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E-book2.280 pagine34 ore

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Info su questo ebook

"Tante sono le storie della vita. Alcune finiscono bene, altre male. Ma da tutte c'è da imparare."
Questa piccola e sicuramente - almeno per l'autore - emozionante e divertente avventura letteraria inizia tanti anni fa con una storiella su un biglietto di auguri natalizio alla allora fidanzata, ed ora consorte.
Considerazioni, idee, memorie ed esperienze personali mescolate e mimetizzate in un mare di fantasia spesso inaspettata anche per l'autore stesso, quasi quanto la varietà dell'animo umano e della vita. Fantasia che in genere nasce e prosegue dal sogno intrecciandosi con mille spunti della realtà quotidiana.
In origine usciti dalla sua penna (pardon, tastiera) per i suoi discendenti, amici e conoscenti, qui ne troverete oltre 200 in ordine alfabetico (e quindi sparso): "Scherzi del cuore", "Scherzi del futuro", "Scherzi per bambini" (favole nuove o rivisitate); "Scherzi delle feste", soprattutto del Natale; ed alcuni semi-polizieschi. Per questo motivo buona parte dei racconti qui presenti si trovano  pubblicati anche in altre raccolte tematiche dell'autore.
Dall'autore - che gradirà e aspetterà volentieri vostri commenti, critiche, considerazioni, recensioni - un grazie particolare alle sue figlie, il cui autoritratto rallegra la copertina di questo libro come la loro vita rallegra la sua.
LinguaItaliano
Data di uscita6 mar 2021
ISBN9791220273763
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    Anteprima del libro

    Tutti gli Scherzi - Marco Fogliani

    Marco Fogliani

    Tutti gli Scherzi

    Scripta Mixta

    ISBN ebook: 9791220273763

    Disegno di copertina di Angela Fogliani

    Aggiornamento: 20/04/2024

    Indice dei contenuti

    ADORABILE IMPICCIONA

    AGENTI MOLTO SPECIALI

    AI TEMPI DELLA SALUBRINA

    AL FUOCO, TOMMASO!

    ALICE, QUELLA PICCOLA FIGLIA DI …

    ALL'AMANTE SEGRETA (Lettera-indovinello di un vecchio)

    ALL'INFERNO!

    ALLA PROSSIMA TOCCA A ME

    ASPETTANDO PAPA'

    BABBO NATALE, GLI GNOMI RIBELLI … E LA BEFANA!

    BALDOVINO E IL DENTIFRICIO DELLA PRINCIPESSA (una favola della buonanotte)

    BATTERIE A LUNGA DURATA

    BIANCA NEVE E GLI ORFANELLI

    BIANCHI E NERI IMMOBILI

    BUON NATALE, BERNARD!

    BUON PASTORE?

    CERCANDO PAT

    CHI HA PAURA DELL'ELFO CATTIVO?

    COMPATIBILITA'

    CON TANTI CARI AUGURI DI BUON ANNO

    DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE

    DIAVOLI E AUTOMOBILI

    DIAVOLI E SANTI

    DOG MAN

    DUE BARZELLETTE SPECIALI

    DUE MOGLI

    DUE STORIE DIVERSE

    DUE STORIE TELEGRAFICHE

    È ARRIVATA LUDMILLA

    È ARRIVATO IL POSTINO

    ELE E LEO

    EPITAFFIO

    FRA CIRINO E DON CICCILLO

    FUORI IL CANNONCINO! (Breve storia di un artigliere)

    FURTO IN CHIESA

    GELINDO E FLORINDO

    GEPPETTO, LA FATA TURCHINA E IL GRILLO PARLANTE

    GINO IL POSTINO ED IL DRAGO BAMBINO (una favola della buonanotte)

    GIOCHI DI GUERRA

    GIU' LE MANI DA LUANA, PLEASE

    GLI INCONTRI A DIGNANO

    GRAN BELLA FESTA, CONTESSA

    HO IMPARATO A VOLARE

    HOTEL BETLEMME, BUONASERA

    I DUE AMICI-NEMICI

    I FIORI DEL MARITO

    I MOSTRI MARINI

    I NUMERI GIUSTI

    I NUOVI MOSTRI (La storia di Alice e Marcello)

    I SOLDATINI E LA BALLERINA

    I VIAGGI DI LILLIGET

    IL BRACCIALETTO SMARRITO

    IL BUNKER (L'amore ai tempi della pandemia)

    IL CALCIO DI OGGI NON E' PIU' COME PRIMA

    IL CAMPIONE E LO STUDENTE

    IL CASTELLO DELL'AMORE

    IL CHICCO DI RISO GIALLO

    IL COLORE GIUSTO

    IL CONCERTO DELLA BANDA DI LORENZO

    IL CORAGGIO A DUE MANI

    IL CORAGGIO DELL'AMORE

    IL DOTTOR CLOCK

    IL FIGLIO NON ADOTTIVO

    IL GALLETTO DALLE UOVA D'ORO

    IL GENIO DELLA PENNA

    IL GRANDE PARRUCCHIERE

    IL MAGO DELLO ZUCCHERO

    IL MECENATE DELLA SCIENZA

    IL MIO MIGLIORE AMICO

    IL MORBO DI … (Dramma Fanta-Farmacologico)

    IL NATALE DEL PROFUGO

    IL PANDORO LUCCICANTE

    IL PANETTONE DI BABBO NATALE

    IL PESO DI UN SEGRETO

    IL PICCIONE E LA BAMBINA

    IL PICCOLO ROCKY

    IL PICCOLO SUPEREROE

    IL PORTAFOGLIO … DI FORTUNA

    IL PRIMO ANNUNCIO

    IL PROGETTO PILOTA

    IL REATO

    IL REGALO DI COMPLEANNO

    IL REGALO DI NATALE

    IL REGATANTE (ovvero i numeri in campo)

    IL RISVEGLIO (Dramma Fanta-Farmacologico)

    IL SANTO DEI MIRACOLI

    IL SANTONE

    IL SONNO PERDUTO

    IL TAPPETINO CHE SAPEVA VOLARE

    IL TELEFONINO SMARRITO

    IL VECCHIO MOTORE

    IL VENTICINQUESIMO ANNIVERSARIO

    IN ATTESA DI UN OSPITE

    IN CHIESA TUTTO E’ POSSIBILE

    IN OGNI PORTO

    INTWEAR (da una rassegna stampa specializzata)

    IO E ANNA

    IO E AUGUSTO, I DUE INVISIBILI DELLA CLASSE

    L'ALTRA SARA

    L'AMANTE INGLESE

    L'AMICIZIA E L'AMORE

    L'AMICO DI NONNA PINA

    L'AMORE AI TEMPI DI MATUSALEMME

    L'AMORE DI ROMEO

    L'AMORE, SE DIO VUOLE

    L'ANGELO CUSTODE

    L'ANGELO E IL PRINCIPE AZZURRO

    L'ANTIFURTO

    L'AUTORITRATTO

    L'AVARIA

    L'AVVENTURA DI UN CONTROLLORE

    L'EREDITA' AUSTRALIANA

    L'EX ALUNNA

    L'ONDA MALANDRINA

    L'ULTIMA DIMORA

    L'ULTIMO DEGLI ZAR

    LA CASCINA IN MONTAGNA

    LA COLLEZIONISTA

    LA COMPAGNA IDEALE

    LA CONFESSIONE

    LA CONOSCEVO, O PENSAVO DI CONOSCERLA

    LA DICHIARAZIONE

    LA DONNA DI CAPITAN NO-VAX

    LA FAMIGLIA BALZELLONI

    LA FATA PUNTINA

    LA FATINA DELLE NUVOLE

    LA FESTA A SORPRESA

    LA FESTA D'ADDIO

    LA FIDANZATA IMMAGINARIA

    LA FINE DELLA LIBERTA'

    LA FINE DI TERTULLIA

    LA FRANA

    LA GITA AL SANTUARIO

    LA LIBERTA'

    LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE

    LA MARCIA PER LA PACE

    LA MENSA DEI POVERI

    LA MISSIONE DELL'ULISSE VOLANTE

    LA MOSCA

    LA PANCHINA PANORAMICA

    LA PARTITA INTERROTTA

    LA PASSEGGIATA IN BICICLETTA

    LA PENSIONE A CINQUE STELLE

    LA PERFIDIA DELLE DONNE

    LA PIOGGIA

    LA PREPARAZIONE AL NATALE

    LA PRIMA IDEA DEL CINEMA

    LA PRINCIPESSA CAPRICCIOSA

    LA PRINCIPESSA CICLAMINO ED IL CAVALIER MIRTILLO

    LA RETATA

    LA ROSCIA

    LA SCARCERAZIONE

    LA SCIAMANA

    LA SCOMMESSA

    LA SEGRETARIA DEL SEGRETARIO GENERALE

    LA SIGNORA LUISI E PEPPINO, L'AUTISTA DELLO SCUOLABUS

    LA SOSIA (ovvero: dettagli che fanno la differenza)

    LA STORIA DI JASMIN

    LA STRAGE DEI PROFESSORI

    LA STRANA PIOGGIA

    LA TERZA GENERAZIONE

    LA TERZA PRIMAVERA

    LA VACANZA LAST-MINUTE

    LA VERA STORIA DEL PRINCIPE FELICE

    LA VERA STORIA DI CAPPUCCETTO ROSSO E DEL LUPO

    LA VIA DELLA SIRIA (ovvero l'ultimo voltafaccia dell'onorevole Paolo Santo)

    LA VISITA ALLA NONNA

    LA VITA E' UN GIOCO, PAPA'

    LE CARTOLINE DI CLARA

    LE DUE MARIE

    LE MINIERE DI BABBO NATALE

    LE RAGAZZE DELLA MARINA

    LE STORIE DEGLI ITALIANI COMUNI

    LE STORIE DI MARIA

    LE ULTIME NOTTI DI VLADIMIRO, CONTE TIRANNO

    LETTERA A BABBO NATALE

    LIBERI TUTTI

    LIVELLO SUCCESSIVO!

    LO SCOOP DELL'ANNO

    LO STATO LIBERO DI BAGHIRISTAN

    LO STRANO INCONTRO

    LUCIANO E IL BLACK-OUT

    LUISA E ANTONIO

    LUNGA VITA AL GRANDE PRESIDENTE!

    MI HAI CONVINTO!

    MICHELA E LO SPECCHIO

    MILLE ED ALTRI CENTO

    MIRACOLO DI NATALE IN CASA SPARAPIFFERI

    MISSIONE COMPIUTA, SORELLA

    NATALE DI GUARDIA

    NON SENZA SALUTARE

    NULLA SFUGGE ALLA MAMMA (Marco e Sara in un cuore)

    OSVALDO IL PESCATORE

    PADRI, E FIGLI

    PAESAGGIO MOZZAFIATO

    PAOLA E CARLO

    PAOLINO E IL DRAGO DEL CASTELLO NERO

    PAOLO E NIKOLAJ

    PEN FRIENDS

    PER CHI SUONA L'AMBULANZA

    PER SEMPRE

    PIACERE: COMMISSARIO SGAMON

    PIETRO E IL NONNO

    PIU' CHE FRATELLI

    PRIMA COTTA

    QUANDO FUFFY SI È SMARRITA

    QUEGLI STRANI OCCHIALI

    RAGAZZI DEL CORO

    RIFLESSIONI DOPO UNA GITA A TIVOLI

    ROSETTA

    ROSSELLA

    SALAFINO E LA CAFFETTIERA MAGICA

    SCAPOLI IRRIDUCIBILI E FATTI STRAORDINARI

    SCARAMELLO (ovvero la locandiera e il pittore)

    SCELTA D'AMORE

    SERENA LA SIRENA

    SESSANTA!

    SI CHIAMAVA PASQUALE

    SI’, QUI E’ SEMPRE MOLTO TRANQUILLO

    SOGNO DI NATALE

    SOGNO DI UNA NOTTE DI PIENA ESTATE

    SOGNO DI UNA NOTTE DI TARDA PRIMAVERA

    SOLI IN COMPAGNIA

    STORIA D'ALTRI TEMPI

    STORIA DI UN MANICHINO

    SULLA SPIAGGIA

    SULLA STRADA DELLA SERA

    SUPER FOOTBALL-MEGASTORE

    TEMPI CHE CAMBIANO

    TEODORO, FORFORA D'ORO

    TERRE VIOLA

    TOCCATA E FUGA

    TOMMASO ASPIRANTE CUOCO

    TRE DI DUE

    UN FIASCO D'AMORE IN MEZZO AL MARE

    UN LUMINARE PSICOLOGO (Indovinello)

    UN MESSAGGIO PER BABBO NATALE

    UN MONDO NUOVO

    UN NATALE DIVERSO

    UNA BRAVA PERSONA

    UNA DONNA FORTUNATA

    UNA FESTA POPOLARE

    UNA GENUINA BONTA'

    UNA NOTTE DA INSONNI

    UNA NOTTE IN UFFICIO

    UNA NOTTE MOVIMENTATA

    UNO SCHIANTO DI MUSICA

    UNO STRANO MALANNO (ovvero il mal di musica)

    VECCHI LIBRI E GRANDI SPAZI

    VENTINOVE FEBBRAIO

    VENTO DI NATALE

    VIAGGIO IN PRIMA CLASSE

    VIVA L'ITALIA

    Tante sono le storie della vita. Alcune finiscono bene, altre male.

    Ma da tutte c’è da imparare.

    AI FIGLI E AI GENITORI

    Veglio senza fatica il tuo sonno beato e tranquillo, piccola creatura meravigliosa. Ho grandi progetti e speranze per il tuo futuro. E una grande certezza per il mio passato: che qualcuno, come me, vegliò a suo tempo con lo stesso amore il mio sonno di bimbo.

    ADORABILE IMPICCIONA

    Sì … No … Temo che dovrò rimandare a domani l’analisi di questa pratica. Stamattina ho avuto un imprevisto, e oggi non credo proprio di riuscire a passare in ufficio. … Sì, un giorno di permesso. Sono all’ospedale. … No, io sto bene, stia tranquilla. Poi le spiego tutto con calma un’altra volta.

    Mi sentivo tutto intorpidito, annebbiato. Uno strano odore nell’aria; e nelle orecchie, ovattato, il suono di queste parole pronunciate da una voce femminile che non mi suonava familiare.

    Adesso mi scusi, ma devo proprio lasciarla.

    Lentamente, e un po’ a fatica, aprii gli occhi. La donna si era avvicinata al mio letto ed aveva schiacciato un bottone, a cui aveva fatto eco fuori dalla stanza il suono di un campanello.

    Bentornato tra noi, mi disse sorridendo. Resti qui, non se ne vada. Io vedo di chiamare qualcuno e torno subito.

    Mi sforzai di ricordare chi fosse. Era una faccia conosciuta.

    Dottore! Dottore! Venga, si sta risvegliando, udii dal corridoio.

    Quella donna ritornò nella mia stanza in compagnia di un dottorino dal camice immacolato. Ecco dove l’avevo già vista: nel mio palazzo.

    Dove sono? E perché sono qui?, chiesi.

    Questo è un ospedale. E lei ha ingerito qualche pasticca di troppo senza leggere con attenzione il bugiardino, rispose il giovane medico.

    Ma lei non è per caso … , mi rivolsi alla signora.

    La signora Piccini, della scala B, rispose.

    Da quanto ho capito deve ringraziare lei, se è ancora vivo, aggiunse il dottore mentre iniziava a darsi da fare con alcune apparecchiature per misurarmi la pressione, la temperatura e non so cos’altro, e di volta in volta trascrivendone i risultati su una cartellina.

    Sta bene, si sta riprendendo, sentenziò alla fine, ma ha bisogno ancora di qualche ora per riprendersi completamente e poter lasciare l’ospedale. Ci vediamo più tardi, disse congedandosi ed uscendo dalla stanza.

    Quelle pillole lei le ha prese volontariamente, non per sbaglio; o almeno così mi hanno detto.

    A queste parole della signora Piccini riaffiorò in me un sentimento non nuovo di angoscioso sconforto, un dolore penetrante, come una lama nel profondo della mia anima. Sì, una sensazione già provata prima, che mi riportò alla mente la mia storia con Cinzia, il motivo per cui avevo tentato di uccidermi in quello stupido modo.

    Mi hanno chiesto di non lasciarla solo, proseguì. Per questo mi sono permessa di telefonare a mia madre per chiederle di venire appena possibile. Penso che sarà qui a momenti.

    La mia espressione, di sconforto e di scoraggiamento per i ricordi appena ritornati, venne fraintesa.

    Non avrà qualcosa contro mia madre, spero?, mi disse.

    Ma no, no, che dice! Mi dispiace solo di farvi perdere tempo. Per proteggere poi una vita, la mia, che in fondo non vale proprio nulla.

    Non creda che lo voglia sapere così tanto per impicciarmi. Ma cosa l’ha spinto a questo gesto?

    Scossi la testa. Delusione d’amore. Delusione un po’ da tutta la mia vita in genere. Mi era ritornato in mente tutto, nei minimi dettagli. Ma dato che devo ringraziare lei per essere ancora in vita, mi racconti piuttosto come sono andate le cose, se non le dispiace. Così, almeno per imparare e non rifare una seconda volta gli stessi sbagli.

    Ah, no. Veda di non riprovarci di nuovo, saltò su la signora Piccini. Almeno finché sarà con me. E se proprio è così convinto di doversi uccidere, vada almeno a farlo in un’altra città, molto lontano da qui. Altrimenti le manderei tante di quelle invettive, che se non dovesse finire all’Inferno per il suo gesto di togliersi la vita ci finirebbe di sicuro per le mie maledizioni.

    Fece una piccola pausa, cercando inutilmente di controllarsi. Mi ha fatto passare una giornata da incubo. Ma si rende conto? Svegliarsi e vedere in un appartamento di sotto, di fronte al mio, un uomo riverso per terra senza vita. Che spavento! Mi ha preso il panico. A pensarci adesso avrei dovuto lasciarla là e non fare nulla, sarebbe stato meglio. Ma come potevo ignorarla? Ho chiamato la polizia. Gli ho fatto vedere dove eravate. Poi, siccome non riuscivano ad aprire la porta del suo appartamento, i pompieri sono venuti da me per riuscire ad entrare in casa sua con una una lunga scala dal balconcino della mia cucina. E in tutto questo ho perso una giornata di lavoro, oggi che dovevo seguire un affare importante. Perché? Per stare con lei. Quando l‘hanno portata via in ambulanza privo di sensi mi hanno chiesto se qualcuno poteva accompagnarla, e siccome io non sapevo cosa dirgli mi hanno fatto presente che quando uno tenta di uccidersi poi in genere ci riprova, se viene lasciato da solo. Così mi sono sentita in dovere di venire con lei. Non me ne faccia pentire, la prego. Non le venga in mente di farlo di nuovo e in mia presenza, altrimenti non risponderei di me stessa, ed avrà sulla coscienza anche quello che ha fatto a me.

    Mi vomitò tutte queste parole quasi senza una pausa. Ed io, intimorito e quasi spaventato, cercai di rassicurarla:

    Stia tranquilla, signora Piccini: non le darò altri fastidi.

    Qualche minuto dopo, un po’ trafelata, ci raggiunse nella stanza una signora di una certa età, evidentemente sua madre. Era simpatica e ben in carne, cosa che invece non avrei potuto dire della figlia. Però avevano lo stesso taglio degli occhi; ed anche lo stesso sorriso, benché di ciò non riuscii ad accorgermene in quella circostanza semplicemente perché la figlia era troppo preoccupata e contrariata per poter sorridere.

    Ma cosa ci fa un bel giovanotto come lei in un letto d’ospedale?, mi chiese la nuova arrivata, la signora Augusta, dopo aver ripreso fiato e dopo una breve presentazione.

    La ringraziai per il complimento, anche se in quelle condizioni non potevo sicuramente sembrare bello.

    Mamma, hai capito perché ti ho chiesto di venire?, volle sincerarsi la figlia, non senza una certa preoccupazione.

    Ma certo, mia cara. Ed io sono a completa disposizione, per tutto il tempo che sarà necessario e anche di più. Sono in pensione, non ho nessuno ad aspettarmi se non la Fifì che però per qualche giorno sta benissimo anche dai vicini. Purtroppo non ho avuto la fortuna di essere diventata nonna … Dicendo questo lanciò un’occhiata pungente e quasi di rimprovero alla figlia; ma poi proseguì, rivolgendosi a me: … per cui ti tratterò volentieri come se fossi un mio figliolo. E, per cominciare, appena saremo a casa ti cucinerò qualcosa di buono, perché ti vedo decisamente troppo sciupato.

    Lo disse con un’espressione di affetto un po’ materna e con un tono che mi fecero pensare alla mia di mamma, con cui per altro - non fosse stato per la diversa inflessione dialettale, la maggior vivacità e la minore stazza - vedevo una certa rassomiglianza. Ma forse tutte le mamme si somigliano un po’, pensai.

    Se ci dice come contattarlo possiamo chiamare qualche suo parente, se le fa piacere, mi disse la signora giovane a cui pure il pensiero era andato, evidentemente, alla mia mamma. Io proprio non avevo idea di chi cercare.

    Dovresti dargli del tu, la corresse la madre. Se per me Giacomo è come un figliolo, tu, Elvira, dovresti trattarlo come un fratello.

    Hai ragione, mamma, convenne la figlia.

    Mio fratello è all’estero, risposi. Un manager di successo, impegnatissimo con il suo lavoro. Non so se verrebbe neanche al mio funerale. Magari mia mamma. Sta giù in Calabria, sono sicuro che se glielo chiedessi prenderebbe subito il treno e domattina sarebbe qui. Però …

    Mi interruppi, dubbioso; e la signora Augusta, da mamma, aveva già capito le mie preoccupazioni, evidentemente condividendole in pieno.

    Ma no, non si può dare a una mamma, soprattutto a una certa età, un simile pensiero. Il suo caro figlioletto! Col rischio poi che ci finisca anche lei all’ospedale. Magari poi la facciamo venire; o forse, meglio ancora, ti portiamo giù da lei per riprenderti e farti fare una bella vacanza, questo sì, ma senza farle sapere cosa ti è successo.

    Accompagnò le sue parole con un’espressione di soddisfazione per aver avuto, inaspettatamente prima di tutto per lei, una buona idea.

    L’importante, però, è che tu di quanto è successo non solo non gliene faccia parola, ma sia tu stesso il primo a dimenticartene, proseguì la signora Augusta.

    È stato per una donna, la informò la figlia quasi bisbigliando, come a non volersi far sentire da me.

    Lo immaginavo. E allora! Ce ne sono tante di donne al mondo … e tante di loro probabilmente stanno aspettando proprio te!.

    Lo disse con una certa espressione ed un certo movimento delle mani che, pur senza aver niente di esplicito, fecero pensare che ad aspettare me fosse proprio Elvira. E non dovette essere solo una mia impressione, visto il tono quasi di rimprovero con cui la figlia le disse, sempre a bassa voce: Dai mamma, su!

    L’amore ha un ruolo importante nella nostra vita, non si può negare, proseguì la signora Augusta. Per esempio, io quando penso alla mia vita la vedo sempre chiaramente suddivisa in tre periodi: prima che conoscessi il mio Tonino; la mia vita insieme a lui, ed infine dopo che sono rimasta vedova. Ma l’essere umano è intelligente, capace di adattarsi. E … tu vedila così: da quando ti sei risvegliato qui in ospedale per te è cominciata una nuova vita. Quella di prima è semplicemente finita, chiusa, archiviata. E adesso si ricomincia. D’altronde, se dicono che i gatti hanno sette vite, noi possiamo essere da meno di loro?

    Il ragionamento, nella sua semplicità, sembrava non fare una piega.

    E poi, se vuoi un consiglio da mamma, proseguì la signora Augusta, fai soprattutto in modo che di quello che hai fatto non ne venga a conoscenza quella donna. Io, da donna, so bene come reagirebbe. Tu magari avevi sperato che lei fosse assalita dal rimorso, ma ti assicuro che le donne ragionano in altro modo. Se ne farebbe un vanto, anche con le amiche; e la sua considerazione di te diminuirebbe ulteriormente, anziché aumentare. Non vorrai darle questa soddisfazione, spero? Non ne vale certo la pena.

    A dire il vero prima del mio gesto non mi ero posto affatto problemi di questo genere; tuttavia trovai le considerazioni di mamma Augusta non prive di un certo interesse.

    In attesa che qualcuno ci dicesse che potevo uscire ci mettemmo a parlare di cose senza importanza finché, dopo forse un’oretta, rimanemmo in silenzio. Finii per appisolarmi di nuovo. Di tanto in tanto sentivo in sottofondo il cicalino della tastiera del cellulare di Elvira, che a un certo punto si fece molto fitto come se fosse impegnata in una conversazione lunga ed importante.

    Se devi andare vai pure, noi in caso ci arrangiamo a tornare da soli, ricordo di aver sentito la signora Augusta dire alla figlia nel torpore del mio dormiveglia.

    No, no. Torniamo insieme. Aspetto con voi, rispose Elvira.

    Poi ricordo di essere stato svegliato con decisione da un infermiere, per una specie di cena che mi sembrava più una tardiva merenda insapore; e appena finii di consumarla passò di nuovo il dottorino di prima a ripetere le stesse misurazioni del pomeriggio.

    La dimetto, ma le prescrivo queste due medicine ed un paio di giorni di assoluto riposo, concluse chiedendomi una firma e lasciandoci alcuni fogli firmati sul comodino.

    Le due donne mi aiutarono ad alzarmi ed a vestirmi. Mi sentivo debole, e facevo fatica a reggermi in piedi. Col loro sostegno arrivai alla sala d’aspetto dove tornai a sedermi.

    Aspettatemi qui, vado a casa a prendere la macchina e torno, ci disse Elvira.

    Quando tornò, mi diede subito da prendere una pasticca.

    Questa è una di quelle che ti ha prescritto il dottore. Già che c’ero sono passata in farmacia a prenderle.

    Un po’ le mie condizioni, un po’ il traffico e l’ospedale non proprio vicino, arrivammo a casa che era buio ed i negozi erano chiusi.

    Una volta scesi dalla macchina, provai a camminare da solo. In qualche modo ci riuscivo. Poi, nell’atrio del nostro palazzo, mi fermai con l’intenzione di ringraziarle e di salutarle prima che le nostre strade si separassero verso le rispettive scale di appartenenza.

    Non so proprio come ringraziarvi per tutto quanto avete fatto oggi per me, esordii, e come chiedervi scusa per il disturbo …

    Troverai il modo. Ma dove pensi di andartene da solo così conciato?, mi interruppe brusca Elvira, prendendomi per il braccio e tirandomi verso la loro scala. Stanotte tu dormi con noi, nella tua nuova famiglia. Non penserai certo che ti lasciamo da solo a dormire in queste condizioni?

    Ma … e la mia roba? Il pigiama, lo spazzolino, le mie cose?

    Non preoccuparti: poi mi dai le chiavi e vado a prendertele.

    Così andammo a casa sua (naturalmente in ascensore: gran bella invenzione, ricordo di aver pensato in quell’occasione!). In effetti mi sentivo ancora debole, ed appena entrato in quella casa mi sedetti con gran sollievo sulla prima sedia libera che trovai, mentre le due donne si confrontavano su come organizzare quell’appartamento, in cui normalmente dormiva una sola persona, in modo da ospitarne a dormire altre due.

    Tu e la mamma dormirete in salone, almeno stanotte. C’è anche la tv, se volete. Mentre in cucina la signora Augusta cercava qualcosa con cui preparare la cena, Elvira, con fare energico e risoluto, tirò fuori dal ripostiglio una brandina pieghevole, aprendola in salone e sistemandola di fronte al divano. Poi trovò lenzuola e coperte e cominciò a preparare per la notte il divano letto.

    Vado un attimo in bagno, dissi per una mia necessità, sicuro di riuscire a trovarlo da solo senza bisogno d’aiuto. Mi alzai dirigendomi in fondo all’appartamento.

    No, aspetta!, mi bloccò Elvira in tono allarmato. Lasciò a metà la preparazione del letto e si precipitò nel bagno, da cui poco dopo udii provenire rumori di vario tipo, apri e chiudi di cassetti, oggetti metallici e altri rumori indefinibili. Ne uscì con in mano una specie di ciotolina piena di vari piccoli oggetti, tra cui mi parve di distinguere delle forbicine, delle pinzette e, se non sbaglio, anche una chiave.

    Ecco, adesso è presentabile, mi disse con un sorriso un po’ forzato.

    Ah, dimenticavo, aggiunse, purtroppo in bagno non c’è la chiave. Capirai, vivendo da sola … E in tanti anni temo di averla persa. Ma stai tranquillo, se la porta è chiusa non entreremo.

    Tranquillo ero tranquillo, e anche mezzo addormentato. Non vedevo l’ora di sdraiarmi e dormire. Tuttavia mi trattenni in bagno più del dovuto accorgendomi che, benché a fatica perché parlavano a bassa voce, da lì riuscivo a sentire - non attraverso la porta chiusa ma dalla finestra aperta - la conversazione che si svolgeva in cucina tra mamma e figlia.

    Ma da quand’è che hai perso la chiave del bagno, cara? Io me la ricordo sempre al suo posto!.

    Ma no. È che ho il terrore che ci riprovi ancora. E ho tolto dal bagno tutto quello con cui potrebbe farsi male, o che potrebbe ingerire.

    A proposito di ingerire: la tua cucina è praticamente vuota, ci si potrebbe morire di fame. Adesso che vai a casa di Giacomo a prendere le sue cose, guarda anche se per caso almeno lui ha qualcosa da mangiare.

    A quest’ora è meglio se ordiniamo qualcosa e ce lo facciamo portare a casa. Appena finito coi letti li chiamo, rispose Elvira.

    Le sentii chiacchierare ancora un po’. Parlavano soprattutto di me. Alla signora Augusta piacevo molto. Venni anche a sapere che la posizione dei nostri letti era stata pensata per rendere più facile controllarmi e più difficili i miei movimenti, ed in particolare una mia eventuale fuga.

    Però secondo me tu hai un atteggiamento sbagliato nei suoi confronti, disse a un certo punto la signora Augusta. Dovresti davvero farlo sentire a suo agio, come se fosse a casa sua. Fare in modo che si senta felice di stare con noi, e non trattarlo come un prigioniero. Per esempio …

    A questo punto, un po’ perché la signora Augusta abbassò il tono della voce, un po’ perché qualcuno nella chiostrina aveva acceso la televisione, non riuscii più a distinguere le loro parole. Così, anche per evitare che il prolungarsi della mia assenza potesse provocare in loro ulteriori preoccupazioni, mi decisi ad uscire dal bagno.

    Di quella serata ricordo poco altro. In effetti Elvira mi chiese le chiavi di casa mia, dove si recò subito con dei borsoni, ritornandone poco dopo con una serie di cose mie tra cui le lenzuola con cui mi preparò subito il letto. Io mi ci infilai appena fu pronto, mi spensero la luce e caddi in un sonno pesante e profondo. Udii a stento, quasi in un sogno, il citofono che annunciava l’arrivo del ragazzo delle consegne a domicilio; e poco dopo, appena ritirata la cena, la porta di casa richiusa con tutte le mandate.

    Dormii a lungo e profondamente. Mi risvegliai il mattino dopo, alle undici passate, trovando le due donne in cucina.

    Ben svegliato! Dormito bene? Adesso ti prepariamo una bella colazione.

    Mi accolsero con grandi sorrisi, come se stessi per fare colazione in un albergo di lusso.

    Se la signora Augusta continuava ad interpretare nei miei confronti il suo ruolo di madre adottiva, Elvira rispetto alla sera prima sembrava essersi completamente trasformata, sfoggiando un sorriso radioso ed una nuova espressione di tenerezza e di felicità che era un piacere guardarla.

    Mi dispiace che tu abbia perso un’altra mattinata di lavoro, immagino sempre per colpa mia, le dissi. Ma lei mi rispose, tranquilla e sorridente:

    No, no. Non ti preoccupare. Posso sempre andare adesso, con calma. Ci tenevo a vederti, a sapere come hai trascorso la notte e ad augurarti una buona giornata.

    Mentre facevo colazione mi sentii un po’ in imbarazzo, osservato in silenzio da quella piccola platea femminile. Un silenzio imbarazzante e così palpabile che ad un tratto la signora Augusta, forse solo per cercare di farlo cessare, disse: Beh, io mentre aspetto vado a dare una sistemata ai letti e al salone, e ci lasciò soli.

    Mentre dal salone cominciava a sentirsi la voce del televisore, Elvira chiuse la porta della cucina.

    In realtà prima di lasciarti volevo anche dirti un paio di cose secondo me importanti, esordì mentre ero ormai agli ultimi bocconi della mia abbondante colazione. La prima è che oggi tu e mamma starete insieme tutta la giornata. Capisci che lei ormai ha una certa età e magari qualche volta potrebbe dire o fare qualcosa che … beh, insomma, forse lo sai anche tu com’è una madre anziana quando si trova in un ambiente che non è casa sua. Perciò ti chiedo la cortesia di avere molta pazienza con lei, e di occuparti di lei proprio come se fosse tua madre. Standole sempre vicino, possibilmente non lasciandola mai da sola. In fondo se lo merita.

    Va bene, le risposi sorridendo, non dovrebbe essere un grande problema per me.

    E poi?, le chiesi qualche istante dopo, intuendo dalla sua espressione che non aveva terminato e che stava ancora cercando di raccogliere ed ordinare nella sua mente certi suoi pensieri, o forse solo le parole giuste per esprimerli.

    E poi … volevo anche dirti questo. Mia madre, che ne sa qualcosa essendo pensionata, dice che le sue giornate spesso trascorrono lunghe e lente, e possono diventare noiose. Ed ha ragione: spesso lo sono anche per me quando lavoro, figuriamoci se non hai nulla di particolare da fare! Secondo lei non c’è modo migliore per farle trascorrere in fretta e con serenità che quello di avere non dico un obiettivo, ma la prospettiva di qualcosa di bello o di buono in vista; sapere che a fine giornata troverai ad attenderti qualcosa che ti piace, di gradevole, che ti aspetti - o anche che non ti aspetti. Oppure, in alternativa: trascorrere la giornata in compagnia di un ricordo, ma che sia davvero un bel ricordo, di quelli che ti riempiono il cuore e che non riesci a dimenticare. E allora …

    Francamente non riuscivo molto a seguirla nei suoi ragionamenti: non tanto perché fossero difficili, quanto perché ora sfoggiava di nuovo quel suo bel sorriso radioso, quasi beato, che mi affascinava, a dir poco mi distraeva e mi mandava in confusione. E continuava a fissarmi negli occhi come se ci vedesse dentro chissà che cosa di bello e mai visto prima, avvicinandosi sempre più a me come per vedermi dentro ancora meglio, fin nel profondo dell’anima. E non potei fare a meno di notare, mentre mi si avvicinava, che anche i suoi occhi non erano affatto male.

    … e allora io avrei pensato di provare a seguire i suoi consigli. Parlo per me, naturalmente, perché so che al lavoro mi aspetta una giornata difficile e stressante; e allora forse un bel ricordo, o l’idea che una volta tornata a casa mi attenda qualcosa di piacevole, potrebbero rendere la mia giornata molto più leggera.

    A questo punto vedevo davanti a me soltanto i suoi begli occhi sempre più grandi, e faticavo ancora di più a seguirla finché, percependo le sue umide labbra appoggiate dolcemente sulle mie, sentii il mio cervello sconnettersi completamente. Tilt. Fine delle trasmissioni. In un attimo ero tornato in una sorta di catalessi sognante, neppure minimamente paragonabile agli effetti dei sonniferi che avevo ingerito il giorno prima. Ed ebbi la sensazione che questo mio black-out durasse un’eternità.

    Beh, stasera ti saprò dire se il tentativo ha funzionato, la sentii dire tornando in me, ma ancora parzialmente inebetito da quanto appena successo, ma comunque mi è sembrato che valesse la pena provarci, soprattutto nei confronti di mia madre, oltre che per me.

    Sì, pensai: provarci ne era valsa decisamente la pena, anche se non mi era ancora molto chiaro cosa c’entrasse sua madre.

    Allora a stasera, mi disse aggiungendo al suo sorriso una strizzatina d’occhio ed un bacio lanciatomi con la mano. E se ne andò lasciandomi lì imbambolato, come un baccalà: ma soprattutto con dentro di me un indescrivibile desiderio di rivederla.

    Mi aveva completamente scombussolato. Non vedevo l’ora che ritornasse.

    Dopo aver chiamato il mio ufficio per dare mie notizie e adempiere ad alcune formalità burocratiche, mi dedicai completamente a sua madre. Come avevo promesso ad Elvira, cercai il più possibile di restare sempre con la signora Augusta per tutta la giornata, e di assecondarla. Si era messa in testa di preparare per la cena delle lasagne fatte in casa. Faremo una bella sorpresa ad Elvira, mi disse; e vedrai che faccia farà quando saprà che le hai preparate tu, o almeno anche tu. Lei che poverina in cucina non sa fare quasi nulla, è abituata a mangiare fuori o a comprare solo cibo già pronto o al massimo da scaldare.

    Così trascorsi quella giornata da apprendista pensionato casalingo, imparando i rudimenti della buona spesa ma soprattutto come fare la pasta in casa e come preparare le lasagne.

    In effetti dopo aver fatto la spesa, consumato un pranzo così tirato via un po’ alla buona e senza pretese (per dirla con le parole di mamma Augusta anche se io non l’avrei certamente definito in quel modo) e dopo un salutare riposino, il mio pomeriggio si rivelò decisamente impegnativo.

    Internet e quelle diavolerie non servono, almeno non a noi: io so bene quello che c’è da fare, mi rimproverò vedendomi consultare il cellulare sull’argomento che andavamo affrontando.

    Dopo aver tirato fuori chissà da dove un mattarello, si dedicò alla sua opera come un’artista ad un’opera d’arte. Avrei voluto filmare la sua dimostrazione pratica, una vera e propria lezione privata fatta solo per me, con tutte le spiegazioni più dettagliate e immaginabili su come si prepara a regola d’arte una buona pasta fatta in casa.

    Quello che ti serve per fare bene queste cose è solo tanta buona volontà, tanta pazienza e, se possibile, tanto, tanto esercizio, mi disse al termine della sua spiegazione, consegnando nelle mie mani il mattarello perché la convincessi con un esempio pratico di aver bene appreso la lezione appena seguita.

    Non sto qui a descrivervi nei dettagli la preparazione e la cottura del ragù, ma mi basti dirvi che ci portarono via buona parte del pomeriggio e che alla fine mi sentivo distrutto.

    Adesso facciamo una pausa, le dissi sedendomi su una sedia di cucina quasi senza forze. Al mattino avevo fatto la spesa insieme a lei ed ero quasi sicuro che, dopo la lasagna, sarebbe toccato al pesce. Invece, con una mia certa sorpresa, lei mi disse:

    Vai tranquillo, per oggi abbiamo quasi finito. Adesso ci manca solo di infornare le lasagne al momento giusto.

    E il pesce?, le chiesi.

    Al pesce penseremo domani. Non vogliamo certo sprecare tutte le nostre cartucce in un giorno solo, vero?, mi rispose facendomi tornare in mente il discorso di Elvira della mattina, e rinfrescandomi quella che doveva essere la filosofia di sua mamma.

    Fu mentre ero seduto in cucina a riposare che lo sguardo mi cadde sulla chiostrina. Doveva essere da quella finestra che Elvira mi aveva notato riverso a terra. Due piani più in basso, sulla sinistra, se non sbaglio. Ma le finestre mi sembravano un po’ tutte uguali, non mi era chiaro quali fossero quelle del mio appartamento. Quando torna me le faccio indicare da Elvira, pensai.

    Il ritorno di Elvira ci sorprese seduti davanti al televisore. Stavamo seguendo un canale di cucina, perché la signora Augusta pensava che mi sarebbe servito, e perché sperava che potesse darle qualche utile suggerimento su come cucinare il pesce il giorno dopo.

    Tutto bene?, ci chiese Elvira appena entrata.

    Sì, sì, benissimo, le rispose mamma Augusta. Ti abbiamo anche preparato una piccola sorpresa, aggiunse.

    Che bello! Son proprio contenta!, rispose Elvira. E: Una sorpresa davvero non me l’aspettavo, aggiunse a volume molto più basso rivolgendosi a me, e con un tono che mi parve lievemente sarcastico. Ma aspettate un momento a farmela vedere, riprese in tono normale, vado un attimo in camera a cambiarmi e a mettermi qualcosa di comodo.

    So bene che le donne quando si tratta di vestiti non sono mai molto veloci; però pensavo che in quel caso, dovendo mettersi comoda …

    Giacomo. Giacomo. Per favore, puoi venire un momento?, la sentimmo urlare dopo qualche minuto dalla sua camera. Ed io andai subito.

    Ho chiamato Giacomo, non te, disse Elvira sbucando da dietro un armadio e quasi spingendo fuori dalla sua stanza sua madre, che mi aveva seguito anche lei preoccupata.

    Mi aspettavo di vederla in abbigliamento da casa, ed invece indossava un elegantissimo abito da sera lungo. A mo’ di modella, con suo grande divertimento e soddisfazione roteò un po’ su se stessa per farmelo ammirare meglio. E credo che si fosse anche sistemata i capelli e forse truccata, perché mi sembrava molto più bella di come la ricordavo.

    Non so ancora quale sia la vostra sorpresa per me, ma io ho voluto prepararne una per te. Così, se per caso stasera tu avessi voglia di portarmi da qualche parte … fai pure.

    In effetti la sorpresa era riuscita perfettamente, ed ero rimasto a bocca aperta.

    Ti ho lasciato senza parole?, mi chiese. Meglio, vuol dire che in questo momento la tua bocca non ha nulla da dire o da fare. E così mi baciò di nuovo, ripetendo quanto aveva fatto la mattina prima di andarsene di casa. Con un minore effetto sorpresa, ma non certo con minor piacere da parte mia.

    Quella sera fu una sorpresa dopo l’altra. Io e mamma Augusta presentammo e finimmo di cuocere la nostra, cioè le nostre lasagne fatte in casa con cui cenammo ottimamente, con Elvira nel suo elegante abito da sera attentissima a non sporcarlo. Ma dopo mangiato Elvira ci sorprese ancora.

    Ti dispiace, mamma, se stasera ti lasciamo a casa da sola? Giacomo mi ha chiesto di uscire con lui.

    Che faccia tosta! Che razza di bugiarda, pensai istintivamente. Però vedendola di fronte a me così elegante e sorridente pensai che forse era proprio quello che in realtà avrei voluto chiederle; quello che veramente desideravo in quel momento, benché non me ne fossi ancora reso conto. Probabilmente solo un po’ di stanchezza e la mia abituale pigrizia mi avevano impedito di proporglielo.

    Esatto, confermai io, anche se ancora dobbiamo decidere dove andare.

    Elvira estrasse dalla sua borsetta un foglio di giornale. "Io proporrei di andare alla Luna Blu, che è qui vicino e dove danno uno spettacolo di magia di cui parlano molto bene, col Mago Strambicchione e la bella Oniria[1]. Che ne dici?"

    Aggiudicato, risposi io. Ma adesso devo andarmi a cambiare. Non pretenderai che ti accompagni vestito in questo modo? Sfigurerei, di fianco a te.

    Hai ragione, dovresti cambiarti. Ma forse potrebbe esserti d’aiuto una consulenza femminile nella scelta dell’abbigliamento. Non trovi?

    Bastò che io assentissi con un cenno del capo e lei, che aveva ancora in custodia le chiavi del mio appartamento dalla sera prima, mi tirò per un braccio con sé fuori da casa sua.

    O forse preferivi che i consigli sui vestiti te li desse mia madre?, aspettò a chiedermi mentre eravamo in ascensore; e, per convincermi che avevo fatto la scelta giusta, mentre l’ascensore scendeva mi assestò un altro bacio.

    Non è che avessi così tanti vestiti da provare e tra cui scegliere, però una volta in camera mia Elvira mi diede il suo parere su cosa mettermi. Mi diede una mano a spogliarmi; ma poi, a quel punto, guardandosi e guardandomi allo specchio esclamò: Hai proprio ragione, di fianco a me così elegante ti farei sfigurare!. E a quel punto cominciò a spogliarsi anche lei, dicendo che così non sfigurava nessuno dei due.

    Beh, alla fine decidemmo che la nostra uscita serale poteva aspettare il giorno dopo, e trascorremmo quella sera in tutt’altro modo: accucciati, vi lascio immaginare facendo cosa, l’uno accanto all’altro nell’unico letto a una piazza e mezzo presente nel mio appartamento.

    Non pensi che dovremmo rientrare?, le chiesi sentendo i rintocchi della mezzanotte.

    Perché? Non ti piace stare qui con me?, mi fece.

    Ma no, più che altro per tua madre. Chissà che cosa potrebbe pensare.

    Al massimo potrebbe pensare quello che è successo veramente, mi rispose. "Ma in realtà secondo me sarebbe felicissima di sapere come è andata la nostra serata. Anzi, diciamo che di quanto è successo tra noi una parte della colpa, o del merito se preferisci, è sua. Forse perché ancora spera un giorno di avere un nipotino. Lei con la sua storia dell’uomo piovuto dal cielo - che poi saresti tu - che mi ha mandato il destino e di cui in realtà io ero inconsciamente alla ricerca senza saperlo. La sua idea del bel ricordo per tenere viva la giornata, la mia e la tua; e della sorpresa. Pensa che io come ricordo avevo pensato a un video messaggio, o a un bigliettino colorato o a un lavoretto fatto a mano, ma lei mi ha detto indignata: Ma perché, non sai proprio fare di meglio? Sono sicura che se ti impegni puoi pensare a qualche ricordo che gli rimanga più impresso. E allora mi sono impegnata di più. Ti è piaciuto il risultato?"

    Decisamente, risposi. E tutto questo solo perché avevi paura che provassi di nuovo ad uccidermi pensando a quell’altra, non è vero?

    Elvira arrossì. Ma cosa sei, un detective? Sai leggere nel pensiero? Beh, diciamo che in parte hai indovinato.

    Alla fine decidemmo comunque di rivestirci nella nostra massima eleganza per ritornare da mamma Augusta, senza dirle niente e lasciandole credere che fossimo usciti. Ma a stretto giro decidemmo anche che io sarei rimasto stabilmente da Elvira senza bisogno della compagnia della signora Augusta, che comunque rimase con noi - trasferendosi a dormire con la sua Fifì nel mio appartamento - per quasi un mese: giusto il tempo necessario - nei momenti in cui ero libero dal lavoro ed Elvira non c’era - per finire di darmi un’infarinatura generale sui concetti secondo lei basilari della buona cucina casalinga.

    Ma poi, visto che le cose tra me ed Elvira andavano a gonfie vele, se ne tornò a casa sua, per tornare però a stare stabilmente nel nostro palazzo circa otto mesi dopo, in vista della nascita del suo tanto atteso nipotino, il nostro piccolo Massimo.

    --------------------------

    Era una sera sul tardi, nel periodo in cui la signora Augusta stava ancora da noi con Fifì. Avevamo appena cenato insieme e lei, dopo averci augurato la buona notte, era scesa a dormire nel mio appartamento.

    Toglimi una curiosità, chiesi ad Elvira mentre sistemavamo la cucina, ma dov’è esattamente che mi hai visto riverso a terra quando ho tentato il suicidio? Fammi vedere. Era una domanda che le avevo già posto più volte, ma a cui lei aveva risposto sempre in modo vago ed evasivo. Ma quella volta ero deciso a conoscere esattamente come erano andate le cose.

    Te l’ho detto: da qui.

    Andai dove stava lei e guardai fuori. Proprio in quel momento due piani più sotto una luce che si accendeva e l’abbaiare che ben conoscevamo di Fifì ci indicarono con precisione una delle finestre del mio appartamento.

    Ma io da qui non riesco proprio a vedere nulla dentro a casa mia! Hai una vista da falco! E poi le mie tende sono sempre tirate.

    Ma no, se sali sullo sgabello vedi benissimo.

    Sì, col cannocchiale vedi benissimo, le risposi. E a proposito di cannocchiale mi venne in mente che la settimana prima ero andato con Elvira a teatro e lei si era portata dietro un binocolo, forse un po’ per scherzare e forse un po’ per vedere e curiosare meglio, sulla scena e non solo. Lo andai a prendere, salii sullo sgabello e guardai verso le mie finestre. E da lì, nel mio appartamento, riuscii a scorgere chiaramente Fifì anche attraverso le sottili tende delle mie finestre.

    Ma tu quella volta mi stavi spiando col binocolo? Confessa, le dissi incredulo.

    Noooo, rispose lei, ma cosa dici? Non uso mai il binocolo per curiosare nella chiostrina.

    Però la sua risposta risultò talmente poco credibile, che scoppiò essa stessa per prima a ridere, aggiungendo poi: Ma dai, lo sanno tutti che noi femmine alle volte ci impicciamo un pochino, no?

    Io la guardai con un po’ di sdegno; ma lei continuava a ridere. Ma poi, scusa, come ti permetti di criticarmi? Se quel giorno non mi fossi impicciata forse tu a quest’ora saresti morto.

    In effetti aveva ragione. Avevo tentato di uccidermi, e grazie a quell’adorabile impicciona non solo avevo evitato la morte, ma in meno di due giorni ero rinato a nuova vita e avevo trovato la felicità. Veramente dalle stalle alle stelle.

    Sì, a pensarci bene ho avuto davvero una gran fortuna, una cosa davvero da non credere. Però mi raccomando: che non vi salti in mente di seguire il mio esempio!

    [1] Si riferisce allo spettacolo di cui si parla nel racconto dal titolo Il dottor Clock

    AGENTI MOLTO SPECIALI

    I nostri servizi segreti sono ormai diventati i migliori del mondo. Ed il bello è che anche questo è rimasto tuttora un segreto. Nessuno ha il minimo sospetto di ciò; e nessuno ha ancora scoperto la nostra arma segreta.

    Al nostro primato siamo arrivati coniugando con originalità e fantasia le nostre elevatissime capacità tecnologiche con un mezzo di comunicazione usato da secoli: il piccione viaggiatore. Ed anche, perché no, un pizzico d’amore per la natura.

    In realtà abbiamo un numero di informatori incredibilmente alto, sparsi in tutto il mondo ed assolutamente insospettabili. Tutti incessantemente al lavoro per noi, davvero senza troppe pretese, e che difficilmente potrebbero tradirci.

    LA CADUTA

    Numerosi testimoni oculari affermano che pochi minuti fa un velivolo non ben identificato sarebbe precipitato nel Mar del Giappone, al largo dalla Corea del Nord. La notizia sarebbe stata confermata anche da fonti non ufficiali vicine all’aviazione civile, che però non sarebbero ancora in grado di confermare né la nazionalità del velivolo coinvolto, né se si sia trattato di un volo civile o, come sostengono alcuni testimoni, di un velivolo militare.

    Tra i servizi segreti, la voce di un attacco era nell’aria, girava già da tempo con insistenza. Ma, modestia a parte, noi siamo stati i primi al mondo ad intercettarla e ad avere piena coscienza del pericolo che stava per sopravvenire di lì a poco. E soprattutto siamo stati i primi, e vorrei dire anche i migliori, ad elaborare un piano di efficaci contromisure per contrastare quel malvagio progetto potenzialmente così distruttivo.

    UN FENOMENO NATURALE INASPETTATO

    Quello che stiamo per documentarvi ora è un fenomeno naturale senza precedenti, che da giorni sta appassionando studiosi, biologi e naturalisti di tutto il mondo. Si tratta di milioni di volatili arrivati da tutta l’Asia e anche dal Nord America, che sembrerebbero essersi dati convegno qui, in una zona costiera poco abitata della Russia, non lontana dal confine con la Cina e la Corea. Volatili di vario tipo, anche se sembrerebbe trattarsi, nella stragrande maggioranza, di normali, volgarissimi gabbiani. Qualcosa che la biologia non aveva mai osservato prima, ed a cui finora non è riuscita a fornire una spiegazione convincente.

    La biologia non è ancora riuscita a spiegarne il motivo, ma una spiegazione c’è, e noi la conosciamo bene. Alla base di questo fenomeno ci sono dei microsensori che, tramite una tecnica biomolecolare miniaturizzata di recentissima invenzione, si è riuscito per così dire a far assimilare da questi volatili, attraverso un particolare mangime di cui sono molto ghiotti. In tal modo abbiamo potuto raggiungere milioni di volatili con uno sforzo relativamente limitato, non confrontabile con quello di doverli catturare uno ad uno ed inserire loro, sulla zampa o dentro al corpo, il sensore. E così adesso siamo in grado di monitorarli tutti in tempo reale, ascoltando quello che essi ascoltano e, in un domani presumibilmente molto prossimo, addirittura vedendo ciò che essi vedono.

    È stato in questo modo, grazie alle loro intercettazioni ambientali, che ci siamo prima resi conto che quell’ordigno nucleare stava per essere lanciato, e poi con quale modalità: una modalità che potremmo tranquillamente definire anomala, e cioè praticamente anonima, paracadutandolo come un pacco da un vecchio velivolo un tempo utilizzato, ed oggi non più, per voli economici.

    Il primo problema che si è dovuto affrontare è stato quello di non far espellere questi microsensori dall’organismo animale: farglieli, come ho detto prima, assimilare. E questa è stata la prima genialità dei nostri eccellenti scienziati. Ma poi abbiamo raggiunto anche un secondo obiettivo non meno importante: quello di riuscire in qualche modo, quale più e quale meno, a pilotarli, a convincere questi volatili a fare all’incirca quello che vogliamo noi dietro nostra richiesta, a volare nella direzione da noi desiderata, ed a fermarsi dove vogliamo noi, con un’approssimazione di pochi metri e a volte addirittura di pochi centimetri. Davvero un grande risultato.

    LE CAUSE DEL DISASTRO

    Sembrerebbe che la causa del disastro aereo avvenuto oggi nel Mar del Giappone possa essere attribuita ad un fitto stormo di uccelli che si trovava in quel momento nella zona. Questa, al momento, l’ipotesi più accreditata. Ricordiamo a tal proposito che la presenza di uccelli, non rilevabile con esattezza dai radar della maggior parte degli aerei civili, costituisce in assoluto la seconda causa di incidenti aerei nel mondo.

    Tanto si è parlato nelle ultime ore di questo misterioso aereo precipitato nel Mar del Giappone; ma quasi per nulla si è detto invece della strage di uccelli che la sua caduta ha provocato; né del fatto che l’aereo stesse trasportando un pericoloso ordigno nucleare che, se abbandonato sott’acqua, potrebbe a lungo andare provocare una gravissima contaminazione radioattiva in quella zona.

    C’è invece chi sostiene che gli aerei caduti sarebbero stati almeno due, e centinaia le persone mancanti all’appello. Potrebbe essere. Di qui a non molto lo sapremo con certezza. Qualche errore o vittima innocente, per una causa così importante, non è comunque mai da escludere.

    Per verificare esattamente la situazione abbiamo già attivato alcuni nostri osservatori. I nostri agenti saranno i primi a localizzare con esattezza il luogo dell’incidente e ad arrivare sul posto. Come dite? Si trovavano già là e sono stati loro la causa dell’incidente? Ma no, questi sono altri agenti, meglio equipaggiati, capaci anche di rilevare nell’ambiente la presenza di radioattività e di determinate sostanze chimiche. Adesso vi devo lasciare: i nostri agenti Aquila uno e Falco due ci stanno già mandando immagini e informazioni interessanti che dobbiamo cominciare ad analizzare.

    AI TEMPI DELLA SALUBRINA

    L’arrivo dello zio Pedro per me era sempre stato una festa. Non veniva spesso ma era sempre venuto, sin da quando mi potessi ricordare, da quando ero un bambino piccolo. Nella mia mente le sue visite erano associate a nuovi giocattoli, a brevi ma divertenti vacanze, e comunque solo a piacevoli momenti di spensieratezza.

    Ricordo che, come ogni lunedì, ero con gli altri nel frutteto a raccogliere pere quando scorsi da lontano gli elettrocarri di zio Pedro e di Armando, il suo fedele aiutante, che stavano arrivando. Subito lasciai tutto per andargli incontro di corsa. Quando lo raggiunsi, di fronte al casale, stava già chiacchierando con Alfredo, il mio padrino, mentre Armando era intento a far scendere un giovane cavallo da uno dei due carri.

    Zio!, lo chiamai.

    Felipe! E allora, come ti senti, giovanotto, ora che sei diventato maggiorenne?

    Non mi dette il tempo di rispondere. Guarda che bel regalino ti ho portato. Si chiama Gonzales, ed ha tanta voglia di muoversi. Ti piace?

    Rimasi senza parole. Non avrei potuto desiderare di più. Un cavallo tutto mio! Finalmente aveva un senso aver dovuto imparare a cavalcare sin da bambino, e poi montare a cavallo per anni e anni.

    Non è che avresti un regalo così anche per me?, gli chiese scherzando Alfredo.

    Sì, certo. Tempo una settimana e te lo porto; e anche quell’altro regalino a cui tieni ancora di più. Già è stato difficile portare un cavallo, due non era proprio possibile. Adesso però diamoci da fare: vi ho portato un’intera botte di Salubrina … ma di quella buona, non come quella che si trova in giro o nei supermercati.

    Tutti insieme scaricammo da uno dei due carri una botte piena e la portammo nella rimessa al posto di una vuota, mentre il quadrupede appena arrivato ci aspettava buono buono legato al carro, brucando erba.

    Siete stati fortunati. Il governo sta pensando di aumentare la maggiore età addirittura di cinque anni, non solo di due come si pensava. Purtroppo una mossa simile era prevedibile. Ormai è solo questione di giorni. Ma tu, Felipe, perché non vai a farti un giretto con Gonzales? Vedi se ti piace e cominciate a fare un po’ amicizia, mentre io faccio due chiacchiere col tuo padrino.

    Quella sera zio Pedro ed Armando si fermarono a cena e poi a dormire da noi. Era sempre così, quando venivano a trovarci; ma dovevo salutarli alla sera, perché al mattino non li ritrovavo già più, loro e i loro carri.

    Zio, anche stanotte vai a pescare?, gli chiesi.

    Sicuro, anche stanotte.

    Posso venire con te? La mia era una specie di domanda di rito, che avevo sempre fatto; e sempre mi era stato risposto che ero troppo piccolo, che pescare era una cosa per grandi e che i giovani la notte dovevano dormire. Ma stavolta ero maggiorenne, e le cose dovevano cambiare. Sarebbe il regalo più bello che potresti farmi, aggiunsi in tono quasi supplichevole.

    Sì, io e Alfredo ne abbiamo parlato e pensiamo che sia giusto che stanotte tu venga con me. Ci sono tante cose che devi conoscere; e ormai è arrivato il momento che tu le sappia, e faccia delle scelte per il tuo futuro. Vatti a riposare: partiamo prima di mezzanotte e sarà una notte impegnativa.

    Così partimmo a notte fonda. Dormivo ancora in piedi, si può dire. Presi posto sul carro vicino allo zio che guidava, mentre Armando ci seguiva con l’altro.

    Con queste strade sterrate e la vegetazione così rigogliosa, che cresce quasi a vista d’occhio, dobbiamo guidare noi, come si faceva una volta. Sarà meglio se imparerai a farlo anche tu. Ma non è difficile: è un po’ come andare a cavallo. E se necessario si scende e si libera la strada con sega e piccone. Dovrebbe farlo lo Stato ma non ci si può fare illusioni, in strade così fuori mano e poco frequentate, mi spiegò. A un certo punto si fermò e fece guidare me, giusto per farmi provare. Era come un gioco. Solo allora si può dire che mi svegliai completamente.

    Dopo un’oretta eravamo arrivati al Canale. Lo zio Pedro mi indicò dove parcheggiare. Il carro di Armando si fermò dietro al nostro e, con un paio di manovre ed alcune operazioni svolte da loro, i due carri si unirono e divennero come uno solo.

    Qui in genere ritiriamo la Salubrina ancora grezza, mi disse lo zio indicandomi una vicina cancellata chiusa dietro alla quale si intravvedevano delle enormi botti. Ma a questo penseremo domani, quando riapriranno, mi disse. Adesso è il momento di andare a pesca.

    Aprirono il retro del carro e ne estrassero uno strano oggetto di plastica piegato. Fecero due o tre mosse evidentemente ben conosciute; poi Armando estrasse dal carro un tubo e lo inserì in un’apposita fessura, e quell’affare assunse rapidamente e distintamente la forma di una piccola imbarcazione. Io e mio zio la andammo a poggiare sull’acqua, nel Canale, mentre Armando andava a prendere altre cose dal carro.

    Sali, oggi tocca a te, mi disse lo zio aiutandomi ad entrare. La nave e l’equipaggio sono pronti: ora mancano il carico e la strumentazione.

    Armando e lo zio fecero un paio di viaggi dal carro alla barca portando diversa roba: un paio di lampade di quelle resistenti all’acqua, già accese; delle tavolette salvagente di colore celeste; un paio di reti da pesca di circa un metro di diametro; alcuni secchi; dei teli termici; ed infine una specie di armadietto con tanti piccoli cassettini ben chiusi.

    Ti dispiace se stanotte questo giovanotto prende il tuo posto?, chiese zio Pedro ad Armando.

    Naturalmente no, non sono geloso, fu la sua risposta. Vi aspetterò al calduccio del mio letto, nel carro. Voi fate pure con comodo, e divertitevi: ma fatemi uno squillo quando tornate, così metto a scaldare un po’ di buon lattuccio per i piccoli e preparo anche qualcosa di buono da mangiare per voi.

    Dopo che la roba fu sistemata nella barca raggiunsi con cautela la prua per sedermi. Poi la piccola imbarcazione si mosse, spinta dai colpi di remo dello zio.

    Con la lampada in mano, esploravo la superficie dell’acqua per quel poco che si riusciva a vedere.

    Guarda, dissi indicando una zona d’acqua dove la luce lasciava vedere più in profondità. Qui è pieno di pesci.

    Gli scarti della Salubrina fanno prosperare anche loro. Ma ai pesci penseremo dopo, semmai. Adesso non è questo il tipo di pesca che ci interessa. Tacque per un poco; poi disse, sorridendo tra sé: Vi farò pescatori di uomini: l’hai mai letto quel passaggio?

    Risposi di no con la testa.

    Ma almeno lo sai come nascono gli uomini?, mi chiese.

    Abbiamo telestudiato come nascono le galline, i cavalli, i pesci e le rane. Gli uomini non lo so: che io sappia in genere si trovano in giro.

    Sì, si trovano in giro: proprio come te, mio caro trovatello. No, devi sapere che i bambini non nascono sotto i cavoli, né li porta la cicogna. Povero ragazzo: immagino che non abbia neanche mai visto una donna. Beh, adesso ti faccio vedere un posto dove in genere si trovano i bambini. Poi però ti devo spiegare qualche altra cosetta.

    La nostra piccola imbarcazione nel frattempo era arrivata all’altra riva del Canale, e lo zio Pedro fece in modo di accostarsi a un punto dell’argine dove questo presentava una strana rientranza, con delle grate di ferro. Prese due dei salvagenti celesti e li legò saldamente a quelle grate.

    È tutto molto ben organizzato, e noi siamo arrivati con grande anticipo rispetto al previsto. Ora però dobbiamo allontaniamoci un pochino: se per stanotte c’è qualche neonato lo troveremo qui fra un po’. Ma … a proposito, tu lo sai come si chiama questo canale?

    "Credo semplicemente Il Canale, risposi io, non l’ho mai sentito chiamare in altro modo."

    "Per la precisione si chiama il Canale dei due Mondi. E sai perché, quali sarebbero questi due mondi?"

    Io proprio non ne avevo idea.

    Sono il mondo degli uomini e quello delle donne. Da noi le donne non sono in nessun modo ammesse, come da loro non lo sono gli uomini. Almeno ufficialmente.

    In quel momento delle mani furtive si sporsero dalle grate per ritirare i due oggetti celesti lasciati dallo zio Pedro poco prima.

    Guarda!, mi disse lo zio. Quella sicuramente è una donna. Invano puntai la mia luce in quella direzione e aguzzai la vista: mi riuscì di vedere solo due braccia e poco più che delle ombre.

    Per ingannare l’attesa mi accucciai sotto una coperta e ripresi a dormicchiare. Tutto era tranquillo, si sentiva solo lo sciaguattare dell’acqua, il cui dolce movimento mi cullava. Aspettammo forse più di un’ora prima che accadesse qualcosa.

    Eccoli, mi disse zio Pedro. Mi pare che siano due … no, forse tre. Andiamo a prenderli.

    Vicino alle grate galleggiavano sull’acqua tre oggetti di colore celeste simili ai salvagenti che avevamo lasciato un’oretta prima, stavolta però molto più gonfi e illuminati ciascuno da una specie di lumicino. In ognuno di essi era comodamente sistemato un neonato, tranquillo e beato come un re addormentato. Non ne avevo mai visti di così piccoli. Uno alla volta, con molta attenzione e delicatezza, lo zio li raccolse e li sistemò a bordo.

    Uno lo porterò ad Alfredo. Non vedeva l’ora di avere un altro cuccioletto da crescere. Ma finché tu eri minorenne non poteva prenderne un altro: la legge permette ad ogni adulto di tenere al massimo un trovatello minorenne, mi disse.

    Non rientrammo subito alla base. Con la barca ci spingemmo più su fino a un gruppo di luci e ad una grossa boa, prima di tornare. Lo zio mi spiegò che alle volte capitava che per qualche motivo ne abbandonassero altri, o che per un disguido qualcuno di loro rischiava di rimanerne dimenticato sull’acqua; e sarebbe stato un vero peccato che delle piccole vite andassero perdute.

    Ma spiegami zio, non capisco: i trovatelli vengono tutti da qui? È stato così anche per me? E perché gli uomini e le donne vivono in due mondi separati?

    In realtà gli uomini nascono … diciamo come i cavalli, visto che lo hai studiato. Hanno bisogno di un padre e di una madre. Per questo fino a circa cent’anni fa gli uomini e le donne vivevano in coppie formando le famiglie, ed ognuna poteva mettere al mondo i suoi figli. È stato così fino a quando io avevo poco più di trent’anni, cioè all’incirca quando sei nato tu. Ebbene sì: oltre cent’anni fa anch’io avevo una mia compagna. Finché poi non scoprirono la Salubrina.

    La Salubrina? La più grande scoperta degli ultimi secoli, o almeno così ci hanno insegnato a scuola.

    Vero, … forse. A quel tempo lavoravo anch’io in quel campo. Fa crescere le piante e gli animali a velocità … doppia, probabilmente, rispetto a prima. E chi l’ha scoperta ha pensato di fare un gran bene all’Umanità: far sparire dal mondo la fame e la povertà. Ma purtroppo non è solo per fame e povertà che la gente uccide o che scoppiano le guerre. Con la Salubrina ed il benessere aumentò rapidamente a dismisura anche la popolazione, così come la durata media della vita umana. Insomma, il sistema rischiava di collassare nonostante la maggior ricchezza accessibile a tutti, e ci siamo trovati presto sull’orlo di una guerra planetaria. Se la guerra non scoppiò fu solo perché proprio allora si scatenò invece l’epidemia di Siliquizia; o forse la creò qualcuno in laboratorio; oppure fu il primo atto di una grande guerra voluta da qualcuno e poi sfuggita di mano. Ne morirono tantissimi, uomini e donne indistintamente, e non solo tutti i vecchi. Io ci persi anche una delle mie figlie, oltre ai miei genitori. Una vera strage. Era nell’aria, e respirando finimmo per ammalarcene tutti. Sopravvivemmo in pochi. Probabilmente, più dei tanti vaccini che si ingegnarono ad inventare, il miglior antidoto risultò essere proprio la Salubrina assunta in grande quantità.

    Eravamo già quasi ritornati in vista del punto di partenza quando lo zio si fermò, immerse una delle reti di fianco alla barca e la ritirò fuori quasi subito mezza piena di pesci guizzanti. L’acqua brulicava di vita. Io feci lo stesso, ed in breve tempo i nostri secchi furono stracolmi. Adesso basta, ce ne abbiamo a sufficienza per diversi giorni. Ora rema tu, mentre io avviso Armando che stiamo tornando, disse lo zio.

    Ci scambiammo di posizione, e cominciai a remare.

    Continua zio: eri arrivato alla strage della Siliquizia, gli chiesi curioso di conoscere qualcosa di cui durante anni di telestudio non ci avevano mai parlato con chiarezza.

    "Chi sopravvisse risultò più sano, e notevolmente più longevo. I lutti ed il grande pericolo scampato ci avevano fatto diventare più pacifici e collaborativi; ma al tempo stesso l’esperienza passata ci aveva reso consapevoli dei rischi a cui saremmo andati incontro continuando ad assumere la Salubrina come prima. Centenari che saltavano e correvano come ragazzini, e dopo un secolo ancora facevano figli. E allora qualcuno decise. Fu una decisione difficile ma concertata, presa di comune accordo a livello sovranazionale: uomini da una parte, e donne dall’altra, nessuno escluso. E nascite tollerate solo se rapportate al numero dei decessi. La separazione tra uomini e donne non fu neanche troppo dolorosa: per qualche motivo

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