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Cinema e nuove visioni: Tra schermi e società multimediale
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E-book210 pagine2 ore

Cinema e nuove visioni: Tra schermi e società multimediale

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Info su questo ebook

Il cinema rappresenta una delle avventure più straordinarie della modernità, sintesi di processi storici, culturali e sociali, che a tutt’oggi mantiene intatta la sua incomparabile capacità di alimentare l’immaginario collettivo. Siamo nel tempo dell’iperspettatore, simbolo di un nuovo pubblico multimediale, più assuefatto al fare che al sentire; un consumatore in grado di manipolare contenuti audiovisivi passando da uno schermo all’altro, apparentemente disamorato della sala cinematografica, culla delle immagini in movimento. Tuttavia nella generazione dei giovanissimi s’intravede un parziale cambio di registro. Questo libro si propone di indagare come e quanto le sperimentazioni indotte dall’evoluzione tecnologica hanno modificato i comportamenti della sua fruizione, e spiega il valore della sala come luogo elettivo dell’esperienza filmica, soprattutto ora che il grande schermo è stato spento a causa dell’emergenza pandemica. Ben vengano le ‘nuove visioni’, frutto della correlazione tra innovazione e consumi, ma la vera sfida oggi è recuperare una dimensione contemplativa e critica. Un approccio necessario per la comprensione del film come opera, un doveroso riconoscimento all’autorialità.
 
Sandra Telve (1979) è laureata in Strategie di comunicazione. L’interesse per le altre culture la conduce dapprima all’approfondimento delle lingue straniere, poi allo studio delle diverse forme di comunicazione. Il fortunato approccio con quella cinematografica, grazie a un illuminante seminario sul potere espressivo del cinema, è all’origine della ricerca che ha dato vita a questo saggio.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2021
ISBN9791259600349
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    Anteprima del libro

    Cinema e nuove visioni - Sandra Telve

    BIBLIOGRAFIA

    Cinema e nuove visioni

    Sandra Telve

    Prefazione

    Questo volume ha il merito, e ancor più il coraggio, di uscire in un momento di estrema complessità e incertezza riguardo il futuro della sala cinematografica e a quello che sarà il suo ruolo nella società e, più nello specifico, negli ambiti della cultura e dell’intrattenimento. In tal senso, ragionare su quanto accadrà al sistema cinema nell’immediato avvenire non è soltanto un’azione di analisi dei dati, ma anche di interpretazione di questi e di proiezione (termine quanto mai opportuno) di intenti al fine di comprendere come poter preservare i valori del rapporto tra sala e spettatore.

    La storia dell’esperienza filmica ci insegna infatti che la sala è non solo il primo, ma anche il più autentico luogo immersivo in cui poter assistere alla visione di un’opera cinematografica. Uno spazio che restituisce al film e alla sua visione le dimensioni, fisiche ed estetiche, necessarie per poterne apprezzare appieno le molteplici qualità: narrative, compositive, sensoriali. È tale luogo a costruire inoltre, per il suo pubblico, la portata di una cerimonia rituale, di una consuetudine volta a diffonderne il culto tra coloro che vi si avvicinano per la prima volta. Come ricorda Sandra Telve, quando Pierre Sorlin parla di ‘forma di socializzazione atipica’ rileva innanzitutto la capacità dello spazio cinematografico di intessere rapporti, di sviluppare contiguità, di animare un sentimento di fidelizzazione anche in assenza di dialogo tra i suoi adepti. Un aspetto, questo, che ha fatto del buio della sala uno degli spazi più luminosi e illuminanti di sempre per ciò che concerne la capacità delle arti di sviluppare un ambito di comunicazione tra persone. E se la perdita di un ruolo primigenio nella visione dell’opera filmica è per la sala una questione ormai nota e pluridecennale (se ne parla almeno dai tempi dell’avvento dell’ homevideo), la centralità di questo spazio è, a ben vedere, ancora oggi (fatte salve le pandemiche condizioni di chiusura) un risultato confermato dai dati di frequenza in merito alle forme di intrattenimento. Un elemento non trascurabile in un momento storico in cui le possibilità di movimento e l’offerta rivolta al tempo libero sono ormai innumerevoli ed estremamente diversificate. Ma se un anno fa questi dati ci avrebbero portato a pensare che il ruolo occupato dalla sala cinematografica all’interno del nostro quotidiano non sia in discussione, a distanza di pochi mesi ci troviamo doverosamente ad osservare come questo spazio abbia assorbito in profondità le scosse telluriche prodotte dalla crisi pandemica, rilevando nell’immediato una fase stallo e per il futuro un moto di grande apprensione per quelle che potranno essere le conseguenze.

    Da una parte assistiamo dunque ad un rimodellamento costante e rutilante delle forme di intrattenimento che tende ad erodere lo spazio un tempo dedicato al cinema e al suo luogo d’elezione, la sala. Dall’altra, osserviamo come l’attuale condizione pandemica non solo crei fasi di impossibilità di accesso ai cinema, ma apra ineluttabilmente le porte ad un costante allargamento delle offerte di visione provenienti da piattaforme e cataloghi online, suggerendo implicitamente un nuovo modello di visione per il futuro prossimo. Quella della sala diviene allora una fase di estrema e assoluta incertezza.

    Sbaglieremmo tuttavia a pensare che il percorso sia segnato e che, da una fase oggettivamente complessa, non possa emergere in realtà un sentimento, quasi una necessità, che ci induca ad un ritorno al cinema con una attenzione e una costanza (una dedizione?) ancor maggiori che in passato. Se in questi mesi abbiamo assistito ad un inevitabile imporsi, quasi naturale date le condizioni, dei grandi network di distribuzione online (Netflix, Amazon, HBO su tutti), è altrettanto evidente come questo tipo di offerta sia volto a competere prima di tutto con i palinsesti televisivi, muovendosi inoltre all’interno di una dimensione di home entertainment e minando solo in parte l’interesse e la motivazione del pubblico delle sale. In tal senso, il continuo rinvio nell’uscita di film già pronti da mesi da parte dei grandi distributori mondiali non può che apparire come una implicita conferma di come sia proprio la sala cinematografica il destinatario ultimo, di maggior rilievo culturale ma anche economico, delle opere filmiche. Senza contare infine un aspetto sin qui poco sondato, ma sul quale iniziano ad arrivare i primi dati, ossia il grado di inquinamento in termini di co 2 e di consumo di suolo e risorse idriche prodotto dalla visione di filmati online: lo sfruttamento di beni naturali da parte di Internet è infatti notevolmente incrementato dall’uso ricorsivo di piattaforme quali Netflix, Youtube, Facebook, spezzando inoltre l’idea che la Rete possa rappresentare una forma di intrattenimento smart senza impatto sull’ambiente.

    Al di là di quelle che saranno le future sorti dell’universo online, il legame tra cinema e sala rappresenta comunque un’araba fenice che già in molte occasioni ha dimostrato di sapersi rialzare, reinventare. Se l’attuale condizione ce lo consentirà, è credibile prevedere che in breve tempo si assisterà ad un affiancamento sempre più marcato tra opere destinate prevalentemente all’ampia gamma di offerte online (blockbuster, serie tv, sit-com, fiction di intrattenimento etc.) e, dall’altro lato, ad opere filmiche che continueranno ad essere destinate in primis alla sala. Assecondando l’ipotesi avanzata da Ken Loach, potremmo dunque assistere ad un rilancio dei cinema monosala rispetto ai multiplex, ad un rinnovato interesse per quelle sale cinematografiche in cui ad essere distribuite sono in particolare opere di valore culturale, di rilievo sul piano estetico, ma soprattutto destinate a quel pubblico che non vuole rassegnarsi a ridimensionare il cinema alla mera grandezza di un francobollo domestico più o meno esteso (categoria, quest’ultima, che va dai telefoni cellulari sino agli schermi 75 pollici). In fin dei conti, un film visto in tv, o al computer, ricorda da vicino la condizione di un’opera pittorica mostrata in una rivista d’arte. Ben venga la sua riproduzione, come ha suggerito Walter Benjamin ormai quasi un secolo fa; prima o poi è tuttavia necessario poter vedere quell’opera in tutto il suo splendore e nelle sue condizioni d’origine. E se i cinema hanno fatto della riproducibilità tecnica il punto di scarto rispetto all’unicità delle opere pittoriche, è altrettanto vero che i cinema stessi si sono fatti al contempo custodi della possibilità di esperire dell’opera filmica osservandola nelle sue forme essenziali.

    Ecco allora che il volume di Sandra Telve ha il pregio di volerci restituire il senso di tale essenzialità incarnata dalla sala cinematografica. Qualità e principi quali i valori di aggregazione, di condivisione, di scambio culturale e sociale, di crescita personale, che la sala ha saputo sviluppare lungo il suo percorso storico divengono aspetti nodali dell’analisi qui condotta. Inoltre, questo volume riesce a restituirci la cartina di tornasole delle diverse tipologie di sala cinematografica esistenti, avallando l’idea che a funzionare siano in particolare quegli spazi di proiezione in cui ad essere diffusa è non solo l’idea di visione di un film, ma anche la capacità di creare un percorso virtuoso, in cui l’opera filmica dialoga a più livelli con il suo pubblico, inventando itinerari tematici, incentivando il confronto personale, diffondendo opere indipendenti altrimenti a rischio di invisibilità per il grande pubblico.

    Questo libro ci ricorda infine che il ruolo della sala può tornare ad essere quello di un riferimento culturale necessario, nonché quello di un motore di crescita sociale e di sviluppo per una forma di intrattenimento alta e in grado di accompagnare il proprio pubblico. A patto tuttavia di non pensare che il nuovo sia necessariamente più importante di ciò che nel tempo si è fatto tradizione e ha consolidato linee e modalità del pensiero, e ricordando come il cinema sia prima di tutto una forma d’arte e di comunicazione, tratti inconciliabili con la condivisione pigra e anestetizzata di buona parte dell’ home entertainment e delle attuali vite da social network.

    Denis Brotto

    Padova, gennaio 2021

    Introduzione

    L’oggetto della trattazione è la sala cinematografica e la sua capacità di resistenza al tempo e alle mode, anche con riferimento alla sala della comunità per la sua presenza capillare e longeva sul territorio italiano e il suo ruolo di presidio sociale e culturale. La sala conferma nel tempo la sua identità ambivalente come luogo di relazione e polo di diffusione del linguaggio e della cultura cinematografica. La sua unicità si fonda su due aspetti peculiari: la vocazione alla visione filmica in un’esperienza spazio-temporale di natura rituale, disciplinata e totalmente immersiva, come definita da Francesco Casetti nel saggio L’esperienza filmica. Una breve storia (2007), e la matrice sociale che consente di esperire una «forma di socializzazione atipica» come scrive Pierre Sorlin in Introduzione a una sociologia del cinema (2017) nel generare comunione pur in mancanza di contatto visivo, fisico o verbale. La ricerca nel campo dei media relativamente alle funzioni sociali, alle pratiche di fruizione e ai processi sociali e culturali che hanno caratterizzato la loro evoluzione, hanno enucleato gli elementi caratterizzanti la sala cinematografica di oggi: equilibrio, competenza e attenzione ai mutamenti sociali e ai comportamenti di consumo si sono dimostrati essere i coefficienti del modus operandi di una gestione sostenibile e resiliente. L’analisi dei dati di cui si avvale questo lavoro restituisce un quadro positivo almeno fino all’inizio del 2020 quando il fenomeno pandemico ha imposto limiti molto severi alle abitudini sociali, fino a precludere non solo il contatto ma anche la condivisione degli spazi al di fuori di un preciso distanziamento interpersonale. La pandemia del coronavirus ha generato uno stato di emergenza che ha paralizzato le attività non strettamente funzionali i bisogni primari, fra cui quelle legate all’intrattenimento, ponendo il mondo in una fase interlocutoria tuttora in sospeso. La solidarietà digitale si è rivelata l’unica misura immediata attuabile che ha contribuito ad accelerare l’innovazione dei servizi e delle soluzioni in ambito pubblico e privato. Non possiamo non tenerne conto ponendo l’attenzione anche a riflessioni su possibilità rinnovate: per i gestori delle sale una nuova ‘cassetta degli attrezzi’ che possa ancora garantire un futuro al cinema nella sua esperienza classica, non solo sulla rete.

    I contenuti si strutturano in tre capitoli nella costruzione di un percorso conoscitivo della sala cinematografica che inizia illustrando l’organizzazione formale del comparto cinematografico italiano, dalla Direzione Cinema del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MiBACT), fino alla frammentarietà delle associazioni che rappresentano produzione, distribuzione ed esercizio cinematografici; analizza poi le dinamiche e i limiti dell’offerta e della domanda di cinema all’interno del mercato italiano e globale alla luce dei comportamenti di consumo e delle nuove modalità di fruizione digitale dei prodotti filmici; si conclude spostando l’attenzione sul piano sociologico analizzando il ruolo che la sala riveste nella comunità e la minaccia latente della pirateria che sta compromettendo le potenzialità dell’intero settore audiovisivo.

    Infine presenta in appendice il caso studio sul Cinema G. Verdi quale evidenza di un modello socio-culturale di resilienza ed eccellenza a livello nazionale.

    Il primo capitolo pone al centro i dati positivi rilevati dalle recenti indagini condotte dall’Università Cattolica di Milano in collaborazione con ACEC e ANICA che confermano la sala come luogo elettivo per l’esperienza filmica anche fra le coorti dei più giovani, nonostante la diffusione dell’ on demand e la moltiplicazione delle possibilità di visione conseguente all’avvento delle nuove tecnologie. È la nuova multi-screen audience che definisce il fruitore di cinema del futuro come un consumatore misto, che sa trarre vantaggio dalla modernità senza confonderla con l’esperienza tradizionale del grande schermo, ma nutre anche aspettative maggiori rispetto ai contenuti a disposizione. Una nuova sfida per i gestori di sala che hanno dovuto mettere a punto nuove strategie di offerta per renderla complementare nella sua unicità più che competitiva: una carrellata di best practice presentate da due indagini itineranti svolte da giovani studiosi di cinema, l’una sul circuito di sale italiane, l’altra su quello europeo, presentano esperienze molto diverse ma accomunate dalla consapevolezza che la sala del futuro necessita di nuove modulazioni dello spazio e delle proposte volte a un incontro differenziato con il pubblico. Per l’Italia viene posto un focus sulla peculiarità delle Sale della Comunità (SdC) come realtà da sostenere e preservare nel loro ruolo di presidio sociale e culturale, capace di dialogo con il territorio tanto nei piccoli centri per supplire a un’offerta cinematografica a rischio di estinzione, quanto nelle periferie dei grandi agglomerati urbani per portare vitalità dove si verifica una domanda più urgente di cultura e relazioni.

    Il secondo capitolo, sulle dinamiche del mercato cinematografico, si apre con la critica al noto sbilanciamento fra produzione e distribuzione di cinema come freno alla manifestazione di opere sperimentali ed autori emergenti nonché privazione di un grande patrimonio culturale fatto di varietà e ricchezza di pensiero.

    I dati dimostrano come le grandi produzioni americane che rientrano in buona parte nella categoria di prodotti commerciali omologati, riescono a penetrare il mercato determinando incassi e presenze in misura di gran lunga maggiore rispetto a quelle di qualità e al cinema d’essai, che trovano di conseguenza scarso spazio e riscontro in sala.

    Un divario dovuto alle potenzialità economiche delle major, capaci di aggressive strategie di distribuzione e di marketing, contro le limitate risorse delle medie e piccole realtà che costituiscono l’industria del cinema italiano ed europeo non sufficientemente sostenuto dalle politiche di sussidio.

    Dalle criticità dell’offerta si passa all’approfondimento sulla domanda di cinema come scelta di consumo dei cinema goer italiani, a indagare perché ad esempio la Francia registra il doppio delle presenze al box office rispetto all’Italia e negli Stati Uniti, patria dello streaming, penetrazione e frequenza della sala sono anche maggiori.

    Una possibile chiave di lettura fa riferimento allo stile di vita e al comportamento di consumo degli italiani: pur confermandosi il cinema il primo fra gli intrattenimenti fuori casa, una larga maggioranza si limita ad un’esperienza occasionale volta a soddisfare un bisogno di svago, con una preferenza per la commedia, genere che accomuna peraltro tutte le fasce d’età.

    Un ruolo importante gioca la ‘domesticazione’ della visione che riguarda da un lato un’affezione ancora elevata per la tv

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