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Scherzi della Strada
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Scherzi della Strada
E-book119 pagine1 ora

Scherzi della Strada

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Info su questo ebook

Tutti, o quasi, i racconti dell'autore che hanno a che fare primariamente con la strada in senso lato (motori, viaggi, automobili, ma anche biciclette, treni e astronavi).
La raccolta include i seguenti racconti:
ALL'INFERNO!
DIAVOLI E AUTOMOBILI
IL VECCHIO MOTORE
L'AVARIA
L'AVVENTURA DI UN CONTROLLORE
LA MARCIA PER LA PACE
LA MISSIONE DELL’ULISSE VOLANTE
LA PANCHINA PANORAMICA
LA PASSEGGIATA IN BICICLETTA
LA SIGNORA LUISI E PEPPINO, L'AUTISTA DELLO SCUOLABUS
LA VIA DELLA SIRIA
LIBERI TUTTI
NULLA SFUGGE ALLA MAMMA
SULLA STRADA DELLA SERA
UNO SCHIANTO DI MUSICA
VIAGGIO IN PRIMA CLASSE
Si avverte che, trattandosi di una raccolta, i suddetti racconti potrebbero essere presenti anche in altre raccolte dello stesso autore.
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2018
ISBN9788828336440
Scherzi della Strada

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    Scherzi della Strada - Marco Fogliani

    MARCO FOGLIANI

    Scherzi della Strada

    ISBN E-book: 9788828336440

    Copertina di Marco Fogliani

    Aggiornamento al: 10/08/2023

    Indice dei contenuti

    LA PANCHINA PANORAMICA

    LA SIGNORA LUISI E PEPPINO, L'AUTISTA DELLO SCUOLABUS

    L'AVVENTURA DI UN CONTROLLORE

    LA PASSEGGIATA IN BICICLETTA

    LA MARCIA PER LA PACE

    DIAVOLI E AUTOMOBILI

    NULLA SFUGGE ALLA MAMMA

    IL VECCHIO MOTORE

    L'AVARIA

    LA MISSIONE DELL'ULISSE VOLANTE

    ALL'INFERNO!

    SULLA STRADA DELLA SERA

    UNO SCHIANTO DI MUSICA

    LA VIA DELLA SIRIA

    LIBERI TUTTI

    VIAGGIO IN PRIMA CLASSE

    LA PANCHINA PANORAMICA

    Isabella, quando non era impegnata ad aiutare la mamma nei lavori di casa o il papà nella tabaccheria del paese, andava spesso e volentieri a rilassarsi ai giardinetti pubblici; scegliendo possibilmente sempre la stessa panchina, se non era occupata. Quei giardinetti pubblici, che la strada provinciale separava dalle maestose mura della rocca medioevale, affacciavano sulla vasta pianura offrendo una visuale a perdita d’occhio sul paesaggio sottostante. In certe giornate, particolarmente limpide e luminose, qualcuno guardando verso sinistra riusciva addirittura a vedere in lontananza quello che i più potevano solo immaginare o indovinare: il mare. Col buio della sera, invece, volgendo lo sguardo verso destra si intravvedeva una specie di luminoso chiarore in quella che doveva essere la direzione della capitale: le luci della grande città.

    E qui la fantasia di Isabella cominciava a volare. La città, dove lei era stata così di rado e dove invece volentieri avrebbe voluto andare a vivere: tanta gente da conoscere, teatri, cinema, vita notturna, emozioni ed avventure. Quella città laggiù; oppure un’altra delle tante di cui il mondo era pieno sarebbe andata bene lo stesso. Lei invece aveva sempre vissuto in quel paesino, in cui tutto e tutti si conoscevano: e la vita stessa sembrava stretta, angusta, monotona.

    Quando era là seduta a sognare di essere altrove quasi non si accorgeva neanche di quanto accadeva intorno, del vociare dei bambini che giocavano, delle giovani mamme che li controllavano chiacchierando tra loro, delle auto che passavano (e della corriera poche volte al giorno, sempre negli stessi orari); di chi saliva o scendeva per andare dall’una all’altra parte del paese scegliendo il percorso più comodo e bello tra i pochi possibili. Così anche quel giorno - si era ormai al tramonto - si accorse solo ad un tratto della presenza, all’altra estremità della panchina, di un signore. Forse era già lì, o forse era arrivato dopo di lei; e probabilmente non l’avrebbe neanche degnato della sua attenzione se non fosse stato per quella specie di smisurato quaderno che teneva sulle gambe; mentre in mano aveva una matita, o un pennarello, o qualcosa di simile. Stava disegnando.

    Isabella si sporse un po’ per guardare meglio il disegno, che era ancora uno schizzo appena abbozzato. Forse si alzò e gli si avvicinò un poco. Lui la notò, e per farle vedere meglio il suo lavoro si interruppe.

    Le piace?, le chiese.

    Lei fece cenno di sì con la testa.

    Allora lui, soddisfatto, cominciò a sfogliare lentamente il suo enorme quaderno, mostrando alla ragazza uno ad uno i suoi disegni dei giorni precedenti; e lasciandole, prima di girare il foglio, il tempo sufficiente per poter capire ed ammirare ciascuno di essi. Erano davvero belli. Tutti scorci del paese, spesso con sullo sfondo un pezzo del castello o delle mura. Disegni non esattamente in bianco e nero come quello su cui stava ancora lavorando; perché poi per completarli aggiungeva sapientemente qua e là chiazze di colore, tre, quattro o al massimo cinque.

    Isabella, che quei posti li conosceva bene per averli visti chissà quante volte, stentava a credere che potessero sembrare così belli.

    Sono qui in villeggiatura, spiegò lui. In realtà il dottore mi ha prescritto le cure termali, ma io ho scelto di fare avanti indietro con le terme e soggiornare in questo paese perché lo trovo bellissimo. Con la sua rocca medioevale, i suoi vicoli ed il suo panorama.

    Isabella sorrise pudicamente, quasi che il complimento a quel luogo riguardasse in parte anche lei.

    Stasera poi c’è un tramonto bellissimo, continuò l’artista. Spero che domani, quando passerò ai colori, lo spettacolo si ripeta, le disse tornando sull’ultimo disegno. E dopo un po’ aggiunse: Mi farebbe un grande piacere riuscire a farglielo vedere finito. Lei sarà qui anche domani, verso quest’ora?

    Non so, forse. Vedremo, rispose evasiva Isabella con un sorriso, arrossendo un po’. E proprio questo lieve rossore ricordò all’artista che l’arte e la bellezza non sono solo una caratteristica dei paesaggi, ma anche di certe persone, e della gioventù.

    Potrei provare a farle un ritratto, per regalarglielo, se non le dispiace, disse quell’uomo, pur sapendo che i volti umani non erano proprio la sua specialità.

    Isabella arrossì ancor di più. No, adesso ho da fare. Ho un impegno urgente. E si alzò per andarsene; benché ovviamente in quel paesino nulla potesse mai davvero definirsi urgente.

    La prego, signorina: lasci almeno che le faccia una foto. Lavorerò su quella, disse alzandosi anche lui e tirando fuori dalla tasca il suo cellulare.

    Ma certo che no: io non la conosco nemmeno!, rispose lei sdegnata.

    Posso almeno sperare di riuscire a rivederla almeno una volta i prossimi giorni, prima della mia partenza?, chiese lui speranzoso, quasi supplichevole.

    Se la cosa le fa piacere speri pure: tanto sperare non costa nulla. Ma sappia che la cosa non mi riguarda affatto, concluse lei con sarcasmo, prima di allontanarsi definitivamente.

    Se il ragionier Fulgenzi avesse avuto il vizio del fumo sicuramente già il giorno dopo avrebbe avuto modo, di ritorno dalle terme, di rivedere Isabella alla tabaccheria. Ma questo vizio, che di certo alla ragazza non sarebbe piaciuto, non ce l’aveva.

    Così il giorno dopo, ed anche quelli successivi, all’ora del tramonto il nostro ragioniere villeggiante ed un po’ artista si ritrovò, spinto da una forza incontrastabile, seduto su quella stessa panchina, apparentemente intento a disegnare ma in cuor suo con l’unica speranza di incontrare di nuovo quella ragazza.

    Purtroppo lei il giorno dopo non venne né si fece vedere, e neppure il giorno successivo, né quello dopo ancora.

    Era sabato quando Isabella si riaffacciò di nuovo a quei giardinetti. Lui era seduto col suo quadernone nello stesso posto sulla solita panchina. Lei da dietro, senza farsi vedere, lo osservò a lungo in silenzio colorare un altro tramonto assai simile a quello dei giorni precedenti. Ma ad un tratto lui si interruppe, e girò la pagina tornando al disegno precedente: un ritratto di ragazza in bianco e nero ancora incompleto. Lo fissò a lungo, assorto in chissà quali pensieri, prima di tornare ancora indietro, ad un altro ritratto di ragazza ancora più incompleto, appena abbozzato.

    E quella musona sarei io?, chiese a quel punto Isabella, sorridendo e rivelandogli la sua presenza.

    Oh, beh … più che altro quello che sono riuscito a ricordarmi, balbettò il Fulgenzi, timoroso ma strafelice per quella inattesa apparizione.

    Io mi chiamo Isabella, e tu? Da dove vieni, esattamente?, chiese lei accomodandosi sulla panchina di fianco a lui.

    Adesso Isabella da oltre dieci anni è diventata la signora Fulgenzi, e col marito si è trasferita nella capitale. Ma i due, per respirare aria buona e venire a stare un po’ coi parenti, ogni estate tornano coi loro due bambini a far villeggiatura in quel paesino dove si sono conosciuti. E quando possono, coi loro bimbi, tornano a sedersi su quella panchina dove un giorno lui disegnava, lei sognava di andarsene, e poi si sono conosciuti. E adesso vivono felici e contenti. Ma attenzione: nella vita non tutte le storie di questo genere finiscono così bene!

    LA SIGNORA LUISI E PEPPINO, L'AUTISTA DELLO SCUOLABUS

    IL RIVENDITORE

    Ha detto signora Luisi? No, non mi ricordo questo nome, anche se non escludo di averlo già sentito.

    È una signora bassina, moretta … Guardi che probabilmente è passata di qui qualche giorno fa …

    Ah, sì, la signora Luisi. Quella della telecamera. È passata di qui l’altro giorno a farmi vedere la sua telecamera. Non aveva nessunissima intenzione di funzionare. Un pezzo di ferro senza vita: quando è così non puoi fare niente se non provare con un’altra batteria. L’aveva acquistata da noi, e sperava che si potesse far aggiustare o sostituire visto che era ancora in garanzia. In effetti in garanzia lo era: bisogna vedere che cosa ci ha fatto. Sa, in genere le case costruttrici si rifiutano di applicare la garanzia se i prodotti sono stati manomessi o usati in modo improprio. Spero per lei: più che rimandarla al produttore non ho potuto fare.

    Che tipo le è sembrato la signora?

    "Mi ha fatto uno strano discorso,

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