Calabria Insediamenti Cristiani e Origini delle Feste: Filadelfia La Santa Patrona e i Patroni delle sue parrocchie
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Sicché, per come riportato negli Atti degli Apostoli, l’organizzazione della Chiesa calabrese seguì il corso della storia alla medesima stregua con cui si dispiegò un po’ dovunque sin dai suoi albori … La struttura locale della chiesa, che prefigura i caratteri embrionali sui quali fu concessa la giurisdizione ecclesiastica e per certi versi anche quella civile, ha origine credibilmente a partire dal secolo VIII in poi, quando sorgono le prime parrocchie con il relativo territorio rurale. Tuttavia, soltanto dal secolo XI la Chiesa rurale, ormai elevata a Parrocchia, divenne il punto di riferimento della comunità e intorno alla Chiesa, spesso anche fisicamente attaccate, furono costruiti pure ricoveri e case per erogare servizi caritatevoli o anche per impartire la prima rudimentale formazione scolastica. Nei grandi centri urbani la storia delle parrocchie, che va oltre la sola cattedrale, prese il via in un periodo successivo, tranne il caso di Roma dove la chiesa con annesso cimitero comparve addirittura già nel IV secolo d.C. La riforma definitiva, da cui seguirono ulteriori aggiustamenti e successivi sviluppi, si ebbe con il Concilio di Trento, aperto nel 1545 e chiuso nel 1563. Al Concilio di Trento seguì poi il Vaticano I, giugno 1868 – luglio 1868, e il Vaticano II, aperto da Giovanni XXIII nel 1962 e chiuso nel 1965 da Paolo VI”.
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Anteprima del libro
Calabria Insediamenti Cristiani e Origini delle Feste - Michele Furci
CONTENUTI DEI TITOLI, DEI SOTTOTITOLI E DEI PARAGRAFI
Ogni tradizione popolare, in tutti i tempi,
documenta il sentire comune della comunità,
che vive in tal modo la sua appartenenza e
in ragione della quale,
almeno nella circostanza ricordata,
sperimenta una verità indiscussa:
gli esseri umani con la saggezza del cuore,
almeno sul piano spirituale,
sono tutti uguali nell’ambiente storico vissuto!
Prefazione
L’identità religiosa dei singoli abitati non può essere disgiunta dalle vicende che hanno segnato la storia del territorio, e dall’eredità culturale e spirituale ricevuta.
Terra di conquista, non solo militare, la Calabria porta con sé gli effetti delle varie dominazioni a cui fu soggetta relativamente non solo ad aspetti linguistici e culturali, ma soprattutto a preminenze religiose e devozionali.
Non bisogna inoltre trascurare come il tempo della Chiesa
e quello del mercante
, tanto caro a Jacques Le Goff e alla scuola de Les Annales, abbiano regolato, nel medioevo e nei secoli successivi, i rapporti socio-economici e tempi agricoli, in un quadro scandito dal calendario liturgico e dalle festività dei santi, e inciso sulla formazione della cultura popolare.
Il " ri- conoscere e il
ri-appropriarsi delle proprie radici, storiche e religiose, sono gli elementi di forza per salvaguardare un
sistema identitario messo in crisi della globalizzazione. Concetti questi che Michele Furci indica nel ricostruire le
figure" di San Teodoro e Santa Barbara in Castelmonardo e in Filadelfia, e di San Nicola in Montesoro.
Innegabile è l’origine bizantina del culto di San Teodoro a Castelmonardo, dovuto quest’ultimo all’esistenza di un insediamento monastico nei pressi del Castrum Monardum e che, con l’avvento dei Normanni, più vicini alla Chiesa di Roma, ebbe a convivere con la devozione a Santa Barbara. Significativa a tal proposito è una nota incisione del 1747.
La coesistenza e la continuità delle distinte devozioni in Castelmonardo e Filadelfia è evidente anche nella natura giuridica delle due parrocchie che, fino agli anni ’50 del Novecento, erano giurisdizionalmente separate non per territorio, ma per famiglie, retaggio dell’origine differente del culto dei due santi patroni.
Per quanto riguarda il culto di San Nicola in Montesoro è evidente l’influsso dei Normanni, considerando che sotto il suo patronato sono diversi centri della diocesi miletese voluta da Ruggero.
Il libro di Furci, nel ripercorrere le agiografie dei santi protettori e l’origine cultuale sviluppatosi in Castelmonardo/Filadelfia e Montesoro, vuole essere un invito a riconoscersi in quelle testimonianza di santità, devozione e religiosità popolare che rappresentano la memoria e l’identità di questi luoghi.
Foca Accetta
Francavilla Angitola 8 giugno 2021
Presentazione
‹‹La Calabria è per ogni parte inchinata all’onor de’ Santi
, così annotava il Fiore alla fine del 1600 e il rilievo è tuttora valido. I Santi sono infatti presenti nelle dimensioni fondamentali del mondo calabrese: nello spazio e nel territorio, nel tempo e nel calendario, nella vita dei paesi, delle confraternite, nell’interno delle case e delle famiglie, nei titoli delle chiese e dei santuari, nel nome delle persone››. Queste le parole di padre Maffeo Pretto, lo studioso contemporaneo che ha dedicato ampi studi all’ agiografia calabrese ( Santi e Santità nella pietà popolare in Calabria, Cosenza 1993, vol. 1, p.37).
Le modalità diverse di presenze di santi e i molteplici motivi che hanno determinato la scelta del patrono in una comunità postulano oggi ricerche storiche monografiche, guardando i singoli casi, il contesto storico, le vicende del paese o della città. Certamente il culto dei santi in Calabria ha subito un notevole influsso dal monachesimo orientale, perdurato anche dopo il distacco da Bisanzio. L’opera di rilatinizzazione iniziata con i normanni, mediante la presenza dei grandi ordini religiosi, come i benedettini e i certosini, successivamente con i francescani e i domenicani, ha poi favorito la diffusione e devozione per alcuni santi, o la sostituzione con santi occidentali, scelti anche come patroni e titolari delle chiese parrocchiali e dei paesi.
Michele Furci, che da tempo si è incamminato in questa affascinante ricerca, certo che anche questo canale storiografico è occasione per la riaffermazione di identità sociale, valorizzazione di tipicità culturale, recupero urgente di spiritualità per umanizzare la nostra terra, ci aiuta a soffermarci sulla realtà religiosa di Filadelfia, mediante le figure e il secolare culto dei santi patroni. Dopo l’introduzione, che presenta i punti essenziali dell’annuncio cristiano in Calabria e gli sviluppi con l’affermarsi del monachesimo greco e poi latino, l’organizzazione territoriale delle diocesi e delle parrocchie, conclude con una necessaria nota sulla pietà popolare. I tre capitoli che seguono sono rispettivamente dedicati ai tre santi patroni, illustrandoli mediante le notizie agiografiche, la tradizione, la devozione popolare, il contesto ecclesiale e sociale territoriale, con puntuale riferimento a fonti bibliografiche ed archivistiche.
Le origini delle due parrocchie centrali di Filadelfia, vasto comune del vibonese con una frazione e numerose contrade, risalgono all’antica città chiamata Castelmonardo, distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita col nome di Filadelfia. La chiesa madre fu istituita recettizia il 13 settembre 1819, la titolare è Santa Barbara, patrona principale, martire tra il III e IV secolo, molto popolare nel medioevo. L’altra parrocchia è intitolata a San Teodoro, soldato greco martire del IV secolo. Le due parrocchie, da tempi remoti, erano divise non per territorio ma per famiglie, questa prassi venne però abrogata con decreto vescovile del 23 gennaio 1950. La frazione comunale di Montesoro, il cui patrono è San Nicola, vescovo di Mira nel IV secolo, è stata accorpata nel 1986 alla parrocchia San Giovanni Battista in Acconia della diocesi di Lamezia Terme, alla cui giurisdizione territoriale originariamente apparteneva. Unita alla diocesi di Mileto-Nicotera- Tropea nel 1989 e riconosciuta quasi parrocchia
(CJC, can. 515), riprese il titolo di parrocchia, documentato fin dal secolo XVII, con decreto vescovile del 1° ottobre 2005.
L’approccio storiografico e la imprescindibile dimensione ecclesiologica del saggio di Furci ci invitano ad accostare significativamente santità e città, la città di Dio e la città degli uomini, il vangelo e la vita quotidiana, salus et civitas.
Beatus populus, cuius Dominus Deus eius. Beato il popolo che ha Dio per Signore (Sal 143)…e non permette ad altri signori di schiavizzare il suo cuore, ad altri idoli di sedurre la sua coscienza. " Ascolta popolo mio, ti voglio ammonire. Non ci sia in mezzo a te un altro Dio. E non prostrarti ad un Dio straniero…" (Sal 81). Celebrare la santità significa credere e impegnarci per l’unità, la comunione, la condivisione e la solidarietà. Un popolo che ha Dio per Signore è un popolo unito, che mette in pratica, anzitutto, prima delle stesse leggi statali, le sue norme e i suoi precetti. E’ un popolo che ha come obiettivo comune il vero, il bello e il buono, grembo generativo di futuro autentico per i nostri figli, ognuno mettendo a frutto positivamente i propri talenti, i propri carismi, dalle parrocchie alla casa comunale, dalle scuole agli oratori, dalle associazioni alle famiglie. Santa Barbara, come San Teodoro o San Nicola, quali imitatori di Cristo, ci chiedono di investire sulle risorse positive, di continuare ad essere sale della terra, lievito dentro la pasta, luce sul colle, perché abbiamo innumerevoli risorse da impegnare più arditamente, più generosamente, più sapientemente, senza andare a cercare solo difetti, senza generare invidie e rivalità, senza protagonismi e avidità, che avvelenano lo spirito comunitario e democratico di una civitas.
I santi, che danno carne al Vangelo, ci educano sempre ad una cittadinanza attiva. Per un cristiano il primo modo di partecipare attivamente alla vita della città è la preghiera, mater et origo sursum actioni, così la definisce San Bonaventura: principio e origine della nostra elevazione, fondamento di ogni vera nostra azione. I santi ci richiamano a ciò che rende autentica, quindi vera, la nostra vita personale e sociale: la spiritualità. "La santità è il frutto dello Spirito Santo nella