Il giro d'Echifulawou
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Anteprima del libro
Il giro d'Echifulawou - Giorgio Moles
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Cap 0/prologo: Come tutto ebbe inizio
Narratore: sconosciuto, egli ci narra l’inizio dell’universo
Ogni storia ha un inizio, ma io sono qui per narrarvi l’inizio dell’universo secondo la scienza un tempo non c’era niente, un giorno ci fu un’esplosione che creò tutto, ma questa teoria va contro una delle leggi della scienza, nulla si crea nulla si distrugge, tutto si modifica.
Non è possibile scoprire come iniziò, perché ciò che c’è ora un tempo era diverso, un tempo lo spazio non era vuoto, era riempito da migliaia di miliardi di atomi, un giorno essi si mossero e crearono la prima divinità, essa aveva la capacità d’assemblare gl’atomi, dargli forma e vita.
Egli si mise a riempire l’universo con stelle, pianeti, asteroidi ma per errore generò anche il primo demone, doveva occuparsi di questo suo errore però non voleva lasciare le sue opere incompiute perciò decise di generare una nuova creatura e di donarle le sue capacità, decise che questa creatura divina sarebbe stata piccola, con lunghi capelli, pelle chiarissima, orecchie a punta e quattro grandi ali, infine decise di darle il nome di Brixtey, essa sarebbe stata la regina delle fate.
Essa prese dimora s’uno dei pianeti generati dalla divinità, avendo i suoi stessi poteri si mise a formare la vegetazione, fiori, piante, arbusti ed alberi, infine siccome si sentiva sola decise di generare altre fate però la divinità non le aveva dato la capacità di rendere le sue opere immortali.
La regina delle fate doveva trovare una soluzione perciò decise di formare un ciclo della vita, le fate sarebbero nate dai fiori, ed alla loro morte si sarebbe trasformate in fiori che alla loro morte sarebbero tornati ad essere fate; tutto andava bene fino a quando colui che decide fece nascere una fata di sesso maschile che venne chiamato Usturkt.
Egli crebbe insieme alle fate ma lui all’interno era nero, il suo spirito era maligno, egli divenne un ingannatore, la regina delle fate dovette cacciarlo dal suo regno, egli scoprì d’avere il potere della formazione e decise di nominarsi re dei puck e formò il suo regno; fate e puck vivevano in lontananza, ognuno ignorava l’altro finché i secondi non iniziarono a fabbricare armi dopodiché mossero guerra verso le prime.
Da quel giorno in poi iniziarono guerra, fame, distruzione; al posto dell’armonia regnava il caos, la morte ricoprì il pianeta, fino a quando dal cielo non cadde un enorme asteroide, le fate lo scavarono e venne avvolte dalla magia, grazie ad essa loro riuscirono a vincere la guerra contro i puck e li esiliarono nelle fitte foreste.
Il regno delle fate era tornato a prosperare e nel corso degl’anni si dimenticarono dei puck ma al contrario loro non s’erano dimenticati anzi, dal giorno della loro sconfitta essi stavano elaborando un piano per prendersi la loro rivincita; un giorno una fata s’addentrò in una delle foreste abitate dai puck, essi la catturarono ed iniziarono ad effettuare degl’esperimenti per riuscire ad impossessarsi della magia.
Qualcosa andò storto, la fata ed il puck che stava svolgendo gl’esperimenti vennero trasformati, essi diventarono molto più grandi, persero le ali e le loro orecchi s’arrotondarono, da quel momento in poi le creature che abitavano il pianeta iniziarono ad aumentare, alcune formate da colui che decide, altre formate da creature, a volte per errore, altre per propria decisione, si formarono alleanze, rivalità, amicizie, tutto ciò portò a guerre, costruzioni di città, tante cose bone ma anche tante cose cattive.
Capitolo 1: Il mio destino
Narratore: Gordork Squarciàlbéri, ci narra l’inizio della sua avventura
Oggi voglio raccontarvi la mia storia, che sbadato, prima devo presentarmi; io sono Gordork Squarciàlbéri e sono un babau, no fermi, fermi, non scappate, noi babau non siamo come ci descrivete voi, adesso v’illustro come siamo realmente.
Per prima cosa descrivo il nostro aspetto, siamo bassi, abbiamo la pelle grigiastra, le nostre orecchie sono a punta, i nostri piedi sono molto grandi, abbiamo lunghe unghie, una coda come quella dei rettili e le corna; adesso vi parlo del nostro carattere, siamo tranquilli, timidi ma socievoli, non ci divertiamo a spaventare le altre creature ma tutti hanno paura del nostro aspetto, appena ci vedono scappano, viviamo a contatto nella natura, nella foresta d’Ohiannanke, costruiamo le nostre case all’interno di alberi giganti.
Adesso che vi ho parlato della mia gente vorrei parlarvi un po’ di me sono appena entrato nell’età adulta, siccome noi babau viviamo all’incirca duecento anni io ne ho quaranta, ho i capelli rossi corti con un po’ di cresta ed ho dei piccoli baffetti anch’essi rossi, ed ho gl’occhi azzurri; mi sono dimenticato di dirvi che noi babau ci chiamiamo col lavoro che facciamo, io mi chiamo Squarciàlbéri poiché faccio il taglialegna, ma basta descrivere, voi siete qui per scoprire la mia avventura, adesso ve la narro.
Era una giornata tranquilla, come tante altre, stavo tornando a casa dopo aver finito di lavorare, raccolsi il giornale lasciatomi davanti alla porta da Peppe Consegnanotizie, aprii la porta e notai che l’appendi abiti era a terra, ipotizzai d’averlo urtato nell’uscire di casa, lo sistemai ed andai a farmi la doccia, dopodiché mi misi ciabatte ed accappatoio e mi sedetti sulla poltrona a leggere il giornale, poco dopo qualcuno mi chiese