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Sta scherzando, Dottore?
Sta scherzando, Dottore?
Sta scherzando, Dottore?
E-book150 pagine2 ore

Sta scherzando, Dottore?

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Info su questo ebook

Alcune storie, tutte di fantasia, sui medici, la medicina e la salute.
Di seguito l'elenco dei racconti inclusi nella raccolta in formato elettronico:
COMPATIBILITA'
I VIAGGI DI LILLIGET
IL MORBO DI ...
IL PICCOLO ROCKY
IL RISVEGLIO
IL VECCHIO MOTORE
L'AUTORITRATTO
L'AMANTE INGLESE
LA RETATA
LO STATO LIBERO DI BAGHIRISTAN
MISSIONE COMPIUTA, SORELLA
PER CHI SUONA L'AMBULANZA
UN MONDO NUOVO
UNO STRANO MALANNO, OVVERO IL MAL DI MUSICA
Dato il carattere tematico della raccolta, si avverte che i racconti qui contenuti possono essere presenti anche in altre raccolte tematiche dello stesso autore.
LinguaItaliano
Data di uscita19 feb 2019
ISBN9788832521214
Sta scherzando, Dottore?

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    Anteprima del libro

    Sta scherzando, Dottore? - Marco Fogliani

    Marco Fogliani

    Sta scherzando, Dottore?

    ISBN ebook: 9788832521214

    Aggiornamento al: 10/02/2024

    Indice dei contenuti

    PER CHI SUONA L'AMBULANZA

    UNO STRANO MALANNO

    COMPATIBILITA'

    L'AUTORITRATTO

    ELE E LEO

    IL PICCOLO ROCKY

    MISSIONE COMPIUTA, SORELLA

    IL VECCHIO MOTORE

    LA RETATA

    UN MONDO NUOVO

    L'AMANTE INGLESE

    I VIAGGI DI LILLIGET

    IL MORBO DI ... (Dramma Fanta-Farmacologico)

    IL RISVEGLIO

    LO STATO LIBERO DI BAGHIRISTAN

    PER CHI SUONA L'AMBULANZA

    Me ne sto tranquillo a casa per i fatti miei quando sento un’ambulanza arrivare a sirene spiegate. Ancora! Che angoscia! È già successo tre volte in due settimane, penso tra me e me, che un’ambulanza sia venuta a fermarsi e a spegnere le sue sirene qui davanti al portone del nostro condominio. E in tutti i casi, dopo lunghi minuti che sembravano interminabili, se n’è andata portandosi via qualche condomino in barella: prima quel ragazzo del nono piano, che pare abbia tentato il suicidio con delle pasticche; poi uno di un’altra scala, non so bene chi fosse; e infine la vedova del generale, che ancora non ho capito se si salverà oppure no.

    Mi affaccio alla finestra e guardo giù, per capire se anche stavolta si fermerà qui da noi. Sì, è così. La sirena si spegne, scendono un paio di sanitari, uno in camice bianco e l’altro in casacca fosforescente, e dall’alto riconosco la nostra portiera che si fa loro incontro. Chissà a chi toccherà oggi. Penso che la vedova del generale era tanto che non la vedevo, non mi ricordavo neanche quando era stata l’ultima volta; a sapere che non l’avrei più rivista l’avrei salutata con più affetto, l’avrei guardata più a lungo, per ricordarmela meglio. D’altronde anche lei, mettersi in casa quella badante che porta iella: cinque vecchietti negli ultimi quattro anni, dicono che gli siano morti. Ma sarà poi vero, o solo frottole e dicerie da comari pettegole? E quello del nono piano? Non che lo conoscessi davvero, ma a sapere che aveva intenzione di suicidarsi sarei andato a fargli visita, a dirgli qualcosa per cercare di dissuaderlo, spiegandogli che la sua idea era davvero una sciocchezza e cercando di fargli capire quanto è bella la vita.

    Torno ai fatti miei, ma dopo qualche minuto mi suonano alla porta. Già prima di aprire sento un vocio dalle scale: logico, penso, per via dell’ambulanza. Ma quando apro mi vedo davanti, accompagnata dalla portiera, una dottoressa o infermiera in camice bianco. Sulle sfondo, tra le scale o affacciato alle porte degli altri appartamenti, qualche vicino impiccione.

    Buongiorno. Mi scusi il disturbo: abita qui il signor Pasquale Demordis?, mi chiede con cortesia ed un sorriso la donna in camice bianco.

    Sì, sono io, chi lo desidera? Intuisco già da subito l’equivoco, ma la ragazza sotto al camice è graziosa e gentile, e costituisce un evento davvero inusuale alla mia porta: così mi sforzo di essere meno scorbutico di quanto normalmente sono.

    Abbiamo ricevuto una richiesta di intervento per questo nominativo, mi dice. È stato lei a chiamare, o qualcuno che abita qui con lei?

    Io istintivamente avrei fatto un gesto scaramantico che non sto qui a descrivervi; ma trovandomi di fronte ad una bella signora riesco a trattenermi, e mi limito a dire: Ci deve essere stato un errore: io qui vivo da solo, non ho particolari problemi di salute e tutto mi sarebbe saltato in mente di fare tranne che chiamare il soccorso medico. Non capisco proprio chi possa essere stato. Se si tratta di uno scherzo, è davvero di pessimo gusto.

    In effetti, risponde quella, non posso che trovarmi d’accordo con lei: un errore o uno stupido scherzo. Mi dispiace averle fatto perdere tempo. Le posso chiedere solo la cortesia di un altro minuto del suo tempo, per compilare questo modulo per l’ospedale? Sa com’è, la burocrazia.

    Certo, certo. Si accomodi pure. La faccio entrare, chiudendo dietro a lei la porta in faccia a tutto il mondo esterno e in particolare alla portiera, che forse avete capito che non sopporto. Soli e con un po’ di quiete, ora. Chissà se l’avrei fatta entrare anche se fosse stata un uomo, o un’altra come - che so io - la mia vicina di casa. Non credo proprio, secondo me.

    Capisco che questo scherzetto sia una bella seccatura anche per voi, che state lavorando. Venga da questa parte, le dico accompagnandola in cucina, che intanto le preparo un bel caffè: stavo giusto per farlo. Bevuto in compagnia è sempre più buono e fa meglio, non trova?.

    La ringrazio molto. Non vorrei fermarmi troppo, però, non tanto per me quanto per quelli che ci aspettano e stanno male sul serio, mi dice la dottoressa. Un caffè lo accetto volentieri, ma non so se davvero faccia bene anche a lei, alla sua età. Bisogna vedere come sta messo con la pressione. Se non le dispiace poi le farei anche una breve visita: per farla stare più tranquillo; ma anche per noi, così ci conteggiano comunque la visita.

    Non voglio certo ostacolare il suo lavoro, le dico. L’idea di farmi visitare da quella graziosa dottoressa non mi dispiace affatto: è tanto che una donna carina non entra in casa mia, e in generale nella mia vita. Cerco di ricordarmi da quanto, ma la memoria, ahimè la vecchiaia, non mi aiuta.

    Nato il? Mentre riempio con l’acqua la caffettiera e accendo il fuoco rispondo ad alcune sue domande con cui compila il primo foglio di un modulo.

    Lo sa che nelle ultime due settimane è la quarta volta che un’ambulanza arriva in questo palazzo?, dico così un po’ per attaccare bottone.

    Sì? E probabilmente una di quelle volte credo di esserci stata anch’io, mi risponde.

    Chissà quante ne vedete, col vostro lavoro, le dico.

    Già. Ma più che la sofferenza e la tristezza dei malati, quello che personalmente mi colpisce di più sono l’angoscia e la preoccupazione di chi capisce che la propria vita è prossima al termine, ma si rende conto di non essere pronto perché ha ancora qualcosa da dover completare. Che so io: un padre che non ha fatto pace con un figlio; una madre che non è sicura di avere reso felici i propri figli; persino un artigiano preoccupato per aver lasciato un suo lavoro a metà. Invece chi, diciamo, non lascia nulla in sospeso in genere affronta l’ambulanza con maggior serenità, a parte il dolore fisico.

    Così dicevano gli antichi, concordo io, che bisogna essere pronti a morire in qualunque momento. E potrei anche essere d’accordo. Ma se pure uno non ha nulla in sospeso, come è il caso mio; se uno si sente forte e sano come un pesce non può che ribellarsi a un malore improvviso che metta in pericolo la propria vita così, senza motivo. Non trova?

    Preparo le tazzine, le chiedo quanto zucchero ci vuole e le dico che a me piace molto dolce. Il caffè è pronto e lo verso ancora fumante nelle tazzine.

    Le piace molto dolce?, mi chiede. E con la glicemia come sta messo?

    Non so, è tanto che non faccio le analisi, le rispondo.

    Beh, adesso non gliela posso controllare, ma cerchi di tenersi d’occhio e soprattutto di trattare bene il suo corpo, mi raccomando.

    Ha un po’ il modo di fare di una maestrina leggermente pedante, penso; ma la lascio parlare perché, come ho già detto, è molto carina. Belle forme, bel sorriso e dei modi quasi materni che mi fanno sorridere e mi riempiono il cuore. Non posso non dirle qualcosa al riguardo e provo, pur nei miei modi un po’ burberi, a farle un complimento:

    In un certo senso lei è proprio adatta a questo lavoro. Per esempio, quel ragazzo del nono piano che qualche giorno fa ha tentato il suicidio: se è stato soccorso da una come lei, sicuramente poi deve aver cambiato idea. E anche se qualcuno che ha soccorso poi non ce l’ha fatta, ricevere l’ultimo sguardo su questa terra da lei l’avrà fatto trapassare molto più serenamente.

    Lei, senza arrossire e quasi senza riuscire a controllarsi, scoppia a ridere. Sta finendo di bere il suo caffè e quasi rischia, con quella risata incontrollata, di sporcare il suo bel camice immacolato.

    Bene. Adesso, dopo il caffè e le barzellette, torniamo alle cose serie, mi dice. Qualche altra domanda sulla mia salute, poi tira fuori dalla sua borsetta l’attrezzatura per la pressione. Io sono già seduto alla sua destra.

    Le dispiacerebbe slacciarsi la manica sinistra?, mi chiede.

    Mi sottopongo tranquillamente alla misurazione della pressione, quasi ammaliato dalla sua presenza.

    È alta, troppo alta, mi dice seria. Io non mi lasco sfuggire l’assist per un altro complimento, anche se in verità mi sento molto bene:

    Sarà per la presenza di una bella donna vicino a me. Non sono più abituato da tempo.

    C’è poco da scherzare, mi dice; poi, a bassa voce aggiunge: E allora cosa sarebbe successo se al posto mio ci fosse stata mia sorella, la bella di casa? Pensi che lavora anche lei nel mio stesso ospedale, ma per sua fortuna non avrà mai a che fare con lei: è ostetrica!.

    Mi prova la pressione una seconda volta, poi una terza. Rimane preoccupata, il risultato sembra essere sempre lo stesso. Anche a me è passata la voglia di scherzare.

    Sentiamo un po’ i polmoni, mi dice. Mi alzo la maglietta e lei, con lo stetoscopio, comincia ad auscultarmi. Mi fa tossire. Poi mi tocca con le sue dita fredde prima la gola, poi la pancia, tastandomi qua e là.

    È in questo momento che ho la sensazione di incominciare improvvisamente a indebolirmi. Quasi che le sue mani avessero il potere di sottrarmi le forze, togliermi il calore, rubarmi l’anima a poco a poco. Eppure sapevo di certe persone, delle specie di guaritori, che con le loro mani riescono a fare esattamente il contrario.

    La guardo, e la trovo sempre e ancora più bella. Mi pare che mi stia continuando a sorridere. Ma come è possibile, se le sto quasi svenendo tra le mani? Forse me lo sto immaginando; oppure è una strega. Mi sento venir meno e perdo i sensi.

    Sento delle voci come ovattate, lontane; poi di nuovo una sirena di ambulanza, più forte. Devono avermi portato via in barella. Chissà se riuscirò a riprendermi.

    -----------------------------

    Io non so perché una volta rappresentassero la morte sempre vestita di nero, magari con un cappuccio sulla testa, scheletrica e brutta, brutta come la fame; e spesso con in mano una falce. Parlo io che in genere vado in giro vestita con un camice bianco candido, portandomi dietro una valigetta per il pronto soccorso, completa di stetoscopio, misuratore di pressione e defibrillatore. E taluni persino dicono di trovarmi bella. Io che ho una sorella gemella, che tutti dicono più bella di me, che fa nascere i bambini. Ma d’altronde si sa, la nascita e la morte fanno parte della stessa famiglia; morte e vita sono due facce della stessa realtà.

    No, no: la morte brutta, scheletrica e vestita di nero è davvero un’immagine d’altri tempi. Essa, a saperla accogliere nel modo giusto, non è poi neanche così spaventosa, ma anzi piacevole e sorridente. Basta essere preparati, aspettarla come se dovesse arrivare in qualunque momento; e non lasciare nulla in sospeso coi parenti, con gli amici e persino col lavoro. Questo almeno è quello che vado dicendo sempre a tutti quando accorro per una chiamata, quando arrivo con l‘ambulanza a portare

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