Mithra: Deus Sol Invictus
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Il primo aspetto è la storia del simbolo, vale a dire il contesto originario da cui questa simbologia trae origine e i mutamenti nel modo di intenderla che costituiscono la naturale conseguenza della sua trasmissione culturale,
Il secondo aspetto della nostra indagine si focalizza su una visione del simbolo come presenza viva, fuori dal tempo, e sulla ragione del suo perdurare nei secoli mantenendo inalterata la capacità di generare significati.
Vi sono insospettate analogie tra il culto di Mithra e il Cristianesimo che conosciamo oggi. Approfondire la conoscenza di questa antica religione.
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Anteprima del libro
Mithra - Alessandra Piccinini
autori
Copertina
Marco Bragaglia è un artista/regista che si divide tra la regia teatrale e cinematografica, l’arte figurativa e la comunicazione pubblicitaria .
Laureato in pittura con il massimo dei voti allʼAccademia di belle Arti, ha iniziato da giovanissimo a partecipare a mostre d’arte e festival di cinema, distinguendosi da subito per capaci-tà ed estro.
E’ stato allievo del maestro americano d’arte contemporanea Allan Kaprow.
Nella sua carriera, più che trentennale, ha curato la regia di spettacoli teatrali, sfilate di moda, spot televisivi, cortometraggi e documentari, ed ha partecipato a numerose mostre di arte contemporanea in Italia e all’estero vincendo prestigiosi premi come l’edizione 1998 del Premio Marche -Biennale di Arte Contemporanea
di Ancona.
Oggi ha fondato la Inkal Comunicazione e continua con successo a lavorare a numerosi progetti creativi.
Introduzione
Due autori decidono un’avventura comune che darà inizio a un sodalizio, anche futuro, dedicandosi a un’impresa veramente impegnativa, un saggio su Mithra.
Sarà un lungo lavoro di studio e ricerca, per evitare di cadere nel banale o peggio, nel dejà vu.
Ci vorranno mesi di studio e la nostra curiosità potrà portarci a rivedere parti o addirittura a riscriverle di sana pianta.
L’argomento non è semplice, siamo consapevoli del rischio, anche perché non siamo i primi e non saremo gli ultimi a misurarci. Probabilmente non saremo esaustivi, ma affronteremo l’argomento con rigore e anche con grande entusiasmo.
Ringraziamo il nostro editore, Mauro Garbuglia, e le Edizioni Nisroch per la rinnovata fiducia accordataci e vi auguriamo una buona lettura.
Alessandra Piccinini e Maurizio Antonio De Pascalis
1. Mithra tra filosofia e religione
Per molti anni il mitraismo è rimasto fuori dall’interesse culturale sud europeo e italiano.
Nel nostro Paese l’interesse per Mithra è dovuto soprattutto all’opera di Ugo Bianchi [1] e della cosiddetta «scuola italiana», il cui contributo è stato particolarmente rilevante sul tema della natura dei misteri, specialmente negli ultimi decenni.
A lui si deve forse lo sforzo più intenso e meticoloso di categorizzare il mitraismo nel contesto dei culti misterici e della religione antica.
L'intento essenziale dei suoi studi è quello di valutare il culto nel quadro dei culti e degli dèi coevi al fine di evidenziare gli aspetti che lo accomunano e quelli che lo differenziano da essi, per caratterizzarne meglio la specifica natura.
L'obbiettivo di Bianchi è stato quello di definire il mitraismo il più accuratamente possibile nel quadro di riferimento e di una tipologia delle religioni dell'antichità come «mistiche», «misteriche» o «misteriosofiche», esplorando la peculiare «vicissitudine» (storia) del dio oggetto il culto in rapporto alla umana vicissitudine di iniziazione, salvezza e ascensione cosmica.
Fondamentale è anche l’apporto di Robert Turcan (1929-2018), che, nel suo corposo " Recherches Mitriatiques" [2] esamina, oltre all’aspetto religioso, anche quello filosofico di Mithra, con l’ellenizzazione del culto, in particolare lo stretto rapporto che ebbe con gli insegnamenti platonici e con quelli misterici, e ancora con le concezioni stoiche e neo stoiche.
Nel mitraismo esiste un rilevante profilo astrologico, in particolare nella tauromachia (la scena dell’uccisione del toro) presente in tutti i mitrei.
Alex Von Pronay nel suo libro del 1991, " Un antico culto misterico tra religione e astrologia" [3] si è focalizzato proprio sugli aspetti astrologici della tauromachia, sui quali torneremo più avanti.
In questo libro cercheremo di comprendere l’essenza - o le essenze - del mitraismo, religione ancora in parte misteriosa, e indagheremo sulla simbologia mitraica sotto due profili, che vanno tenuti nettamente distinti ma che riteniamo entrambi ugualmente imprescindibili.
Il primo aspetto è la storia del simbolo, vale a dire il contesto originario da cui questa simbologia trae origine e i mutamenti nel modo di intenderla che costituiscono la naturale conseguenza della sua trasmissione culturale, proprio perché ogni cultura agisce al tempo stesso come una lente e come un filtro: talvolta permette di vedere meglio
la funzione del simbolo, altre volte ne distorce l’immagine. Lo stesso vale per i sistemi interpretativi: occorre infatti riconoscere che più il sistema interpretativo è strutturato e potente, tale da poter spiegare tutto
, più è alto il rischio che, in realtà, il sistema non spieghi nulla, ma piuttosto tenda a usare il simbolo per parlare di se stesso.
È dunque essenziale indagare sull’intenzione originaria che ha dato vita al simbolo, ed è altrettanto essenziale farlo nella consapevolezza che ognuno degli incontri con le culture che il simbolo ha attraversato è unico e prezioso e ha la sua interpretazione, di volta in volta diversa, fino a che arriva il nostro turno di danzare
col simbolo e con la nostra interpretazione, che è, appunto, nostra
, ma non per questo meno importante.
Il problema si pone, semmai, quando si cerca di accreditare la propria interpretazione senza riconoscere di essere inseriti in un sistema culturale che, inevitabilmente, la permea.
Nel fare ciò, non solo si dà una lettura inevitabilmente errata del significato originario, ma si perde anche l’occasione, forse più importante, quella che si rivela in tutta la sua potenza quando si è avuto il coraggio di sgombrare il campo dalla pretesa di trovare a tutti i costi un unico significato, spacciandolo per quello originario: parliamo dell’occasione di introspezione, sempre unica e irripetibile, che sta nell’approccio diretto e individuale col simbolo, nei significati che da esso scaturiscono spontaneamente.
Il secondo aspetto della nostra indagine si focalizza su una visione del simbolo come presenza viva, fuori dal tempo, e indaga la ragione del suo perdurare nei secoli mantenendo inalterata la capacità di generare significati. Ecco allora che per comprendere la natura del simbolo occorre osservarlo e lasciarlo in vita, essendo lo stesso un sigillo di unione tra immaginazione e concretezza. Se, infatti, un simbolo ci attrae, pur provenendo da una cultura diversa e lontana, è perché in noi c'è qualcosa pronto ad accoglierlo; in caso contrario, un simbolo non funzionerebbe
. Talvolta, osserva Francesco Boer [4], i simboli sono come sorgenti, che a un certo punto della storia si prosciugano e all’apparenza scompaiono, ma, in realtà, continuano a esistere, come fiumi carsici continuano a scorrere sotto la superficie della storia per poi riemergere a valle degli anni e tornare a sgorgare significato.
Tale significato, e qui sta il loro potere archetipico, è sempre lo stesso, ma al tempo stesso è anche completamente nuovo, perché nuovo è il contesto culturale con cui essi interagiscono.
Questa seconda prospettiva, a nostro avviso, dice molto sul fascino del mitraismo.
Essendo una religione misterica di iniziazione, al pari dei Misteri Eleusini, il mitraismo non diede luogo alla diffusione di un corpo di scritture rivelate e anche i suoi rituali erano tenuti segreti e riservati agli iniziati.
Le scarne informazioni scritte di cui disponiamo provengono da scrittori cristiani o comunque non aderenti al mitraismo, oppure sono frutto dell'applicazione ipotetica al mitraismo di notizie sul dio Mithra provenienti dallo zoroastrismo.
Il mitraismo è documentato soprattutto dalle scoperte archeologiche, iconografiche ed epigrafiche dei suoi templi, i mitrei, risalenti al tardo Impero Romano.
San Girolamo descrive i sette gradi dell'iniziazione mitraica ( epistola CVII,2 ad Laetam).
Tertulliano (150- 230 d.C.) riferisce che l'iniziato veniva segnato in fronte come Soldato di Mithra
( De Praescriptione haereticorum, 40) e che agli adepti venivano prescritte abluzioni purificatorie, simili al battesimo cristiano ( De baptismo, 5).
Il contenuto dottrinale del mitraismo, quindi, è quasi esclusivamente il prodotto di interpretazioni moderne.
Nei primi decenni del XX secolo è stata accolta universalmente la ricostruzione di Franz Cumont [5] (di cui parleremo anche più avanti), non sono tuttavia mancate interpretazioni sostanzialmente diverse, alcune delle quali del tutto originali, in particolare dopo la ripresa degli studi mitraici negli anni Settanta.
http://francescoboer.com
[1] Giovanni Casadio, Ugo Bianchi, Una vita per la storia delle religioni, Il Calamo, 2002; Ugo Bianchi, Atti del seminario internazionale sulla specificità storico religiosa dei misteri di Mithra Roma, 28-31 marzo1978, EPRO, 1980; The religio-hystorical question of the Mysterys of Mithra, 1, 67, parte prima; Misteria Mitrae, 1978.
[2] Parigi, 2016.
[3] Edizione Italiana a cura di Nardini, 1994.
[4] F. Boer, Introduzione alla simbolo gia (corso), 20.10.2020.
[5] F.Cumont, Textes et monuments figurés relatifs aux Mystères de Mithra, I-II, Bruxelles, 1896- 1899; Les mystères de Mithra, Bruxeles, 1913
2. Le origini del culto di Mithra
Fin dal 1800, gli studi linguistici, mitologici e delle religioni, di popoli come i Celti, i Germani, i Latini, i Greci, gli Iranici e gli indo Ari hanno consentito la conoscenza di affinità linguistiche tra i vari popoli e anche di trovare similitudini mitico-rituali nei rispettivi corredi religiosi.
Si tratta di ricerche talvolta orientate ideologicamente, basate su preconcetti, e tese a costruire una sociologia del mito
, che, comunque, non costituiscono oggetto del nostro lavoro.
Ben poco conosciamo sull'origine dei culti e su quali fossero le loro basi. Soprattutto, non sappiamo se davvero sia mai esistita una base comune.
Allo stato, si può senz’altro dire che nel tempo si è passati dal politeismo a forme enoteistiche o dualistiche, fino al monoteismo.
È indubitabile, comunque, che esistano alcune similitudini religiose riscontrabili anche in culture geograficamente molto distanti tra loro.
Abbiamo ad esempio un simbolo religioso che compare nei popoli cosiddetti indoeuropei, vale a dire la dea Madre con più mammelle e seduta, che rappresenta progenitrice unica del mondo. Questa statuina è presente anche nelle culture italiche degli etruschi e dei Romani, così come dei Sanniti.
immagine 1Quando parliamo di dio, scopriamo che questa parola, come afferma Stefano Arcella nel suo Il Dio Splendente [1] , indica il radicale indoeuropeo deiwas, cielo, che è stato identificato nei termini che indicano il Dio: latino Deus, sanscrito Deva, iranico Div, lituano Dievas, Germanico Tivar. Il Dio del cielo è il Padre, Indiano Dyauspitar, Greco Zeus, il Latino Juppiter e l’Illirico Daipatures.
Un buon numero di dei si identifica con il Tuono, poi, in epoca indoeuropea medio-tarda, il Dio del Cielo è sostituito dal Dio della Tempesta.
Anche al Fuoco si riconosce un’origine divina. Con vari nomi a seconda dei popoli, è riconosciuta la sua sacralità. In lingua Vedica è Agni, l’ Ignis romano o lo slavo Igni.
Sicuramente per molti popoli un dio importante in quanto portatore di vita e benessere era il Disco Solare: il vedico Surya, il greco Helios, il germanico Sauil e lo slavo Solcne.
La sacralità riconosciuta al sole, e conseguentemente il simbolismo solare, sono stati i più resistenti all’avanzata delle altre religioni, come il cristianesimo. Dal punto di vista delle manifestazioni del sacro, peraltro, la ricorrenza di figure sacre o simboliche simili in culture diverse non significa necessariamente che tali culture abbiano un'origine comune, o che alcune di esse si siano appropriate
dei simboli di altre.
Secondo Francesco Boer [2] , che abbiamo già citato per esplicare qual è il nostro approccio, i simboli " non appartengono a nessuno. Le diverse culture li raccolgono, li dipingono, li raccontano nei propri miti, li vivono nei riti e anche nella vita di tutti i giorni. Ceti e gruppi sociali possono impiegarli come un centro attorno a cui cristallizzare un'identità di gruppo. Nessuno, però, possiede il simbolo in sé".
Questo perché il simbolo ha natura archetipica, è espressione universale della creatività umana, e se tra simboli vi è affinità, è perché la mente umana risponde in maniera simile alle medesime circostanze della vita. Ciò avviene anche quando il simbolo si trasmette da una cultura all'altra, mutando (solo) all'apparenza, il proprio significato.
Riguardo all’epoca arcaica del culto di Mithra, non esistono molti testi da cui attingere informazioni. Il più antico documento scritto che ci sia pervenuto è la tavoletta di Boghaz Koi, che si fa risalire al 1400-1300 a.C. (dove è presente il nome Mitra) [3]. La divinità compare, con il nome Mitra, nel pantheon indù, e in particolare nella tradizione arcaica dei libri sacri denominati Veda [4], dove rappresenta il reggente di un mondo perfetto delle origini ormai perduto, protettore dell'Ordine Universale insieme al dio Varuna [5] . Nel Rig-Veda (III, 59) Mithra è definito colui che fa pagare i debiti agli uomini.
Volendo semplificare al massimo il ruolo della divinità nel pensiero filosofico religioso indiano, possiamo dire che ivi bene e male sono la cosmogonia ricorrente: troviamo dunque questa unione degli opposti tra Varuna e Mithra, custodi del regolare ritmo del cosmo, lo ṛtá, che è la norma universale della vita cosmica e anche dell’operare dell’uomo.
Entrambi regnano sul mondo visibile e invisibile: Mithra è il dio benevolo, giuridico e sacerdotale. Tutela i rapporti tra gli uomini e dei loro patti solenni. È il rispetto della parola data, del senso di lealtà. Mithra è l’antitesi di Varuna: infatti, è attraverso il rispetto dei patti sottoscritti e della lealtà che si evitano i legami, i lacci di Varuna
.
Se vogliamo parlare di karma negativo, questo rappresenta il dio Varuna nel suo aspetto peggiore, terribile e punitivo. Al contrario, Mithra è il karma positivo, quello che vive nel rispetto dei patti religiosi e morali. In alcune scritture indù, Mithra è uno dei 23 avatar (incarnazioni) di Vishnu, garante dei patti. Il suo nome originale ha il significato di amico per mezzo del patto
. Mithra è sommo garante di giustizia e difensore della verità.
Anche nell’Iran arcaico (prima della riforma