I cedri della Palestina
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Anteprima del libro
I cedri della Palestina - Laila Scorcelletti
Palestina
Introduzione
Sono trascorsi almeno diciotto anni da quando, in una sera invernale, zia venne a cena nella mia casa di campagna a Velletri con la sua figlia maggiore.
Camino acceso e polenta fumante per un caldo incontro tra me, lei e due miei cari e fidati amici: Antonia e Massimo Sani.
Zia portava un suo diario scritto a mano. Un antico quaderno con la sua lunga storia, costruita parola su parola, d’un fiato, quasi senza punteggiatura, in un’ortografia e sintassi molto… personalizzata!
Durante la cena, Massimo era, come nel suo stile e nel suo mestiere, curioso e impaziente e le faceva mille domande per conoscere quella storia in ogni dettaglio, dalla viva voce del testimone.
Zia raccontava… raccontava da perfetta fabulatrice. Le piaceva dominare la scena e non si fece pregare per parlare di sé. Così, un episodio dopo l’altro, tra una pietanza e un bicchiere di vino, narrò tutte le vicende racchiuse nel suo prezioso manoscritto.
Alla fine della serata mi consegnò il suo diario chiedendomi di farne un libro. E io accettai. Massimo si rese disponibile a leggere quel manoscritto prima di me per darmi un parere tecnico sui punti storici salienti da focalizzare.
Il suo aiuto fu prezioso allora, e per questo gli chiesi di scrivere per me la prefazione della prima edizione del 2005 per i tipi Editrice Ve.La. di Velletri. Lui lo fece, con la generosità culturale che caratterizzava il suo stile di vita.
Dopo la prima stesura, restituii il manoscritto a zia. Nell’arco di cinque anni, raccogliendo i consigli degli editori e dei critici, ne ho scritto sei stesure diverse.
Quella storia entrò dentro di me, gradatamente, quale radice del mio passato e diventò, con il tempo, l’argilla su cui ho scritto un’altra cosa.
Così è nata la prima edizione di I cedri della Palestina.
Ora, nel luglio 2018 mi sono presa del tempo per rileggere tutto e adeguarlo per una nuova edizione da dedicare non solo ai miei figli ma anche ai miei nipoti (ne sono nati tre).
E proprio il 21 luglio, mentre rileggevo la sua preziosa prefazione, si spegneva il caro Massimo Sani, all’età di ottantanove anni.
Anche a lui, con profonda amicizia, dedico questo mio lavoro…
Laila Scorcelletti
Prefazione
Questo racconto lungo si legge tutto d’un fiato non tanto per le ragioni stilistiche (peraltro affascinanti), scelte da Laila Scorcelletti per parlare di e con sua Zia, quanto per la grande varietà di ricordi, appunti, memorie storiche, divagazioni civili-politiche-sociali in esso contenuti, visti dalla prospettiva di una donna italiana nell’arco di circa ottanta anni.
Ho conosciuto con piacere la Zia di Laila, nata in Palestina quando questa terra era un Protettorato Britannico. La incontrai nell’occasione di cui Laila stessa parla nella sua introduzione al presente lavoro. Raccontava Zia Hossneya, all’inizio dei suoi ricordi confidati alla nipote Laila, che i giovani, gradatamente, si organizzavano in bande patriottiche (palestinesi, n.d.r,) che, per gli inglesi, erano formate da volgari ribelli che mettevano disordine nel Paese. Per i protettori
della Palestina quei territori erano serbatoi di incalcolabili ricchezze: oro nero e oro giallo. Ecco il presupposto delle paci e delle guerre!
Nella storia, Zia Hossneya, con la sua avventurosa biografia, si addentra subito nelle ostilità tra arabi ed ebrei, nelle vittorie e sconfitte inglesi e nei sanguinosi macelli
di carne umana. Una delle prime date del racconto è l’anno 1925.
Ogni tanto qualche verso poetico:
Parlerò ancora piccola mia.
Come una fiaba
il mio racconto
sfinirà
il tuo animo… e dormirai.
E proprio come una fiaba si snoda la cruda verità delle sue incredibili vicende.
Nel 1939 Zia Hossneya, ormai unita in matrimonio a un cittadino riconosciuto italiano – perché nato in Palestina da padre italiano, emigrato in cerca di lavoro –, nell’ospedale italiano di Haifa dà alla luce la sua prima figlia. Ma proprio in quei giorni, tra i corridoi dell’ospedale, serpeggia il terrore della guerra lampo
progettata da Hitler in Europa, dopo l’invasione della Polonia. In quel capitolo, la suora confida alla puerpera: «Dopo la guerra del ’15-’18 un’altra guerra diventerebbe subito mondiale. Ci sono troppi interessi di mezzo». Di lì a poco per gli italiani, emigrati in Palestina alla ricerca di un po’ di fortuna, arriva il momento – o meglio l’obbligo – di rientrare in Italia.
Era un grigio giovedì di dicembre, il 10 dicembre (1939 n.d.r.). I parenti di Hossneya erano in lacrime fuori dal cancello del porto….a un cenno del comandante la scala fu ritirata e agganciata a fianco della Galilea (questo era il nome della nave), l’ancora che la legava al porto di Haifa fu levata e al fischio, tanto famigliare alla gente di mare, la nave si mosse
. Destinazione provvisoria: Sardegna, a Fluminimaggiore nei pressi di Iglesias.
Il lungo capitolo della permanenza di Zia Hossneya, con la sua famiglia, in Italia – l’Italia sotto il regime fascista – è un documento di raro interesse umano. I ricordi dedicati agli anni della guerra portano il titolo Tempo di guerra e hanno le loro pagine più accorate sulle ferree leggi alle quali erano sottoposti i militari negli anni di guerra (il marito, accusato di diserzione, fu drammaticamente salvato da Zia Hossneya) e sulle terribili conseguenze dei bombardamenti aerei.
Cagliari venne sottoposta a un bombardamento, in parte tattico e in gran parte terroristico, da parte degli Alleati anglo-americani nel febbraio 1943. Io stesso ebbi occasione di trovare alcune immagini filmate della città, subito dopo il bombardamento, realizzate da un cittadino di Cagliari con una piccola cinepresa per dilettanti. Tali immagini furono inserite nel film-inchiesta Quell’Italia del ‘43, da me scritto e diretto per la RAI nel 1993 (in occasione del cinquantesimo anniversario degli avvenimenti storici). In particolare il mio ricordo resta legato alle drammatiche immagini della città, semidistrutta e con le macerie ancora solo parzialmente sgomberate, nella giornata dedicata al patrono S. Efisio mentre la statua del santo veniva trasportata in lenta e mesta processione – a bordo di un camioncino di fortuna – con un piccolo seguito di cittadini superstiti, dopo la sepoltura di decine di migliaia di vittime.
Nel testo Zia Hossneya ricorda: Il ventotto febbraio di quell’anno ci fu la più grande incursione aerea su Cagliari, che ridusse 28.000 persone a carne da macello
.
Dopo la Sardegna le vicende di Zia Hossneya si spostano a Roma, dove era stato trasferito il marito, per poche settimane. È il giugno del 1943. Ma anche Roma – nonostante fosse stata dichiarata città aperta
– viene bombardata, il 19 luglio. E poi – nella notte tra il 25 e il 26 luglio – il grande avvenimento: la caduta del Duce. La vita a Roma diventa sempre più pericolosa. I parenti di Zia Hossneya preferiscono rifugiarsi in luoghi più sicuri di campagna, chi nel padovano e chi nel ferrarese. Anche per il Comando militare, nel quale presta servizio il marito, Roma appare troppo pericolosa. Si dispone il trasferimento in Abruzzo, nei pressi di Chieti. Ma in Abruzzo la guerra mostra i suoi aspetti più terrificanti, a causa della lunga e spietata occupazione tedesca, aggravata da numerosi reparti delle SS in cerca di combattenti partigiani e reparti attivi nella Resistenza.
Su tali avvenimenti io stesso ho raccolto numerose testimonianze per un mio film-inchiesta in due puntate, trasmesso per i programmi di RAI-TRE nel 1995, in occasione del cinquantesimo anniversario della Liberazione. Le testimonianze di Zia Hossneya sulle terribili e spietate azioni di guerra terroristica compiute dai tedeschi non fanno che confermare la realtà di quei lunghi mesi – tra il settembre 1943 e l’estate del 1944 – vissuti nelle campagne e nelle città abruzzesi dai cittadini residenti e dalla massa di sfollati e rifugiati, ospiti delle famiglie locali (compresi gli ex prigionieri inglesi, americani, greci, jugoslavi usciti dai campi di prigionia di guerra italiani dopo l’8 settembre 1943). Lungo l’intera linea di difesa del fronte tra le forze della Wehrmacht e le forze dell’ottava armata britannica, sul fiume Sangro, i tedeschi hanno fatto terra bruciata
con massacri e deportazioni di intere collettività. Dalle campagne intorno a Lanciano fino ai confini con i territori del Chietino il terrore delle SS e dei soldati della Wehrmacht fu contrastato dalla Resistenza delle prime formazioni partigiane, fra cui si distinse la ben nota Brigata Maiella
.
Cessata l’occupazione tedesca, con l’avanzata degli Alleati, Zia Hossneya può fare ritorno a Roma con la famiglia, in seguito al trasferimento di Emilio. A Roma arriva anche il giorno della fine della guerra. Una grande felicità, purtroppo turbata dalla improvvisa scomparsa della neonata Raina: una vita stroncata poco tempo dopo la nascita per la mancanza di medicinali, indispensabili per fermare una grave forma infettiva.
E poi un’altra grande felicità: il viaggio di ritorno in Palestina, a Haifa, agli inizi del 1947. La famiglia di Zia Hossneya (con il marito e due bambine) resta immersa negli avvenimenti della storia. In