La Fattoria dei Goblin - Un'Allegra e Scatenata Combriccola: Un'Allegra e Scatenata Combriccola
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Recensioni su La Fattoria dei Goblin - Un'Allegra e Scatenata Combriccola
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Anteprima del libro
La Fattoria dei Goblin - Un'Allegra e Scatenata Combriccola - Stefano Gazzaniga
PROLOGO
In una caverna sotto terra viveva un goblin, o meglio più di uno. Non era una caverna bella, pulita, arieggiata, piena di belle cose e profumata, e neanche una caverna calda, arredata, accogliente, con dentro mobilio o ottime pietanze: era una caverna goblin, cioè terribile, brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido.¹
Come ogni notte proveniva un gran vociare dalla radura al centro del bosco. Non vi era notte da qualche mese, che nelle vicine fattorie non giungessero grida e voci stridule. I grandi ne erano preoccupati e i piccoli spaventati. Si raccontavano strane storie relative a quei rumori. Inizialmente si pensava fossero degli animali selvaggi provenienti dal sud. Alcuni uomini coraggiosi, per quanto possano esserlo dei contadini e degli allevatori, si erano avvicinati a quei luoghi nelle ore diurne. Ma questi tornavano sempre con qualche strana storia su spaventosi esseri demoniaci, che avevano invaso le vecchie rovine al centro del bosco. Alcuni raccontavano di spettri, altri di folletti e delle loro risate malefiche, alcuni di cani che correvano sulle zampe posteriori e di rane dalla lingua lunga quanto il braccio di un uomo adulto. Qualcun altro giurava di aver visto conigli giganteschi dagli occhi rossi e interi roveti che si muovevano rapidi come volpi. E le dicerie proseguivano arrivando fino a mostri sputafuoco, c’era chi parlava di strane creature senza occhi, di scheletri e addirittura di un blob parlante.
Dopo circa un mese le paure divennero ancora più concrete. Un anziano saggio non vedente, sentiti i pareri degli abitanti del villaggio, non poté fare a meno di sentenziare che si trattasse di un portale demoniaco. Secondo lui queste creature erano l’avanguardia di un esercito che li avrebbe invasi, sterminando e schiavizzando ogni essere vivente, impadronendosi del loro mondo. La voce si sparse veloce come il vento nelle pianure di Ners e nessuno aveva più il coraggio di avvicinarsi alle rovine. Chi già lo aveva fatto non voleva più tornarci, sicuro di ciò che aveva visto, e le voci dell’avanguardia dei demoni davano un senso a tutti gli avvistamenti di strane creature di chi, coraggiosamente, si era addentrato nel bosco.
Ai bambini veniva vietato di avvicinarsi agli alberi, raccontandogli storie di mostri e demoni mangia uomini. Nessuno si azzardava più a fare legna, e le genti preoccupate decisero di andare a chiedere aiuto all’unica grossa cittadella che sorgeva nelle vicinanze. Il regnante della cittadella non volle credere a quelle dicerie e li cacciò malamente, apostrofandoli con insulti e deridendoli per la loro fervida fantasia e codardia. I popolani non sapevano a chi chiedere aiuto non avendo un signore a cui rivolgersi. Non erano mercanti né combattenti, erano una piccola comunità vicina al limitare del bosco che produceva ciò che necessitava per sopravvivere. Il commercio era assente, si scambiavano qualche bene fra di loro barattandolo, e se avevano qualche moneta la utilizzavano come cimelio, poteva essere un ricordo di un passato viaggio in città, un regalo di un lontano parente in visita o un ritrovamento fortuito sotto terra.
La notte che tornarono dalla vicina cittadella accadde qualcosa di terrificante. Gli uomini si erano riuniti per discutere degli sviluppi della loro richiesta di aiuto. Sconsolati e senza nuove idee, mossi dalla disperazione, decisero che l’indomani tutti gli uomini con più di quattordici inverni e meno di sessanta sarebbero andati alle rovine e affrontato le loro paure. Sembrava l’unica soluzione, non potevano vivere nel terrore attendendo la fine del mondo. Appena rientrarono nelle loro case il vociare era stranamente basso, sembrava un buon presagio per il giorno seguente. Nel cuore della notte però si udì un’esplosione e un lampo di luce, seguito dalle solite grida stridule ma ancor più forti e terrificanti del solito. Tutti si riversarono fuori dalle proprie case, assistendo con sgomento a quello spettacolo apocalittico. Era tutto chiaro, erano stati degli sciocchi. I demoni avevano occhi e orecchie dappertutto. Quella dimostazione di forza era un avvertimento per aver provato a fermare il loro piano di invasione. Venne deciso di non parlare mai più dei demoni. Erano stati avvertiti una volta, quelle creature non li avrebbero graziati una seconda. Ciò che dicevano gli anziani era allarmante. Avrebbero prima rapito i loro figli più piccoli per mangiarli e le loro figlie per la loro progenie demoniaca. Spaventati per i loro cari, decisero di non fare più nulla per allarmare i demoni, sperando magari di avere salva la vita, anche se questa era davvero una remota ipotesi. E fu così che nelle fattorie e nei campi vicini al bosco la vita tornò alla normalità. I contadini e gli allevatori rincasavano al calare del sole per uscire solo all’alba. Tutti si munirono di pesanti tende alle finestre così da schermare i rumori e la grande luce che tutte le notti proveniva dal bosco. Per un paio di mesi la vita riprese tranquilla. I contadini ricominciarono con le faccende di tutti i giorni come di consueto, sapendo in cuor loro che qualcosa di terribile sarebbe giunto dal bosco e li avrebbe spazzati via. Tutti dovevano morire un giorno, inermi, decisero così di aspettare la fine trascorrendo come avevano sempre fatto per generazioni, la loro monotona e tranquilla vita quotidiana.
1. LIBERTA’
Per la prima volta proveniva un gran vociare dalla radura al centro del bosco. Quel luogo incantevole e pacifico sembrava essersi svegliato di cattivo umore, come se tante piccole mosche avessero disturbato il suo sonno. Effettivamente quelle strane creature erano delle dimensioni di una mosca per il bosco ed erano abbastanza per essere uno sciame, 88. Quei piccoli insetti erano rapidi, rumorosi e infestanti proprio come le mosche, a differenza della totale assenza di ali e dalla pelle verdognola. Non ronzavano ma emettevano gridolini fastidiosi. Si erano insediati il giorno precedente nella radura al centro del bosco, proprio dove sorgevano le antiche rovine e la notte si erano risvegliate facendo un gran baccano.
Compagni!
il silenzio si placò. Un goblin alto più di un metro e talmente grasso, che la pancia gli strabordava dalle vesti, aveva interrotto il silenzio. Era stravaccato su un giaciglio di paglia nella piccola grotta che stava sotto le rovine. Al suo fianco una goblin dalle lunghe orecchie lo imboccava con piccoli pezzi di carne, a sua volta affiancata da un altro suo simile armato di lancia che si faceva aria con la coda, una vera stranezza anche per un goblin. Il tempo dell’oppressione è terminato! Il tempo della fatica è finito! Noi siamo fuggiti dalle grinfie dei nostri padroni! È ora di pensare a noi stessi! È ora di vivere davvero la vita! Siamo liberi!
esclamò allungando il braccio destro di fronte a sé con la mano chiusa a pugno. Un’ovazione fece fremere le pareti della grotta sovraffollata. Nel silenzio del bosco gli animali si agitarono, anche nelle case più vicine al di fuori della foresta, si udirono le grida. Siamo noi ora i padroni! I padroni di noi stessi!
seguirono altre grida di gioia. "Ma da grandi poteri, derivano grandi responsabilità…² da domani, tutti noi dovremo contribuire alla creazione di un mondo migliore, per noi e per nessun altro! Non per i nostri figli, non per i nostri nipoti, non per i bisognosi! Solo per noi! Ma tutto ciò solo domani, oggi noi festeggiamo! e le grida ripresero. Tutti gli 88 goblin fecero del loro peggio per divertirsi e fare casino. C’era chi utilizzava dei rottami per suonarli come fossero una batteria, chi stonava³ canzoni stridule, chi parlava di cosa avrebbe fatto essendo finalmente libero dall’oppressione dei precedenti padroni e c’era chi giocava a dadi. Il gioco d’azzardo e l’euforia del momento, assieme all’animo
giocoso" e non proprio nobile dei goblin, li portò inevitabilmente a truffare e a litigare. Quando i toni si fecero più accesi scoppiò anche una rissa tra l’ilarità generale, che terminò