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Quid Pro Quo: Divani Saga, #2
Quid Pro Quo: Divani Saga, #2
Quid Pro Quo: Divani Saga, #2
E-book411 pagine6 ore

Quid Pro Quo: Divani Saga, #2

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Info su questo ebook

Questo libro racconta di come una ragazza, Tayra, abbia saputo vincere la morte grazie all'aiuto della sua divinità, Deos. Non è una semplice storia d'amore, ma sono coinvolte fazioni di erranti e di santi che fanno da sfondo ad un amore in grado di superare l'eternità.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita26 mag 2021
ISBN9781667402055
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    Anteprima del libro

    Quid Pro Quo - Jessica Galera Andreu

    Frammenti di una vita che non riconosco

    Il sole inizia a ritirarsi e,con lui, il banale passatempo di dare forma alle ombre che si proiettano sul tetto, quella superficie trasparente che tiene prigioniera la mia attenzione da ore. È tutta la mattina che sono distesa sul divano, con un libro aperto sul petto che non riesco a continuare. Spero che la sua protagonista possa perdonarmi per averla lasciata delle ore sull’orlo di un precipizio, non permettendo all’eroe di turno di salvarla.

    Mi metto seduta e lascio cadere il libro, getto la testa all’indietro, sullo schienale del divano, e osservo il salone, che ormai conosco perfettamente. Ogni oggetto posizionato con scrupolosa attenzione, alla mia destra un tavolo rotondo per quattro commensali ,un’infinità di librerie cariche di libri e strane figure, e tra le più bizzarre vi sono streghe, fate, folletti e angeli.

    Mi alzo e vedo il mio viso sulla vetrata che porta al terrazzo. Questo è un attico che si trova in uno degli edifici più alti della città, dunque non ci sono altri piani di fronte. Posso vedere il mare senza  problemi, mentre brilla sfiorato dai raggi del sole mattutino. Svio la mia attenzione su un altro punto del paesaggio urbanistico. La mia casa si trova più ad ovest, dall’altra parte della città, anche se tutti sanno che vivo con mia nonna e mio fratello; i miei genitori sono divorziati e io sono fidanzata con un certo Alexander; o almeno lo ero, dato che è morto un anno fa. Mi pesa credere che tutto ciò siano frammenti di una vita che non riconosco. O meglio: quella è la vita dell’altra Tayra, dato che io sono fuori dalla mia dimensione, fuori dal mondo, e l’unica cosa che so in questo momento è che un giorno sono morta e qualcuno mi ha tirato fuori da lì.

    Mi volto e mi lascio cadere di nuovo sul divano. Passo ore, giorni, sola in questa casa; le porte sono chiuse e il silenzio mi sembra assordante, poiché tutto è isolato e non sento neanche i rumori propri della città, i clacson, il mormorio delle persone. Attraverso i vetri, tutto scorre in maniera insonorizzata. In un certo senso non posso lamentarmi: ho un grande appartamento solo per me, nessuno che mi dà problemi e nessun tipo di obbligo o responsabilità di dover pagare tutto questo. Ma a cosa mi serve se non posso condividerlo con nessuno?

    Neanche ricordo l’ultima volta che sono uscita per strada. E sono questi i momenti in cui mi ritorna in mente. Deos. Le immagini di tutto quello che abbiamo vissuto insieme un tempo scorrono nella mia memoria continuamente, vivacizzando le ore di solitudine:  le anime perdute, la sua apparizione, i suoi occhi azzurri, il suo sorriso, il suo abbraccio, i suoi baci, le sue parole, la fine. Diorah e Asalian insistevano sulla necessità di cancellare i miei pensieri, sul bisogno di ridarmi la normalità necessaria per dimenticarlo, ma io non gliel’ho permesso. Poi, la fuga al faro e la caduta, che hanno rappresentato un punto di svolta nella mia vita. Vaghi ricordi di un sogno che sembrava reale, ma del quale non sarei in grado di descrivere nulla. Non so dopo quanto tempo io mi sia svegliata in questa casa, sopra un letto caldo e senza di lui.

    Con me c’era solo lei, Evyan, la donna che da allora si prende cura di me. Secondo me, è la tipica donna matura, indipendente e sicura di se stessa che tutte vorremmo essere, raggiunta la sua età; deve aver sorpassato i quarant’anni, ma la sua carnagione è perfetta, pallida, vellutata e praticamente senza neanche una ruga. Con capelli biondi e occhi verdi, è solita vestirsi e truccarsi con eleganza, e sempre all’ultima moda.

    Non è che mi presti particolare attenzione, anche perché sarebbe in grado di passare giorni e addirittura settimane fuori dall’appartamento ma, date le circostanze, non averla sempre sul fiato sul collo, attenta ad ogni movimento, è ciò di cui ho bisogno. E, ovviamente, la descrizione fatta precedentemente, anche se molto fedele al suo aspetto, è solo una mia impressione, perché Evyan afferma di essere un’errante, anche se non si è ancora presa la briga di spiegarmi cosa sia esattamente un errante. Sostiene di provenire da Eterea e assicura che qualcuno sarà molto felice quando saprà che lei mi ha salvato poiché, secondo quanto dice, tutta la mia famiglia, i miei amici e tutto il mondo così come lo conoscevo, mi considerano morta, incluso Deos. E in verità non ho saputo più nulla di lui da allora; neanche lei sembra aver voglia di raccontarmi qualcosa. Ho cercato di scappare un sacco di volte, sempre senza successo, portando all’esasperazione la capacità di sopportazione della mia singolare carceriera, ma so che non ci sono modi per uscire da qui e mi opprime pensare di passare il resto della mia vita tra queste lussuose pareti.

    Non appena sento il secco cigolio della porta, alzo la testa e pochi secondi dopo la vedo entrare. Raccoglie la sua bionda chioma in uno chignon dal quale sfuggono alcune ciocche indomite; i suoi occhi sono grandi e vivaci. È truccata elegantemente, come sempre, con dei toni che fanno perfettamente contrasto con il vistoso vestito rosso che indossa. Sono cinque giorni che non la vedo e ancora non riesco a capire da dove prenda ogni indumento nuovo che compra. Immagino che non le manchi il denaro, che abbia un’altra casa e che porti lì le sue amicizie o altri tipi di visite, poiché sicuramente non le mancheranno i pretendenti. Lei mi guarda con la sua solita non curanza. Ad essere sincera, il rapporto con lei è sempre stato strano e difficile da qualificare.

    «Tutto bene?» mi chiede, appoggiandosi alla porta. Io non rispondo. «Va bene, Tayra. Credo sia arrivata l’ora di fare un bel discorso io e te» Cammina e si mette vicino a me, si siede sul divano e si porta le mani al viso, spostandosi le ciocche di capelli che le cadono sugli occhi «So che mi odi perché credi che ti tenga sequestrata, ma paradossalmente non ho fatto altro che salvarti con ogni giorno di isolamento, nonostante... tu me lo abbia reso enormemente difficile».

    Sorrido con ironia.

    «Ti ricordo che nel tuo mondo tutti ti considerano morta. Ti trovi in un’atra dimensione, Tayra. Qui c’è un’altra persona uguale a te, che vive la sua vita, con tuo fratello, i tuoi genitori... come deve essere».

    «Preferisco essere morta che continuare a stare qui» rispondo fermamente. E non sto mentendo. Non se devo vivere così.

    «Già sei morta e grazie a me ora sei qui. Non è l’unica dimensione che hai oltrepassato e se inizi ad accumulare presenze nell’Aldilà, avranno il diritto di reclamare la tua anima. Mi sono presa molto disturbo per te».

    «Mi sono sempre chiesta e continuo a chiedermi il perché».

    «Perché lasciarti morire ti porterebbe ad un destino molto peggiore».

    «Peggiore di vivere rinchiusa qui a sopportare la tua presenza?»

    Ora è lei quella che sorride, un gesto che svanisce poco a poco dal suo bellissimo viso.

    «Sei condannata».

    «Si deve essere qualcosa del genere...».

    «Sono completamente seria. La Tayra di questo mondo ha indossato l’anello di Eterna e questo ti

    condanna in tutte le tue vite, dato che la vostra anima è comune, una stessa essenza».

    Fisso su di lei il mio sguardo. Evyan prende per gioco molte cose nella sua vita, ma so riconoscere quando parla seriamente.

    «Non so di cosa tu stia parlando; non so neanche cosa sia quell’anello né a cosa mi condanni».

    «Un frammento di patrimonio sacro del Cielo per gli angeli. Ti condanna all’inferno. Lì è dove finiscono tutte le anime perdute: droghe, alcol, sfide stupide, come saltare da un faro e giocarsi la vita... o usare un frammento di un patrimonio celeste verso gli angeli. Credo che tu sia caduta praticamente in tutte queste sciocchezze, ma in particolare l’ultima ti costerà molto cara».

    «Io non ho fatto nulla di tutto ciò, né indossato anelli né altro...»

    «Tu no, ma la Tayra di questo mondo si» ripete «e ciò condanna tutte le tue esistenze. In questa dimensione sei immortale; hai indossato l’anello, ma il tuo destino è segnato. L’alternativa è una vita eterna insopportabile; l’altra te finirà per rinunciare e nel momento in cui dovrà affrontare il Giudizio Finale giungerà ad una sentenza inoppugnabile. Inoltre, in questo caso, ci sono molte persone interessate al fatto che lei si liberi presto dell’immortalità; la forzeranno a rinunciare, fino a spingerla al limite».

    Sento il mio cuore battere all’impazzata nel petto e il sangue percorrere ogni millimetro del mio corpo.

    «Perché non me lo hai detto prima?»

    «E che bisogno avevo di spaventarti così? Nonostante tutto, non sono così cattiva come credi. Infatti, ho moltissime cose in gioco per questo».

    «E perché me lo stai raccontando ora?»

    «Perché  il tempo stringe».

    «Perché mi hai salvato?  Che ti importa di cosa mi succede?»

    «Anche io ho bisogno di favori, Tayra; favori che otterrò dal Cielo con la tua salvezza. O almeno spero».

    «Dal Cielo? Per salvare me?»

    «Da qualcuno con una certa influenza. Deos».

    Sentendo il suo nome, mi tremano le gambe e sono grata di essere seduta. Pensare che in questa storia lui abbia qualcosa a che fare con la mia salvezza mi tranquillizza e, allo stesso tempo, mi rende ancora più nervosa. Muoio dalla voglia di vederlo, di tornare ad averlo di fronte a me, di abbracciarlo di nuovo, urlargli che lo amo e che mi è mancato moltissimo. Neanche mi rendo conto del momento in cui inizio a piangere.

    «Ho parlato con lui» aggiunge «L’ho trovato alla tua scuola una settimana fa, per dire addio, suppongo».

    Mi alzo dal divano, senza neanche sapere da dove prendere le forze.

    «Dicendo addio a chi?»

    «A te. Alla Tayra di questo mondo».

    «Come sta?» mi azzardo a chiedere. «Come se la sta passando?»

    «Come sempre. Deos sa prendersi cura di se stesso»

    «Voglio vederlo. Per favore. Ho bisogno di parlare con lui. Non ti ha detto nulla... di me?»

    Evyan sorride e incrocia le gambe mentre si tira indietro e stende le braccia lungo tutto lo schienale del divano.

    «Che cosa avrebbe dovuto dirmi? Se ci fosse stato qualcosa che avrebbe voluto farti sapere, avrebbe cercato il modo di dirlo direttamente a te, non userebbe me come intermediario».

    Non rispondo. Lei mi fa sentire ridicola aspettandomi notizie da Deos; è un angelo guerriero e io sono solo una ragazza innamorata di lui. Mi fa sentire così. Penso a lui ogni minuto della mia vita, ma era da molto tempo che non dicevo il suo nome ad alta voce.

    «Deos non sapeva che ti avessi salvata. Dopo la tua morte, lui ha continuato la sua missione di catturare le anime perdute e normalizzare le cose, insieme a Diorah e Asalian. Tu sei sempre stata... la guida della quale si era innamorato» aggiunge con tono melodrammatico. «Ma ti ha incontrato di nuovo in questa dimensione, ti ha conosciuto e... bhe, sapere che ti ho salvato non è qualcosa che gli abbia fatto particolarmente piacere...»

    La guardo, incredula. So che cerca di infastidirmi, di ferirmi; è una distrazione per lei e non ho intenzione di darle di nuovo il gusto di un’altra vittoria.

    «La tua salvezza comporta un grande squilibrio, Tayra. Ma come ti ho già detto, ho le mie ragioni per fare ciò che faccio; i miei  bisogni. Un giorno le capirai».

    «Voglio parlare con lui» insisto. Non mi interessa se appaio ridicola ai suoi occhi.

    «Per ora è meglio che voi non vi vediate, Tayra». Si alza e prende la sua giacca. Cammina con la sua solita grazia fino al corridoio. «Mi è costato molto metterti in salvo».

    Si gira e il suono dei suoi tacchi si perde fino alla sua camera.

    *****

    La notte ricopre il cielo di Tildan City. È limpido e a quest’altezza, praticamente senza edifici intorno, posso vedere perfettamente il firmamento pieno di stelle dal mio letto. Da casa mia era qualcosa di impossibile, essendo situata in un quartiere di periferia. Non riesco a smettere di pensare ad una frase che mi ha detto Evyan: «Se ci fosse stato qualcosa che avrebbe voluto farti sapere, avrebbe cercato il modo di dirlo direttamente a te», perché ovviamente non l’ha fatto. Mi ripeto continuamente che volare in cielo non sarebbe un modo discreto e che probabilmente potrebbe metterlo in pericolo, ma non posso negare che mi piacerebbe vederlo apparire così. Mi metto seduta sul letto e mi guardo intorno; temo di dover ricorrere ad un piano drastico, ma so con certezza che non esiste nessun modo per uscire da qui o che qualcuno possa arrivare fino a me, a meno che... Mi alzo e prendo l’accendino da sotto le tende. Non mi sarebbe passato per la testa mettere tutto ciò in moto se Evyan non avesse preso la miracolosa decisione di dormire qui stanotte, ma lo ha fatto e se fosse veramente una strega o una fattucchiera o qualsiasi cosa sia un errante, cosa che non posso escludere dopo tutto quello che ho visto, un incendio non dovrebbe significare qualcosa di drammatico per lei; comprerà un altro appartamento o forse una villa ma, oltre al fatto di metterle in chiaro fin dove sono disposta ad arrivare, probabilmente sarà l’unica opportunità che avrò per andare in strada e cercare di raggiungerlo.

    A nessuno passerà inosservato un appartamento in fiamme e noi non potremo continuare a vivere in un luogo incenerito.

    Le fiamme si alimentano con un’ansia divoratrice e presto diventano lingue di fuoco, che mi la sua stanza e suppongo che tarderà un po’ a rendersene conto, dal momento in cui io non ho intenzione di avvisarla finché non sarà abbastanza tardi  da non poter spegnere il fuoco e lasciare che sia solo un piccolo spavento senza importanza.

    Il fumo inizia presto ad uscire dalla porta della camera, ma forse questo non è abbastanza se si riduce ad una sola stanza, così che anche le tende del salone subiranno la mia furia. Le accendo allo stesso modo e nel momento in cui bruciano e cadono a terra, unendo la fiamma con il tavolo e il divano, corro all’ingresso e mi appoggio con la schiena sulla porta.

    «Evyan» grido.

    Alcuni secondi dopo, si affaccia dalla porta della sua stanza. Indossa una corta camicia da notte di seta e si copre con una morbida vestaglia dello stesso materiale. Anche senza trucco, continuo ad avere davanti a me una donna bellissima.

    «Che diavolo...?»

    «Fuoco» rispondo con calma.

    Lei mi osserva a lungo, ma non dice nulla. Ritorna nella sua stanza ed esce con un vestito sulla spalla e la sua borsa. Apre la porta che porta in strada e, prendendomi per un braccio, mi trascina fino all’ascensore. Mentre cammina prende il telefono.

    «Non spegni il fuoco?» chiedo ora, sconvolta.

    «Sputo o soffio?» mi risponde lei.

    «Si suppone che tu sappia usare la magia, no?!»

    «Tayra, quando mi hai visto utilizzare la magia?»

    I vicini iniziano a raggrupparsi di fronte la porta, esclamando e gridando.

    «Potete chiamare i pompieri, per favore?» esclama Evyan con calma. «C’è un incendio in casa mia».

    Ma l’ascensore si apre e lei mi trascina dentro. Non appena si chiude la porta, si toglie la vestaglia e la camicia da notte e si mette un vestito nero, si gira dall’altra parte e aspetta che io le chiuda la zip; lo faccio, guidata più da un gesto automatico che dalla mia volontà, perché continuo ad essere in uno stato di shock. Ho dato fuoco a tutto pensando che Evyan potesse spegnerlo e, adesso che ci penso, questo non sarebbe servito a nulla se lei, essendo un’errante, lo avesse spento subito e avesse potuto riparare i danni, ma lontano da tutto ciò, permette che il suo appartamento continui a bruciare e mi trascina lontano da lì. Almeno questa parte del piano ha avuto effetto e devo concentrarmi su questo, dato che sicuramente sarà l’unica e l’ultima occasione che avrò per allontanarmi da qui.

    Non appena arriviamo sulla strada, la spingo e inizio a correre velocemente. Procedo  zigzagando tra le persone, dato che ancora non posso attraversare perché il semaforo è rosso e immettersi con esso sarebbe un suicidio in una città come Tildan. Non guardo dietro di me, ma so che mi sta seguendo; non mi ha tenuto rinchiusa tutto questo tempo per rassegnarsi a lasciarmi andare proprio ora. Non appena vedo il semaforo cambiare, mi lancio verso la strada, calpestando le

    aiuole che mi separano da essa.

    Vedendomi, le persone esclamano ogni tipo di improprio, ma non mi importa. Sono decisa a riprendermi la mia libertà.

    Non sono arrivata al passaggio pedonale, quindi schivo macchine, camion, motociclette una di queste stava per investirmi e preferisco non ripetere i commenti del motociclista. Quando arrivo dall’altra parte  stavolta sì mi giro e vedo che Evyan non fa fatica a seguirmi. Velocemente mi faccio spazio tra la folla fino al vecchio parco, che attraverso con rapidità. Dall’altra parte, imbocco nella prima metropolitana che trovo, dato che lì sarà più complicato raggiungermi. Provo ribrezzo nel dover scendere; è l’ora di punta, nonostante sia già notte, e le scale sono colme di persone che vanno nell’una e nell’altra direzione.

    La mia giacca si aggancia a quella di un’anziana, che si ferma e, con fare simpatico, si scusa. Riesco a liberarmi da lei, ma la figura di Evyan appare all’imbocco della metro e ancora non sono riuscita a raggiungere il mio obiettivo.

    «Mi dispiace» mi scuso con la signora, che mi guarda confusa.

    Le do un forte strattone e mi porto via un pezzo del suo vestito impigliato nella giacca. Non mi importa neanche di questo. Mi introduco nella baraonda di gente e, tra gomitate, spintoni e addirittura anche qualche graffio, arrivo alla metro. Salto la sbarra con la poca discrezione che mi contraddistingue. Sento delle grida dietro di me, ma non capisco nemmeno se sia perché mi hanno scoperto mentre mi imbucavo sulla metro. L’unica cosa che so è che quando le porte del vagone si chiudono, mi imbatto nel viso di Evyan che mi sorride da dentro lo stesso vagone. Fine della partita.

    *****

    Scendiamo dalla sua macchina di fronte ad un edificio con la facciata bianca, situato a pochi metri dalla spiaggia. Raggiunge appena gli otto o dieci piani, senz’altro un isolato più tranquillo e meno frequentato di quello in cui mi tiene chiusa Evyan, anche se sono completamente sicura del fatto che questa sia la sua seconda abitazione, senza dubbio il luogo in cui passa più tempo rispetto all’appartamento della mia prigionia. Continua a trascinarmi per il braccio, nel quale sento le sue dita conficcate. Non mi ha rivolto neanche una parola da quando mi ha beccato sulla metro e mi ha trascinato nel parcheggio dove tiene la sua auto, dopo una lunga camminata per la città.

    L’atrio di questo posto mette in chiaro che non è così sofisticato come l’edificio precedente, ma ammetto che non è niente male. Da dove prenderà i soldi uno stregone o qualunque cosa sia un errante? Fabbricherà  il denaro tramite la magia o qualcosa di simile? Perché se è così, non capisco perché non viviamo in un superattico di lusso.

    Quando il segnale acustico dell’ascensore ci avvisa che siamo arrivati, continua a tirarmi senza rivolgermi parola e va di fronte ad una porta della quale suona il campanello. Non posso evitare di sentirmi leggermente confusa. Vive qui con qualcuno? Non ha le chiavi o almeno non le sta usando ma aspetta che qualcun altro apra la porta e... è Deos. Non indossa la maglietta, solo un pantalone nero ed è scalzo. I suoi capelli chiari si ribellano sulla sua testa e i suoi occhi azzurri mi osservano piatti. Solo quando Evyan mi trascina dentro l’appartamento mi rendo conto che devo aver

    trattenuto il respiro per un po’. Non posso credere che sia stato così facile arrivare fino a Deos.

    Il mio piano era quello di raggiungere la strada e, a partire da lì, progettare un altro piano per localizzarlo, ma Evyan mi ha trascinato direttamente da lui e, anche se era ciò che volevo, in questo momento non sono in grado di reagire.

    7

    Mi attanaglia il timore di tutto ciò che Evyan mi ha fatto provare riguardo a lui; e mi muove tutto ciò che abbiamo vissuto insieme, quello che no e, per concludere, il fatto che quest’ultimo aspetto gravi di più ; sfuggo dalla sua presa e mi scaglio contro Deos, che abbraccio con forza, ruotando i suoi fianchi con le mie gambe. Lui mi sorregge con un braccio, mentre sento le dita dell’altra mano afferrarmi i capelli, mi avvicina a lui con forza e mi dà un bacio sulla testa. Chiude la porta e cammina fino al salone senza lasciarmi. La mia soddisfazione si moltiplica di fronte al fatto che Evyan stia assistendo a tutto questo.

    «Cosa è successo?» chiede alla fine. E mi sembra incredibile ascoltare di nuovo la sua voce. Continuo ad aggrapparmi a lui come l’ancora di salvezza che rappresenta per me.

    «Aggiungilo all’importanza del favore che dovrai farmi, perché la tua piccola piromane ha distrutto il mio appartamento».

    Lo sapevo. È perfettamente cosciente del fatto che io abbia generato l’incendio e, a questo punto, è un miracolo che ancora non mi abbia ucciso. Non mi ha mai messo le mani addosso, ma ormai so riconoscere i germogli di rabbia, le sue arrabbiature, il suo brutto carattere quando qualcosa non è come lei vuole che sia.

    Mi distacco piano da Deos, che mi guarda in un modo che non so decifrare. Immagino che in questo momento e a quest’ora vedere me fosse l’ultima cosa che si aspettasse. Evyan si lascia cadere sul divano, come se fosse a casa sua, e stende le gambe sul tavolo di legno di fronte a lei. Il suo sguardo si fissa su Deos.

    «Stai bene?» mi chiede lui, mentre mi accarezza la guancia.

    Annuisco. Ancora non ho chiaro il ruolo di tutti in questa storia; la sorprendente reazione di Evyan, ciò che significa per Deos vedermi qui e come finirà tutto questo per me. Lui mi porta verso una piccola poltrona vicino al camino, all’altro estremo del salone, piccolo ma comunque molto accogliente; forse la presenza di Deos influenza la diffusione di una tale sensazione. Mi siedo e lui si china al mio fianco, senza lasciarmi la mano.

    «Avevi detto che l’avresti curata bene» le dice in seguito.

    E non so come reagire di fronte a ciò. Lui era al corrente del mio confinamento? Da quando? E lo ha permesso? Non è neanche voluto venire a vedermi?

    «Come scusa?» esclama Evyan. «Quella che ha bruciato la mia casa con me dentro è stata lei e non io».

    «Cercavo solo la maniera di uscire da lì» intervengo. «Sono stufa di essere rinchiusa, non sono la tua prigioniera».

    Deos mi guarda e mi accarezza il mento. Sentendo l’errante parlare, concentra di nuovo la sua attenzione su di lei.

    «È una ragazzina capricciosa, Deos» continua Evyan. «Non puoi neanche immaginare le cose che ha inventato per provare a scappare da quando l’ho incontrata e ha incendiato la mia casa solo per favorire l’occasione di vederti, ed eccola qua. Parla con lei e falla finita con i suoi attacchi di atti suicidi o assassini».

    «Su questo sono d’accordo» aggiungo. «Perché... sicuramente è da un po’ di tempo che non capisco nulla. Le anime perdute, le dimensioni, Diorah, Asalian, tu. Mi avete salvato da molte cose, ma un giorno sono caduta nelle mani di questa pazza e siete spariti tutti. Ora tu ritorni qui e non puoi neanche darmi una spiegazione? Devo passare tutta la mia vita rinchiusa, alla sua mercé? Fino a quando? Perché lo stai permettendo?»

    Deos si porta una mano alla fronte e si sposta i capelli dagli occhi. Inspira profondamente. Rimane accovacciato al mio fianco.

    «Ho saputo che fossi viva una settimana fa» confessa. «Non ho mai stabilito che qualcuno ti tenesse prigioniera».

    «Rinchiusa o morta» risponde Evyan. «Queste erano le opzioni. Inoltre, non potevo rischiare che incontrassi la Tayra di questo mondo».

    «Perché tanto disturbo affinché io viva?» insisto io. «Di cosa hai bisogno?»

    «Questione di sopravvivenza» risponde di nuovo Evyan.

    «Sopravvivenza?» domando io nuovamente. «La tua? Cosa ho a che fare io con la tua sopravvivenza?».

    Evyan inspira e lascia cadere la testa all’indietro; poi la alza di nuovo.

    «D’accordo. Tayra, vai a dormire. È abbastanza per oggi. Voglio parlare con Deos».

    «Non vado a dormire».

    Deos rimane in silenzio, anche se mi piacerebbe che prendesse le mie parti. Se lei parla di me come un oggetto che le serve per vivere, ho almeno il diritto di sapere perché.

    «Non c’è bisogno che lei se ne vada» dice lui alla fine; continuo a stringere la sua mano. «Non c’è motivo di tenerla fuori da ciò, se questo la ferisce».

    «Ne sei sicuro?»

    Deos la guarda ma non risponde.

    «Bene».

    Evyan si prende tutto il tempo per togliersi le scarpe, la giacca. Mi infastidisce la lentezza con cui fa tutto e la segretezza che sta dando a qualcosa che sembra importante. Si accende una sigaretta e fa un tiro.

    «Deos, ti amo». Il suo esordio è come uno schiaffo per me perché, non solo sembrano conoscersi bene, ma anche per il fatto che Evyan parli con una certa confidenza che non mi piace. È possibile che...? «E a questo punto dovresti già saperlo. Per questo sono disposta a darti un’informazione molto importante. Volevo aspettare, ma...»

    «Vai avanti» risponde lui.

    «Quando hai conosciuto Tayra per la prima volta e vi siete... innamorati, lei è morta e io l’ho salvata dall’altra parte».

    Non è la prima volta che afferma di avermi fatto resuscitare o qualcosa del genere, ma ogni volta che lo ascolto, sento il sangue raggelarsi nelle mie vene. Osservo Deos, cercando di capire se lui fosse al corrente di ciò, ma la sua espressione è indecifrabile.

    Evyan mi ha detto che mi aveva salvato, ma è scioccante che lo abbia fatto riportandomi indietro da una morte che non ricordo di aver subito; mi ha detto anche che la mia salvezza aveva infastidito Deos, ma non può essere così, questo non può essere vero, anche se la verità è che sul

    suo viso non vi è alcuna traccia che lo confermi o lo smentisca.

    «Volevo avere qualcosa che facesse sì che tu mi dovessi un favore. Aver salvato Tayra... Sembravi veramente interessato a lei e, ad essere sincera, non avrei mai pensato che andassi a riconquistarla in un’altra vita»

    «Cosa vuoi?»

    «Quid pro quo. Mi piaci. Un favore si paga con un favore» fa un altro tiro di sigaretta. «Sono venuta fin qui sotto richiesta dell’arcangelo Diorah, per aiutare lei e Atalox, ma dopo ho chiesto di tornare ad Eterea e quella puttana del Cielo ha rifiutato, così voglio un salvacondotto per poter tornare e riprendere la mia posizione in Abismo».

    Deos sorride.

    «Vieni qui per aiutare i miei nemici e nel momento in cui loro si prendono gioco di te, pretendi che sia io a tirartene fuori».

    «Non esattamente. Se mi ascolti, capirai che la mia collaborazione con loro è abbastanza discutibile. Sono dalla tua parte, Deos. Sono tua» sussurra.

    «Certo... E cosa ti fa pensare che io possa darti quel salvacondotto?»

    «Sei un angelo. Inoltre, quello che eri, quello che non hai mai smesso di essere, sarebbe in grado di arrivare ovunque».

    «Non sono più quello che ero e che, sì, ho smesso di essere».

    «Andiamo, amore mio» fa qualche passo e si mette dietro di noi, posando una mano sulla spalla di Deos, che rimane accovacciato a terra, accanto a me. «Il doge è in letargo e quando si sveglierà avrai molto lavoro con lui. Ma la situazione di Eterea è urgente e se il popolo di Epika non è del tutto sciocco si rivolgerà a te. Tu sei stato l’unica divinità che è stata a capo delle legioni, l’unico che, essendo ciò che è, ha avuto a che fare con santi e divinità sotto la stessa bandiera. Dimentichiamo la tua stupida mossa di scomparire. Avranno bisogno di te, la tua parola continua ad avere un grande peso lì, Deos. La tua parola e qualcosa di più».

    «La mia stupida mossa di scomparire ha tolto molto peso a quella parola» risponde lui.

    Evyan sorride di nuovo e si fa avanti, facendo sì che io e Deos ci lasciamo le mani mentre lei passa tra noi due.

    «Non ci credo. Voglio tornare ad Eterea e recuperare il mio regno. Ho sentito che ora quell’imbecille di Avaros ha preso il mio posto e mi ribolle il sangue solo a pensarlo. Perderà le mie terre entro qualche giorno, se non lo ha già fatto».

    «Contro Jadorf, no?»

    «In questo momento non potrei fare nulla contro quel figlio di puttana».

    Mi guarda mentre dice questo, suppongo che stia cercando di spiegarmi perché io non l’abbia mai vista fare magie, perché non ha spento il fuoco a casa sua: non può. Ma la verità è che mi irrita la familiarità con cui parlano di cose che mi lasciano completamente fuori, anche se si suppone che mi riguardino.

    «E come hai fatto a prendere Tayra dall’altra parte e a portarla qui se non hai i poteri?»

    «Quando sono arrivata potevo ancora fare qualcosa; avevo abbastanza potere, anche se limitato. Ora non ho nulla. Come un’umana qualsiasi, di quelle che ti piacciono tanto. Non pensavo neanche  che la soluzione per la tua amata fosse passare a prenderla tra i morti. Pensavo di poter arrivare prima». 

    Mi alzo e solo la mano di Deos, che stringe di nuovo la mia, mi impedisce di cadere: «Prenderla tra i morti». È orribile.

    Anche Deos si alza.

    «Ricorda» continua Evyan. «Tayra fa un viaggio in un’altra dimensione e ritorna senza sapere chi l’abbia portata fin lì, ma scopre che anche Alex è morto in questo mondo, nello stesso momento e nelle stesse circostanze. Se ti ricordi, la tua bambina stava per scontrarsi con una macchina allora, ma sei arrivato tu, il suo eroe divino...» aggiunge con ironia. «È stata Diorah a mandarla lì, pensando che, se l’avesse trasformata in una perduta, avrebbe capito perché i ricordi non la abbandonassero, ma gli Alti Poteri non hanno avuto effetto su di lei perché aveva indossato l’anello, cosa che l’arcangelo ignorava».

    Deos aggrotta le sopracciglia, come se si stesse ricordando. 

    «Tayra è tornata con un tatuaggio quel giorno».

    «Il tatuaggio è stata una mia idea: sapevo che Diorah l’avrebbe fatta viaggiare in più dimensioni finché non avesse scoperto cosa stava succedendo, così avevo bisogno di poterla distinguere dalle Tayra di quei mondi. Inoltre, con quel tatuaggio l’ha messa nel cammino di quel ragazzo, Anton, posseduto da un santo e non da una divinità, come credevi. Io stessa lo avevo inviato sulla Terra per aiutare il doge. Vuoi ulteriori prove del fatto che io sia

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