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Sta scherzando, Padre?
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Sta scherzando, Padre?
E-book166 pagine2 ore

Sta scherzando, Padre?

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Info su questo ebook

La raccolta include tutti i racconti dell'autore in cui preti, suore, frati o comunque la Chiesa in generale occupano un ruolo di una certa rilevanza.
Di seguito, in ordine alfabetico, l'elenco dei racconti inclusi nella raccolta:
ALICE, QUELLA PICCOLA FIGLIA DI ...
ALLA PROSSIMA TOCCA A ME
BUON PASTORE?
FRA CIRINO E DON CICCILLO
FURTO IN CHIESA
IL PESO DI UN SEGRETO
IL SANTO DEI MIRACOLI
L’AMORE DI ROMEO
L'AMORE, SE DIO VUOLE
LA GITA AL SANTUARIO
LA PRIMA IDEA DEL CINEMA
LA TERZA PRIMAVERA
MI HAI CONVINTO!
MISSIONE COMPIUTA, SORELLA!
PAOLA E CARLO
PAOLO E NIKOLAJ
Si fa presente che, dato il carattere tematico della raccolta, alcuni di questi racconti potrebbero essere inclusi anche in altre raccolte dello stesso autore.
LinguaItaliano
Data di uscita23 nov 2021
ISBN9791220869164
Sta scherzando, Padre?

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    Anteprima del libro

    Sta scherzando, Padre? - Marco Fogliani

    Marco Fogliani

    Sta scherzando, Padre?

    ISBN Ebook: 9791220869164

    Disegno di copertina di Marco Fogliani

    Aggiornamento al: 10/02/2024

    Indice dei contenuti

    BUON PASTORE?

    L'AMORE DI ROMEO

    LA PRIMA IDEA DEL CINEMA

    LA GITA AL SANTUARIO

    FURTO IN CHIESA

    IL SANTO DEI MIRACOLI

    ALLA PROSSIMA TOCCA A ME

    PAOLA E CARLO

    L'AMORE, SE DIO VUOLE

    ELE E LEO

    ALICE, QUELLA PICCOLA FIGLIA DI ...

    PAOLO E NIKOLAJ

    MISSIONE COMPIUTA, SORELLA

    LA TERZA PRIMAVERA

    FRA CIRINO E DON CICCILLO

    MI HAI CONVINTO!

    IL PESO DI UN SEGRETO

    BUON PASTORE?

    Allora, bambini: forza, è ora di andare a letto.

    Ma la mamma non è ancora tornata, protestò Robertino, il più piccolino dei due.

    La mamma purtroppo stasera non tornerà a casa. Ma non preoccupatevi: vengo io a rimboccarvi le coperte e a darvi il bacio della buona notte.

    Qualche minuto dopo, pigiamino e denti lavati, i due bambini erano già nei loro letti, sotto le coperte, pronti per dormire; e papà Zeno si apprestava, forse per la prima volta, a compiere al posto della mamma il rito della buonanotte.

    Papà, la mamma ci racconta sempre una fiaba prima di addormentarci, gli fece presente Robertino, il più piccolino.

    Sempre sempre?, chiese il padre con una certa preoccupazione.

    Sempre sempre, gli confermarono insieme i due fratellini, uno a voce e l’altro con un inequivocabile movimento della testa.

    Allora il papà, che nella vita faceva tutt’altro che leggere fiabe, si ricordò che comunque nella sua libreria un libro di fiabe gli sembrava che ci fosse.

    Aspettatemi qui, se possibile in silenzio e senza muovervi, disse loro prima di andare in soggiorno a cercarlo, pregando il Cielo che la sua ricerca si concludesse non solo con buon esito, ma anche rapidamente.

    Il Cielo, per fortuna, gli diede ascolto. Poco dopo rientrò nella stanza da letto dei bambini con quel libro in mano. Accese la luce, inforcò gli occhiali e cominciò a sfogliarlo.

    Papà, mamma la fiaba ce la racconta, non ce la legge.

    Beh … ma … che differenza fa?

    Fa che senza la favola e il buio non riusciamo a dormire. E se la luce è accesa, non c’è più il buio.

    Pignoli ma precisi questi bambini, pensò Zeno, cercando in qualche modo di compiacersi all’idea che i suoi figli avessero preso da lui anche qualcosa del carattere, oltre che del fisico. Ma adesso, cosa avrebbe fatto?

    Poi gli venne in mente che quella mattina, seppur distratto da mille pensieri e preoccupazioni, gli era capitato di trovarsi in Chiesa durante una funzione in cui avevano letto dal Vangelo una parabola. Si trattava della parabola del Buon Pastore, e di quella del Figliol Prodigo; e forse ce n’era anche un’altra, tanto che Zeno si era chiesto come mai sprecassero tante parabole in una sola lettura.

    Allora … vediamo. Vi racconterò la parabola del Buon Pastore. C’era una volta un buon pastore, che aveva un gregge di cento pecore. Un giorno, riportandole all’ovile - che sarebbe la loro casa - ebbe l’impressione che gliene mancasse una. Allora cominciò a contarle: una, due, tre, … .

    Andò avanti parecchio (fino a venti, mi pare) prima che Mario, il più grandicello dei due, gli dicesse:

    Papà, ma questa storia è noiosa. Io so contare benissimo, e non solo fino a cento.

    Sì, tu sì. Ma Robertino no. E tieni presente che contare le pecore è il metodo più classico ed efficace per imparare a contare, rispose Zeno, che però aveva ben presente che contare le pecore era anche uno dei metodi più classici per addormentarsi.

    Ventuno, ventidue, ventitré … continuò imperterrito Zeno nonostante l’espressione annoiata e gli sbuffi di Mario.

    … novantasei, novantasette, novantotto, novantanove. Eh sì: il pastore adesso era sicuro che gli mancasse una pecora, ed era preoccupato per lei.

    E dicendo questo, il papà constatò con un certo sollievo che Robertino era già partito per il mondo dei sogni, da cui non sarebbe ritornato prima del mattino dopo. Per fortuna, pensò: altrimenti cos’altro avrei potuto inventarmi? Ricontarle di nuovo, per sicurezza? Chiamarle una ad uno per nome, improvvisando un sacco di possibili nomi da pecora? No, pensò: Mario mi avrebbe odiato per questo.

    E a guardar bene adesso anche Mario sembrava più tranquillo, e forse vicino ad addormentarsi. Meglio chiudere la storia al più presto, pensò.

    Allora il pastore andò nel deserto a cercare la pecora smarrita, continuò Zeno, e vi rimase a cercarla finché non la trovò. E quando la ritrovò se la mise sulle spalle e tornò a casa con lei tutto contento, e … .

    A questo punto il nostro papà non si ricordava bene, ed era incerto su come proseguire o, per meglio dire, far concludere in fretta ed in modo soddisfacente quella storiella che comunque sembrava aver già raggiunto in parte il suo obiettivo.

    … e allora chiamò la moglie ed i vicini per festeggiarne il ritrovamento. Tanto che, sì gli sembrava di ricordarselo, chiamò i suoi servi dicendo loro: portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché la pecora che si era smarrita è stata ritrovata.

    Un vitello? Ma allora quel pastore non aveva soltanto pecore!, osservò Mario sorpreso, improvvisamente ridestandosi dal suo precedente stato di quasi assopimento.

    Evidentemente no, è chiaro. O forse ha chiesto di portare una pecora?, arrancò il suo povero padre. Beh, non ricordo esattamente.

    E per aver ritrovato una pecora ne fa ammazzare un’altra?, osservò Mario acutamente.

    Sì, in effetti la cosa sembra un po’ strana anche a me.

    Ma papà, non è che ti stai confondendo con quell’altra parabola, quella del figlio prodigio, gli disse Mario che di qualcosa del genere aveva già sentito parlare.

    Sì, potrebbe essere, ma non è poi che sia così importante. Facciamo così: tu adesso ti metti a dormire, e io intanto vado subito a controllare.

    Zeno uscì dalla stanza, chiuse la porta e andò in salone. Che serataccia, pensò: e prevedendo il giorno dopo nuove domande e richieste di chiarimenti da parte di Mario prese subito il Vangelo dalla libreria e cominciò a cercare. Ma no, pensò: non riuscirò mai a trovarlo. E allora andò a cercarlo su internet.

    Sì. Il brano che aveva sentito quel giorno in chiesa era dal vangelo di Luca (Lc 15,2-24), ed in effetti egli aveva fatto un po’ di confusione con il finale del Figliol Prodigo. Perché sì, nello stesso brano c’erano tutte e due le parabole, ed anche un’altra, come vagamente si ricordava, che diceva:

    ‘Quale donna, se ha dieci monete d’oro e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la moneta d’oro che avevo perduta’

    D’istinto egli pensò subito a sua moglie, disordinata, e che ogni scusa è buona per chiacchierare con le amiche e festeggiare. Capace che trova per casa una banconota di grosso taglio e la spende subito per un’uscita con le amiche. Un po’ come quel pastore che ritrova la pecorella smarrita e per festeggiare si fa fuori un vitello.

    Però … mia moglie … addirittura arrivare a spazzare la casa …

    Zeno, un po’ confuso, stanco e molto provato delle vicende di quella giornata faticosa, inaspettatamente lunga e impegnativa finanche nella sua parte finale, decise che era meglio che anche lui andasse subito a letto, e di dormirci sopra.

    L'AMORE DI ROMEO

    Lavorare nel mondo della moda comportava per me una serie di impegni fissi, tra cui alcune trasferte all’estero che si ripetevano ogni anno negli stessi mesi in occasione delle principali sfilate a cui il nostro marchio commerciale partecipava. Lingue straniere; ricevimenti; facce diverse e atmosfera internazionale. La cosa mi piaceva molto, mi dava la carica e mi riempiva di stimoli ed energie. Era così all’incirca da quando avevo iniziato a lavorare, oltre una decina di anni prima, quando avevo persino rischiato di sfilare io stessa in passerella.

    Con Henry - che per inciso rispetto a me conosceva più lingue, e meglio - il fatto non costituiva un problema: lui non aveva nessuna difficoltà a organizzare la sua vita e le sue attività - fossero vacanze o mostre o conferenze - tenendo conto dei miei impegni. Ci tenevamo sempre in contatto, conoscevamo i nostri movimenti e comunque non rimanevamo mai distanti per più di qualche settimana; dopo di che ci incontravamo di nuovo a casa nostra a Roma per riprendere insieme il nostro viaggio più lungo ed importante: la nostra vita.

    Quella volta, invece, lui sparì. Io ero a Parigi per la moda estiva, nessun particolare impegno in vista da parte sua; ma da un certo giorno in poi cominciò a non rispondere più al telefono, né al fisso né al cellulare. Contattai la mia vicina, le chiesi se l’avesse visto e se poteva andare a suonare a casa mia per capire. No, non l’ho visto, mi disse; e poi: Tutto chiuso. Ho suonato, ma nessuno risponde. Preoccupata, mi trattenni a stento dal chiamare la polizia.

    Appena tornata, mi precipitai a casa ed aprii angosciata la porta del nostro appartamento buio e vuoto. Cercai per le stanze temendo di trovare il suo cadavere; invece trovai sul tavolo della cucina in bella evidenza una lettera. L’aprii e la lessi.

    Cara Anna. Era molto che ci stavo pensando. Ho deciso di iniziare una nuova vita: la nostra cominciava ad essere piatta e monotona per uno spirito libero come il mio. Non avertene a male, sono fatto così. Cambierò pseudonimo, nazione, ed in parte attività. Ti chiedo solo di non cercarmi e, nel caso in cui i nostri destini dovessero incrociarsi di nuovo, di ignorare o fingere di dimenticare il nostro passato insieme (piuttosto, invece, inizieremo una nuova storia). Io ti chiedo solo questo. In cambio, ti lascio la mia parte della casa e tutto quanto di mio ho deciso di non portarmi via, inclusi i miei quadri che alla Galleria saprebbero apprezzare e prezzare adeguatamente. Non abbiamo figli, non c’è motivo per cui la nostra separazione non debba essere indolore. Un bacio affettuoso.

    Bastardo insolente e sfrontato, imprecai. Ma era vero, era fatto così, e per questo motivo mi era piaciuto ed otto anni prima avevo insistito perché venisse a vivere con me.

    All’inizio, quando avevo rischiato di fare la modella, avevo un sacco di uomini che mi ronzavano attorno. La cosa mi divertiva e mi piaceva. Facevo la preziosa. Ricordo che mettevo i loro nomi su un’agendina, e giorno per giorno scrivevo dove e quando mi portavano fuori a cena, e come si comportavano. Se si dichiaravano, o se vedevo che volevano fare sul serio, li mollavo subito. Altrimenti li lasciavo comunque dopo due settimane, che poi col tempo divennero tre. Ma con Henry arrivai ad un mese, e poi … Lui era così fuori dal mondo! Ed assolutamente disinteressato a me, mi sembrava. Lo trovavo innocuo, e al tempo stesso interessante. Anzi, ad essere sincera dovrei dire affascinante. Volevo capire il suo mondo, la sua arte, i suoi amici, i suoi viaggi, ed un mese sarebbe stato un tempo assolutamente insufficiente. Ed infatti dopo otto anni si può dire che qualcosa di lui non l’avessi ancora veramente capita.

    Fui io a chiedergli di venire a vivere con me. E lui acconsentì. Senza entusiasmo, come suo solito per le cose di questa terra. Tanto abitare in un posto o nell’altro non faceva tutta questa differenza. Per lui non erano queste le cose importanti. Ciò che contava era quello che faceva, ed i suoi pensieri: scriveva, dipingeva, si teneva in corrispondenza con questo o quell’intellettuale di un’altra nazione del mondo.

    Questa sua indifferenza nei miei confronti mi aveva letteralmente fatto impazzire, e me lo aveva fatto desiderare sempre di più, come non avrei mai immaginato.

    Letta la lettera, mi tolsi gli abiti da viaggio e mi lasciai andare sul divano, un po’ depressa. Ripensando al passato, mi venne in mente di quando ogni settimana un ragazzo diverso mi portava a cena; e se loro non avevano preferenze sceglievo io dove portarli, sempre lo stesso ristorante dove ormai i camerieri ed il padrone mi conoscevano e mi accoglievano quasi con complice divertimento.

    Mi venne voglia di rileggere quei nomi, di ricordarmi quelle facce. Dovevano essere almeno una, o forse due dozzine. Magari potevo riprendere quelle belle abitudini, quello stile di vita giovanile e spensierato. Chissà se avevo ancora quell’agendina! Là annotavo in genere anche i loro indirizzi e numeri di telefono. Mi venne voglia di cercarla. Mi alzai e frugai in due o tre cassetti. Eccola, trovata!

    Finiva con Henry, per il quale avevo appuntato solo una parola: artista. La sfogliai a ritroso. Paolo; Francesco; il conte; il figlio del grande industriale XXX. Riandai con la mente a quelle facce, a quelle serate, pensando con piacere a quanti avevano perso la testa

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