes Salvador era assim... op.cit.; le tesi dell’antropologo Vivaldo da Costa Lima su Salvador come Roma negra.

    * Haussás o hauçá o haúça, presenti in Nigeria, Niger e zone limitrofe sino al Sudan; mussulmani, detti malês (malesi); all’inizio del secolo capeggiavano a Bahia tentativi insurrezionali duramente repressi. Nipote di schiavi haussás: Marighella Carlos Por que resisti… op.cit. Domicilio in rua da Fonte das Pedras; luogo, ora di nascita, presenza levatrice: fonte Tereza. Jornal da Tarde Um barbeiro fala do seu cliente mais famoso.

    * Marighella branco: Registro Civil do Distrito de Nazaré, Bahia, 30 marzo 1928, livro 27, folha 203, n° de ordem 271. Ep/Ufba. Marighella mulatto: Secretaria de Saúde e Assistência Pública, Bahia, registro 10397, certificato di vaccinazione, 30 marzo 1931. Ep/Ufba. Incerto il luogo del battesimo; prima comunione nella chiesa di São Francisco, esempio maestoso di barocco coloniale. Maria Rita: testimonianza di Tereza. Altare domestico, messa richiesta: Caetano Marighella Missa pedida Salvador, dattiloscritto s/d. Il dizionario a memoria; tifoso dello Esporte Clube Vitória: Clara Charf.Sillabando Ci-ne-ma I-de-ale: Maria Laurinda Cardoso, Mocinha, sarta e amica di famiglia, madrina di Edwiges.

    * Apelidos, cognome/soprannome: Caetano sergipano per il collo corto; Julieta canela de sabiá, per le gambe sottili; Tereza professora sem juízo professoressa consigliera di vita giudiziosa; Anita che solo a lui cedeva il bandolim per improvvisare parodie: fonte Tereza. Clube Bahiano de Tênis, Gilberto Gil Tradição: No tempo que preto não entrava no Bahiano / Nem pela porta da cozinha (nel tempo in cui un negro non entrava nel Bahiano / Neppure dalla porta della cucina).

    Visão da cidade de Salvador no mar em uma viagem de saveiro

    Salvador – cidade de dois andares,

    as torres das igrejas furando o céu em cima da colina.

    A ladeira da Montanha,

    como uma língua de asfalto

    esticada da Cidade Baixa à Cidade Alta.

    O Forte de São Marcelo

    - uma cuia enorme,

    como uma bóia no mar

    ancorada em frente à cidade,

    e o sol arrancando

    do verde das águas

    relampejos de ouro.

    O Elevador Lacerda com sua torre gigante,

    como um H monumental enfeitando a Bahia.

    A Avenida do Contorno

    por onde vão automóveis

    acelerados correndo, cortando

    a colina.

    E o saveiro singrando

    as águas de superfície escamada,

    marulhando ao ouro do sol,

    num dia reluzente de céu azulado.

    E as praias seguindo,

    abraçando a cidade […]

    Pescadores, torsos nus,

    músculos de aço retesos,

    hércules mestiços arrastando redes

    na paisagem humana

    de Bahia de Todos os Santos. […]

    Visione della città di Salvador dal mare in viaggio su una chiatta. Salvador, una città di due piani, / i pinnacoli delle chiese che perforano il cielo sopra la collina. / La salita della Montagna, come una lingua di asfalto / protesa dalla Città Bassa alla Città Alta. / Il Forte di São Marcelo / - una grande ciotola, / come una boa nel mare / ancorata di fronte alla città, / e il sole estraendo / dal verde delle acque / bagliori d’oro. / L’elevatore Lacerda con la sua torre gigante, / come una monumentale H decorando Bahia. / La avenida Contorno dove vanno le automobili / ad andatura accelerata, tagliando / la collina. / E la chiatta navigando / sulle acque dalla superficie squamata, / mescolando l’oro del sole, / in un giorno sfolgorante del cielo azzurrato. / E le spiagge accompagnando, / abbracciando la città [...] / Pescatori, torsi nudi, / muscoli di acciaio in tensione, / Ercoli meticci trascinando le reti / nello scenario umano della Bahia de Todos os Santos.

    II. 1929-1934 .

    Specchio è la superficie che produce quando pulita, la rifrazione della luce…

    Due ragioni lo portavano dalla scuola privata a quella pubblica: il risparmio e docenti migliori. Tra questi il preferito diveniva Francisco da Conceição Menezes: nero e pingue, insegnava storia e geografia. Tipografo in gioventù, aveva perso un occhio per una manganellata della polizia durante uno sciopero. Nel 1929, completato il quinto anno, era promosso in tutte le materie con buoni voti e nel marzo del 1931 conseguiva il baccalaureato che lo abilitava all’insegnamento. Era forse l’alunno più popolare della scuola: per le trovate, come un concerto di piano finito in una sessione di percussioni, per gli scherzi, per i versi burleschi, per la passione dei libri. Famosa era e rimaneva la prova di fisica del 29 agosto 1929. L’argomento era di catottrica, parte dell’ottica che studia i fenomeni di riflessione della luce. Disegnate sul foglio le figure, con punti e rette, argomentava in versi la risposta.

    Dottore, parlo seriamente, mi permetta

    in versi decorare la prova scritta.

    Specchio è la superficie che produce

    quando pulita, la rifrazione della luce.

    C’è negli specchi da considerare

    due casi, quando l’immagine si va a formare. […]

    Aggiunte alcune righe di teoria, firmava e consegnava. Il professor Clemente Guimarães, sorpreso da un simile elaborato, rispondeva per le rime; con un sonetto. Riconosceva grazia, talento, ispirazione e finezza; evidenziava però un vizio grande, capace di condizionare la futura vita sociale di Marighella. Un certo culto della forma, delle apparenze, della esteriorità. Il foglio studentesco O Cenácolo, appeso nella bacheca della scuola, pubblicava i versi. Il plauso era superiore al punteggio: media in fisica 8,2. Nell’aprile 1931, con 7, era ammisso all’esame. Partecipava poco dopo, con Grabois e altri colleghi, a un periodo di formazione premilitare, incluso il tiro con armi corte e lunghe.

    Gli studenti in uniforme, nel luglio del 1932, davanti al Ginásio da Bahia manifestavano contro il rinvio degli esami. Il ministero della Educazione aveva posticipato le prove parziali dei corsi superiori, non delle secondarie. Il Ginásio, scuola pubblica statale, si adeguava al calendario del collegio federale Pedro II. Prima delle otto compariva la polizia, accolta con slogan favorevoli al movimento che a Saõ Paulo dal 9 luglio contestava il governo provvisorio di Vargas. La scintilla era un osso di mango lanciato da uno studente; centrava un autista della polizia. Spari in aria e nel caos una alunna fermata era percossa e poi liberata dai colleghi. Alcuni arrestati mentre altri riparavano nell’istituto. La maggioranza in corteo si dirigeva alla facoltà di Medicina ove, nell’anfiteatro Alfredo Brito, si svolgeva una assemblea. Erano accolti dagli universitari che occupavano il palazzo: accanto alla bandiera nazionale sventolava un panno bianco con la scritta azzurra facoltà libera. Diffondevano un comunicato: Saõ Paulo ha fatto il primo 7 settembre. Rifacciamolo adesso. La gioventù universitaria dirige il nuovo 2 di luglio della nostra storia. Alle armi baiani!.

    Marighella, al secondo anno di ingegneria, partecipava preparato allo scontro. Gli insorti raccoglievano fondi per acquistare armi difficili da procurare. Le rampe che collegavano la Cidade Baixa alla Cidade Alta erano sbarrate da posti di blocco militari. L’interventor, governatore nominato da Vargas, Juracy Magalhães temeva un assalto al palazzo della Aclamação. Qualcuno denunciava la presenza di una mitragliatrice su un campanile della vicina cattedrale. Ironia della storia: da una chiesa si prendeva di mira la sede, dal XVI secolo, del Colégio de Jesus. Vi aveva abitato e insegnato José de Anchieta e predicato padre Antônio Vieira. Nel 1808 accoglieva il primo corso di medicina del Brasile; per un periodo funzionava anche come ospedale militare accogliendo i feriti provenienti da Canudos. Nell’infuocata assemblea risuonavano i versi di Castro Alves: la piazza, la piazza è del popolo… come il cielo è del condor. Era acclamato Nelson da Souza Carneiro, avvocato e giornalista del giornale O imparcial, sessantenne senatore e sostenitore della Legge del Divorzio. Il mese precedente veniva arrestato con l’ inasprirsi della repressione per contrastare il virus paulistano. La censura asfissiava i giornali: due erano sospesi. Da Rádio Sociedade de Bahia Magalhães annunciava l’invio di un battaglione Cacciatori di fanteria oltre a ingenti reparti di polizia. Rádio Educadora Paulista raccontava la ribellione; ci si riuniva per ascoltare le emissioni. Due distinte proteste si fondevano. I futuri medici respingevano il regime istaurato dal golpe dell’ottobre 1930 che accresceva l’arbitrio dello statuto provvisorio. La rivoluzione costituzionalista sollevava Saõ Paulo e riecheggiava a Salvador. Le istanze dei ginnasiali erano meramente scolastiche ma la truculenza poliziesca spingeva all’alleanza; due debolezze contro un forte apparato repressivo.

    Il capitano João Facó, capo della polizia, reduce da un blitz contro i cangaceiros nordestini, interrompeva l’erogazione di luce e acqua; asserragliati senza provviste, gli occupanti s’impadronivano, nel Museo dell’Istituto Nina Rodrigues, di fucili Mauser modello 1895 usati nei massacri di Canudos. Qualcuno a sproposito sosteneva avessero duecento revolver; Marighella ne avrebbe impugnato uno. L’arsenale nei fatti si riduceva a una dozzina di fucili (più due da caccia), nove rivoltelle, tre pistole da fuoco centrale, una spada. Inoltre centinaia di bombe artigianali, fabbricate con acidi prelevati dai laboratori di farmacologia e chimica; mattoni, pietre, tubi di ferro completavano l’armamentario. La facoltà s’affacciava sul Terreiro de Jesus, rua das Portas do Carmo, verso largo do Pelourinho; i poliziotti tentavano di introdursi scalando il retro; erano scoperti e respinti. Nel pomeriggio era identificato e allontanato un infiltrato. Altri due, individuati nella piazza, reagivano sparando; il dipendente di un albergo restava ucciso, quattro i feriti; la folla si disperdeva e nel piazzale vuoto rimaneva silenzio e polvere. Marighella, in versi, raccontava sostenendo d’aver sparato.

    Magalhães, come interventor, arrivava nel settembre 1931, tenente ventiseienne, con un difetto inaccettabile per l’élite baiana: era cearense. Bollava in un messaggio gli insorti come reazionari, avversari dei rivoluzionari, identificati con il movimento impadronitosi del potere nel 1930 e guidati da Getúlio Dornelles Vargas, figura di indiscutibile talento politico. Nel considerare la situazione raccomandava: Juracy quando l’asino comincia a scalciare, è bene dare un pugno sul basto perché l’animale intenda che c’è qualcuno sopra. Tempratosi nel tenentismo, movimento politico militare protagonista delle rivolte soffocate e spente nel 1922 e nel 1924, prevaleva con un putsch, battezzato come Rivoluzione del ’30. Alleato con gli oligarchi di Rio Grande do Sul e di Minas Gerais propagandava e propagava grandi speranze. Privo di mandato popolare il governo provvisorio operava come una dittatura; collegata e coerente la condotta dell’interventor.

    Marighella era istintivamente antigetulista, ne intuiva le finzioni e gli inganni. Il 22 agosto, nel pomeriggio, alla commissione di professori era trasmesso l’ultimatum: fissava per le 19.00 lo sgombero della facoltà garantendo rispetto per i fermati; altrimenti le truppe avrebbero attaccato. Lo scontro, in condizioni tanto diseguali, era suicida. Alcuni occupanti si dileguavano, la maggioranza si consegnava. Ammainate le bandiere al canto dell’Hino Nacional, 514 studenti erano tradotti nel penitenziario statale di Engenho da Conceição, largo do Curtume. Sette professori accompagnati nella 1ª e 2ª Delegacia; rilasciate le studentesse. A mezzanotte l’operazione era conclusa. I presi, trasportati su autocarri oltre i filari di palme da cocco che conferivano al penitenziario una aspetto ameno, percorrevano, con in testa una sorta di cappuccio, una lunga galleria. Venivano rinchiusi, a gruppi di dieci, in celle realizzate per tre. Il dipartimento di Salute Pubblica le aveva dichiarate inagibili e nocive per i detenuti comuni, che, da un’area contigua, accoglievano i giovani con invettive e insulti. Marighella, colpito alla schiena negli scontri, sanguinava. Disteso su un fianco sul pavimento, senza materassi, osservava quella dimora inospitale; i riflessi della luce sulle tele di ragno. La temperatura era scesa, non avevano coperte. Avvertiva un gusto di calce nel cibo: era impreparato alla detenzione. Pochi dormivano: prima risa, canti, motti; poi una insonne spossatezza. Maria Rita Marighella, in casa, pregava per la sorte del figlio; forse ricordava la premonizione.

    Martedì mattina gli studenti delle superiori in un comunicato dichiaravano di essere i vincitori morali e indicevano uno sciopero generale. Seguiva un documento, con centotrenta firme, che chiamava alla mobilitazione contro la violenza di cui erano stati oggetto […] le alunne e gli alunni del Ginásio da Bahia. Marighella firmava con un inchiostro di china e un enigmatico senza note. La notte prima della scarcerazione parafrasava Vozes d’África poema di Castro Alves che conosceva a memoria.

    Dio! O Dio! Dove sei che non rispondi?

    In che mondo, in quale stella tu ti nascondi

    Nascosto nei cieli?

    Da duemila anni ti rivolsi il mio grido

    Che invano da allora percorre l’infinito

    Dove sei, Signore Dio?

    Parodiava in Vozes da mocidade acadêmica:

    Juracy! Dove sei che non rispondi!

    In quale occulta latrina tu ti nascondi,

    Quando potremo deriderti!

    Da due notti t’ho mandato la mia protesta.

    E da allora invano corri agitato.

    Dove sei Juracy? […]

    Da due notti… io singhiozzo un grido

    Ascoltalo, evocandolo dall’infinito

    Morte ai crimini tuoi!

    Le ovazioni e gli applausi risuonavano nella prigione; la sfida e l’affronto gli costavano caro.

    La sua vena poetica e sarcastica era nota; conosciuto e commentato in città il suo esame in versi; studente dalla condotta goliardica e attivo nelle riunioni letterarie. Nella raccolta Engenharíadas descriveva aspetti delle pratiche universitarie indifferente al potere. Partecipe ai moti del 22 agosto, nella parodia carceraria ignorava la causa paulista. L’inoffensivo e infiammato poema, in copie manoscritte, circolava procurandogli l’ostilità e l’odio dell’interventor. Minacciava ritorsioni, avvisava che gli avrebbe triturato le ossa. La sollevazione sconfitta fra tanto deponeva le armi in ottobre. A Salvador permaneva insoluto l’omicidio dell’impiegato; provocato dalla polizia secondo alcuni testimoni. Sperimentavano un detto: In tempo di guerra la menzogna è come la polvere. Roberto Heskett era il pubblico ministero che conduceva l’indagine sui disordini nella facoltà di Medicina. Marighella, scarcerato il 24 agosto 1932, si nascondeva per oltre un mese; non si presentava agli esami. Il 28 settembre il padre inoltrava una dichiarazione giustificativa al Consiglio Tecnico della facoltà:

    Essendo suo figlio ricercato dalla polizia […] e con dimora ignota, viene a giustificare la sua assenza dalle lezioni e pure dagli esami parziali della presente sessione, richiede che gli siano concessi nuovi appelli per i suddetti esami, in tempo opportuno, cessata l’investigazione.

    A dicembre, interrotte in apparenza le indagini, si presentava alle prove; era respinto in meccanica razionale e geologia. La stasi era una tregua, non una fine. La vita da universitario era piacevole. L’ingresso nel corso di ingegneria civile accompagnato da ceri e preghiere domestiche. Dalla abitazione di rua Barão do Desterro a piedi arrivava al palazzetto nell’avenida Sete de Setembro sede dell’Escola Politécnica. Si lamentava della geometria descrittiva e dei banchi angusti per le lunghe gambe. Poco dopo l’iscrizione pubblicava un articolo nell’importante Revista Brasileira de Matemática su Il teorema di Tolomeo nella misurazione dei lati dei poligoni regolari inscritti. Negli incontri con i colleghi spesso interpretava le sue parodie: Prudhomme, Casimiro de Abreu, Raimundo Correia, Bocage, oltre a Castro Alves. Molti insistevano perché ristampasse il poemetto dell’esame. Al questionario di chimica sull’idrogeno il 27 giugno 1931 rispondeva ancora in versi; con adeguati rilievi e considerazioni in prosa. Il professor Archimedes Pereira Guimarães gli dava 5, senza motivazione; prendeva 7 in chimica. Altre chimiche ormai lo appassionavano; in Engenharíadas rivelava l’amore intenso e travolgente per una musa ignota. Lo rattristava la limitata presenza di colleghe nel corso di ingegneria; stanco morto per lo studio andava al cinema Guarany per assistere ai film dell’attrice carioca Lia Torá. Frequentava i forrobodós senza essere un ballerino esperto, attratto da una certa Zulita. Sulle banchine del porto, nel frastuono dei motori e il brusio delle persone, discuteva con i portuali delle condizioni di lavoro e degli scioperi; tra i commiati e gli arrivi coglieva forme e movenze femminili. Osservava gli adescamenti tra prostitute e marinai. Nel vicinato le amiche delle sorelle cercavano di farsi notare; diverse infatuazioni, casi irrilevanti. Non era un seduttore come si diceva del padre. Raccontava di un incontro, senza luogo, con una anonima ragazza. Gli amici indicavano il suo fascino nell’energia della voce, nella eloquenza efficace. Era riservato; tra gli universitari una specie di alieno, non fumava e non beveva. Gli piaceva la notte ma anche il sole, la spiaggia e il nuoto. Andava con gli amici a Rio Vermelho e Itapuã, dove familiarizzava con i pescatori. Condivideva e partecipava alla follia del Carnevale e non perdeva la festività di São João; ancora nel 1933 batteva alle porte con i colleghi per avere in dono la canjica ringraziando in rima.

    Dopo la prigione e la latitanza, all’attento osservatore del quotidiano si sovrapponeva e imponeva il critico impetuoso delle distorsioni sociali e degli abusi del potere. Alla fine del terzo anno, nel dicembre del 1933, una commissione d’inchiesta lo investigava per la comparsa di stampati all’interno della scuola, con l’accusa implicita d’esserne l’autore, e per la sparizione di fascicoli dall’archivio dell’università; secondo la testimonianza d’un funzionario per le convinzioni contrarie al governo dello studente. L’indagine del Consiglio Tecnico nel marzo 1934 lo dichiarava colpevole: responsabile del furto delle prove di fisica dalla segreteria dell’istituto. L’8 maggio 1934, nel pomeriggio, all’unanimità era respinto il suo ricorso e confermata la sospensione di tre mesi dall’Escola Politécnica da Bahia.

    Marighella scoperchiava il suo destino, non sarebbe diventato ingegnere.

    Postille

    * Il concerto di piano: Genealogias, transversalidades e rupturas de Carlos Marighella di Nova Cristiane e Nóvoa Jorge in Nova C. - Nóvoa J. Carlos Marighella… op.cit. Rivista O Cenáculo; Diário da Noite (Rio de Janeiro) 2 giugno 1936. La reclusione: Marighella Carlos Vozes da mocidade acadêmica… op.cit. Fui uno dei primi…: Autobiografia de Carlos Marighella, 26 maggio 1954, manuscrito em espanhol, fundo 495, armazenamento 197, dossiê 170. Rgaspi: Magalhães M. Marighella... op.cit.

    * Interventor: Magalhães Juracy Defendendo o meu governo 1934; Cpdoc/Fgv Minhas memórias provisórias, deposizione; con Gueiros José Alberto O último tenente São Paulo Editora Record 1996. Quindici anni dopo negherà le minacce. Durante il regime militare, nel governo di Castello Branco, ambasciatore negli Stati Uniti, pronunciava la celebre frase: Quel che é buono per gli Stati Uniti é buono per il Brasile. Ministro della Giustizia impegnato nella censura dei media, chiedeva all’imprenditore Roberto Marinho (Globo) di licenziare due funzionari; la risposta era: Ai miei comunisti provvedo io!.

    * Dal giorno 11 luglio 1932 l’importante quotidiano A Tarde prendeva ad accompagnare il movimento paulista che prometteva la restaurazione della legalità, la realizzazione di elezioni e l’attuazione dei principi di autonomia federativa. Interpretava le tendenze e le aspirazioni della élite politica baiana. La forte repressione poliziesca soffocava la sollevazione studentesca il cui epicentro era la Faculdade de Medicina da Bahia il 22 agosto dello stesso anno. Dava, a livello locale, un elemento decisivo nella coagulazione delle opposizioni. La prigione di 514 studenti e sette professori mobilitava intellettuali e settori intermedi della società contra l’interventor. Alla crescente contestazione politica e culturale contrapponeva una violenta repressione, la censura e la inibizione di quotidiani, il pestaggio di giornalisti.

    * La singolare toponomastica soteropolitana: ladeira dos Aflitos, beco da Agonia, ladeira da Misericordia, ecc. (salita degli Afflitti, angolo dell’Agonia, salita della Misericordia). [N.d.A.]

    * Castro Alves, difensore di libertà e giustizia, combattente contro la schiavitù, in Vozes d'África (1868) illustrava la sofferenza degli oppressi. Nel poema epico, abbandonato l’indianismo, si faceva portavoce dell’abolizionismo: nella allegoria sul destino degli africani, il continente incarnato e voce narrante delle sventure, implorava la misericordia divina. L’io lirico confutava a Dio la disgrazia dei figli venduti come schiavi. Manifestava lo sdegno nel vedere il Nuovo Mondo, fatto per le grandezze…, e l’America, campione della libertà, macchiarsi degli stessi crimini dell’Europa. A praça, a praça é do Povo! / Como o céu é do Condor! / É antro onde a liberdade / Cria a águia ao seu calor! (La piazza, la piazza è del popolo! / Come il cielo è del condor! / È l’antro dove la libertà / Crea l’aquila col suo calore). [O Povo ao poder Recife, 1864.]

    * Versi di Marighella: Foi depois dos discursos... / Um secreta [...] / Feriu um popular... / E eu gritei ao sicário desalmado: / Vou furar-te, ladrão, de lado a lado.... / E mi pus a atirar. (Fu dopo i discorsi… Un infiltrato [...] Ferì un popolano… / Ed io gridai al sicario spietato: / Ti forerò carogna, da lato a lato…" / E mi misi a sparare).

    * Marighella nella Revista Brasileira de Matemática, O primeiro periódico brasileiro de matemática, João Augusto de Lima Rocha. Figure femminili: Zulita in Dançarina do Norte da Marighella Carlos Engenharíadas… op.cit.; l’affaire delle schede di valutazione: atti della Comissão de Inquérito, Ep/Ufba. Furto delle prove: Pereira Guimarães A. Escola Politécnica da Bahia… op.cit.

    Galinha morta

    Foi um zun zum feroz no galinheiro!

    Chegara a hora H e o chefe bamba,

    Com tanto galinhaço no poleiro,

    Ia fazer Gegê dançar no samba.

    Mas Gegê, galo velho de terreiro,

    Que sabe de que lado a roda camba,

    Foi deixando que o Hitler brasileiro

    Forjasse, alvoroçado, a sua muamba.

    O choque, até dá pena confessá-lo,

    Parecia vitória em toda a linha [...]

    Gallina morta. Era un ronzio feroce nel pollaio! / Arrivava la ora H e il capo ondeggiante, / Con un simil gallinaccio nella gabbia, / voleva far ballare a Gegê un samba. / Ma Gegê, gallo vecchio del cortile, / che sà in quale senso la ruota cambia, / lasciò fare a l’Hitler brasiliano / facesse, tormentato, il suo bottino. / Lo shock, è quasi doloroso confessarlo, /sembrava una vittoria su tutta la linea... […]

    III. 1934-1935.

    Anni di brace: la tenerezza e l’ira.

    Nel 1934, sospeso dall’università, Marighella aderiva alla Federação Vermelha dos Estudantes e da Juventude Comunista, per entrare poi nel Partido Comunista do Brasil (PC do B). Non era come associarsi a un circolo sportivo o culturale. Si avvicinava con la frequenza e l’attuazione tra i portuali, combattiva categoria che nella Primeira República realizzava a Salvador ben diciannove scioperi. Nella Baixa dos Sapateiros operava, animato da ebrei emigrati, il Soccorso Rosso Internazionale, struttura di sostegno ai perseguitati politici collegata al Komintern. Basbaum, in transito nel 1927, valutava tuttavia caotico l’impegno di elementi di provenienza anarchica nell’organizzare il Partito. Staccato e distante dalle agitazioni studentesche sbrigativamente definite uno scontro tra élite. Marighella respirava il clima energico della cospirazione nella Juventude Comunista diretta dal medico Manoel Isnard Teixeira.

    La tregua concessa dalla polizia era scaduta. Il suo verseggiare sarcastico contro le istituzioni universitarie provocava una sospensione ulteriore. Avevo diretto una serie di agitazioni nella scuola, motivo per cui fui allontanato […]. Non frequentava i corsi nel 1934 e nel 1935, né si immatricolava. Sprofondava il sogno di diventare ingegnere. Augusto lo supportava; nel cortile di casa nascondeva i libri sospetti e pagava un autista perché lo portasse a Piritiba nella Chapada Diamantina. Ironizzava: Carlinhos abbracci questa avventura del comunismo, dopo verranno i comunisti e prenderanno i tuoi libri! Le invocazioni di Maria Rita non erano accolte: Ho chiesto a Dio che togliesse da lui quelle idee. Era ormai conquistato agli ideali di giustizia sociale; ricordava gli insegnamenti a spartire il pane con i bisognosi. Intraprendeva la via della rivoluzione.

    Salvador era una città divisa, a livello metaforico e urbanistico: il grande ascensore Lacerda collegava senza unire la Cidade Baixa, rivolta verso la povertà nordestina, e la Cidade Alta, orientata verso il sud evoluto. Il teatro dello scontro ideologico negli anni Trenta, tra l’idea comunista e i nazi-fascismi avanzanti, era il mondo. I comunisti brasiliani, che celebravano i successi dell’URSS ignorandone ancora i costi feroci, avevano già i loro eroi e martiri. Nella città portuale di Santos nell’agosto del 1931, lo scaricatore Herculano de Souza era ammazzato dalla polizia durante un comizio del Socorro Vermelho in onore di Sacco e Vanzetti, uccisi sulla sedia elettrica negli Stati Uniti. Moriva tra le braccia di Patrícia Galvão, Pagu, scrittrice e militante; moribondo la esortava: Continua il comizio! La cavalleria irrompeva e occupava la piazza mentre cantavano l’Internazionale; lei era tra gli arrestati.

    Altri comizi inquietavano Marighella. Evocava la minaccia nazista la Ação Integralista Brasileira (AIB), variante brasiliana del fascismo, fondata nel 1932. Il capo, Plinio Salgado, durante una visita in Italia, rimaneva folgorato. Al ritorno costituiva il movimento delle camice verdi; il simbolo era la lettera greca sigma. Facevano il saluto romano e il grido di battaglia era la parola tupi Anauê(Você é meu irmão, Tu sei mio fratello). Gustavo Barroso, responsabile delle squadre armate, germanofilo e divulgatore di volgarità antisemite, denunciava con monotonia la alleanza perversa tra comunisti ed ebrei. Ultranazionalisti assumevano il motto Dio Patria Famiglia. Antiliberali, paladini della proprietà privata, campioni dell’anticomunismo sostenevano il governo Vargas quando nell’ottobre 1935 l’operaia tessile ebrea Genny Gleiser era espulsa e deportata. Veniva salvata e liberata dai portuali francesi. Erano valutati attorno ai quattrocentomila aderenti, suddivisi in 1.123 nuclei. Contro di loro Marighella azionava quello che i quotidiani battezzavano il cosiddetto razzo estremista. Modificava un fuoco d'artificio di circa quindici centimetri di diametro, solitamente usato nelle feste tradizionali baiane. Estratta la polvere pirica, introduceva da un lato duecento grammi di volantini arrotolati attorno a una cartuccia, dall’altro ricollocava la polvere separata da un disco di cartoncino. Il razzo, acceso e legato a una asta, saliva per circa duecento metri; esplodendo rovesciava i foglietti con slogan antifascisti. I manifestanti integralisti si trovavano sotto una bizzarra nevicata cartacea. In seguito ne realizzava una variante che scendendo, con un paracadute di carta di seta, reggeva una bandiera rossa.

    Vargas, proclamato presidente con elezione indiretta nella Costituente del 1934, collocava Magalhães a governatore nella Costituente statuale. La sua azione era più dura verso gli integralisti, oppositori vigorosi per i quali simpatizzava, che non con i combattivi e deboli comunisti baiani. Il fratello, il medico Eliéser Magalhães, era considerato un marxista matricolato; nel 1935 vendeva una casa a Rio de Janeiro per sostenere la emergente Aliança Nacional Libertadora (ANL). L’organizzazione attraeva moltitudini. Formata all’inizio dell’anno da intellettuali, studenti, tenentisti della sinistra non comunista, ben presto finiva controllata dal PCB. Il 3 maggio i tre piani del Cine Jandaia a Salvador si riempivano per il lancio del movimento. Gli integralisti o sigmoidi, avevano occupato le prime file; agli schiamazzi seguiva una rissa furibonda.

    L’avvocato Edgar Mata reggeva la sezione baiana; si era battuto contro la Lei de Segurança Nacional varata in aprile e definita Lei Monstro. Il programma prevedeva la cancellazione dei debiti… la nazionalizzazione delle imprese imperialiste… la ripartizione del latifondo fra il popolo lavoratore. Lo slogan Pane, terra e libertà replicava quello bolscevico del 1917 Pane, pace e terra. Oltre che nella ANL, Marighella lavorava nel Comitê Regional del PCB, dirigendolo per un periodo:

    […] fui reclutato dal partito ed entrai a far parte d’una cellula di lavoratori tessili […] in questo periodo organizzai cellule del partito tra i portuali di Bahia, tra i lavoratori dei tram cittadini, tra i panettieri, etc. e arrivai a essere segretario del partito, avendo anche organizzato la Juventude Comunista.

    Trasformava la Federação Vermelha dos Estudantes in associazione studentesca. Nel marzo del 1935 coordinava, nella abitazione di Edison Carneiro, la formazione della cellula comunista nella Facoltà di Diritto; una ventina di universitari (tra cui Sinval Palmeira, futuro deputato). Si presentava, senza calzini, come compagno Estanislau; era un elementare comportamento di sicurezza, anche se soltanto uno sprovveduto poteva non riconoscerlo. Per quasi due ore esponeva e informava sulla struttura della cellula, sulla azione politica e l’autodifesa: dall’uso di biglie per contrastare le cariche della cavalleria a come fissare una bandiera alla rete elettrica, dall’assetto del servizio d’ordine alla realizzazione di comizi lampo. L’anfitrione, divenuto etnografo e militante pecebista. sosteneva una interazione fattiva tra Partito e culti africani. Nel pieno dell’ondata repressiva della dittatura molti comunisti baiani braccati trovavano rifugio nei terreiros.

    L’assemblea della ANL il 30 marzo 1935 nel teatro João Caetano, era infiammata dal discorso di Carlos Lacerda, universitario comunista e già talentuoso oratore, nipote di Paulo Lacerda, per un breve periodo segretario del Partito. Parlava anche il padre, Maurício Lacerda, deputato e sostenitore delle lotte operaie. Il culmine arrivava con la proposta di eleggere Luiz Carlos Prestes, il Cavaleiro da Esperança, a presidente onorario: una ovazione scuoteva la sala.

    Il tredicenne Marighella era stato affascinato dalle imprese della Coluna nella caatinga baiana raccontate dai giornali; conquistato dalla ingegnosità di una guerriglia che colpiva e scartava, attaccando unità rilevanti ed equipaggiate. Il 5 luglio 1935 Prestes, rientrato clandestinamente, lanciava un proclama. Parafrasava il Manifesto comunista del 1848: L’idea dell’attacco matura nella coscienza delle grandi masse. Spetta ai suoi capi organizzarle e dirigerle. […] Voi che niente avete da perdere e la ricchezza immensa di tutto il Brasile da conquistare. […] Abbasso il governo odioso di Vargas. Reiterava l’appello leninista: Tutto il potere alla Aliança Nacional Libertadora. Era l’appiglio atteso per bandire l’organizzazione. Avveniva una settimana dopo senza nessuna reazione, in una inerzia silente. La illegalità decretata imponeva la pressante assunzione delle accortezze clandestine. Lauro Reginaldo da Rocha, Bangu, inviato dal segretario generale Antônio Maciel Bonfim, Miranda, si rifugiava a Bahia per sfuggire alla polizia carioca. Era il responsabile dell’agit-prop (agitazione e propaganda) del Birô Político del CC. A Salvador la percepita e acclarata infiltrazione poliziesca rendeva rischiosa la permanenza di Marighella. La sua realtà era profondamente mutata. Rinunciava alle ripetizioni con cui si manteneva; il Partito lo sostentava soltanto in parte; era indebitato. Il 1° ottobre, contro gli aumenti, si lanciava una campagna per il boicottaggio del consumo della carne; al contempo la Unione Sindacale dei Lavoratori (UST) per contrastare un raduno integralista, decretava il divieto all’uso dei mezzi pubblici per chiunque vestisse di verde. L’impegno negli organismi di massa e studenteschi si abbinava alla stesura di uno studio per il Comitê Regional sulla economia statuale. La stringente disposizione di traferirsi a Rio de Janeiro troncava tutto. Mise in una valigetta un completo, un cappello nero, gemelli dorati con le iniziali ‘CM’, quattro giacche, due pantaloni, tre camicie, tre mutande, due fazzoletti. Avuta la benedizione dei genitori, che da irregolare vedeva ormai poco, partiva. La madre inconsolabile attribuiva il distacco del figlio dalla Chiesa alle troppe letture di nefande sciocchezze. Era chiamato, con una facile modifica, che troncava il cognome italiano, Mariga: ricordava un fiume africano, affluente del Niger, prossimo all’area di provenienza degli haussás. A fine ottobre salpava per Rio de Janeiro. Il 5 dicembre compiva ventiquattro anni, l’età in cui il prediletto Castro Alves era morto di tubercolosi.

    Postille

    * Adesione alla Federação Vermelha dos Estudantes e alla Juventude Comunista: fui reclutato dal partito nel 1934 in Autobiografia de… op. cit. Scioperi dei portuali: Bacelar Jeferson A hierarquia das raças: negros e brancos em Salvador Rio de Janeiro Pallas 2001. Sulla costruzione del Partito - in maiuscolo in luogo di Partidão (Partitone accrescitivo indicante l’organizzazione per antonomasia); pecebista. N.d.A. a

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