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1914. Scacchiera Veneziana
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1914. Scacchiera Veneziana
E-book223 pagine3 ore

1914. Scacchiera Veneziana

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Info su questo ebook

Ogni particolare risulta il frutto di una ricerca minuziosa durante la quale nulla è lasciato al caso, al punto che leggere l’opera può diventare un percorso di studio della Storia stessa. Con 1914. Scacchiera veneziana, Mario ci riporta indietro nel tempo fino ai mesi precedenti il Primo Conflitto Mondiale, dimostrando un’attenzione particolare per la fotografia, i luoghi, i paesaggi. Ma egli non è lo scrittore in grado di descrivere posti mai veduti. Mario, invece, descrive i posti che vive e vive i posti che descrive. 
Mario vide Venezia per la prima volta solo nel 2019, a gennaio, e rammento di averlo preso in giro per questo! Ma come? Io, inglese, conoscevo quella meraviglia italiana meglio di lui! Ricordo le telefonate di felicità mista a fanciullesco stupore. Mi chiamava spesso dalla Serenissima e sentivo il suo cuore che sprigionava sincera felicità ed emozione. Questo lo poteva comprendere solo uno che, come me, lo aveva conosciuto quando ancora portava le braghe corte.
– John Irving

Mario Catania è nato a Torino il 24 maggio 1973 ed è laureato in legge. 1914. Scacchiera veneziana è il suo decimo romanzo, ha precedentemente pubblicato, sempre con il Gruppo Albatros il Filo: La Scelta, Ricatto alla Chiesa, Tre Bravi Ragazzi, Il Mostro di Firenze. Una realtà oltre la Cassazione, C’è un alano dentro di me, Vi vedo al buio, Tutto sbagliato, Tenebre nella Chiesa, Mostro. Incubo senza fine. È curatore delle raccolte di racconti Giocare con le parole e Le ali di Pegaso. Dal 2017 è Presidente del Laboratorio di scrittura Labor, dal 2018 collabora con la Federazione Italiana Sport Equestri e dal 2020 è Direttore Culturale dell’Associazione Culturale A.L.C.E.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2021
ISBN9788830637276
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    1914. Scacchiera Veneziana - Mario Catania

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    Mario Catania

    1914. SCACCHIERA VENEZIANA

    Se l’Italia fosse rimasta neutrale?

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-3187-8

    I edizione gennaio 2021

    Finito di stampare nel mese di gennaio 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    1914. SCACCHIERA VENEZIANA

    Se l’Italia fosse rimasta neutrale?

    Questa è un’opera di pura fantasia. Tutti i personaggi e gli episodi, tranne che per occasionali riferimenti a situazioni pubbliche, sono immaginari e, da parte dell’autore, non vi è intenzione di alludere ad alcuna persona vivente o situazione realmente esistente.

    Dedico questo libro al mio grande amico Black che è volato in cielo.

    Prefazione

    di John Irving

    Qualche prefazione fa, qualche libro fa, qualche anno fa, decisi di classificare il genere inventato da Mario Catania come a metà tra il thriller e il noir. Oggi mi sento di sottoscrivere quella definizione. L’amico Mario, infatti, si è cimentato per la prima volta nella stesura di un romanzo storico senza, tuttavia, tralasciare le sue passioni. C’è chi lo critica per il fatto di descrivere quasi sempre nei suoi libri belle case, belle macchine e via dicendo, ma si tratta di un fatto abbastanza scontato per un cultore appassionato come lui. E da scrittore maniaco dei particolari qual è, e pur tornando indietro di un secolo tramite una accurata ricerca storica, non si smentisce nemmeno in 1914. Scacchiera veneziana mescolando sapientemente fantasy, thriller e noir, amalgamandoli con il dato storico puntualmente seguito e studiato negli accadimenti, oggetti, ambientazioni; il romanzo rappresenta, a mio parere, un quarto genere. Ogni particolare risulta il frutto di una ricerca minuziosa durante la quale nulla è lasciato al caso, al punto che leggere l’opera può diventare un percorso di studio della Storia stessa. Con 1914. Scacchiera veneziana, Mario ci riporta indietro nel tempo fino ai mesi precedenti il Primo Conflitto Mondiale, dimostrando un’attenzione particolare per la fotografia, i luoghi, i paesaggi. Ma egli non è lo scrittore in grado di descrivere posti mai veduti. Mario, invece, descrive i posti che vive e vive i posti che descrive.

    Mario vide Venezia per la prima volta solo nel 2019, a gennaio, e rammento di averlo preso in giro per questo! Ma come? Io, inglese, conoscevo quella meraviglia italiana meglio di lui! Ricordo le telefonate di felicità mista a fanciullesco stupore. Mi chiamava spesso dalla Serenissima e sentivo il suo cuore che sprigionava sincera felicità ed emozione. Questo lo poteva comprendere solo uno che, come me, lo aveva conosciuto quando ancora portava le braghe corte.

    Mario mi ha raccontato di aver iniziato a scrivere questo romanzo la prima notte trascorsa a Venezia, appena rincasato dal ristorante, avvolto dalla nebbia, nel piccolo appartamento affittato a Castello. Non aveva ancora terminato il precedente lavoro, Mostro, incubo senza fine, e contravvenendo alla sua disciplina consolidata, secondo la quale non avrebbe mai iniziato un lavoro senza prima aver completato il precedente, iniziò a scrivere. Dopo quel primo soggiorno, ritornò a Venezia altre volte, studiandola, visitandola e, come mi ha confessato, innamorandosene. Il genere fantasy è molto ampio e comunemente riporta il nostro pensiero a J.K. Rowling, l’autrice britannica dei romanzi di Harry Potter, ma in realtà comprende ogni genere che sia in grado di trasportare il lettore attraverso una realtà modificata, fantastica, diversa da quella davvero reale. Con 1914. Scacchiera veneziana, Mario ci propone dunque un romanzo che spazia dallo storico al thriller, al noir, finendo per diventare, nel suo complesso un fanta-thriller-noir storico. Paesaggi, luoghi, macchine, vestiti, carrozze, utensili e quant’altro sono accuratamente studiati e appartengono assolutamente al periodo storico compreso tra la fine del 1800 e la Prima Guerra Mondiale, così come lo sono alcuni dei personaggi la cui sorte, tuttavia, è stata modificata rispetto a quella che ci ha consegnato la Storia. Ecco, allora, che Mario inventa una Storia alternativa, immaginando un’Italia estranea ai due conflitti mondiali, un’isola felice nella quale tutta l’Europa ha trovato rifugio, soprattutto economico.

    Di formazione giuridica prima che letteraria, Mario ci ricorda che anche la guerra ha dei codici ed esiste un diritto bellico, inteso come l’insieme delle norme che disciplinano la condotta delle parti coinvolte. Nel mondo fantastico del romanzo, il pericolo della deriva fobica e omofoba del nazismo viene stroncato sul nascere, soffocato addirittura, ai tempi del Primo Conflitto Mondiale nel quale Mussolini e Hitler non si erano ancora eretti a protagonisti. Ma dal momento che la filosofia è, insieme, maestra e discepola della Storia, ecco che, a fare da corollario alla deriva ideologica del futuro Fuhrer e del futuro Duce fantasticamente fermata, vi sono le idee di Lantz, di D’Annunzio e di Nietzsche, non più strumentalizzate ai biechi fini di una ideologia di razza superiore.

    Nota

    La realtà che, come sappiamo, spesso supera la Fantasia può intrecciarsi con essa?

    Se consideriamo che certi avvenimenti i quali hanno cambiato la Storia sono stati questione di pochi attimi, di qualche centimetro e della buona o cattiva sorte, la risposta non può che essere affermativa.

    La mattina del 15 marzo del 44 a.C. Giulio Cesare uscì a piedi, senza scorta, dalla Domus Publica (poi Casa delle Vestali, sita al centro del Foro Romano) dove viveva.

    Era diretto alla sede provvisoria del Senato (in quel momento oggetto di ristrutturazione) collocata, ironia della sorte, nel Teatro di Pompeo (da lui inseguito fino in Egitto) e quindi nell’attuale Largo di Torre Argentina.

    Circa a metà strada, nell’odierna Piazza Venezia, gli venne sporto un biglietto che lo avvisava della congiura.

    Caio Giulio Cesare aveva seicento metri da percorrere e otto minuti di tempo ma, nonostante fosse stato supplicato di leggerlo subito, lo mise in mezzo alle carte che recava con sé.

    L’uomo che stava proprio al fianco di Hitler la mattina del 9 novembre 1923 a Monaco, nella piccola strettoia che dalla Hofbrauhaus portava verso la Residenz, venne ucciso dalla polizia bavarese. 

    Il Putsch come sappiamo fallì, ma Hitler sopravvisse.

    L’autore partendo da verità storiche, a volte sconosciute, più spesso dimenticate, le muta dando libero sfogo alla sua fantasia.

    È bello lasciarsi trasportare dagli eventi e provare ad immaginare come piccoli, apparentemente insignificanti, particolari avrebbero potuto cambiare la Storia.

    È successo nella realtà, perché negarcelo nella fantasia?

    Il fascino di Venezia, immaginata come bivio dei destini d’Europa, non lo scopriamo noi, ma è, come sempre, irresistibile.

    L’asse con Torino (a proposito che emozione scoprire che esistevano una Galleria Nazionale al posto di via Amendola e un Mercato Coperto sul sito del Conservatorio di Piazza Bodoni) e Sauze d’Oulx non ne modifica la centralità.

    L’ipotesi di un’Italia neutrale è compatibile con la Sua Storia Imperiale e la Sua posizione geografica?

    La funzione geopolitica della Penisola potrebbe assomigliare a quella della Svizzera?

    Domande retoriche la cui risposta all’autore non interessa.

    Il piano dell’azione è fantastico, nel senso letterale del termine, e porta la mente del lettore in uno spazio-temporale parallelo a quello reale.

    Siamo così sicuri che la realtà non avrebbe mai potuto essere quella immaginata dall’autore?

    Le nostre granitiche certezze e le nostre vite non sono state recentemente modificate da un nemico invisibile in un modo che praticamente nessuno si sarebbe immaginato?

    Codici di difficile lettura e poteri occulti condizionano le vite dei protagonisti.

    Ma alla fine il risultato è un’Italia isola felice.

    Quella che tutti vorrebbero.

    Mario Enrico Rossi. Notaio in Torino.

    Nota dell’autore

    Noterete, leggendo, come la parola Guerra sia a volte scritta maiuscola a volte minuscola. Non si tratta di errori ma di una precisa scelta. Quando parlo della guerra in generale uso il minuscolo ma quando i personaggi si riferiscono a quella Guerra, il Primo Conflitto Mondiale, ho deciso di scegliere la lettera maiuscola. Lo stesso vale per la parola Storia, maiuscola se intesa come il nostro passato ricostruito a mezzo di fonti e documenti. Per le stesse ragioni mi sono permesso, come sopra, un’ eccezione alla regola per la quale la lettera maiuscola si utilizza unicamente per la prima parola: Seconda guerra mondiale.

    I

    Trentun dicembre 1914, giovedì.

    Erano circa le sette di sera quando, chiusa la bottega, una figura biondo platino con un’elegante giacca di velluto avvolta nel tabarro di colore rosso, lungo fino al polpaccio, rientrava a palazzo. Era freddo e l’umidità che saliva dalla laguna ne aumentava la percezione. Venezia si preparava a festeggiare il Capodanno, cosa della quale ben poco importava a quell’uomo, ricco ma infelice. La casa d’aste Baracchi l’aveva creata dal nulla l’anziano padre Ciano partendo da una piccola bottega nella quale continuava a raccogliere francobolli e libri da ogni dove per rivenderli alla nobiltà veneziana, sua unica cliente. Chéco non amava passare le giornate in quel negozio, ragione per la quale a lui erano stati riservati i rapporti commerciali, più adatti al suo fare spavaldo. Il rampollo viveva con il padre in un palazzo che, nella facciata principale, misurava tre piani: era di proprietà della famiglia, nel sestiere del Dorsoduro. Il giovane, nonostante avesse abbondantemente passato la trentina, non aveva moglie ma solo passioni, il gioco degli scacchi rappresentava una vera e propria fissazione, seguito dalle donne e dal denaro.

    Chéco Baracchi era nato trentotto anni prima, il ventiquattro maggio 1876, un mercoledì: povero, molto povero, figlio di un cosiddetto industriante, un manovale senza alcuna specializzazione e di una donna che si occupava unicamente della casa. L’avevano conservata quella casa, nel sestiere Castello, un piano terra in una calle, casetta piccola e umile ma sempre rimasta loro nel cuore. La fortuna di quella famiglia era nata per caso; Ciano Baracchi, nella notte di capodanno del 1888, era tornato a casa dove lo aspettavano la moglie Gaspara e il loro unico figlio Chéco. Ciano era bagnato e sporco nei vestiti ma buttò sul tavolo della sala da pranzo imbandita per annunciare il nuovo anno, un foglio di carta con sopra stampigliato il Leone di San Marco fra le lettere A e Q.

    Ciano cosa ti è accaduto? Gaspara, vedendo rincasare il marito trafelato, chiuse immediatamente la porta trascinandolo verso il focolare che riscaldava la casa mentre l’uomo sembrava trovarsi in una sorta di stato euforico. Le abitazioni della Laguna erano costruite a mezzo di travi di legno conficcate nel terreno sulle teste dei quali, dopo averli pareggiati, venivano stesi uno o due ordini di tavoloni dello spessore di circa cinque centimetri sopra i quali venivano posizionate, successivamente, le fondazioni vere e proprie, perlopiù di pietra alla sommità delle quali si ergevano i muri dell’edificio. I pali di legno, conficcati fino a raggiungere uno strato di argilla e sabbia, non rimangono, quindi, a contatto con l’acqua al limite della quale si trova solo lo strato di pietra. I pali, al contrario, con l’umidità, non marciscono ma subiscono un processo di mineralizzazione che ne accresce la resistenza.

    L’abitazione era piccola ma dignitosa, il focolare era al centro di una minuscola zona giorno dove trovavano spazio anche un tavolone in legno con quattro sedie e uno scrittoio; in quella sera tutto era addobbato per ricevere il nuovo anno. Al centro della sala c’era l’albero di Natale, un abete decorato con frutta, fiori di carta e qualche candela da accendere solo alla mezzanotte.

    Padre, come state? anche il piccolo Chéco, vedendo il proprio padre tanto trafelato, si era spaventato.

    La fortuna ha bussato alla porta di questa casa! Ciano si trovava davvero in una sorta di stato euforico.

    Cosa dite? Gaspara era ansiosa di comprendere quanto il marito volesse significare.

    Quel foglio... dove lo avete messo? buttato l’occhio sul tavolo e non vedendo più il pezzo di carta, Ciano fu colto quasi da un attacco di panico.

    È qui, è qui!... L’ho solo spostato perché non bruciasse con la candela.

    La candela! Togli la candela dalla tavola! si alzò afferrando con due mani il pezzo di carta.

    Madre e figlio si guardarono stupiti.

    Sapete cos’è questo? mostrava il foglio asciutto come un trofeo.

    Gaspara e Chéco si guardavano interdetti.

    Questo è, in assoluto, la prima idea di francobollo della storia! Sì, sembra un pezzo di carta... È un pezzo di carta!... Ma non un pezzo di carta qualsiasi. Vedete? In mezzo a queste due lettere c’è il Leone di San Marco. Hai messo fuori le birre?

    Sì!

    Me ne porti una, Chéco? Ho sete.

    Ma siete zuppo, padre. Non sarebbe meglio un buon bicchiere di vino?

    Sono assetato!

    Gaspara aprì la porta sul retro, una porta finestra in ferro che dava sul rio posteriore, per prendere una bottiglia con etichetta azzurra raffigurante una bandiera e recante la scritta Birra Venezia.

    I Biliotti! Nati più poveri di noi e diventati ricchi con la birra! Ciano si riferiva ai produttori della birra, la ditta Biliotti, nata nel 1835 in zona santa Chiara, che avevano dato vita al marchio Birra Venezia.

    Un bicchiere!

    Subito padre.

    Chéco prese, dalla credenza, un antico bicchiere in alluminio da tascapane militare, era piccolo ma Ciano amava bere la birra ghiacciata in quel calice. In inverno era sufficiente lasciare la bevanda fuori che temperatura e umidità facevano da sole mentre in estate, quando l’unico modo per rinfrescarle era il ghiaccio, preferiva dissetarsi col vino rosso a temperatura ambiente.

    Siamo ricchi! Questo pezzo di carta può valere più di cinquecento mila lire!

    Madre e figlio si guardarono basiti.

    Dove lo avete trovato? Chéco si rivolgeva al padre con la prima domanda che gli usciva dalla bocca.

    Era in acqua nel rivo dell’Arsenal rispose facendo un sorso unico del calice.

    Ma quella fondamenta è buia e il rivo ancor di più. Come avete fatto a vederlo? il figlio, ancorché molto giovane, poneva delle domande estremamente sensate.

    E tu che ne sai? Non ti è concesso di uscire quando cala il sole!

    È la strada che faccio per rincasare quando mi fermo a mangiare da Lorenzo, dopo la scuola, il mercoledì quando madre rincasa alle quattro perché va a fare le pulizie nella Ca’. Alle tre e mezza è già tutta buia in inverno. Il fanciullo, dodici anni, rispondeva in sincerità.

    Bene. Io l’ho visto! È meglio per tutta la famiglia che lo abbia visto perché questo pezzo di carta cambierà la nostra vita. Sono finiti i sacrifici, niente più privazioni. Da domani i Baracchi sono dei signori! l’uomo parlava come in preda ad una sorta di delirio di onnipotenza, era ancora completamente bagnato anche se il calore del fuoco, lentamente, sembrava asciugarlo. Moglie e figlio erano quantomeno perplessi, si guardavano attoniti.

    Chéco ha ragione. Rivo dell’Arsenal è buio. Come avete fatto a vedere questo pezzo di carta? E poi perché non è zuppo? anche Gaspara sembrava incredula.

    Come non è zuppo? Non è bagnato, forse? Ciano si alzò battendo i pugni sulla tavola imbandita.

    Via padre, è festa! Non questioniamo. Il giovane Chéco era comunque molto più maturo dell’età che portava. Nascere umile e non nella bambagia aiuta a maturare velocemente.

    Io non questiono! Io bado al futuro della mia famiglia! Dopo anni di magra ci è caduta in mano questa fortuna. Ebbe come un brivido, il focolare domestico riscaldava la stanza ma i vestiti bagnati che ancora portava indosso non contribuivano a farlo stare bene.

    Vino! … Mi devo riscaldare.

    Alzo il fuoco.

    Sì! Alza il fuoco ma datemi un calice di vino!

    L’albero di Natale, il focolare, la tavola imbandita scaldavano l’atmosfera di quella stanza che rappresentava il cuore della piccola casa. Lì si svolgeva la vita quotidiana dove Chéco trascriveva i

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